Fidarsi degli altri è difficile, fidarsi di se stessi è difficilissimo

“Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio” è un proverbio famosissimo e di certo più che veritiero. Nella vita capita spesso che si abbiano delle delusioni causate dall’eccessiva fiducia mostrata a qualcuno, che può essere un amico, il proprio partner, anche un parente. Ci promettiamo di non cascare più nella trappola, di non farci fregare una seconda volta, ma delusioni di questo genere si ripeteranno sempre. Ma perché? Perché se commettiamo un errore di qualsiasi natura torniamo a rifarlo prima o poi? Per quale ragione le lezioni che la vita ci dà le ascoltiamo quasi sempre a metà? La ragione sta nel fatto che, prima che degli altri, non possiamo fidarci di noi stessi.

Avere fiducia in se stessi e fidarsi di se stessi non sono proprio la stessa cosa: la prima consiste nel fatto che bisogna sempre credere nelle proprie capacità e facoltà, la seconda riguarda di più l’attendibilità dei nostri comportamenti di fronte a situazioni per le quali ci eravamo ripromessi qualcosa che molto probabilmente ignoreremo. La verità è che tendiamo a dimenticare spesso quello che abbiamo provato, quando in passato abbiamo avuto un problema che ci ha fatto stare male. In questo modo ci riveliamo impavidi, non temiamo più il pericolo e ricadiamo nuovamente nell’errore. In fin dei conti l’essere umano vive grazie agli stimoli che riceve dalla vita. Tutto si fa con maggiore efficacia, se le nostre azioni sono mosse da una componente emotiva ben precisa. Siamo esseri emotivi e saper controllare le emozioni è fondamentale affinché il nostro animo possa godere di un certo equilibrio. Ad esempio, non è un caso che gli ultimi giorni prima di un esame si studi con un’intensità di gran lunga superiore a quella che si ha tre settimane prima.

Lo stimolo è necessario, però talvolta viene meno. Siamo noi stessi a tradirci più spesso, non gli altri e non sappiamo punirci nel modo giusto. Sono veramente pochi coloro i quali si rivelano duri con se stessi. Spesso ritenuti esagerati, in realtà sono semplicemente più saggi. Con questo non s’intende che le cose debbano essere viste “in bianco e nero”, un po’ di elasticità non deve mai mancare, anche perché è necessario sapersi adattare alle circostanze, ma mai in modo passivo.

Per cui, come possiamo imparare a fidarci di noi stessi? Bisogna trovare lo stimolo giusto: qualsiasi cosa decidiamo di fare la dobbiamo perseguire per una ragione, perché abbiamo uno scopo ben preciso. Un’attività svolta tanto per viene quasi sempre abbandonata. La passione è la forma di stimolo principale, quando c’è quella possiamo dire di essere a posto. La volontà di stare bene emotivamente ed il dolore, così come l’ansia sono tutte forme di stimolo che ci aiutano, se ben gestite, a fare meglio. Il dolore lo temiamo tutti, ma in effetti molte volte ci aiuta a “resettarci”, ci dà la possibilità di ripartire da zero, che non è cosa da poco.
Come infatti un detto popolare inglese dice: “from our deepest sadness springs our greatest joy”.

 

Francesco Catanzariti

San Valentino: sì, no, forse…

“L’amore conta, l’amore conta, conosci un altro modo per fregar la morte?”

No Liga, io un altro modo per fregare la morte non l’ho trovato, però devo dire che l’amore basta come fregatura.

Ed è proprio d’amore che voglio parlare, adesso che San Valentino è alle porte. Anzi, non proprio d’amore ma…

Ecco a voi una modestissima top 5 di coppie che incontrerete il giorno di San Valentino:

  • I Chiara & Fedez dei poveri, quelli che posteranno foto e stories del loro ammmore su ogni piattaforma esistente, passando dalla foto dell’anello al video mentre si imboccano a vicenda, perché tutti devono essere testimoni del loro amore. Ma cari social dipendenti, affrontiamo insieme la realtà per renderci conto che non può fregarci niente di cosa vi siete regalati, dove siete andati e dei fiori. Con affetto, l’intero mondo di cinici social dipendenti.
  • I pizza&netflix , quel genere di coppia che stanno insieme da così tanto tempo che hanno già fatto tutto e allora, vecchi dentro, decideranno di passare il San Valentino guardando una nuova serie tv su Netflix, oppure un film d’amore (rigorosamente scelto da LEI) magari mangiando una pizza. A forma di cuore per l’occasione, dai…
  • I cinefili in calore, quelli che andranno al cinema per guardarsi il nuovo film di 50 sfumature e passeranno metà del film “amore stasera lo facciamo pure noi”, quando magari la cosa più trasgressiva che fanno a letto è dormire senza mettere il pigiama nei calzini, e l’altra metà del film limonando che Valentino caro, mi sa che la tua Valentina è più presa da Mr Grey che dal tuo Mr x.
  • L’amore intimo, il migliore in assoluto, voi coppia intima siete i miei preferiti perché vi amate immensamente, condividete tutto… dai piccoli pensieri giornalieri all’influenza di stomaco, ma lo vivete nel segreto, giorno per giorno. Senza il bisogno di sbatterlo in faccia a quei poveri single dei vostri amici.

e, dulcis in fundo

  • Gli “io di più”, quelli che non fanno che ripetersi quanto si amano e “io di più” – “no, io di più”, esistono anche nella variante telefonica: “Chiudi prima tu” –  “no, chiudi prima tu”. E tu stai a guardarli dicendo “no ma tranquilli io di più” si, io vi vorrei morti di più.

Cos’altro aggiungere? San Valentino è una festa meravigliosa quando sei fidanzato, ma quando sei single?

Come rispondo alla domanda “San Valentino? Si, No, forse …”?
– “L’amore è una cosa semplice” .

Ma quannu mai Tiziano? Ma se era così semplice tu stavi qui a scrivere canzoni sui tuoi ex? Ma non penso proprio… e intanto la restante popolazione dei single vive il 14 febbraio saltellando tra coppie social e coppie “io di più”, difendendosi lanciando Baci Perugina come se fossero bombe a mano. Ed è proprio a voi che penso con tanto rammarico, ma sono qui per aiutarvi.

Cose da NON fare per sopravvivere al giorno di San Valentino:

  • NON uscite di casa, in qualsiasi posto possiate andare troverete fiumi di Baci Perugina, rose, cuoricini, anelli. Da evitare le piazze, la spiaggia, le discoteche, i social, i supermercati. Rinchiudetevi al buio facendo finta che questa giornata non esista e programmatevi una maratona della serie tv che preferite.
  • NON accendete la tv, probabilmente manderanno soltanto film d’amore. Vale l’opzione precedente, magari ordinate una pizza e fate attenzione che non vi arrivi a forma di cuore…… ma si, capita una volta l’anno, se la pizza è il vostro amore, che male c’è farvela fare a forma di cuore?
  • NON cercate i vostri amici, c’è il rischio di scoprire che persino loro sono fidanzati da 2 giorni, mentre tu sei rimasto l’unico single della città.
  • NON fate i luoghi comuni, con quei soliti discorsi del tipo “San Valentino è una festa commerciale” “è un complotto delle multinazionali” …”Ah ma è oggi!” … “che schifo” … “Non bisogna ricordarsi di amarsi solo il giorno di San Valentino ma bisogna farlo tutti i giorni”, siete soltanto dei Greench che i Baci Perugina li comprano più di tutti, e non per la frase, e nemmeno per regalarli.

Vi sto per dire la cosa più importante, magari fino ad ora per voi avrò detto un mare di cavolate ma adesso vi devo dire una cosa seria. NON DICHIARATEVI A SAN VALENTINO. E va bene che l’amore ha i prosciutti sugli occhi (a volte interi, altre volte direttamente i maiali vivi), va bene che nei film funziona, con lei che sta per salire sull’aereo, lui corre verso di lei e la bacia e vissero tutti felici e contenti. Ma sfatiamo questo mito, nella realtà lei sarebbe comunque riuscita a prendere l’aereo, e avrebbe avuto pure il tempo di friendzonarlo o di mollargli un ceffone pesantissimo.

Siamo sinceri, perché mai dovreste dichiararvi il giorno di San Valentino e deridervi da soli?

La soluzione sarebbe passare il San Valentino con il vostro cane o gatto, lui si che merita il vostro affetto incondizionato, così come la pizza e la birra.

 

Serena Votano (Greench di San Valentino)

Stranger ex

“Non incontrerai mai uno come me.”
Si spera proprio questo, mio caro (non poi così caro) ex.
Ecco a voi la classifica dei più comuni EX RAGAZZI che tutte, più o meno, abbiamo avuto o avremo.

1.L’UOMO-ROSA
Allora, l’uomo-rosa era quel genere di bambino che staccava le rose dal giardino, ma, prima di portarle alla mamma, staccava tutte le spine. Allo stesso modo entrerà nella vostra vita cercando di salvarvi, senza tenere in considerazione voi e il vostro stare bene nella vostra entropia emotiva. Fa un po’ da Freud e un po’ da Barbara D’Urso, ma tesoro o ti piaccio pazza o non se ne fa niente.

2.IL MAMMA-MAN 
Questo è quel genere di ragazzo che, qualsiasi cosa voi stiate facendo, dal fare il letto a truccarvi, dirà “Mia mamma non lo faceva così”. Assaggerà i vostri piatti come un Joe Bastianich selvatico, giudicando male anche il the perché “Mia mamma metteva più zucchero …” Allora sai che ti dico? *****

3.ERIC
Vi ricordate il cartone “Rossana”? Che domande, come dimenticarlo. Ecco, tutte (anche tu che dici di no) ci siamo innamorate di Eric, ed è stato così anche nella vita. Tutte ci siamo innamorate di quel bad boy, un po’ dannato e un po’ menefreghista, non curante delle regole, in grado di farti sentire mille terremoti soltanto con uno sguardo. Quel ragazzo che veniva e prenderti in moto, con la sua giacca di pelle, per poi scappare al mare. Purtroppo Eric è sempre e solo una fase. Per quanto possa piacerci la Nutella prima o poi il barattolo sarà vuoto.

4.WILL
Will lo conosci da poco ma devi proprio ammettere che ci stai bene, ti piace e piace anche ai tuoi amici, cominci a considerare la possibilità di un futuro insieme con una casa al mare che lui scompare nel nulla: non risponde ai messaggi o alle chiamate, ti ritrovi cancellata dagli amici di Facebook, bloccata su Instragram e ricercata dai suoi sicari. Tranquille ragazze, non è scomparso … è solo scappato in Molise, o più semplicemente è bloccato nel Sottosopra da cui speri che Undici non lo libererà mai

5.MR GREY
Quel ragazzo così passionale da far sciogliere un intero reparto surgelati con annessa gelateria. Lui però non vuole una storia seria, o comunque non vuole sentirsi soppresso perché, proprio come una fiamma, senza ossigeno si spegne, e quando capisci che è arrivato il momento di lasciarlo, lui sta già mirando la sua prossima candela da sciogliere.

6.BOB/BARNEY
Tardi o presto finiamo tutte tra le braccia di quel ragazzo mai lucido, un po’ per le droghe e un po’ per l’alcol, ti porta in posti mistici o in tourné con la nuova band del paese. Quel ragazzo che inizialmente ti sembrava uno che della vita sapeva tutto, ma che un attimo dopo ti sembra uno sfigato senza futuro.

7.STALKER
Già quando ci stavi insieme dovevi capire quanto era stalker, un po’ perché “casualmente” lo ritrovavi sempre nello stesso bar in cui eri con gli amici, un po’ per quei messaggi “Perché visualizzi e non rispondi?”. Dopo che la storia è finita non riesce ad accettarlo, non fa che scriverti su tutti i social, pubblicare foto vecchie con te, scriverti ogni volte che apri Whatsapp (perché aspetta sempre di vederti “online”) per dirti “Ti blocco Stefaniaaa …” e lo ritrovi proprio dietro casa tua, magari a chiacchierare con la donna delle pulizie del condominio.

8.EX STORICO
Lui è il grande amore della tua vita, forse non il primo ma il più importante, quello con cui avevi già programmato i nomi dei figli e il colore delle mattonelle in bagno. Conoscevi tutto di lui, dall’intolleranza alla canzone che ha cantato alla recita delle elementari, ma dopo mesi o anni è finita. E nonostante i seguenti ragazzi con cui sei stata o semplicemente uscita, ogni volta che lo rivedi non riesci a non provare le stesse emozioni, la stessa sensazione di vuoto dentro lo stomaco.

9.JOKER
Lo psicopatico per cui non esiste una cura. Quel ragazzo che non vuole impegnarsi ma che non vuole che tu esca con altri ragazzi, quello che non ti dice “Ti Amo” ma vuole dormire abbracciati, quello che non vuole mai andare da nessuna parte ma nemmeno stare a casa tua. Peggio delle bocce di sottaceti che non si riescono ad aprire, fastidioso come il tappo di una bottiglia d’acqua quando non riesci a girarlo, irritante come una zanzara nella notte. Per salvarlo dalle sue indecisioni lo lasci. Ma tenetevi pronte, tornerà.

10.TI AMO TROPPO
Prima o poi nella vita tocca a tutti quanti sentirsi dire “Ti lascio perché ti amo troppo”, e se non vi è ancora capitato tenetevi all’erta. Lui è un ragazzo spento, vive davanti alla tv con un vassoio di pop corn sempre pieno, cominci a chiederti chi glielo riempia visto che è sempre pieno e non si è mai alzato da quel divano. Poi, un bel giorno decide di alzarsi, ti guarda come si guardano i gattini raccolti in tangenziale e “Amore… ti lascio perché ti amo troppo”, ma prima di poter capire la paradossale frase, lo vedi pubblicare le foto sullo yacht del padre (di cui non ne sapevi nulla, ma come è possibile!!) e stappare Don Perignon come se non ci fosse un domani.

Per adesso direi che possiamo fermarci, nella peggiore delle ipotesi uno dei vostri ex assomiglia a più di uno di questi sopra citati, ma non vi preoccupate. È un ex. Tranne il Joker, di lui ci si deve sempre preoccupare.

E se non ne avete nessuno di questi, vi rimangono due ipotesi, anzi tre:
1)Fate schifo
2)Arriverà il vostro turno
3)Lo stranger ex siete voi.

 

Serena Votano

La felpa razzista di H&M, il web si infuria

E’ di pochi giorni fa lo scandalo che ha coinvolto uno dei fashion brand più influenti dell’ultimo decennio: H&M. Un marchio, una garanzia per lo shopping low cost di cui ormai tutti ci serviamo.
Ma qui non elogeremo il business portato avanti dall’azienda, piuttosto parleremo di un fatto vergognoso legato ad un suo capo d’abbigliamento, con una stampa tutto tranne che appropriata.
Ennesimo episodio di razzismo è il caso in questione, cioè la foto di un baby modello di colore, sullo shop online di H&M, che indossa una felpa verde con su scritto: “Coolest Monkey in the Jungle” (“La Scimmia più cool della giungla”).
Da qui sono partite proteste dei consumatori che avevano notato l’infelice foto, segnalata al più presto. Tutto ciò ha causato l’indignazione della popolazione nera e non solo, la sensibilità di tutti è stata calpestata. Per cosa? Per vendere a tutti i costi un capo di vestiario?
Chiariamo bene, il termine “scimmia” è un’offesa. È facilmente assimilabile a “negro”, “sporco” o qualsiasi altro termine che storicamente e culturalmente sia stato usato in senso negativo per discriminare i neri.
Spesso sulle t-shirt, felpe, top etc vediamo frasi di canzoni o aforismi in cui si ironizza sul mondo attuale anche con stampe un po’ spinte, non solo a sfondo sessuale. Ma in questo casol’ironia non può essere una giustificazione. Per non parlare del bambino che indossa quel capo, la cui innocenza si può dire sia stata strumentalizzata.
Non è mancata ovviamente la risposta dell’azienda svedese sui social, che ammette l’errore e si scusa: “É successo, ma questo non significa che non consideriamo l’accaduto come un fatto serio. Ci impegniamo affinché non avvenga più una cosa simile”.
Queste sono più o meno le parole usate dal famoso brand, che ha prontamente rimosso foto e capo dal sito, capendo che l’errore più grande è stato quello di mancare ad una responsabilità: rispettare le sensibilità di chi si affida a un’azienda di moda come la loro, anche per comprare una stupida felpa.
Martina Casilli

Fotografia

Un ricordo stampato nel tempo,

Un attimo, un secondo, un momento.

Ad alternar felicità e tristezza in mente

Saranno gli addii quanto i “per sempre”.

Quale magia è stare a guardare

Ciò che è passato e non può più tornare

Sono luoghi, parole e persone

Che restan nel cuore e nella ragione

E son emozioni a prender l’armi!

Un ricordo stampato nel tempo,

Una goccia marcia sul viso

Fino a morir in trincea…un sorriso!

Andrea Barbarello

La magia del Natale grazie agli spot e ai film imperdibili

E’ sempre un punto interrogativo enorme quello su “cosa sia davvero il Natale”, perché ognuno ha dentro di sé una sua risposta … però indubbiamente c’è chi pensa, in particolare i miscredenti, che in fondo è solo il contorno che lo rende magico e speciale.

Eccessivo consumismo o meno, ci soffermeremo comunque sulla spensieratezza e l’atmosfera incantata che il Natale comporta. Ci vengono in aiuto gli spot pubblicitari rimasti nella storia, alcuni riproposti in tv in chiave più moderna e altri appena nati, e gli immancabili film e cartoni animati da guardare sdraiati sul divano col camino acceso, una cioccolata calda e tante coccole col fidanzato, con l’amico, col cane o col cuscino.
Attraverso immagini e link diretti (su cui potete cliccare per andare a vedere i video correlati), forse scaverò nei ricordi della maggior parte di noi, quelli più legati all’infanzia. Ovviamente sono solo alcuni dei tanti pezzi storici che ricordano il Natale, ed ho evitato di inserire quelli più scontati. Dagli anni 80/90 al 2000 e più, ho raccolto i “must see” natalizi da riguardare o consigliare alle nuove generazioni.

Categoria spot pubblicitari:

  • Coca Cola (1997), l’orsetto che riuscì a nuotare grazie alla bevanda, raffigurato anche nelle confezioni e diventato un pupazzo vero e proprio (che tanto avrei voluto vincere!). Link : https://www.youtube.com/watch?v=cfYbWM66sH4

 

  •  Ciobar (1997), quel tizio che rimane fuori casa al gelo mentre i suoi amici si godono al caldo la cioccolata, non proprio pubblicità natalizia ma l’atmosfera è quella. Link: https://www.youtube.com/watch?v=XXJ1Y6YnwOQ 

 

  •  Lavazza (2001), Bonolis e Laurenti nei panni di due pastorelli, che poi diventano il bue e l’asinello come richiesto da Dio. “A me, me piace”, Link: https://www.youtube.com/watch?v=Ky-TGtQO7as

 

  •  Panettone Motta (forse 2007), in cui quel bambino aspetta Babbo Natale che scende dal camino, passato alla storia per la frase “Dai, buttati che è morbido!”. Link: https://www.youtube.com/watch?v=gmTtMHTAK1I

 

  • Pandoro Bauli (2008), la prima volta che ascoltammo “A Natale puoi”, la bambina Alicia che ci ha fatto emozionare con poche e semplici parole, dritte al cuore. Link: https://www.youtube.com/watch?v=Q8qhbibsR5s

 

Categoria Film/cartoni imperdibili:

  •  Il canto di Natale di Topolino (1983), cortometraggio in cui Scrooge viene visitato dal fantasma di Pippo … ricordate? Link: https://www.youtube.com/watch?v=rmsoNmp3fss 

 

  • The Santa Claus (1994), adoravo come Tim Allen, che dovette sostituire il vero Babbo Natale, scendeva dalcamino. Link: https://www.youtube.com/watch?v=t067u2Jnks0

 

  •  La bella e la bestia, un magico natale (1997), il sequel con altre belle canzoni di uno dei cartoni animati Disney più belli, da vedere a qualunque età. Link: https://www.youtube.com/watch?v=vPrYOjH1elA

 

  • Jack Frost (1998), molti non sanno nemmeno cosa sia, guardatelo! Magia, divertimento e pianti, con un pupazzo di neve vivente. Link: https://www.youtube.com/watch?v=orPZ0BMUI7k

 

  • Barbie e lo schiaccianoci (2001), il primo film d’animazione sulla bambola che tutte avevamo, da consigliare alle sorelle o cuginette più piccole. Hanno regalato anche a voi (ex bambine) “Barbie schiaccianoci”  dopo averlo visto? Link: https://www.youtube.com/watch?v=qlbydsxrPtc 

 

  • Love actually (2003), l’intreccio di varie storie d’amore natalizie, dove diventerà famosa la dichiarazione più copiata dalle coppie di tutto il mondo. Link: https://www.youtube.com/watch?v=fOS-HMiVejo

 

  • Christmas in love (2004), l’ennesimo cinepattone con una coppia insolita ma perfetta, Ronn Moss (Ridge di Beautiful) e Sconsolata, che ricordi e che risate! Link: https://www.youtube.com/watch?v=RoRvL4FoRpc

 

Martina Casilli

Progresso materiale e regresso morale

Civiltà e progresso sono strettamente connessi fra di loro.

Il progresso ha avuto e continua ad avere un impatto enorme sulla società rendendola molto più efficiente sul piano pratico, meno su quello morale. Questo perché esistono due tipi di “progresso”: uno materiale ed uno morale.

Il primo è molto dinamico, in continua crescita. Basti pensare soltanto ai salti di qualità sul piano tecnologico che sono stati fatti nel XX secolo. Aerei supersonici, smartphone, computer di altissima generazione. Ma da cosa nasce questa necessità di miglioramento? Principalmente dal bisogno di rendere la vita più comoda, meno faticosa, ma anche dalla competitività tra i paesi sviluppati.

D’altro canto c’è un decadimento morale non indifferente: individualismo sfrenato, atrocità verso il genere umano. Nell’estate del ’45 su Hiroshima e Nagasaki furono sganciate due bombe dagli americani che causarono la morte di centinaia di migliaia di persone. La seconda guerra mondiale era praticamente finita, il Giappone non si era ancora formalmente arreso, eppure non venne persa l’occasione di testare un ordigno nucleare potentissimo di altissima generazione e terribilmente letale.

La bomba atomica è un connubio perfetto tra progresso materiale e regresso morale: è stata creata grazie agli studi di fisica compiuti da Einstein, quegli studi che hanno permesso di fare passi da gigante nell’esplorazione dell’universo e della materia oscura, ma che hanno portato alla creazione di un’arma da sterminio di massa dallo scienziato non voluta.

Civiltà e progresso s’influenzano vicendevolmente, ma non sempre in modo costruttivo e positivo. Alcune volte il troppo “sapere” risulta pericoloso.

Il genetista italiano Edoardo Boncinelli afferma: “le società possono essere civili o civilissime, mentre non tutti i membri si comportano come si deve. Da sempre.”

E’ assodato che mettere in pratica i cosiddetti precetti virtuosi sia molto complicato. Ci si può ispirare ad un pensiero, ad uno stile di vita ideale, ma “tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare”. Non è un luogo comune, ma l’amara verità. Fino a quando ci limitiamo a contribuire al progresso materiale, non c’imbattiamo in costrizioni particolari, a parte quelle dovute alla difficoltà di realizzare un qualcosa. Quando si tratta di rinunciare ad un bene, ad un privilegio, ad una comodità, la situazione si fa più complicata.

Non saremo mai in grado di vivere in un mondo idilliaco e armonioso: le società civili sono un’utopia alla quale però bisogna aspirare. La perfezione è staticità, è immobilità, è il conseguimento di uno stadio preceduto da una serie di tentativi imperfetti, però necessari. C’è da dire che di immoralità ne troviamo diverse nel nostro mondo, in particolar modo in quello sviluppato.

L’Europa, ad esempio, è una società civilissima, ma pecca di molte colpe. L’individualismo è figlio del progresso ed è la causa della decadimento morale.

La nostra è la società dell’etica perfetta e della morale altamente discutibile. Gli ideali che abbracciamo sono quelli di lealtà, legalità, pacifismo e così via. Ma nei fatti vengono rispettati? Non sempre. C’è chi ancora rimpiange in Italia la dittatura fascista, chi vorrebbe cacciare gli extracomunitari dal paese. E’ questo il “paradosso rappresentato dalla coesistenza del livello civile della società e la devianza di taluni che ne fanno parte”.

L’interesse di tutti è nelle mani di pochi che agiscono secondo il loro d’interesse. Il progresso ha semplicemente ampliato la gamma d’interessi che possono tornare utili al singolo. Molti limiti possono essere varcati violando l’etica ed è qui che si casca nel regresso morale. Ad esempio, stiamo sfruttando il nostro pianeta come se ne avessimo un altro di riserva su cui trasferirci. Siamo responsabili dell’aumento dell’inquinamento di falde acquifere e dell’atmosfera. Stiamo sfruttando tutte le risorse energetiche della terra senza alcun freno. Tutto questo per alimentare il progresso, ma prima o poi la materia prima verrà meno e ci sarà un ritorno alle origini catastrofico. Se invece verranno esplorati nuovi “sentieri”, meno redditizi magari, ma anche meno dannosi, potremo continuare ad evolverci e a migliorarci.

E’ una questione di morale ed è quella che sembra non cambiare, almeno fino a quando non vi sarà un bisogno impellente.

Francesco Catanzariti

Clips: la cam di Google potrà spiare anche te, senza saperlo!

Tra le nuove frontiere tecnologiche ci tocca accogliere un nuovo arrivato: si chiama Clips, un prodotto di Google che pesa poco più di 60 g.

Si tratta di una piccola telecamera portatile, molto compatta, da portare dove si vuole e da attaccare ovunque, tramite una clip sulla parte anteriore. Funziona solo con alcuni marchi di smartphone, da cui potremmo “comandarla” manualmente attraverso un’app specifica, Google Clips, e salvare i contenuti registrati proprio sulla memoria del telefono, altrimenti lei farà tutto da sola con i suoi 16 gb di memoria interna.

Dell’esistenza di telecamere compatte, minuscole e portatili sappiamo già l’esistenza: esempio lampante è la Go Pro, marchio che ha lanciato sul mercato un tipo di cam subacquea e resistente ad ogni fenomeno atmosferico catastrofico, in grado di regalare ottime qualità video. Da lì, altre aziende hanno viaggiato sulla medesima scia, per regalare agli amanti dell’avventura, degli sport estremi, delle esplorazioni sottomarine, la possibilità di registrare le loro follie e farle vivere a chi guarda come fossero dentro lo schermo.

La novità di Clips, dunque, qual è?
Innanzitutto è stato pensato per cogliere piccoli attimi, non quelli di feste, compleanni, concerti o robe varie, ma di quelli quotidiani, quelli in cui ci si annoia e invece poi ad un tratto succede qualcosa di bello ed emozionante che fa pensare: “peccato, era un momento da immortalare”. Clips aiuta in questo, salva delle motion images (foto in movimento), di un’intera giornata o poche ore, di cui poi si scelgono quelle più significative.

Non bastavano le stories istantanee di Instagram, ma si aggiunge Clips e la comodità di posizionarlo in ogni dove, a rendere plateale la vita di persone sconosciute. La cam non possiede collegamento ad internet, ma è ovvio che potremmo scegliere noi di rendere pubblici, in un secondo momento, i contenuti che preferiamo.

L’idea del nuovo congegno di Google sarebbe nata dall’ esaudire il desiderio di tutte le neo mamme con figli piccolissimi, quello cioè di immortalare i momenti speciali della loro infanzia, senza perderli, con Clips che fa da fotografo quando non c’è nessuno che potrebbe riprendere. Un maggiordomo pagato solo per scattare, un Grande Fratello che insegue i suoi soggetti in giardino, in camera da letto, al parco, in piscina, dappertutto.

Questa è l’identità di Clips. Google ha prodotto una cam che addirittura, a forza di fotografare, sarebbe in grado di memorizzare e riconoscere i volti di amici e parenti. Insomma, decide quando, come e chi riprendere.

Dopo l’uscita limitata negli Stati Uniti, non si sa quando verrà in Italia, ma di certo si può già immaginare il suo successo malgrado il costo di 249 dollari. Per gli italiani, gli americani e i cittadini del mondo il prezzo non è di certo un problema: si  fanno mutui per pagare l’Iphone!

Il problema potrebbe sorgere quando Clips verrà usato in maniera inappropriata, per scopi che non sono certamente quelli di registrare la propria vita; magari si potrebbe invadere la privacy altrui, entrare nella casa di qualcun altro, memorizzare il suo volto e seguirlo. D’altronde è così piccola che non si saprà mai che sta registrando perché la luce al Led che lampeggia, segno di REC, non è oltretutto visibile.

 

Martina Casilli

Digital Natives – usi propri e impropri del cellulare

“Si stava meglio quando si stava peggio”.

Ma è davvero così? Davvero i cellulari sono i demoni della nostra società? Pensate davvero che i nativi digitali siano una generazione priva di emozioni sempre più lontana dalla realtà?

Questi sono i quesiti caldi che vengono dibattuti tra sociologi, psicologi, genitori. Sempre più è l’attenzione che viene posta all’uso dei cellulari. Molti sono i registi che hanno voluto mettere in scena l’uso che ognuno di noi, giovane e meno giovane, fa del cellulare. L’ultimo è il film di Federico Moccia intitolato “Non c’è campo”, dove una banda di ragazzi in gita scolastica dovrà cavarsela senza utilizzare internet.

Un altro film campione di incassi è stato nel 2016 “Perfetti sconosciuti”, commedia brillante di Paolo Genovese: il film ruotava intorno a un gioco tra amici che consisteva nel mettere tutti i cellulari sopra il tavolo e dare modo a tutti di poter leggere i messaggi e le chiamate in arrivo: ebbene, quello che viene fuori è che il cellulare che abbiamo nel taschino della nostra giacca, pronto all’uso, è una vera e propria scatola nera. Sicuramente il nostro cellulare è ricco di informazioni che riguardano la nostra vita privata ma quante di quelle cose importanti ci permette di fare.

Chissà le nostre nonne quanto hanno sognato di potere sentire in tempo reale il compagno partito giovane per la guerra. Chissà quanti amori stroncati perché la lettera d’amore non è mai arrivata e ancora chissà quante mamme hanno sognato di sapere dei propri figli anche se emigrati dall’altra parte del mondo. Ma di questo nessuno parla mai. Tutti ad elogiare la famosa lettera (che sarà pur romantica), ma quanti ostacoli e quanto tempo prima che potesse arrivare a destinazione.

Molti sostengono che i giovani di oggi non siano connessi con la realtà, loro che sono connessi h 24.

Un ragazzo italiano oggi può parlare, vedersi, scambiare informazioni con un ragazzo americano senza spostarsi dalla sua cameretta. Oggi, se abbiamo un dubbio grammaticale, se un dato manca alla nostra enciclopedia mentale basta digitare un tasto. I giovani sanno muoversi nel mondo, conoscono le lingue straniere perché ascoltano e traducono testi in inglese, guardano serie tv americane. I giovani di oggi non sono dentro la realtà hanno proprio superato il concetto del reale per finire in uno spazio senza più confini.

Veronica Micali

Polaroid, un tuffo nel vecchio presente

Chiunque nell’ultimo periodo ha avuto la possibilità di imbattersi in campagne pubblicitarie, social network o muri di camerette letteralmente invasi da polaroid: un evidente contrasto con la cultura ormai tutta digitale della fotografia, quella composta da giga e giga di archivi e album sui nostri smartphone; un ritorno ad una tecnologia ormai considerata del tutto superata e scomoda; un ritorno al passato.
Perché delle polaroid a noi, definiti millennials, è solo giunto un racconto impregnato di romanticismo e nostalgia legato ai racconti dei nostri genitori.
Del resto nemmeno la Polaroid ci aveva creduto più: aveva dismesso la produzione delle pellicole decretando definitivamente la morte della fotografia istantanea, credendo che nel nostro mondo non ci fosse più posto per ingombranti macchine plasticose e stampe fisiche.
Un gruppo di imprenditori del settore ( o di ultimi romantici ), però, ha ritenuto che quel riquadro bianco 9×9 avesse ancora qualcosa da dire: con l’acquisto di stabilimento e di macchinette, ormai uniche al mondo, ha dato un nuovo ”via” alla produzione di queste pellicole.
Così, con sagge operazioni pubblicitarie, i nuovi imprenditori della fotografia del passato, sono riusciti a far tirare fuori dalle soffitte le vecchie macchine di genitori o di zii, permettendo ai giovani dalle mani abili nel digitale, di impugnare un mondo che sembrava superato. Un mondo in cui gli istanti vengono catturati con tutti i loro difetti, su cui non si può agire con Photoshop. Istanti imbrigliati da una pellicola che li imprigiona e li pietrifica in un piccolo riquadro, una finestra a cui si sporge la nostra mente per percepire tutte quelle sensazioni che scaturiscono da un ricordo.

Ma cosa ha contribuito alla diffusione così estesa di questa tecnica fotografica?
Il primo motivo potrebbe essere l’hipsterismo, o meglio, la corrente che ha permesso di sdoganare questa realtà.  L’ ”hipster” e il suo amore per le velleità fortemente anticonformiste sono il consumatore perfetto per questa nuova/vecchia tecnica di fare le foto. Segue poi la condivisione sui social con frasi criptiche e il vanto della nuova passione folle verso la fotografia. Questo ”esemplare” esaurisce, di solito, il suo fanatismo dopo un numero più o meno ampio di post e likes sui social.

Grazie a questa cultura di massa, però, le polaroid sono state rispolverate, riscoperte anche da chi (fortunatamente) va oltre questa nuova corrente di una subcultura alternativa.
Qualcuno, infatti, ha cominciato a usare la polaroid perché ha riscoperto davvero la bellezza nello scatto di un attimo, così com’è, senza inganni. Per questo ci piacciono così tanto. Perché è istantanea, senza filtri da applicare. E la cosa che più ha decretato il loro successo, a mio avviso, è la totale imprevedibilità dello sviluppo, perché in base alla luce o alla temperatura esterna, nelle foto si può assistere a strabilianti giochi di luce che vestono il nostro soggetto (o talvolta di avere una foto totalmente bianca con annessa imprecazione). E’ appunto in quest’ultimo odioso caso che sopraggiunge l’unico ”difetto”: scattare ha un prezzo monetario che va da 1 a 2.50 euro a fotogramma.
In parte è anche questo, però, a rendere l’esperienza di uno scatto con la polaroid unica; tutte queste variabili a cui non siamo abituati con i nostri smartphone e i loro megapixel infiniti.
Premere quel bottone su quella scatola in plastica significa dare il via ad un’avventura che si dipana fra le attese interminabili, solo alcuni minuti, in cui la foto viene sputata fuori ed inizia a far emergere tratteggiate le prime sagome e i primi colori. Il momento dello sviluppo, composto da questa apprensione, che ormai non ci appartiene, in cui vediamo nascere dal nero ciò che desideravamo imprimere in quel riquadro, è un intervallo seducente.
La polaroid non è quindi il semplice riscoprire l’amore per la fotografia, è ricordare e rivivere l’importanza degli attimi che persistono nel tempo, senza filtri.

Fernando Corinto