Genio e dannazione: la vita inquieta di Charles Baudelaire

Dall’armonia all’inquietudine: la svolta nella vita di Baudelaire

Charles Baudelaire nasce a Parigi il 9 aprile 1821, in una vecchia casa del Quartier Latin, al numero 13 di Rue Hautefeuille, dove oggi si trova la “Librairie Hachette”.

Considerato il simbolo del “poeta maledetto”, Baudelaire incarna la gioventù bohemienne, vivendo tra eccessi di alcool, assenzio e droghe, e combattendo contro le proprie fragilità mentali e fisiche.

La sua infanzia trascorre felicemente tra l’affetto della madre e il lusso del padre, un uomo anziano con inclinazioni artistiche. Tuttavia, la sua vita subisce una svolta drastica con il secondo matrimonio della madre con il maggiore Jacques Aupick, futuro generale, ambasciatore e senatore.

Baudelaire soffre profondamente questa unione e sviluppa un’avversione irriducibile per il patrigno, portandolo a un progressivo distacco dalla famiglia e a una vita sempre più ribelle e instabile.

La sofferenza come fonte di ispirazione

L’esistenza del poeta è segnata da alloggi precari, debiti, instabilità mentale e vari tentativi di suicidio.
La precarietà economica lo costringe a dipendere spesso dagli aiuti materni, mentre il suo spirito inquieto e tormentato lo spinge a esplorare l’arte sotto prospettive nuove e radicali.

Baudelaire non si piega alle convenzioni e trasforma le sue angosce in opere poetiche di straordinaria potenza, capaci di tradurre la decadenza e la bellezza del mondo in versi memorabili.

Il rapporto con Victor Hugo: ammirazione e critica

Baudelaire entra nel mondo della letteratura quando Victor Hugo è già un’icona del Romanticismo francese. Dopo un’iniziale ammirazione per il grande scrittore, sviluppa un rapporto contrastante con lui, criticando l’abbondanza stilistica e la visione morale dell’arte. Baudelaire ritiene che il poeta non debba avere la missione di guidare l’umanità, ma piuttosto cercare la purezza artistica.
Nel suo “Salon de 1845” accusa Hugo di aver influenzato negativamente intere generazioni di artisti con il suo sentimentalismo eccessivo. Tuttavia, col tempo, modera le sue critiche, riconoscendo il contributo di Hugo alla letteratura francese, pur continuando a preferire autori come Théophile Gautier, che incarnano una visione dell’arte più rigorosa e libera da intenti morali.

Simbolismo e poesia: il ruolo de L’Albatros e Correspondances

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I fiori del male – Poemetti in prosa. Collana: i Grandi Scrittori Stranieri II-43

Nel 1857, Charles Baudelaire pubblica la sua opera più celebre, Les Fleurs du Mal, un capolavoro che rivoluziona la poesia moderna e anticipa il Simbolismo. Il libro viene censurato per immoralità e alcune poesie vengono bandite, ma la sua influenza si rivelerà incalcolabile.
Baudelaire sostiene che l’arte non debba avere un fine sociale o morale, ma debba servire esclusivamente la bellezza e la ricerca di verità nascoste nel mondo.

All’interno della raccolta emergono due poesie emblematiche della sua poetica: L’Albatros e Correspondances.
L’Albatros rappresenta il dramma del poeta, paragonato all’albatros, un uccello maestoso in cielo ma goffo e vulnerabile sulla terra. Questo simbolismo esprime il contrasto tra la grandezza dell’ispirazione artistica e la difficoltà di adattarsi alla realtà quotidiana.
Correspondances, invece, introduce l’idea delle corrispondenze tra i sensi e il mondo spirituale, un concetto chiave del Simbolismo. In questa poesia, Baudelaire sviluppa la teoria secondo cui la natura è un tempio di simboli che l’artista deve decifrare, una visione che influenzerà profondamente la letteratura successiva.

Le Poète est semblable au prince des nuées 
Qui hante la tempête et se rit de l’archer;
Exilé sur le sol au milieu des huées,
Ses ailes de géant l’empêchent de marcher

Il Poeta è simile al principe delle nubi,
che sfida la tempesta e ride dell’arciere;
ma esiliato a terra, tra il dileggio della folla,
le sue ali di gigante gli impediscono di camminare.

L’Albatros

In Les Fleurs du Mal, Baudelaire esplora anche il conflitto tra due stati d’animo opposti: lo Spleen e l’Ideale. Lo Spleen rappresenta una profonda malinconia, un’angoscia esistenziale e un senso di disperazione di fronte alla banalità della vita quotidiana. Al contrario, l’Ideale simboleggia l’aspirazione alla bellezza, alla perfezione e a una realtà trascendente. Attraverso questa dicotomia, Baudelaire illustra la lotta interiore del poeta, diviso tra la ricerca di un ideale sublime e la realtà opprimente dello spleen.

L’ultimo periodo: malattia e morte

La sua salute, però, peggiora progressivamente. Nel 1866, viene colpito da un ictus che gli provoca una grave afasia e paralisi. Ricoverato alla “Clinique Hydrotherapique” di Chaillot, le sue condizioni rimangono stazionarie per mesi. Il 31 agosto 1867, alle 11 del mattino, muore a soli 46 anni, senza che Les Fleurs du Mal abbia trovato un nuovo editore.

L’eredità immortale di Baudelaire

Oggi, Baudelaire è considerato uno dei più grandi poeti di tutti i tempi. La sua arte, nata dal tormento e dal desiderio di trascendere la realtà, continua a influenzare generazioni di scrittori e artisti. Con il suo coraggio espressivo e la sua ricerca di una bellezza superiore, ha lasciato un’eredità immortale, capace di parlare ai cuori inquieti di ogni epoca.

 

Fonti:
Il sole nero dei poeti, Maria Luisa Belleli
I fiori del male – Poemetti in prosa, Charles Baudelaire

Giovani insoddisfatti? Uno studio ISTAT dice di sì

Proprio ieri, il 20 marzo, si celebrava la Giornata mondiale della felicità. Quell’emozione passeggera che, con un senso di soddisfazione, gioia e serenità, riempie la vita di ognuno. Ma, purtroppo, secondo i dati del World Happiness Report, l’Italia non è poi così felice. Infatti, ci troviamo al 33esimo posto, ben due posizioni indietro rispetto all’anno scorso.

Che sia dovuto all’insoddisfazione riscontrata in particolar modo nei giovani?

I dati Istat parlano chiaro: tra i giovani dai 14 ai 19 anni, circa 220 mila i ragazzi avvertono frustrazione e malcontento per la propria vita. Queste sensazioni sono principalmente dovute ad uno scarso benessere psicologico e ad un senso di inadeguatezza causato dal non sentirsi parte di qualcosa sia nelle relazioni famigliari (8,9%) che nelle relazioni amichevoli (16,1%).

Anche il tempo libero sembra non accontentare più i ragazzi e le ragazze, che preferiscono vivere in maniera quasi insonorizzata, a tratti passiva, rimanendo sospesi in una realtà dove la speranza per il futuro viene meno. Infatti, molti scelgono di sparire, di osservare tutto da uno schermo freddo e sterile trascurando la parte più umana di loro stessi. E ciò è provocato dal mancato senso di appartenenza manifestato dagli adolescenti.

Ma come dice l’autore Alessandro D’Avenia:

I ragazzi di oggi non sono né migliori né peggiori di quelli di ieri e quando gli adulti decino di esserci, in corpo e spirito, loro fioriscono. Perché, come ogni germoglio curato, hanno trovato terra in cui metter radici e nutrirsi di vita buona.

Dunque, sarebbe sufficiente prendersi cura di se stessi e degli altri come se fossimo piante. Trovare radici salde a cui aggrapparsi nei momenti difficili, un buon terreno fertile dove assorbire tutti i valori necessari per diventare uomini e donne migliori… E acqua fresca per purificarsi da tutti quei veleni che provano a turbare la nostra anima.

E i giovani universitari come se la passano?

La situazione non è delle migliori, infatti più volte si è sentito parlare delle difficoltà lamentate dai giovani lungo il percorso universitario. A maggior ragione nell’ultimo periodo, dove i tristi fatti di cronaca ne sono l’esempio più tangibile. La paura di fallire e di deludere genitori, parenti e amici è la causa principale che provoca infelicità, ansia e difficoltà psicologiche.

giovani
Fonte: Flickr. Autore: Università di Pavia

Un sondaggio eseguito da Skuola.net dimostra come gli universitari, per sfuggire alla pressione familiare e per tranquillizzare gli altri, tendono a mentire sulla propria carriera universitaria: circa uno studente su tre ammette di averlo fatto per non angosciare la famiglia, perchè si vergogna di non essere all’altezza oppure per evitare lo scontro. Più è difficile la situazione più le bugie potrebbero aumentare e andare fuori controllo. Il 32% degli intervistati vorrebbe confessare, ma l’angoscia di riconoscere il fallimento farebbe troppo male.

Ad allarmare però è il 25% che ritiene di poter essere preda di uno stato di disperazione che potrebbe sfociare anche in un gesto estremo.

È forse giunta l’ora di intervenire?

Non è più possibile aspettare il prossimo tragico epilogo, bisogna trovare un modo per fermare o limitare questo fenomeno che rischia di arrivare a un punto di non ritorno. Il 46% degli studenti vorrebbe che passasse il messaggio che la laurea non sia necessariamente sinonimo di successo. Solo il 15% di questi vede utile incrementare il supporto psicologico da parte degli atenei, mentre uno su tre vorrebbe un approccio più umano e comprensivo da parte delle Università.

Ciò non significa mettere da parte lo studio, perché è con forza di volontà e dedizione che i risultati arrivano. Bisognerebbe solo ricordarsi che il voto non rappresenta la persona, né questa è definita dal numero di esami dati o di bocciature ricevute.

Infine, sarebbe anche necessario porre un freno alla domanda più temuta tra tutte… «Ma quando ti laurei?»

Serena Previti

Tutto chiede salvezza: Benvenuti sulla nave dei pazzi

Brillante, empatica e spiritosa, la serie riesce a rompere il tabù delle malattie mentali – Voto UVM: 5/5

 

Benvenuti sulla nave dei pazzi, chi è sano mentalmente è quello strano quassù, la prima regola per salire a bordo è quella di avere qualche disturbo o malattia mentale. Siete disposti a salire?

Come può una serie mettere in scena le nostre paure e preoccupazioni? Nessuno mai in Italia era riuscito a ricreare il tema della salute mentale in un’unica serie tv mischiando umorismo ed empatia. Molte volte confondiamo la fragilità con la debolezza, e nella nostra immaginazione associamo queste due parole con la figura della donna. In questa serie, per la prima volta, si parlerà dell’interiorità del genere maschile, da sempre nascosta perché in caso contrario, l’uomo potrebbe risultare troppo poco virile. Una società che delle volte dimentica che l’umano è un essere fatto di emozioni, e non una mera macchina.

 

Tutto chiede salvezza
Daniele in una scena della serie tv. Regia: Francesco Bruni. Distribuzione: Netflix. Fonte: luce.lanazione.it

Tutto chiede salvezza (2022)

Tutto chiede salvezza è una serie televisiva diretta dal regista Francesco Bruni, e tratta dal romanzo autobiografico di Daniele Mancarelli, vincitore del premio strega giovani 2020. La serie è stata distribuita sulla piattaforma Netlfix il 18 Ottobre 2022, ed è composta da sette episodi.

La storia è ambienta nella bellissima Roma, all’interno di un reparto psichiatrico, dove Daniele (Daniele Mencarelli) che è stato ricoverato contro la sua volontà, dovrà passare un’intera settimana che stravolgerà la sua vita.

Personaggi

“Quei cinque pazzi sono la cosa più simile all’amicizia che abbia mai incontrato, di più, sono fratelli offerti dalla vita, trovati sulla stessa barca, in mezzo alla medesima tempesta, tra pazzia e qualche altra cosa che un giorno saprò nominare.”

Il protagonista ha solo 20 anni, quando all’improvviso dentro di lui nasce una forte rabbia che sfocia in violenza – un episodio psicotico – e d’urgenza viene sottoposto al TSO. È proprio in quest’occasione che farà conoscenza con i suoi compagni di stanza: Gianluca (Vincenzo Crea) un ragazzo gay, con un disturbo bipolare, considerato troppo strano dai propri genitori per la propria omosessualità; abbiamo poi Giorgio (Lorenzo Renzi) un omone grande e forzuto ma tenero che con se tiene sempre la foto in bianco e nero della propria mamma scomparsa; troviamo Madonnina (Vincenzo Nemolato), un uomo con seri problemi mentali; Mario (Andrea Pennacchi) che osserva sempre la finestra nella speranza di rivedere il suo amato uccellino; ed infine c’è Alessandro (Alessandro Pacioni), intrappolato con gli occhi e col corpo dentro quel letto d’ospedale. Ma Daniele farà anche conoscenza con Nina (Fotinì Peluso), una ragazza con problemi più grandi dei suoi.

Tutti e sei sono accomunati dal trattamento sanitario obbligatorio, le loro giornate sono accompagnate dal caldo afoso e da infermieri e dottori che vigilano su di essi. In loro nascerà una grande amicizia, anzi, una fratellanza, per resistere a quel mondo “sano” per loro troppo irraggiungibile.

 

Tutto chiede salvezza
A sinistra Daniele (Daniele Mencarelli), seguito da Madonnina (Vincenzo Nemolato), Gianluca (Vincenzo Crea), e Giorgio (Lorenzo Renzi). Regia: Francesco Bruni. Distribuzione: Netflix.

Dentro le sale bianche

Come già detto sopra, la serie è tratta dal romanzo autobiografico di Daniele Mancarelli, che racconta la sua vera storia, ammettendo senza vergogna e paura il proprio disturbo che lo accompagnò nell’estate del 1994. I suoi genitori vollero per lui il TSO, dopo l’ennesimo attacco di rabbia. E da un giorno all’altro non si trovava più dentro la sua cameretta, ma i suoi occhi si risvegliarono dentro una stanza con lunghe pareti bianche e con degli insoliti compagni di stanza.

Sette puntate: una per ogni giorno della settimana, che ci faranno conoscere il breve ma intenso viaggio di Daniele. Una settimana costellata di avventure fisiche e mentali, che accompagneranno i personaggi tra monologhi e speranze abbandonate, sostituite da sogni, tanto belli quanto pericolosi per la loro salute. Per tutti i pazzi e sognatori, non preoccupatevi, prima o poi pure voi sarete compresi, osate finché potete!

 

Alessia Orsa

Università: riflessioni a caldo di una matricola

Ma come si vive l’Università? Esiste un manuale da qualche parte? Ma soprattutto, c’è un modo per poterla vivere serenamente? Come tutti gli studenti che compiono il salto da un piccolo liceo di provincia per approdare in quegli atenei lontani quasi cento chilometri da casa, mi sono catapultata dentro a una realtà totalmente nuova. Di cose ne ho imparate tante e di sbagli ce ne sono stati anche, tra queste però, ci sono alcune che sento l’esigenza di condividere con voi! Che tu sia una matricola o uno studente appena laureato molto probabilmente avrai provato (o starai provando) le mie stesse emozioni.

Cosa ci insegna l’Università?

Non sempre quello che da matricole ci si aspetta, in realtà. Al liceo non vedi l’ora di essere al quinto anno per sentirti il più grande della scuola, al terzo anno di università invece vorresti tornare al primo solo per non sentirti così vicino al fuoricorso. Ma perché? Quanti fattori ci sono dietro un singolo esame? Quante sono le cose che non ci dicono? E nell’immobilità più totale mi son data una risposta.

Nessuno ci dice che la nostra fatica e il nostro impegno personale potrebbe non essere ricompensato. Ci dicono studierai solo quello che ti piace!” “Puoi studiare quando vuoi”

Ma nessuno parla mai delle uscite a cui rinunciamo, di chi studia mentre lavora. Nessuno parla delle docce posticipate, dei pranzi o delle cene fatte di corsa e improvvisate in camera sui libri . Qualcuno ha mai menzionato gli attacchi di panico o di ansia che ormai tra i giovani studenti sono all’ordine del giorno? 

Ci si accorge della fatica di molte persone nel presentarsi ad un esame orale, davanti ad una commissione che ti giudica mentre parli?

Coinvolti da tutta questa pressione sociale non ci rendiamo conto che molto spesso il nostro percorso universitario arriva a totalizzare e a scandire la nostra esistenza: usciamo a bere con gli amici e le materie da studiare costituiscono un trend topic, idem quando siamo in palestra o nei momenti fugaci che trascorriamo insieme alle nostre famiglie.

Non è forse questa disumanizzazione, questa costante ansia di essere ed apparire come la società vorrebbe che contribuisce a renderci emotivamente e psicologicamente più fragili?

Siamo vittime di un sistema che ha in serbo aspettative enormi su di noi, dove tutti siamo giudicati in base alle nostre performance, prima accademiche e poi lavorative, che ovviamente devono quasi rasentare la perfezione.

Fonte: Freepik

E guai ad   “fuori” dai tempi prefissati! Urge (bisogna capire alla fine dei conti a chi URGE!) saper essere al passo con i tempi, conoscenze informatiche e linguistiche all’avanguardia. E ancora, essere bravi ad adattarci a stage non remunerativi, senza possibilità di assentarsi neanche un giorno. E questo perché? Perché fa parte della “gavetta”, serve a formare i “leoni del domani”,  non ci si può mica lamentare! E chi rimane dietro? Beh è un perdente che non si è saputo adattare ed è destinato a soccombere.

Università/ Ma chi siamo noi davvero e cosa vogliamo?

Caliamo le maschere. Non siamo perfetti, affatto! Siamo impulsivi, puntigliosi e testardi, insomma non siamo quelli che il sistema vorrebbe.  Siamo umani innanzitutto!

Lasciateci sbagliare e lasciateci il tempo per poterlo fare! Ma questo tempo? Non basta mai! E forse la presa di consapevolezza maggiore è il non essere fatti di materie, nozioni o libri da imparare per un esame. Perché non siamo sempre bravi, siamo imperfetti. Si corre ad una velocità diversa perché ognuno si imbatte nei propri limiti, nei propri ostacoli e anche, nei propri mostri. Inconsciamente ci paragoniamo sempre agli altri, alle montagne che scalano i nostri colleghi, alcuni più velocemente di noi.  Facciamo in modo di non permettere mai agli altri di trattarci con sufficienza.

Studiamo per diventare la voce spezzata di quei giovani che si sono arresi. E ci sentiamo indietro, ci sentiamo in difetto, ci sentiamo inutili. Friendly remainder: prendi gli appuntamenti che rimandi da settimane, mesi, anni. Punta anche su questo. Perché ce la fai!  

 

Giorgia Fichera

Covid-19: la percezione del rischio

L’8 Dicembre 2019 è stato identificato a Wuhan il primo caso di Covid-19. Ha avuto così inizio una delle più gravi pandemie mondiali che, a distanza di quasi due anni, sembra un incubo non ancora pronto a svanire.
In questo scenario, uno degli aspetti più evidenti ed indagati dai vari studi in ambito psicologico, è la percezione del rischio legata a: salute, lavoro, ripresa economica, aree interpersonali e le conseguenze psicologiche.
Risulta importante analizzare il concetto di ”percezione del rischio”. Consente infatti di comprendere meglio molti comportamenti e di adottare uno stile di comunicazione efficace, soprattutto durante un’emergenza sanitaria come quella attuale.

  1. Cos’è la percezione del richio
  2. Comportamenti protettivi e modalità di rischio
  3. Rischio come analisi e rischio come sentimenti
  4. Focus-on sul rischio come sentimento
  5. La visione culturale del rischio: gerarchia-egualitarismo e individualismo-comunitarismo
  6. L’importanza delle norme sociali per il cambiamento del comportamento

Cos’è la percezione del rischio

Sul sito web del Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università di Padova si legge: “La percezione del rischio è un processo cognitivo coinvolto in diverse attività quotidiane e che orienta i comportamenti delle persone di fronte a decisioni che coinvolgono dei rischi potenziali. La percezione del rischio coinvolge diverse dimensioni come, per esempio, le conseguenze sia immediate sia future e le loro implicazioni tanto su un piano razionale ed oggettivo quanto su un piano emozionale e soggettivo. La ricerca ha sottolineato che in molti casi esiste una discrepanza tra la percezione soggettiva del rischio e la valutazione oggettiva (Slovic, 2001). ”
Dunque, spesso capita che le personae abbiano timore di attività realmente non pericolose, sottovalutando quelle che potrebbero portare a conseguenze drammatiche. Nel parlare di percezione del rischio si fa riferimento all’inclusione di dimensioni cognitive,emotive e sociali creando così un modello di analisi complesso.

https://www.auxologico.it/
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Comportamenti protettivi e modalità di rischio

Alcuni studi hanno rilevato come la percezione del rischio sia fondamentale al fine di sviluppare comportamenti protettivi, come ad esempio la promozione della pulizia e dell’igiene e l’evitamento della vicinanza sociale.
Facendo riferimento al paradigma psicometrico per l’analisi quantitative del rischio percepito e dei benefici percepiti, possiamo distinguere due modalità attraverso le quali le persone percepiscono e/o agiscono sul rischio.

Rischio come analisi e rischio come sentimenti

Si può parlare di “rischio come analisi”che si basa su logica, processi decisionali e ragione. Questa modalità risulta più lenta, complessa e faticosa, in quanto si tratta di un processo cognitivo.
L’altra è quella del “rischio come sentimenti” che fa riferimento alla intuizioni di minaccia ed alle reazioni istintive. Quest’ultima modalità è più veloce, rapida ed efficace.
Stati emotivi vissuti durante la pandemia sono stati per lo più: rabbia, paura, preoccupazione, tristezza, solitudine, incertezza ma anche speranza e fiducia.
Gli stati affettivi ansiosi, hanno amplificato la percezione del rischio interpersonale e psicologico, mentre l’incertezza ha aumentato i rischi percepiti per il lavoro, l’economia istituzionale e l’area psicosociale.

Focus-on sul rischio come sentimento

Quando si parla di rischio come sentimento, quindi prevalentemente processi guidati da stati affettivi ed emotivi, si tratta di un atteggiamento che fa riferimento alla valutazione delle nostre esperienze dirette e/o indirette con quel pericolo e quanto lo riteniamo positivo o negativo.
Durante i momenti peggiori della pandemia, soprattutto nella sua fase primordiale, le persone hanno utilizzato/utilizzano per lo più questa modalità. Viene infatti usata quando si è sottostress, con conoscenze limitate sugli argomenti di interesse e con poco tempo a disposizione.
Le esperienze, incrementando la possibilità di apprendimento positive o negative (ad esempio aver avuto un conoscente affetto da covid) o le nostre immagini mentali, contrassegnate da positività o negatività, si legano anche a stati somatici e corporei, rimandando all’importanza della connessione mente-corpo.

Per quanto riguarda l’aspetto cognitivo nella percezione del rischio è correlato a: ricerca di notizie sul covid-19, controllo ed efficacia dei termini di contenimento.

https://www.puntosicuro.it/
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La visione culturale del rischio: gerarchia-egualitarismo e individualismo-comunitarismo

Bisogna aggiungere che anche i fattori sociali,culturali e politici giocano un ruolo fondamentale nella percezione del rischio. Anche gli esperti ne sono influenzati e per questo è necessario prenderli in considerazione. Nello specifico, facciamo riferimento a visioni basate sulle contrapposizioni gerarchia-egualitarismo e individualismo-comunitarismo.
Più le persone hanno una visione individualistica e gerarchica, più valutano negativamente il Covid-19, riducendone la loro percezione del rischio.  Questo perché, nelle società individualiste, ci si aspetta che le istituzioni sociali garantiscano benessere ed assistenza senza interferenze da parte del governo.
Sicuramente avrete letto espressioni del tipo “Non ci possono dire come dobbiamo vivere”, “Siamo in dittatura sanitaria”, “Decido io dove andare, nessuno può costringermi” ecc.
Chi invece ha una visione basata sull’egualitarismo ha come obiettivo quello di distribuire in maniera equa la ricchezza e la salute. Ciò fa aumentare la percezione del rischio per tutta la comunità.

L’importanza delle norme sociali per il cambiamento del comportamento

Tra i fattori di promozioni per le azioni di protezione durante la pandemia rientrano le norme sociali.
Nello specifico, vi è una differenza tra norme descrittive, ovvero la percezione soggettiva di ciò che fanno gli altri, e norme prescrittive, convinzione su ciò che si aspetta che si faccia.
Infatti, più si pensa che gli altri agiscano per ridurre la diffusione del virus, più ci si sente socialmente sottopressione per ridurre il contagio e più si metteranno in atto le misure di prevenzione.
Questo rispetto delle norme è maggiore nelle società di tipo egualitario/comunitario.

Tutto questo serve a sottolineare che ormai non possiamo più parlare di benessere dell’individuo ridotto solo all’aspetto medico, ma serve anche ragionare ed agire in un’ottica psicologica e socio-psicologica.

                                                                                                                                                      Chiara Fraumeni

Bibliografia

Lanciano, Graziano,Curci,  Costadura, Monaco,(2020) Risk Perceptions and Psychological Effects During the Italian COVID-19 Emergency, 2020; 11: 580053. PMCID: PMC7533588, PMID: 33071920

Savadori, Lauriola, Risk Perception and Protective Behaviors During the Rise of the COVID-19 Outbreak in Italy(2021), 2020; 11: 577331. Published online 2021 Jan 13. doi: 10.3389/fpsyg.2020.577331 . PMCID: PMC7838090 . PMID: 33519593

 Forte ,  Favieri , Tambelli , Casagrande  The Enemy Which Sealed the World: Effects of COVID-19 Diffusion on the Psychological State of the Italian Population  PMID: 32531884,PMCID: PMC7356935, DOI: 10.3390/jcm9061802