Correlazione 5G e Covid-19, tra verità e menzogna

Ennesima teoria complottista associa la tecnologia 5G al COVID-19, ma il mondo scientifico smentisce

Fra le varie teorie complottiste, non poteva di certo mancare un collegamento tra la rete 5G e il COVID-19.

Ebbene sì, a quanto pare è stato pubblicato uno studio, sulla rivista “Toxicology Letters”, di Ronald Neil Kostoff, un ricercatore di Scienze Spaziali presso la Georgia Institute of Technology, in cui si evidenzia come la rete 5G abbia indebolito il nostro sistema immunitario, tanto da renderci facili prede del virus che sta tenendo il mondo col fiato sospeso.

In Italia, la notizia ha ottenuto popolarità grazie anche al tweet di Gunter Pauli, il consigliere economico del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che recita: “La scienza deve dimostrare e spiegare la causa e l’effetto. Ma la scienza prima osserva le correlazioni: fenomeni che sono apparentemente associati. Applichiamo la logica della scienza. Qual è stata la prima città al mondo coperta dal 5G? Wuhan! E quale la prima regione 5G d’Europa? Il Nord Italia”.

 

Tweet di Gunter Pauli

 

Ovviamente è una fake news, come ha tenuto a sottolineare il Ministero della Salute, ma è necessario, prima di entrare nel merito, fare un po’ di chiarezza.

Che cos’è la rete 5G e come funziona?

Per rete wireless, o Wi-Fi, si intende la tecnologia che ci permette di inviare dati da un dispositivo ad un altro, senza la necessità di una connessione fisica.

Nel settore della telefonia mobile, 5G è l’acronimo di 5th Generation, e indica tutte quelle tecnologie e quegli standard che porteranno a significativi miglioramenti, in termini di velocità e prestazioni, delle moderne tecnologie di trasmissione dati wireless.

Una rete LAN (Local-Area Network) utilizza le onde elettromagnetiche per collegare dei dispositivi, come cellulari e PC, alla rete wireless di quel determinato locale.

Ma cosa sono le onde elettromagnetiche?

Le onde elettromagnetiche sono perturbazioni dello spazio-tempo dovute a variazioni locali dei campi elettrico e magnetico.

Le onde elettromagnetiche possono essere classificate a seconda della loro frequenza (cioè al numero di oscillazioni al secondo) e, in base ad essa, si dividono in: onde radio, microonde, infrarossi, luce visibile, ultravioletti, raggi X e raggi gamma.

A loro volta esse si differenziano per la loro proprietà ionizzante, ovvero la capacità di trasportare abbastanza energia da strappare elettroni da atomi o molecole, ionizzandoli (da qui il nome “ionizzanti”). Quelle radiazioni che hanno questa capacità, ovvero le ionizzanti (che vanno dall’alto UV fino ai raggi gamma), sono dannose per l’uomo, soprattutto per il rischio che esse possano contribuire alla produzione di cellule tumorali da parte del nostro organismo, mentre le radiazioni non ionizzanti (dal medio UV fino alle onde radio) sono totalmente innocue.

Esistono evidenze sperimentali per le quali la rete 5G possa essere dannosa per il corpo umano?

La risposta è: assolutamente no. Diversi studi sono stati fatti sulla questione, e tutti portano allo stesso risultato, e cioè che non esistono prove a suffragio della dannosità della rete 5G: lo affermano l’American Cancer Society, l’Istituto Superiore di Sanità, lo Scientific Committee on Health, Environmental and Emerging Risks (SCHEER), laFood and Drug Administration, International commission on non‐ionizing radiation protection (ICNRIP), ecc.

Il perché è facilmente intuibile: la rete wireless di cui usufruiamo ha una frequenza tale da essere collocabile tra le onde radio e le microonde che, come detto prima, rientrano tra le radiazioni non ionizzanti, e quindi non dannose per l’uomo.

 

Spettro elettromagnetico, con l’intervallo coperto dalla rete 5G

 

Torniamo, dunque, alla notizia principale.

Può la rete 5G debilitare il sistema immunitario, rendendoci facile preda per il COVID-19?

Come potrete facilmente intuire, la risposta è no, per gli stessi motivi elencati fino ad ora. La rete 5G è completamente innocua per il nostro organismo: non sortisce nessun effetto sul sistema immunitario in quanto non può assolutamente ionizzare gli atomi o le molecole del nostro organismo.

Se questa presunta ionizzazione è impossibile, vien da sé che in alcun modo la rete 5G possa far parte di una supposta debilitazione del nostro sistema immunitario. Di conseguenza, non ha favorito l’azione del COVID-19.

Quindi possiamo catalogare questa ennesima notizia collegata al 5G come una colossale fake news.

 

 

Giovanni Gallo

Coronavirus: calo dei contagi al nord e si riduce l’esodo al sud. I numeri dei rientri in Sicilia

Quella che si è appena aperta sarà una settimana cruciale nella lotta al virus che sta mettendo in ginocchio il mondo. L’ultimo report diffuso dalla Protezione civile sull’emergenza corona-virus appare come una speranza flebile ma dal valore simbolico ed emotivo enorme, soprattutto per il Nord d’Italia. Al Sud, invece, il numero dei contagi sembra andare in tutt’altra direzione.

Il dato nazionale dei nuovi contagi è 3.957, comunque tanti, ma meno rispetto ai 4.921 casi del giorno prima. Cala lievemente anche il numero dei nuovi decessi: nella giornata di domenica 142 in meno rispetto al giorno precedente.

L’importante rallentamento di decessi e contagi si registra soprattutto in Lombardia – regione in prima linea nella lotta al virus – è un dato che, se confermato dai prossimi bollettini, dovrebbe portare tra una settimana anche a un primo ma decisivo decongestionamento delle terapie intensive lombarde, vere e proprie trincee di guerra presiedute da medici ed infermieri, eroi del quotidiano.

Il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli negativo tra l’altro al tampone effettuatogli, parla di dati in controtendenza ma prega di  non abbassare la guardia.

Il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli definisce il dato “in lieve deflessione” ma invita severamente a “non farsi prendere da facili entusiasmi” né “a sopravvalutare questa tendenza” perchè questa  settimana sarà  assolutamente cruciale.

L’impatto concreto delle severe misure, dunque, lo potremo valutare solo a fine mese, non da un giorno all’altro, anche perchè se al nord il virus potrebbe allentare la presa, al sud sembra essere appena iniziata la lotta al virus, con una consistente accelerazione dei contagi.

L’annuncio del premier Giuseppe Conte sull’ulteriore stretta alle attività produttive ritenute non di primaria importanza ed il nuovo decreto che blocca tutti gli spostamenti dal comune dove si risiede hanno arginato i rientri ma, di fatto, l’esodo al sud non sembra essersi esaurito del tutto.

Nonostante le misure disposte sia dall’Esecutivo che dalla Regione Sicilia, gli sbarchi di questi giorni nelle città dello Stretto confermerebbero l’inarrestabilità del flusso dal nord d’Italia e dall’estero, anche se – comunque- si è registrato un calo consistente dei rientri.

 

Le code createsi agli imbarchi che ieri sera hanno allarmato la popolazione sarebbero dovute solo ai severi controlli e al termoscanner effettuato sui passeggeri.

Di seguito vi riportiamo i numeri contenuti nel report diffuso dal Gruppo Caronte & Tourist – l’azienda che gestisce il transito sullo Stretto in merito alla situazione di questi giorni agli imbarchi per la Sicilia.

Domenica sono partiti da Villa San Giovanni verso la Sicilia 551 passeggeri, in netto calo rispetto ai 739 del giorno prima, ai 729 di venerdì e ai 923 di giovedì.

Sono state 239 le auto imbarcate, secondo i dati di Caronte & Tourist. Il giorno prima, sabato, le auto erano state 319 per 739 passeggeri.

A tutti i viaggiatori è stata misurata la temperatura.

In poco più di una settimana, dal 13 marzo a ieri, sono stati 12.265 i siciliani rientrati su 3.869 auto. Ma nello stesso periodo sono partiti per Villa San Giovanni 8.877 passeggeri su 2.407 auto.

La situazione resta comunque poco serena al sud dove negli ultimi giorni l’effetto dei “contagi da rientro” delle scorse settimane sta, tra l’altro, esponenzialmente aumentando.  

“Siamo arrivati al massimo delle misure di prevenzione del contagio in termini di attività sociali e lavorative”, ha spiegato Ranieri Guerra dell’OMS che aggiunge, “è importante frenare il contagio inter-familiare, l’altro grande motore di diffusione del virus”.

L’appello è rivolto in particolare ai 23.000 positivi che si trovano in isolamento domiciliare: “occorre limitare i contatti esterni per interrompere la catena di trasmissione”, ha osservato Guerra.

Bisogna tenere duro, è questo l’appello lanciato dalle nostre autorità.

Mai come in questo momento sono necessari buon senso e responsabilità, solo così si potrà abbattere questo nemico invisibile.

Antonio Mulone

Martina Galletta

Troppo pigri? Dormire bene ci protegge

“Chi dorme non piglia pesci” recita un noto proverbio, eppure dormire è importantissimo per il nostro benessere fisico e mentale.

Le conseguenze della carenza di sonno sulla salute sono note da tempo e riguardano molteplici aspetti. Secondo alcuni studi dormire poco aumenterebbe il rischio di avere incidenti stradali, ridurrebbe la memoria e la capacità di concentrazione ed avrebbe anche ripercussioni comportamentali. Nello specifico, facendo dei confronti tra due gruppi di persone che dormivano rispettivamente sei ore e mezza e sette ore e mezza, nei secondi si avrebbe una riduzione dei processi infiammatori, dell’attivazione del sistema immunitario e dello stress.

Ma questo non sembrerebbe tutto, infatti, un riposo continuativo e della giusta durata ridurrebbe il rischio cardiovascolare e il rischio di andare in contro ad obesità ed alle relative conseguenze.

Una bella dormita aiuterebbe a regolare la produzione nel midollo osseo delle cellule infiammatorie e si occuperebbe anche di preservare la salute dei vasi sanguigni. Al contrario, l’interruzione del sonno bloccherebbe questi meccanismi portando a più infiammazioni e un aumento delle malattie cardiache.

I ricercatori del Massachusetts General Hospital (MGH) hanno confermato un aumento del rischio di infarto cardiaco e dello sviluppo di aterosclerosi (patologia caratterizzata dalla deposizione di colesterolo a livello delle pareti vasali con conseguente infiammazione della stessa e possibile occlusione del vaso) in soggetti con disturbi del sonno, scoprendo il pathway attraverso cui quest’ultimo ci proteggerebbe. A fare da protagonista sarebbe l’ipocretina, un importante neurotrasmettitore noto per correlare con la veglia, che controlla anche la produzione di CSF1, un fattore stimolante la produzione di monociti, importanti effettori del sistema immunitario e in condizioni particolari, parte attiva dei processi aterosclerotici. Quello che Swirski ed il suo team hanno visto è che i topi che presentavano una frammentazione del sonno, avevano una carenza di ipocretina ed una maggiore espressione di CSF1 con conseguente monocitosi (aumento dei monociti in circolo) presentando anche delle lesioni aterosclerotiche molto più grandi rispetto ai topi di controllo con un sonno regolare (vedi Figura 1). Se questo studio venisse confermato sull’uomo, l’ipocretina potrebbe addirittura essere utilizzata a scopo terapeutico.

Figura 1

I disturbi del sonno hanno un impatto negativo anche sulle scelte alimentari, sulla fame e sull’appetito, comportando conseguenze metaboliche deleterie, che se sopraggiungono in giovane età rischiano di essere portate agli estremi patologici nella vita adulta.

Normalmente è facile associare l’obesità all’idea di sedentarietà e se questo è vero, è anche vero che dormire poco, ma soprattutto dormire male, è uno dei nuovi fattori di rischio individuati per l’obesità. Milioni di persone nel mondo soffrono di insonnia o comunque non ottengono un riposo soddisfacente. Abitudini queste, che predispongono il soggetto ad una serie di patologie metaboliche a causa di un “disallineamento circadiano”. Per ritmo circadiano sonno-veglia “normale” si intende l’alternarsi di fasi diurne (luce) in cui si è svegli e fasi notturne (buio) in cui si dorme.Molti sono i motivi riconducibili a questo disallineamento di cui parlano gli americani McHill e Wright, come ad esempio l’avvento delle nuove tecnologie che permette di lavorare anche al di fuori degli orari diurni soliti, o disturbi ambientali, come rumore e temperatura.

A prescindere dall’eziologia, ciò che hanno riscontrato è che la media di ore di sonno notturne è intorno alle sei ore, quando se ne consigliano almeno sette. Eppure è spontaneo pensare che, essendo la veglia il momento più facile della giornata per consumare energie, dormire poco dovrebbe favorire la magrezza; ma così non è. L’organismo, per sostenere una corretta vigilanza e garantire prestazioni costanti durante la giornata, compenserebbe facendo aumentare l’assunzione di cibo; ed è proprio l’apporto calorico in positivo, oltre le quantità realmente necessarie, a favorire l’accumulo di massa grassa. Dati di laboratorio segnalano un riarrangiamento degli ormoni in circolo correlati rispettivamente con la fame e con la sazietà. In particolar modo si avrebbe un aumento dei primi ed una riduzione dei secondi.

E ancora alla Risonanza magnetica encefalica, un’indagine strumentale che mostra l’attività cerebrale a seconda degli stimoli in tempo reale, si è riscontrato un aumento dell’attivazione delle aree del cervello che controllano la fame.

Ma come si correla tutto questo con il rischio di andare incontro al diabete?

Come si legge nello studio di Spiegel e colleghi, pubblicato su Lancet, soggetti che dormivano 4 ore a notte per una settimana, hanno mostrato una riduzione della sensibilità all’insulina (ormone che favorisce la riduzione del glucosio in circolo, permettendone l’utilizzo da parte delle cellule dell’organismo) che non riuscirebbe più a mantenere la glicemia nei range normali, con il raggiungimento di valori molto simili a quelli dei soggetti con diabete conclamato.

Sicuramente sonno insufficiente e disallineamento circadiano sono dei nuovi fattori di rischio per l’obesità che devono essere attenzionati soprattutto nei soggetti già predisposti.

Simili studi devono essere ulteriormente sviluppati, in particolar modo per valutare come questi possano essere intrecciati con altri fattori come dieta ed attività fisica, e quali siano i meccanismi per la disregolazione metabolica. Nel frattempo…cosa ci fate ancora svegli? Correte a dormire!

Claudia Di Mento

 

Bibliografia:

https://www.nature.com/articles/s41586-019-0948-2

https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/obr.12503

https://www.physiology.org/doi/full/10.1152/japplphysiol.00660.2005

https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(99)01376-8/fulltext

Una sequenza felice: salute, sport e alimentazione

Venerdì 5 aprile 2019. Messina. Aula Magna del Dipartimento di Economia. Il convegno è stato organizzato congiuntamente dall’Università di Messina, dall’Associazione ALuMnime e dall’Unione Sportiva Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani – US ACLI, per festeggiare la Giornata Internazionale dello Sport e la Giornata Mondiale della Salute, per celebrare le due ricorrenze del 6 e 7 aprile.

Il convegno si è svolto con il patrocinio del CUS Unime, presieduto da Antonino Micali, del Centro Medico Sportivo dell’Università di Messina diretto da Daniele Bruschetta; dall’Associazione Bios, presieduta da Carmelo Lembo; dalla sezione provinciale dell’E.N.D.A.S, presieduta da Salvatore Sidoti, dalla sezione regionale dell’Associazione Italiana Avvocati dello Sport, coordinata da Antonio Carmine Zoccali; dal Circolo del Tennis e della Vela , presieduto da Antonio Barbera e da Olympialex.

All’iniziativa hanno preso parte illustri studiosi provenienti dall’accademia, dalla magistratura e dal mondo delle professioni come: Francesco Rende, docente di diritto sportivo nell’Università di Messina;  Giuseppe Liotta, dell’Università di Palermo; Mauro Mirenna e Maria Militello, entrambi magistrati del Tribunale di Messina; Demetrio Milardi e Eliseo Scarcella, appartenenti al ramo di medicina dello sport, Giacomo Dugo e Paola Dugo, appartenente al mondo della chimica degli alimenti; Maurizio Lanfranchi e Carlo Giannetto, di marketing agroalimentare; Davide Trio e Gabriele Blanca, esperti in nutrizione; Marina Magnanti, allenatrice della judoka Odette Giuffridamedaglia d’argento ai Giochi olimpici di Rio de Janeiro 2016 . Laura Santoro, componente del Collegio di garanzia del C.O.N.I. e docente di diritto sportivo nell’Università di Palermo; Damiano Lembo, Presidente Nazionale US ACLI e Coordinatore Nazionale C.O.N.I degli Enti di Promozione Sportiva.

©GabriellaParasilitiCollazzo, Salute-Sport-Alimentazione, Aula Magna dipartimento di Economia, Messina 2019
©GabriellaParasilitiCollazzo, Salute-Sport-Alimentazione, Aula Magna dipartimento di Economia, Messina 2019

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

©GabriellaParasilitiCollazzo, Salute-Sport-Alimentazione, Aula Magna dipartimento di Economia, Messina 2019

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La manifestazione, pensata dall’Ateneo in sinergia con le altre associazioni, per le ricorrenze delle due “Giornate Mondiali” dello sport e della salute, ha fatto ricadere la scelta del luogo sul dipartimento di Economia non casualmente, ma, in quanto salute e sport generano utili, le imprese si muovono con interesse, in loro, dimora un valore economico. Economicamente parlando, sono elevati i numeri che ruotano intorno allo sport, ecco il perché la scelta della Facoltà di economia.

Lo sport, secondo quanto è affiorato nel degli innumerevoli interventi, ha delle forti potenzialità, al di là di quelle economiche. Favorisce lo sviluppo psichico dei soggetti, crea cittadinanza attiva, previene malattie, riduce patologie già in atto, è strumento di aggregazione sociale e di accrescimento personale.

Il convegno ha posto l’accento sull’esercizio fisico, abbinato a un sano e corretto regime dietetico. Grazie a una maggiore attenzione da parte dell’individuo verso il proprio benessere, il legame tra alimentazione, salute e forma fisica sta diventando un valore sia individuale che sociale. A questo ha contribuito in maniera determinante anche lo sport che, attraverso l’espressione corporea, promuove un rapporto diverso con il corpo. Un costante esercizio fisico migliora l’efficienza del corpo e agisce positivamente sull’attività mentale concentrando e coordinando le funzioni corporee secondo tecniche espressive che coinvolgono il corpo e la mente di un individuo.
Una dieta ricca di alimenti che garantiscono un apporto di acidi grassi insaturi può certamente giovare alla salute dell’atleta e quindi anche alla prestazione sportiva, mentre una dieta erroneamente pianificata, che ponga troppa attenzione agli introiti proteici, oppure una dieta che preveda un insufficiente apporto calorico, comporta un ripristino inadeguato dei depositi di glicogeno muscolare e quindi un calo della performance. Tra le varie diete, quella mediterranea è stata promossa come la più idonea ed efficace. Ottima anche per gli Omega3, fondamentali per chi fa attività fisica. Infine, si è parlato di argomenti come i functional food e gli integratori alimentari, i cui componenti aggiuntivi, assunti nelle giuste quantità, evitando gli abusi, migliorano le prestazioni dei soggetti.

Gabriella Parasiliti Collazzo

Dieta mima digiuno per 3 mesi: perdi chili e ringiovanisci le cellule

Studi inediti confermano l’efficacia della dieta mima digiuno, da seguire per 5 giorni e per soli 3 mesi.

La dieta mima digiuno aiuta ad abbassare la pressione, tenere sotto controllo la glicemia e dimagrire, in totale armonia col prorpio corpo.

A svelarlo la nuova ricerca bio-medica che mette in luce, ancora una volta, i benefici di questo regime alimentare basato sul digiuno assennato.

Sviluppata dallo scienziato Valter Longo questa dieta è considerata rivoluzionaria, agisce non solo sulla perdita di peso, ma anche sulla salute di chi la segue.

Un recente studio realizzato dalla University of Southern California, ha dimostrato che bastano tre mesi di dieta mima digiuno per conseguire ottimi risultati.

5 giorni al mese in cui si segue questo regime alimentare, bastano per avere una riduzione della massa grassa addominale e una perdita di peso consistente.

Le analisi hanno dimostrato che la dieta mima digiuno porta anche un abbassamento della pressione arteriosa e della glicemia, aiutando a tenere sotto controllo i trigliceridi, la proteina C reattiva, che causa infiammazioni, e il fattore insulino-simile, che è responsabile dell’invecchiamento cellulare.

“I dati ottenuti su biomarker e fattori di rischio associati a invecchiamento, cancro, diabete e malattie cardiovascolari, unitamente all’elevata compliance alla dieta e alla sua sicurezza di utilizzo – hanno spiegato i ricercatori – indicano che la Dieta Mima Digiuno possa rappresentare una strategia alimentare ad alto potenziale di efficacia nella promozione della salute umana”.

Basta dunque meno di una settimana della dieta mima “Longo” per ritornare in forma e migliorare la propria salute.

Nello specifico si tratta di un regime alimentare con pochissime calorie, basso contenuto di proteine e zuccheri semplici.

Si consumano soprattutto alimenti a base vegetale, senza lattosio o glutine, come zuppe, tisane, snack, barrette, minestre, integratori o tè.

Lo scopo di questi cibi è “ingannare” l’organismo, che si comporta come se si trovasse in una situazione di digiuno, attivando particolari meccanismi reattivi.

Questo comporta una perdita di peso, ma anche una rigenerazione e protezione dell’organismo.

Mediamente, in 3 mesi si possono perdere sino a 2 kg e mezzo, con una diminuzione considerevole della circonferenza addominale.

Un passo avanti rivoluzionario nella tematica che lega, ancora una volta, l’alimentazione al benessere ed al bio-equilibrio.

                                                                                                                                             Antonio Mulone

La giornata del rene spiegata dal professor Domenico Santoro

17 marzo 2019. Messina. Piazza Cairoli.  La Scuola di Nefrologia dell’Università di Messina dalle ore 9:00 alle 17:00, con un gruppo di medici, coordinati dal professor Domenico Santoro, professore associato di Nefrologia nonché dirigente medico dell’UOC Nefrologia e Dialisi presso il Policlinico universitario, per offrire alla città informazioni gratuite e screening sulla funzione dei propri reni, in occasione, appunto, della Giornata mondiale del rene 2019.

Il professore Santoro, per primo, ci ha fornito alcuni dettagli di approfondimento in merito all’evento attraverso un alternarsi di domande e risposte:

Professor Santoro, come mai oggi ci troviamo qui, in piazza?

“Come ogni anno, dal 2008, si dedica una giornata al rene, che prende il nome di giornata mondiale del rene, GMR, e ogni anno propone un tema diverso.  Il tema del 2019 è: “Salute per i Reni per ciascuno ed ovunque – Kidney Health for Everyone Everywhere”. Si dedica questa giornata perché le malattie renali sono più comuni di quello che si pensi, e in generale, colpiscono l’8/10% della popolazione. Nel sito internazionale della GMR ci sono numeri interessanti, che dovrebbero far allertare la popolazione, infatti, 825 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di insufficienza renale cronica. Se noi facessimo un confronto con diabete, malattia molto più conosciuta, ci renderemmo conto che colpisce molte meno persone, solo 380 milioni, ma ha comunque un eco maggiore tra la popolazione. L’insufficienza renale è una malattia con una mortalità abbastanza importante, basti pensare, che ogni anno muoiono 2,4 milioni di persone di insufficienza renale cronica. Poi è presente la forma acuta della malattia (IRA): 13 milioni di persone al mondo, ne soffrono. Con una mortalità molto più alta: il 13%. L’85% dei pazienti con questa malattia proviene dai paesi poveri, ergo, con più difficoltà all’accesso all’acqua, poiché i reni funzionano se si ha un determinato apporto idrico. Anche le classi sociali meno abbienti presentano percentuali più alta di rischio di contrarre tale patologia. Il tutto si riallaccia al tema di quest’anno “disuguaglianza in sanità”. L’allerta che noi vogliamo dare è soprattutto di cercare di portare la salute dei reni per ciascuno e ovunque come cita il nostro motto Kidney Health for Everyone Everywhere.”

Cosa fate in piazza per l’esattezza?

“Facciamo dei controlli gratuiti, accessibili a tutti. Per controllare se si è affetti da malattie renali basta veramente poco: controllare la pressione arteriosa, un esame delle urine, la misurazione delle creatinina e un’ecografia ai reni. Per fare uno screening sulle malattie renali ci vuole un attimo. Ricordo che l’8-10% ne soffre. Penso che sia davvero importante farlo annualmente.”

Ha qualche appello da fare?

“Sì. Si dice che la sanità dev’essere uguale per tutti, ma questo non è così. Soprattutto al sud. Ed è un problema. Non qualitativo, il problema non è un’incapacità della classe medica del meridione, ma la questione è di tipo politico nazionale. Un settore che risulta molto carente nel nostro territorio è quello dei trapianti di reni. Il trapianto renale costituisce la migliore arma che abbiamo quando la funzione renale tende a spegnersi e costituisce sicuramente la più valida alternativa alla dialisi. E mentre siamo in grado di affrontare ogni sfida nel nostro territorio per cercare di salvare la salute dei reni quando arriva il momento della terapia sostitutiva, per ottenere un trapianto siamo costretti nuovamente a viaggi della speranza. L’attività dei trapianti si presenta fortemente disomogenea sul territorio nazionale. Esiste una forte differenza territoriale nella attività di donazione che genera profondi divari regionali.“

Oggi qui con voi c’è il sism?

“Sì. Oggi, qui con noi, c’è il Sism. Roberta Minasi, presidentessa del Sism, ci accompagna da alcuni anni insieme al gruppo della Nefrologia. Presente anche la fondazione del rene policistico. Ed il rappresentante della fondazione è qui con noi.”

Le ultime, preziose, informazioni ce le da Roberta Minasi, presidentessa del Sism Messina che si ricollega con il discorso del Dottor D. Santoro ponendo nuovamente l’accento sulle disuguaglianze sociali:

“Oggi di sente tanto parlare di “disuguaglianza in salute”, Lo stato di salute di un individuo o di una popolazione è determinato da molteplici fattori strettamente correlati tra loro, quali istruzione, assistenza sanitaria, reddito, occupazione, tipologia dell’abitazione, situazione familiare, stili di vita. È come se il posto occupato da ciascuno di noi in relazione a tutti gli altri sia rilevante…chi si trova sopra di noi nella scala sociale gode di una salute migliore, chi sta sotto soffre di condizioni peggiori. Avere uguaglianza nell’accessibilità alle cure significa ridurre le disparità dei tenori di vita dei membri della società. Attraverso dunque questa attività di prevenzione “primaria” in piazza, chiunque può avere la possibilità di ricevere informazioni, consigli, chiedere un parere ad un professionista… In fondo, la “mission” che ci proponiamo è proprio questa: Affrontare tematiche di salute in maniera semplice, con linguaggio comune cercando di superare o abbattere totalmente il muro del timore e del disagio che tanto spesso si rileva come altro ostacolo per le proprie cure: l’instaurazione di una proficua relazione tra individuo e professionista sanitario.”

Gabriella Parasiliti Collazzo

 

Gli italiani scelgono sempre di più il biologico

Continua ad impennarsi esponenzialmente il la curva di crescita del mercato dei prodotti biologici in Europa, con un aumento delle superfici coltivate passato al 70% tra il 2009 e il 2017 e con 34,3 miliardi di vendite al dettaglio.

La svolta salutistica degli italiani a tavola ha fatto crescere a livello nazionale il fatturato del settore, superando i 5 miliardi di euro nell’ultimo anno, dei quali oltre 2 miliardi grazie alle esportazioni.

 

 

Tra i canali di acquisto, oltre alla grande distribuzione e ai negozi specializzati, particolarmente dinamici sono stati gli acquisti diretti dai produttori nelle fattorie, negli agriturismi e nei mercati contadini.

La forte domanda porterà ad un incremento della produzione interna e dunque delle importazioni.

Il report stilato dalla Commissione europea sull’agricoltura biologica vede per la prima volta un plus notevole delle importazioni in Unione Europea.

 

 

Spagna e Italia si confermano i paesi con le superfici di coltivazione che rispettano gli standard biologici più estese; Germania e Danimarca i mercati più grandi in termini assoluti.

Le aziende bio sono in media due volte più grandi e hanno rese inferiori dal 40 all’85% rispetto a quelle convenzionali, con molta variabilità secondo il prodotto della lavorazione di quest’ultimo.

Il divario tra prodotti bio e prodotti standardizzati viene compensato con sovrapprezzi alla produzione più alti in media del 150% rispetto ai prezzi normali.

Le importazioni nell’Unione Europea di alimenti biologici hanno totalizzato 3,4 milioni di tonnellate nel 2018.

La cultura del mangiare sano, senza rinunciare a qualità e gusto, detta legge anche in termini economici in questo periodo storico, in cui famiglie e consumatori tentano di tornare ai sapori ed alle lavorazione antiche e genuine, da sempre sinonimo di salute ed armonia.

Antonio Mulone

Il nuoto è davvero lo sport perfetto? Alcuni miti da sfatare

Il nuoto rappresenta uno degli sport più accessibili, praticato da persone di tutte le età, per i più svariati motivi. Da un punto di vista medico viene spesso consigliato come sport per risolvere o supportare molte condizioni: dal mal di schiena alla riabilitazione osteomuscolare, dal sovrappeso al controllo dello stress. Tutto ciò in virtù del fatto che è considerato un’attività a basso impatto sulle articolazioni; capace di allenare integralmente il corpo, coinvolgendo tutti i gruppi muscolari ed essendo un ottimo metodo per bruciare grassi e controllare il peso corporeo.

Tuttavia spesso non si ottengono i benefici sperati e, talvolta, il nuoto può risultare nocivo specie in determinate condizioni. Andiamo a sfatare o comunque a valutare meglio qualche mito legato alla pratica di questo sport.

• Il nuoto come “soluzione” al mal di schiena e ai problemi articolari.
Un’attività come il nuoto che non risente, in linea di massima, degli effetti della forza di gravità sembra perfetta per garantire uno sgravio del carico sulla colonna vertebrale, che a prima vista potrebbe apparire terapeutico.

Al contrario, sembrerebbe essere meglio sottoporre la colonna vertebrale alla gravità durante l’attività sportiva per migliorare la densità ossea. A conferma di ciò un recente studio afferma che anche la composizione del disco intervertebrale, implicato nelle ernie della colonna vertebrale, migliora con sport “gravitari” come la corsa. Inoltre uno studio mostra come non vi sia differenza nella prevalenza del mal di schiena tra chi pratica nuoto o sport di diverso tipo.

L’Isico (istituto scientifico italiano sulla colonna vertebrale) ha, tra l’altro, messo recentemente in evidenza che, al contrario di come viene spesso erroneamente suggerito, il nuoto non migliora la scoliosi bensì l’aggrava. In un campione di un centinaio di atleti agonisti praticanti lo sport si è notata un’accentuazione della cifosi toracica e delle asimmetrie del tronco.

Da considerare infine, specie per chi segue sessioni più intense di allenamento, che, per esempio, la gambata a delfino esercita un importante stress sulle strutture lombosacrali e può determinare l’insorgenza di patologie come ernie e spondilolisi (frattura posteriore della vertebra, a livello dell’istmo). La bracciata può provocare un danno cronico al cingolo scapolare che risulta essere a tutti gli effetti il “tallone d’Achille” dei nuotatori. La gambata a rana determina uno sforzo dei muscoli del bacino e degli adduttori degli arti inferiori. Inoltre eseguire la nuotata in maniera scorretta o sbilanciata potrebbe determinare degli squilibri tra le due metà del corpo.

Nonostante ciò il nuoto rappresenta un’ottima strategia per gestire il mal di schiena in tutti quei soggetti che, a causa di problemi agli altri inferiori o di gravi compromissioni della colonna vertebrale, difficilmente potrebbero praticare altri sport. Spetta al medico o al fisioterapista individuare la miglior soluzione sulla base delle proprie condizioni personali.

• Il nuoto come sport per aumentare la massa muscolare.
Seppur il nuoto agisca su molteplici gruppi muscolari, essere immersi in acqua non rappresenta la miglior condizione per favorire la crescita del muscolo. Le resistenze imposte dall’acqua non sono particolarmente alte, specie se si possiede una buona tecnica. Inoltre i muscoli più impiegati sono generalmente quelli del tronco e degli arti superiori, infatti le gambe presentano un ruolo meno importante e garantiscono più la stabilizzazione che la propulsione.

Man mano che si allungano le distanze le gambe diventano sempre meno utilizzate, così come nel complesso l’attività richiede meno forza e una minor massa. Infatti il fisico del nuotatore è definito (per una riduzione della massa grassa) ma non ipertrofico, specie in considerazione del fatto che un’eccesso di massa magra peggiora il galleggiamento.

L’uso di strumenti che aumentano le resistenze come carichi e palette può essere funzionale in alcuni periodi del programma di allenamento, ma se utilizzati troppo spesso potrebbero determinare un peggioramento della nuotata e uno stress articolare importante, soprattutto alle spalle e ai tendini dei muscoli che agiscono sull’arto superiore.

• Il nuoto come sport per dimagrire.
Il Centro per la prevenzione e controllo delle malattie suggerisce un’attività aerobica settimanale di 150 minuti al fine di controllare il peso corporeo.

Per aerobica si intende un’attività moderata che consente a quantità sufficienti di ossigeno di raggiungere i gruppi muscolari e permettere l’ossidazione dei grassi e il consumo completo degli zuccheri. Si tratta del metabolismo predominante negli atleti di medie e lunghe distanze e che meglio da la possibilità di perdere peso. Al contrario, il metabolismo degli sprinter è principalmente anaerobico, determinando una maggior produzione di acido lattico a partire dagli zuccheri e uno scarso consumo di lipidi.

Con l’obiettivo di dimagrire, quindi, l’impegno potrebbe tradursi in cinque corsette settimanali da mezz’ora, così come in tre nuotate da cinquanta minuti.

Mentre correre a basso ritmo per trenta minuti non rappresenta generalmente un grosso problema, l’utente medio che si approccia con meno esperienza o con meno allenamento a una pratica sicuramente meno naturale come il nuoto, difficilmente riesce a raggiungere cinquanta minuti complessivi di attività aerobica in una seduta di allenamento.

Secondo alcuni studi il metabolismo del nuotatore risulta essere prevalentemente anaerobico per distanze inferiori ai 200 metri. Per avere un vero impegno aerobico, che sfrutta anche le riserve di grassi, sarebbe necessario nuotare, a basso ritmo, distanze superiori ai 400 metri. Un’attività di questo tipo richiede una buona base tecnica e un allenamento non comune a tutti gli utenti.

Infine, d’altro canto, abbassando eccessivamente il ritmo, si rischia di finire per galleggiare passivamente con una velocità di avanzamento molto lenta, percorrendo nel complesso distanze molto brevi con una bassa spesa energetica.

Comunque, in generale, il raggiungimento del proprio obiettivo di allenamento è fortemente influenzato dalla tecnica di nuotata. Essa risulta essere fondamentale per aumentare le distanze percorse; permette di migliorare i tempi ed evita inutili sovraccarichi o squilibri muscolari. Chi si avvicina da poco allo sport deve considerare la possibilità di ricevere delle istruzioni per affinare il gesto atletico che, se migliorato, può ridurre enormemente la fatica garantendo migliori risultati in tempi più brevi.

Antonino Micari

Grande successo per l’evento del SISM di Messina: “La salute scende in piazza”

 

Sabato 16 febbraio dalle ore 9:30 sino alle 19:30 a Messina, a Piazza Cairoli, si è tenuto un evento fortemente voluto da diverse associazioni no profit messinesi (SISM, Cambiamenti APS, Croce Rossa Messina, Admo, Aido, Avis, Unicef, UICI, AISO, A.G.D. Messina e Nonno Ascoltami).

È Roberta Minasi, presidentessa del Sism Messina, a fornirci delucidazioni in merito all’evento:

“Già da tempo, grazie anche al prezioso aiuto del policlinico di Messina, il SISM Messina organizza iniziative di sensibilizzazione su tematiche specifiche con lo scopo di educare la popolazione alla conoscenza di alcune tematiche attuali di rilievo nell’ambito della salute e della sanità pubblica.

Il SISM, come ogni anno, si è fatto portavoce de “La salute scende in piazza”, un evento di salute pubblica, che si pone l’obiettivo di portare all’attenzione della cittadinanza sia il vero significato di “salute”, sia i suoi principali determinanti. In tal modo si rende la popolazione capace di conoscere e di conseguenza riconoscere eventuali comportamenti nocivi, facendo sì che gli stessi cittadini diventino fautori della diffusione di tale ideale.

Si tratta di un evento dedicato non solo all’intera popolazione, dai progetti per i più piccini agli screening per adulti ed anziani, ma mirato anche alla crescita e formazione degli studenti di medicina, consapevoli dell’importanza della prevenzione.

Numerose le associazioni che, già da tempo, hanno lavorato e lavorano in sinergia con il SISM e che sono scese in piazza, come la Cri Messina, che in occasione della giornata di sensibilizzazione è presente con un importante progetto: “Non sono un bersaglio”.

Il presidente del Comitato di Messina della Cri, Dottor Dario Bagnato, dichiara attraverso un’intervista che:

Sono 3.000 i casi di violenza a operatori sanitari italiani registrati nel 2018, a fronte di sole 1.200 denunce all’Inail: aggressioni a medici e infermieri in ospedale, nei Pronto Soccorso e nei presidi medici assistenziali.

Altro drammatico aspetto è quello delle aggressioni agli operatori delle ambulanze e dei danneggiamenti ai mezzi stessi. Basta leggere i giornali e troviamo frammentate ma cicliche notizie al riguardo, da nord a sud.

Ecco perché, tenendo conto dei logici distinguo, la Croce Rossa Italiana ha deciso di realizzare una campagna per denunciare, oltre a quanto accade in scenari internazionali, una realtà pressoché sconosciuta o spesso sottovalutata che ci coinvolge da vicino e che riguarda anche (e non solo) i volontari CRI: quella delle violenze ai danni dei nostri operatori e/o strutture sanitarie. Così nasce “Non sono un bersaglio”.

Il Dottor Bagnato ricorda che chi aggredisce un operatore socio-sanitario si sta precludendo la possibilità di essere curato. È come se si stesse aggredendo da solo, come suggerisce l’immagine stessa scelta per la loro locandina. Pertanto, fa appello alla coscienza di ogni cittadino onde evitare il perpetuarsi di altre violenze.

I volontari delle varie Onlus partecipanti hanno realizzato dei punti informativi affinché ogni cittadino potesse avere tutte le notizie desiderate sulle attività svolte dai gruppi associativi e più in generale sulla tutela del bene salute. Durante la giornata è stato possibile effettuare vari test di screening come quello dell’HIV (sia ematico sia salivare). È stata inoltre dedicata una particolare attenzione a due progetti, interamente indirizzati ai più piccini: lo Smile-X (progetto dei dottor clown, che effettuano ogni giovedì clown therapy al policlinico), e l’Odp, cioè l’Ospedale Dei Pupazzi: un progetto di sensibilizzazione volto a ridurre il timore dei più piccoli nei confronti del camice bianco e dell’ambiente ospedaliero: la paura viene esorcizzata attraverso dei peluche che vengono curati dai più piccoli su dei tavoli da gioco.

 

 

Gabriella Parasiliti Collazzo

Lo zucchero: dolce nemico da tenere sottocontrollo

Lo zucchero da tavola, il saccarosio, quei cristalli bianchi dolci e attraenti sono messi al banco degli imputati per essere la causa di diversi disturbi.

 

E’ l’eccesso di zucchero ad essere condannato.
Sebbene si tenti di mangiare sano, di guardare l’apporto calorico, di mangiare frutta e verdura, andare in palestra per condurre una vita regolata; nonostante gli sforzi, la maggior parte delle persone, mangia ancora troppo zucchero.
Si stima che l’adulto medio mangia circa 152 kg di zucchero ogni anno.

 

Anche evitando dolci, biscotti e gelati la situazione non cambia.
Si è davvero consapevoli di quanto zucchero assumiamo? Quanto se ne nasconde nel nostro cibo?
Beh non si può mai avere una scelta in primo piano, poiché esso viene aggiunto in quantità elevate ovunque. Ogni cibo nel supermercato, pane, grissini, snack, sughi per la pasta, soft drink, e qualsiasi altro alimento industriale, sia dolce che salato, ne contiene grandi quantità.
Per farci un’idea, consideriamo che l’etichetta di un alimento riporta a basso contenuto di zuccheri se è contenuto meno di 5 grammi per 100 grammi di zucchero nell’ alimento.
Tenendo conto che una zolletta di zucchero, comunemente aggiunta nel caffè, è circa 4 grammi di zucchero, possiamo prendere in esame i seguenti esempi riportati nell’immagine:

 

 



Molti yogurt (spesso commercializzati come uno spuntino sano) contengono fino a 30 grammi di zucchero per porzione.
Esatto! Lo yogurt può contenere più zucchero di una barretta di cioccolato!
Lo stesso può essere detto per cereali da prima colazione, barrette di muesli, succhi di frutta e molti altri alimenti relativamente “sani” che mangiamo regolarmente.
Per non parlare delle bevande zuccherate come la Coca-Cola!

Quelli che vengono spacciati per sostituti dolcificanti, fruttosio puro, sono anche dannosi. Lo sciroppo di glucosio e fruttosio, sciroppo di mais sono mix tossici; i quali vengono utilizzati per far accrescere la cremosità del prodotto e la sua conservabilità.

Perché ingeriamo così tanto zucchero? La risposta è semplice: siamo dipendenti.

Sugar addiction : dipendenza da zucchero

L’eccesso di zucchero agisce sulla soppressione dell’ormone grelina che trasmette il senso di fame e agisce sulla dopamina che dona il senso del piacere. Ciò significa che siamo messi nella condizione di consumarne sempre di più perché la fame non si placa e nemmeno il senso di sazietà.
Lo zucchero e i cibi ad alto indice glicemico attivano la produzione di dopamina in una regione del cervello chiamata nucleo accumbens, coinvolta nel piacere.
Quando stimoliamo in maniera protratta il centro del piacere il segnale nel tempo si attenua, divenendo più debole. Per cui dobbiamo consumarne di più per ottenere lo stesso piacere, un meccanismo chiamato tolleranza. E se smettiamo di assumerlo, andiamo in astinenza.

Tolleranza ed astinenza sono i meccanismi fisiologici della dipendenza.

Negli animali da esperimento assuefatti allo zucchero, l’eliminazione di questo dalla dieta crea i classici sintomi di astinenza, inclusa l’ansia e il tremore. Anche noi sviluppiamo dipendenza: più zucchero mangiamo, più ne vogliamo. Ecco spiegato perché di fronte ad un barattolo di nutella o una vaschetta di gelato qualcuno di noi non riesce a fermarsi. Dobbiamo consumarne dosi più alte, per produrre gli stessi effetti euforizzanti.
Inoltre stimola la produzione di serotonina: l’ormone della calma e del buon umore.
Proprio per questo, nei periodi di stress o prima del ciclo tendiamo a mangiare più dolci.
Lo zucchero in alte concentrazioni altera le concentrazioni dei recettori degli oppioidi (che hanno un ruolo nella percezione del piacere e dell’euforia) presenti nella zona del cervello coinvolta nell’assunzione di cibo, rendendoli insensibili ai meccanismi di controllo che ci dicono quando smettere di mangiare.

Sugar Rush

Un altro motivo del craving di zucchero (Il craving corrisponde alla fame, al desiderio compulsivo della sostanza) è dovuto a come ci si sente dopo che lo si consuma. In genere, una delizia zuccherina provoca una scarica di endorfine e del glucosio nel sangue, che provoca inizialmente una breve raffica di energia.
L’euforia che si ottiene dal mangiare zucchero non dura a lungo. Può causare un crash veloce dei livelli di energia, letargia, debolezza e potenzialmente a causa della forte diminuzione nei livelli di zucchero nel sangue. Lo zucchero raffinato indurrebbe effetti psicoattivi, reazioni neurochimiche e comportamentali sovrapponibili o addirittura superiori a quelli delle droghe, con le tipiche conseguenze delle dipendenze da sostanze: tolleranza, astinenza, abuso e il craving.

Zucchero e cocaina

Lo zucchero raffinato potrebbe avere effetti peggiori della cocaina a livello di dipendenza.
La tesi è sostenuta da James DiNicolantonio, della St. Luke’s Mid America Heart Institute, il quale ha analizzato e comparato i risultati di moltissimi studi sia sugli animali che sull’essere umano, mettendo in evidenza il consumo di zuccheri raffinati (per esempio il saccarosio da cucina o lo sciroppo di mais).
L’idea della potenza di questa sostanza si ha considerando che i topi preferiscono lo zucchero alla cocaina.

 Il gusto

Il sapore dolce non è soggetto a meccanismi di repulsione naturali, come avviene invece per il salato. Non c’è in noi un sistema di sicurezza integrato per impedirci di assumere troppo zucchero. Le persone possono mangiare un intero sacco di biscotti o infinite barre di cioccolato e volerne sempre di più.
La dipendenza dovuta essenzialmente al rilascio di oppioidi endogeni nel sistema nervoso a seguito del consumo.
L’ astinenza da zuccheri si manifesta quando i livelli di dopamina nel cervello indotti dall’assunzione di zuccheri calano, con la manifestazione di sintomi come il disturbo di iperattività con deficit di attenzione.
Ci sono differenze nel modo in cui ciascuno di noi risponde all’assunzione di zuccheri raffinati, dettate dalla genetica.

Il prezzo conveniente

Gli alimenti più sani e biologici o gli alimenti senza zucchero hanno un costo più elevato.
L’aggiunta di zucchero negli alimenti aumenta le probabilità che il consumatore continuerà ad acquistare quel cibo perché ha un buon sapore ed è più conveniente.
Questa convenienza ha un impatto importante nella vita di ciascuno di noi, da non sottovalutare.

Effetti avversi dell’eccesso di zucchero

<<Tutte le sostanze sono veleni e nessuna è innocua: la mancanza di effetti tossici, infatti dipende sempre dalla dose>>. Paracelso

Lo zucchero e il fruttosio vengono trasformati in grassi che si depositano nel fegato e nei muscoli, inducendo il pancreas a produrre più insulina e dunque predisponendo a obesità, diabete, ipertensione, malattie degenerative e tumori.

  • Aumenta il rischio di malattie cardiovascolari poiché fa aumentare il colesterolo cattivo, quello LDL di piccole dimensioni, che penetra nella parete delle arterie creando placca ateromasica.
  • Favorisce l’aggregazione piastrinica, un altro importante fattore di rischio cardiovascolare.
  • Artefice dell’invecchiamento della pelle, proprio come le sigarette e le radiazioni UV. Quando l’elastina e il collagene della pelle viene danneggiato dal sole o da altri radicali liberi, le cellule attivano dei programmi di riparo.Lo zucchero forma dei cross-links con gli amminoacidi presenti nella matrice intorno alle cellule, interferendo con il riparo cellulare e portando nel tempo alla formazione prematura di rughe.
  • Causa delle carie.
  • Abbassa le difese del sistema immunitario rendendoci più suscettibili alle malattie.
  • Causa un incremento dell’adrenalina, iperattività, ansia, e difficoltà a concentrarsi, specie nei bambini.
  • Può causare alterazioni ormonali.
  • Crea poi uno stato d’infiammazione costante, aumenta lo stress ossidativo e la formazione di radicali liberi.

Insomma una lunga catena di reazioni avverse.

Nuovi studi: effetti dello zucchero sul Fattore neurotrofico.

In alte concentrazioni, riduce la produzione di una sostanza chiamata brain-derived neurotrophic factor (BDNF), una neurotrofina che favorisce la sopravvivenza, la crescita e la differenziazione dei neuroni, essenziale per l’apprendimento, la memoria a lungo termine e il pensiero.
Il BDNF è particolarmente basso nei diabetici e nei pre-diabetici e la sua carenza, peggiora il controllo glicemico in un pericoloso circolo vizioso.

Come capire se si è dipendenti da zucchero?

Sintomo allarmante: Desiderio ardente di cibo, comfort alimentare.

Per alcune persone, l’idea di tornare a casa o cenare fuori con gli amici per godersi una bel piatto di spaghetti, pane o altri alimenti ricchi di carboidrati con bibite zuccherate, è molto allettante.

Come disintossicarsi?

  • Cercare valide alternative:

Il Miele, sebbene contenga un alta percentuale di glucosio e fruttosio, fornisce acidi organici, sali minerali enzimi e vitamine, viene assimilato più lentamente. Solitamente non è indicato nella preparazione di torte e biscotti poiché la cottura ne altera il sapore rendendolo amarognolo.

Il Succo d’acero rientra tra i dolcificanti naturali meno calorici, ricco di potassio, magnesio, ferro e acido malico. La Manna o la melassa ricca di vitamine del gruppo B e preziosi sali minerali.

La frutta secca nello yogurt, fichi, datteri o albicocche possono sostituire lo zucchero.

• Ridurre i livelli stress, 
• Mangiare con consapevolezza e ripulire la dispensa.

I vantaggi di dire no all’ eccesso di zucchero sono molteplici,tra cui perdere peso e riacquistare energia e vitalità.

Daniela Cannistrà