Diamanti e cristalli: si possono produrre in casa?

Quante volte ci siamo chiesti quanto saremmo ricchi se conoscessimo il segreto per fare i diamanti? È ovvio che nessuno di noi ha in mano questo, ma sappiamo, grazie alla scienza, quali sono i fenomeni fisici e chimici per cui, da un semplice pezzo di carbone la natura ci da queste preziose pietre. Vi spiegheremo questi fenomeni e capiremo insieme che ciò che accade non è possibile in una provetta e nemmeno in una semplice autoclave. Vi sveleremo il segreto per poter produrre dei cristalli di sale fatti in casa!

Ma cosa sono i cristalli?

Partiamo dalla definizione basilare: un cristallo è un solido formato da atomi ordinati nello spazio secondo una geometria per formare un reticolo cristallino. Poiché quest’ordine viene rispettato su tutto il solido, la forma finale del singolo cristallo sarà la stessa del reticolo nella sua parte più piccola. Mi spiego meglio: se il sale da cucina ha granelli più o meno cubici questo è dovuto al suo reticolo, che ha una geometria quadrata. In natura se ne trovano di varie forme oltre alla cubica, ad esempio esagonale, tetragonale (simile a cubo ma allungato), ortorombico (come il tetragonale ma la cui base o sezione ha la forma di un rombo), trigonale e così via.

 

Il normale sale da cucina. Fonte

 

È la natura degli atomi che compone il reticolo che dà la forma al reticolo stesso, e che definisce le sue caratteristiche fisiche e la sua grandezza.

Allora qualsiasi solido è un cristallo?

Ogni solido è costituito da molecole e atomi, ma è l’ordine di questi che conferisce all’oggetto le sue proprietà fisiche. Un esempio pratico: quando impiliamo una serie di fogli o libri in più colonne, possiamo ottenere forme tetragonali o cubiche, ma se questi fossero posti male o a casaccio? Nonostante il foglio o il libro abbiano forma rettangolare, avremo nell’insieme un’accozzaglia senza forma.

Un esempio curioso è quello del fosforo. Sebbene sia sempre fosforo, allo stato puro (elementare) lo troviamo in varie forme e colori. Citiamo il fosforo rosso e il fosforo bianco, entrambi sono costituiti da atomi ordinati a gruppi tetraedrici, ma solo il fosforo bianco brucia quando messo all’aria aperta. Questo accade perché non è rispettata la geometria tetraedrica all’interno dell’intero solido, non c’è un reticolo ordinato e questo viene definito come amorfo. Anche il vetro è un materiale amorfo, è costituito da atomi di silicio e ossigeno anch’essi legati in modo da dare una geometria tetraedrica, ma nello spazio questi tetraedri sono sparpagliati casualmente. Questo comporta che i materiali amorfi non abbiano una forma finale ben definita. Il vetro è malleabile, il fosforo rosso è granuloso e al microscopio non ha alcuna geometria definita.

Il normale fosforo trovato nei fiammiferi. Fonte

E quindi? Cosa c’entra coi diamanti?

I diamanti sono fatti solamente di atomi di carbonio, ma anche il semplice carbone è fatto della stessa materia. Dopo quanto spiegato, possiamo dedurre che questi oggetti abbiano un reticolo cristallino differente. Infatti il carbone è un materiale amorfo, mentre il diamante è costituito da un reticolo cristallino praticamente perfetto. L’unità geometrica di partenza è l’ottaedro ( o esacisottaedro, tetraedrico o ancora composto da rombododecaedri e cubi). Quest’ordine perfetto del reticolo conferisce al diamante la tipica trasparenza e rifrazione della luce.

Reticolo della grafite e del diamante. Fonte

Come è possibile che in natura si trovino carbone e diamanti?

Sono le condizioni ambientali a influenzare la forma di un materiale. Se ci pensiamo, i diamanti si trovano in giacimenti, o all’aperto (più comuni), o a pozzo. Ciò che succede alla maggior parte di questi diamanti è che si formano grazie al materiale organico, che troviamo alla profondità di 200 km nella crosta terrestre con temperature pari a 1500-2000 °C sotto 70 tonnellate di terra per centimetro quadro. Parliamo di materiale carbonioso che emerge assieme alle rocce sedimentarie o rocce madri dagli strati più profondi della crosta terrestre. Immaginate quindi che per produrre diamanti non sia cosa facile. Dopotutto arrivare a temperature e pressioni così elevate richiede un enorme quantitativo di energia, ecco perché non converrebbe sintetizzare diamanti per scopi di gioielleria. Piuttosto avrebbe senso sintetizzare piccole punte di diamanti come strumenti di precisione per produzioni in scala industriale. Perché oltre alla brillantezza e trasparenza sappiamo anche che il diamante è uno dei materiali più resistenti e leggeri conosciuti dall’uomo.

 

Come ottenere cristalli fighissimi

Ecco, dopo questa importante delusione, vogliamo donarvi questa fantastica ricetta per preparare a casa dei fantastici cristalli! Tutto ciò che serve è: 3 bicchieri di vetro, acqua, pentolino o bollitore per l’acqua, un filo (nylon o spago sottile), una bacchetta di legno, pellicola (o stagnola),una vaschetta di plastica e, infine, il sale da cristallizzare. Il sale il questione potrebbe essere anche il comune sale da cucina ma per dei fantastici cristalli dalla forma esagonale vi invitiamo a procurarvi dell’Allume di Rocca (detta anche di potassio). Avete l’occorrente? Iniziamo!

Servono 20g di allume (o sale) da sciogliere in 100 g di acqua. Per comodità, invece di scaldare la soluzione, usiamo dell’acqua già scaldata. Basta aver portato i 100g di acqua ad ebollizione con un bollitore o con un pentolino. Quindi una volta messi in un bicchiere di vetro allume e acqua, agitiamo con una bacchetta di legno pulita e copriamo il bicchiere con pellicola. Questo per evitare di far evaporare troppa acqua. Aspettiamo che si raffreddi. Dopodiché se si trova sul fondo del bicchiere qualche granello, dovremo travasare la soluzione in un secondo bicchiere. Dopo una mezz’ora la soluzione sarà fredda. Qui toccherà portare la soluzione dentro una vaschetta larga e poco profonda, un paio di centimetri alta di soluzione. Dopo 2-3 giorni potremo prelevare i cristalli.

Già dopo le prime 24 ore saranno visibili i primi cristalli. Questi, non troppo trasparenti, sono il risultato di una evaporazione troppo veloce e dipende dalla temperatura dell’ambiente: più è alta, più velocemente l’acqua evapora. Il segreto per evitare l’opacizzazione sta nel bloccare l’evaporazione ponendo una pellicola con alcuni buchi sopra la bacinella. Rallenteremo la crescita ma i cristalli saranno trasparenti! In ogni caso più tempo passa più i cristalli cresceranno.

Risultato dell’esperimento. Fonte

Ora siamo nella seconda fase: facciamo crescere i cristalli che abbiamo ottenuto! Dopo una selezione dei migliori cristalli, prepariamo un’altra soluzione di acqua da 200 grammi con 30 grammi di allume, come abbiamo fatto prima. Lasciamo raffreddare e mettiamo la soluzione in dei bicchieri di vetro, e questa volta dovremo agganciare il cristallo ad un filo e agganciarlo a un sostegno in modo che il cristallo stia a penzoloni a metà bicchiere. Man mano che cresce, l’acqua evapora e quando notiamo che troppa acqua è scomparsa riprepariamo un’altra soluzione. Tutto qua! Ecco come ottenere dei bellissimi cristalli bianchi e trasparenti in modo semplice! Per ottenere dei cristalli ancora più belli vi suggeriamo di mettere del colorante alimentare nelle soluzioni che preparerete. Vi sembrerà di ottenere dei minerali preziosi semplicemente in casa.


Salvatore Donato

 

Bibliografia

https://it.wikipedia.org/wiki/Diamante#Estrazione

https://www.diamant-gems.com/it/la-formazione-del-diamante/

https://youtu.be/lMRKZjvf-yg

Inaugurate le nuove sale di Cardiologia Interventistica dell’AOU “G.Martino”

Lunedì 12, presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria “Gaetano Martino” di Messina, sono state inaugurate le nuove sale ibride di cardiologia interventistica collocate al secondo piano del Padiglione E. Una realizzazione strutturale significativa, un microcosmo di tecnologia e innovazione.

Questo è  “un giorno importante per l’Azienda”, hanno dichiarato il Direttore Amministrativo dell’AOU, la Dott.ssa Elvira Amata, insieme al Direttore Sanitario, il Dott. Giuseppe Murolo. È stato raggiunto “un obiettivo significativo per la salute dei tanti pazienti che ogni giorno afferiscono al nostro ospedale e che qui troveranno competenze e professionalità”.

Quali sono le finalità e le nuove tecnologie offerte nelle sale? 

All’interno di queste sale potranno essere eseguiti interventi di vario tipo come: coronarografie, angioplastiche, occlusioni dell’auricola, chiusura del forame ovale pervio, chiusura di leaks endovascolari e interventistica extracardiaca.

Questi spazi fanno parte di un progetto ancora più ampio. Infatti, si punta alla strutturazione di un’intero piano adibito per tutte le specialità connesse alle patologie cardiache. Nella stessa area è previsto il reparto di Cardiologia, l’Unità di Terapia Intensiva Cardiologica, l’Emodinamica e i relativi ambulatori.

Fonte: UniMe

Le nuove sale sono dotate di angiografi di ultima generazione. I maxi schermi touchless presenti consentono agli operatori di ingrandire i campi visivi e lavorare con più precisione.

Questo sistema multimediale, definito di video integrazione e collegato ai database medici multimediali d’azienda, permette all’operatore sanitario di visualizzare, anche in sala operatoria, le informazioni relative allo stato dei pazienti. Infatti, durante l’intervento, i medici potranno controllare personalmente TAC, risonanze e radiologie. Il sistema integrato conta sulle telecamere che riproducono in streaming gli interventi eseguiti per scopi di formazione e didattica.

Accoglienza, comfort e mobilità per il paziente 

Sentirsi in un ambiente confortevole anche in ospedale sembra un’utopia. In questo senso infatti le nuove sale puntano proprio a garantire tutti i comfort necessari al paziente. Per rendere gli ambienti meno ospedalieri, troviamo a far da sfondo grandi pannelli che ritraggono lo stretto di Messina e alcuni scenari dell’isola di Filicudi.

Fonte: UniMe

Per garantire autonomia e mobilità fin dai primi istanti è presente una sala risveglio. In questa spazio, adibito all’osservazione nelle fasi pre e post trattamento, troviamo anche attrezzature proprie delle terapie intensive per affrontare qualunque emergenza.

Il nuovo complesso è trasversale. Al suo interno il corridoio che collega le sale di Emodinamica all’UTIC (Unità di terapia intensiva cardiologica) permette un trasporto semplice ed immediato.

Tecnologie e innovazione per salvare la vita 

Fonte: UniMe

Il Rettore dell’Università degli Studi di Messina, il Prof. Salvatore Cuzzocrea, ha affermato che l’Università ha camminato di pari passo, non solo sul piano strutturale, ma anche cercando di dare a tali strutture i grandi professionisti che qui vi operano”. Un nuovo padiglione davvero all’avanguardia, poiché dotato di tecnologie e risorse umane competenti per andare incontro alle esigenze di salute delle persone, come egli stesso l’ha definito, oltre ad aggiungere che a breve verranno inaugurate le nuove sale di chirurgia vascolare: “tutto ciò si inserisce in una logica di sistema e sinergia complessiva anche in ambito cardio vascolare. Competenze che fanno del nostro policlinico una vera eccellenza”.

Il Prof. Antonio Micari, Responsabile dell’UOSD di Cardiologia Interventistica, ha dichiarato che “queste sale sono le più moderne al momento oggi presenti da Roma in giù”. Questo è motivo d’orgoglio per un sud spesso condannato in ambito sanitario. Attraverso queste tecnologie si consente “di eseguire in modo poco invasivo interventi cardiologici complessi e spesso SALVA VITA”.

Marta Ferrato

La dieta del secchione: soddisfatti o rimandati

Ringrazio i pochi che, dopo questo incipit, non hanno ancora chiuso tutto e mandato a quel paese me e questo articolo. Ma c’è poco da fare, inutile far finta di niente, è ora di mettersi sotto. Fuori dalla finestra della camera di ogni studente, l’estate farà man mano il suo ingresso, le belle giornate saranno una costante, il sole, il mare, le granite… tutto fuori dalla finestra, perché tu sarai dentro a studiare.

La ricetta per affrontare al meglio un esame sta tutta nella preparazione, con un pizzico di fattore C (di fortuna). Se sul fattore C è vero che non abbiamo potere, possiamo fare qualcosa invece sulla preparazione. Tuttavia spesso si trascorre ore ed ore sui libri, senza però che si impari realmente ciò che si legge. Questo accade perché la volontà di studiare, seppur forte, non riesce a far funzionare correttamente quei meccanismi neurali atti alla comprensione e memorizzazione di un argomento. Per far questo c’è bisogno che l’organismo sia recettivo e concentrato sugli stimoli che gli si propongono. Semplice a dirsi, un’impresa storica a farsi, lo so. La scienza però ci corre in aiuto, sa che proprio noi, studenti sotto esame disperati, abbiamo bisogno di qualche “trucchetto” per rendere al meglio nel momento giusto. Esistono alcuni alimenti e qualche accorgimento che può davvero fare la differenza tra una giornata di studio persa ed una proficua. Ecco cinque consigli (più uno extra) che possono influire sulla qualità dello studio.

1) Il caffè fa bene (il giusto)

Croce e delizia di tutti gli studenti universitari, il caffè rappresenta l’alimento più consumato durante le lezioni, e non solo. Il caffè, d’altronde, è la bevanda più bevuta in Italia (il 97% degli italiani beve quotidianamente caffè), sia per il suo inconfondibile aroma, sia, e soprattutto, per l’effetto psicoattivo della caffeina. Da questo fronte ci sono buone notizie!

Una dose di caffeina di 200-400 milligrammi, l’equivalente di circa due tazzine e mezza di caffè espresso, migliora le prestazioni mnemoniche. E’ questo il risultato di una ricerca pubblicata su Nature Neuroscienze che dimostra per la prima volta un effetto specifico della sostanza sul processo di consolidamento dei ricordi. Nello studio, i soggetti, tutti di età compresa tra 18 e 30 anni non abituali consumatori di caffè, dovevano visualizzare su uno schermo una serie di oggetti e poi assumere 200 milligrammi di caffeina (due tazzine di espresso). A 24 ore di distanza ogni volontario doveva riconoscere gli stessi oggetti. Dall’analisi statistica delle risposte, è emersa una notevole differenza tra i soggetti che avevano assunto caffeina e quelli che avevano assunto il placebo: i primi dimostravano di riuscire a riconoscere con maggiore frequenza gli oggetti simili a quelli del giorno prima. Chi aveva assunto placebo infatti ricorreva più spesso nell’errore di riconoscere come “già visti” oggetti che in realtà erano solo simili ai precedenti.

E quante volte, stanchi e assonnati, abbiamo sentito la necessità di prendere un caffè, praticamente tutti i giorni. Questo aumento inconsapevole del consumo di caffè, e quindi caffeina, nelle persone sottoposte a stress, è legato alla capacità di questa sostanza di prevenire diverse alterazioni cerebrali, specie nell’ippocampo (struttura importante per la memoria), indotte proprio dallo stress. I ricercatori hanno studiato i principali recettori neuronali su cui agisce la caffeina, quelli dell’adenosina, cui si lega a essi e li blocca. Un gruppo di topi è stato trattato con un inibitore di questo recettore, e poi sottoposto a stress così come un altro gruppo di topi con recettore normali. Il primo gruppo ha mostrato comportamenti meno alterati e una conservazione della memoria migliore rispetto ai topi del gruppo di controllo, con la sola eccezione di un livello di ansia leggermente più alto nei topi che assumevano caffeina.
Ciò fa ipotizzare, concludono i ricercatori, che la maggiore assunzione di caffeina nei soggetti stressati sia in effetti un tentativo inconsapevole di automedicazione.

 Ricordate di non eccedere e di rimanere entro le 2 tazzine al giorno, in quanto l’eccessiva assunzione provoca effetti spiacevoli di nervosismo, tachicardia e gastrite, sindrome nota come “caffeinismo”.

2) Non hai sete? Bevi comunque
Durante le lunghe sessioni di studio spesso ci si dimentica di bere, perché il nostro organismo, grazie a complessi meccanismi, conserva i liquidi senza farci avvertire la sete.
Già in passato la letteratura scientifica aveva suggerito un collegamento fra una forte disidratazione e il calo delle funzioni cognitive. Ora si sa che una condizione di ‘leggera disidratazione’ può essere nociva e renderci meno produttivi.
Alcuni studiosi hanno dimostrato come una perdita di acqua corrispondente a circa il 5% del peso corporeo, può influire sull’attività neurale.
Topi di laboratorio sono stati privati di acqua per 24 o 48 ore, periodo in cui è stata analizzato il flusso sanguigno verso la corteccia neurale. La disidratazione ha innalzato l’osmolarità plasmatica ed i livelli di vasopressina (ormone anti-diuretico), un ormone prodotto per limitare l’eliminazione di liquidi, che è l’artefice delle alterazioni cognitive osservate. E’ diminuito il flusso di sangue alla corteccia durante lo stimolo con attività cognitive, e si è visto come questo sia correlato alla presenza protratta nel tempo di vasopressina. Questa porta a stress ossidativo e stimola il rilascio di endotelina-1 nelle arteriole cerebrali, che ne causa una vasocostrizione.

3) Mangia cioccolato

Il cacao, contenuto principalmente nel cioccolato fondente, può venirci in aiuto più di quanto si immagini. Il cioccolato contiene dei principi attivi stimolanti, tra cui spicca la teobromina, una molecola caffeino-simile. I ben noti effetti stimolanti del cacao sono legati proprio alla presenza di teobromina, che oltre ad essere psicoattiva, ha anche un effetto salutare per il sistema cardio-circolatorio. La teobromina ha effetti psicoattivi più blandi rispetto a quelli della caffeina, ma ne è un perfetto sostituto in quanto ha un effetto minore ma più duraturo. Inoltre la quantità di zuccheri per 100g è adatta alle esigenze di un piccolo calo di attenzione. Infine contiene numerosi flavonoidi, composti dal potere antiossidante.
Il cioccolato inoltre favorisce la produzione di serotonina, un neurotrasmettitore eccitatorio che, se presente in difetto, causa una riduzione patologica dell’umore. Poiché l’assunzione di cioccolato, soprattutto fondente, aumenta la produzione di serotonina, si potrebbe definire uno “antidepressivo naturale”. Tuttavia, se presente in eccesso, la serotonina favorisce la comparsa di emicrania, il peggior nemico dello studente sotto esame.

4) Rinuncia al sale (tranne nelle limonate del chiosco)

Una dieta troppo ricca di sale fa male all’organismo ed è associata ad un aumentato rischio di malattie cardio e neurovascolari e demenza. Uno studio, apparso su Nature Neuroscience, ha mostrato che un eccessivo apporto di sodio compromette le capacità cognitive e ha svelato che ciò accade mediante un sorprendente meccanismo di natura immunitaria che origina nell’intestino. E’ stato visto che il sodio determina un aumento dei linfociti Th17, cellule del sistema immunitario; ciò favorisce il rilascio di una proteina, l’interleuchina 17 (IL-17), da parte dei linfociti.

IL-17 agisce sulle cellule endoteliali cerebrali, che ricoprono la parte interna dei vasi e ne regolano il flusso di sangue tramite la produzione di ossido nitrico, un vasodilatatore. L’aumentata IL-17 in circolo va ad agire proprio lì, alterando così il flusso ematico. Lo studio, condotto sui topi, ha mostrato un miglioramento delle prestazioni cognitive e comportamentali quando dalla dieta è stato eliminato il sale, o quando i piccoli animali sono stati trattati con un anticorpo contro IL-17. Questo farmaco contrasta gli effetti cerebrovascolari e cognitivi della dieta ricca di sale e può aiutare chi soffre di malattie o condizioni associate ad elevati livelli di IL-17, come la sclerosi multipla, malattie infiammatorie croniche intestinali e altre malattie autoimmuni.

 5) Pasti leggeri e regolari

L’effetto del cibo sulle funzioni cognitive e sulle emozioni inizia già prima dell’assunzione, in quanto il sistema visivo e quello olfattivo preparano in anticipo l’organismo al pasto. L’ingestione in sé attiva il rilascio di ormoni come l’insulina, l’ormone simile al glucagone (GLP-1) in circolo; queste sostanze raggiungono l’ippocampo e attivano alcuni processi metabolici che promuovono le attività sinaptiche contribuendo all’apprendimento e alla formazione di nuovi ricordi. Un altro ormone importante in questo asse è la leptina, sintetizzata dal tessuto adiposo per ridurre l’appetito.
Si è visto come la leptina, a livello del sistema nervoso centrale, possa stimolare l’espressione di fattori neurotrofici (BDNF) nell’ipotalamo e nell’ippocampo, che hanno la capacità di favorire l’apprendimento e la memoria. Infine il fattore insulino-simile (IGF1) è prodotto dal fegato e dai muscoli scheletrici in risposta a stimoli prodotti dal metabolismo e dall’esercizio fisico. IGF1 stimola la crescita dei nervi, la differenziazione e la sintesi ed il rilascio dei neurotrasmettitori. La dieta, di concerto all’esercizio fisico, specie quello aerobico, ha effetti positivi nelle funzioni cognitive.
Se mangiare spesso stimola questi ormoni neurotrofici, al contempo bisogna evitare le abbuffate, cibi fritti e ricchi di grasso che impegnano il nostro organismo in lunghe e dispendiose digestioni, che causano il cosiddetto “abbiocco” post-pranzo, e ci offuscano la mente.

6) Il nutrimento più importante…lo studio

Quindi studiate e in bocca al lupo.

Antonio Nuccio