Guerra in Ucraina, attacco a Kiev nella notte. Zelensky sollecita l’occidente: “aiutateci!”

A tre giorni dall’inizio dell’invasione russa in territorio ucraino la capitale Kiev è stata raggiunta dall’esercito di Mosca. Nella notte le forze di difesa hanno respinto un attacco in una delle principali strade della città ma nonostante ciò, da nord a sud della capitale, si continua a combattere. Unanime la condanna alle azioni russe da parte della stampa internazionale mentre ancora manca all’appello un concreto aiuto dell’occidente alla resistenza. Europa e Stati Uniti parlano unicamente di sanzioni personali e di escludere la Russia dallo SWIFT, la Nato è impossibilitata ad agire mentre l’Onu è bloccato del veto della stessa Russia.

L’attacco alle zone residenziali

Dall’inizio dell’ “operazione speciale”, com’è stata definita dai media russi, migliaia di civili hanno già abbandonato l’Ucraina. Secondo fonti ufficiali, circa centomila ucraini sono già arrivati nella vicina Polonia: tra questi principalmente donne, bambini e anziani. Agli uomini di età compresa tra i 18 e i 60 anni è stato invece vietato di oltrepassare i confini al fine di incentivarne l’unione alla resistenza civile. Nel frattempo teatro degli scontri non sono più i territori di confine bensì le strade della periferia delle città e le zone residenziali. Nella notte, infatti, un edificio della capitale è stato colpito tra il 18esimo e il 21esimo piano da un missile russo.

fonte: esperia.tv

Il Ministro dell’Interno ucraino ha invitato tutti i civili rimasti a trovare un riparo, in casa o in un rifugio. Centinaia le foto e i video di famiglie recatisi in catacombe o stazioni della metropolitana con quel poco che sono riusciti a raccogliere, come altrettante sono le registrazioni del suono dell’allarme anti aereo che ha accompagnato negli ultimi giorni i residenti.

La resistenza di Zelensky e la vicinanza di Draghi

“Non ho bisogno di un passaggio ma di munizioni”

Intanto il presidente ucraino Volodymr Zelensky continua a opporre strenua resistenza, incitando la sua gente e sollecitando gli alleati internazionali a fornire un concreto supporto. “Non credete alle fake news, sono ancora qui”, ha detto Zelensky postando un nuovo video su Twitter, respingendo le voci secondo cui era fuggito grazie agli Stati Uniti o che avesse ordinato all’Ucraina di arrendersi. Nei quaranta secondi di video, Zelenski parla mentre passeggia nel distretto governativo di Kiev, “giurando di continuare a combattere”.

Nelle ultime ore Zelensky si è interfacciato con il Presidente francese Emmanuel Macron e con la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ricevendo non solo la loro solidarietà ma anche la promessa di un azione concreta. Dopo le difficoltà degli scorsi giorni, anche Mario Draghi è riuscito a dialogare con il presidente ucraino: quest’ultimo si è detto soddisfatto per quella che può essere una nuova pagina nella storia dell’amicizia tra le due nazioni e della necessità per l’Ucraina di entrare nell’Unione Europea. Nella nota diffusa da Palazzo Chigi si legge “che l’Italia appoggia e appoggerà in pieno la linea dell’Unione Europea sulle sanzioni alla Russia, incluse quelle nell’ambito Swift“. Draghi ha aggiunto anche che l’Italia “fornirà all’Ucraina assistenza per difendersi”. Anche Joe Biden, dall’altro lato dell’Atlantico, promette di stanziare 600 milioni di dollari per la difesa immediata dell’Ucraina.

Le sanzioni alla Russia e la risoluzione dell’Onu

Negli ultimi giorni i paesi europei hanno varato un nuovo pacchetto di sanzioni da imporre alla Russia dopo quelle adottate in seguito al riconoscimento dell’indipendenza dei due oblast del Donetsk e Luhansk. Oltre a colpire l’economia di Mosca, vietando l’importazione di aerei e parti di ricambio necessarie all’industria aerospaziale e delle tecnologie di raffinazione per l’industria petrolifera, verranno congelati anche gli asset all’estero di proprietà del presidente Putin e del Ministro degli Esteri Lavrov. Ancora in discussione è invece la possibilità di escludere la Russia dal sistema SWIFT: benché Francia, Ucraina e Italia si siano dimostrate favorevoli permangono i dubbi da parte della Germania e dell’Ungheria.

Immobile, almeno per il momento, rimangono le Nazioni Unite. Bocciata per via del veto di Mosca la risoluzione proposta da Stati Uniti e Albania che condannava come “deplorevole” l’aggressione compiuta ai danni dell’Ucraina. Un esito che non sorprende gli osservatori ed ampiamente pronosticato. Anche nel 2014, quando la Russia invase la Crimea, si rese necessario, spostare la discussione dal Consiglio di Sicurezza, in cui basta un voto contrario di uno dei membri permanenti per bocciare qualsiasi decisione, all’Assemblea Generale dove invece basta la maggioranza.

Filippo Giletto

Ucraina: gli ultimi avvenimenti e le mobilitazioni nelle città. A Messina una protesta spontanea contro l’invasione

A seguito degli ultimi avvenimenti che hanno coinvolto Mosca e Kyiv, la Russia, nella notte di giovedì, ha deciso di invadere l’Ucraina su larga scala. Adoperati anche missili che hanno bombardato il territorio spingendosi fino alla capitale Kyiv. Gli scontri con l’esercito ucraino sono continuati e si sono prolungati per tutta la notte del venerdì. In queste ore, i russi sono riusciti anche a prendere il controllo delle centrali di Chernobyl.

Alcune ore prima dell’attacco, il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin aveva tenuto un discorso alla nazione tramite le principali reti televisive russe in cui sosteneva la necessità di rispondere alle minacce della NATO, l’organizzazione transatlantica che mirava ad includere anche l’Ucraina. Nel medesimo discorso ha anche sostenuto l’intenzione di voler smilitarizzare e denazificare l’Ucraina senza invaderne i territori.

Una «missione di pace» che però, a detta di Putin, «provocherà terribili conseguenze» per chiunque provi ad intervenire. Un discorso che ha pietrificato lo scenario internazionale ed – in parte – lo ha riportato alla realtà.

Poi l’attacco nei pressi di Donetsk, nel cuore della notte, a segnare l’inizio di un’invasione che si protrarrà – secondo quanto sostengono le agenzie – per una decina o quindicina di giorni. Subito dopo l’attacco, a New York si è riunito il Consiglio di Sicurezza dell’ONU in sessione straordinaria per approvare la condanna della Russia e le successive sanzioni. Si parlava anche di escludere la Russia dal sistema SWIFT, il sistema che permette la circolazione dei pagamenti a livello internazionale.

Tuttavia, l’esclusione dallo SWIFT, pur essendo una delle sanzioni più pesanti, avrebbe ripercussioni anche sugli Stati europei, soprattutto quelli che dipendono dal gas russo come l’Italia. Secondo il Financial Times, era l’Inghilterra a spingere per l’adozione della sanzione, mentre il cancelliere tedesco Scholz era fermamente contrario. Tra l’altro, anche gli Stati Uniti hanno scelto di evitare l’imposizione della sanzione.

Nel frattempo, il Presidente ucraino Zelensky ha imposto la legge marziale su tutto il territorio, vietando alla popolazione maschile tra i 18 ed i 60 anni di lasciare il paese.

(fonte: bbc.com)

Botta e risposta tra Draghi e Zelensky

Questa mattina il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha rilasciato una dichiarazione circa la situazione ucraina, dimostrandosi particolarmente preoccupato per l’impatto economico che il conflitto avrà sull’intera penisola.

“Le vicende di questi giorni dimostrano l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni”.

Il Premier ha poi parlato delle sanzioni che verranno unanimemente approvate dai Paesi del G7: plasmate sul modello di quelle adottate per il caso della Crimea, riguarderanno le importazioni-esportazioni e le finanze delle entità separatiste del Donetsk e Lugansk così come della Federazione Russa e di ben 300 membri della Duma che hanno votato a favore del riconoscimento dei territori separatisti. Le intenzioni europee non sono diverse: approvare sanzioni meno drastiche in attesa di eventuali escalation della situazione.

Infine, il Presidente si è detto dispiaciuto per non essere riuscito a mettersi in contatto col Presidente ucraino, con cui aveva fissato un appuntamento in mattinata. Quest’ultimo ha poi ribattuto stizzito in un tweet che «la prossima volta cercherà di rimandare gli impegni di guerra per parlare con #MarioDraghi».

Mobilitazioni in tutto il mondo, anche a Messina

Intanto, il mondo assiste incredulo: aggiornamenti su aggiornamenti che non lasciano spazio per metabolizzare la situazione. E tuttavia, molte piazze europee si sono già mobilitate per protestare contro il conflitto, mentre altre si stanno preparando a farlo.

In Russia più di 1400 manifestanti sono stati arrestati durante la notte per essere scesi in piazza protestando contro le decisioni belligeranti del loro esecutivo.

Nella serata di giovedì, nella Piazza del Duomo a Messina si è svolta una protesta spontanea, guidata dalla venticinquenne ucraina Tanya Borysova, originaria di Kyiv e diplomata in giornalismo, che si trova in Italia per una missione di volontariato presso il Corpo Europeo di Solidarietà a Messina.

La guerra avvelena l’anima e non sono ferite che si possono curare.

Scriveva, alcuni giorni fa, in un articolo rilasciato per LetteraEmme in cui esprimeva le proprie preoccupazioni circa il destino del suo Paese.

(Alcuni manifestanti si sono uniti a Tanya Borysova per protestare contro l’invasione dell’Ucraina)

La giovane reggeva un cartellone con lo slogan «No alla guerra in Ucraina», attirando la curiosità di diversi passanti. Alcuni di loro si sono anche fermati a conversare, ma non è mancato chi ha preferito tirare dritto. Ci ha raccontato della situazione che ha coinvolto la sua famiglia, rimasta bloccata nell’assediata Kyiv:

«Sono costretti a rifugiarsi», ha affermato, «c’è questo bar in Ucraina sotto cui ci sono delle catacombe. Loro sono lì a nascondersi perché non sono più al sicuro, gli invasori sono entrati a Kyiv».

Parte della popolazione si trova nascosta nelle metropolitane, altra parte barricata in casa. C’è chi poi fugge verso i confini polacchi nella speranza di trovare accoglienza. I cittadini e le istituzioni ucraine provano un grande senso di sconforto e delusione verso gli alleati occidentali.

«Ora che i russi hanno preso d’assalto le centrali nucleari di Chernobyl la questione si è elevata a livello internazionale. Eppure, non riusciamo a sentire le voci delle organizzazioni internazionali, dell’Europa. Non lo perdoneremo».

Nelle ultime ore, anche il Presidente Zelensky ha lamentato un senso di abbandono soprattutto da parte degli alleati NATO che avevano promesso interventi e serie conseguenze in caso di invasione.

Due nuove proteste verranno svolte stasera alle 19:00 a Piazza Duomo e domani (sabato) alle ore 10:00 presso Piazza Unione Europea (Municipio) di Messina.

 

Valeria Bonaccorso

 

 

Crisi Russia-Ucraina: espulso il viceambasciatore americano da Mosca, tensioni fortissime nel Donbass

Le speranze del mondo intero convergono verso una “de-escalationnella crisi Russia-Ucraina. Dei precedenti sviluppi ne abbiamo parlato qui. Ora, passiamo agli ultimi aggiornamenti, i quali sembrano suggerire tutt’altro che passi in avanti, verso una pacifica risoluzione della questione.

Vecchia foto di un incontro tra Biden e Putin, alcuni mesi fa (fonte: startmag.it)

Una mappa con gli obiettivi sensibili in Ucraina

Come gli Stati Uniti continuano a ritenere vicina un’invasione dell’Ucraina, la Russia non crede che gli Usa vogliano aiutare solo a ristabilire l’equilibrio geopolitico. Dopo la smentita della presunta data del 16 febbraio per un attacco, ipotizzata dai primi, l’allarme resta alto per i prossimi giorni.

Dall’Estonia, peraltro, arriva una notizia clamorosa: ci sarebbe una cartina che segnalerebbe i punti sensibili puntati dal presidente russo Vladimir Putin in Ucraina. A dichiararlo il ministero degli Esteri estone, su Twitter: “Sono gli obiettivi individuati dall’intelligence russa che, se neutralizzati, possono interferire con il comando, il recupero e l’approvvigionamento delle forze armate ucraine e l’approvvigionamento energetico dell’Ucraina”.

 

La lettera di Mosca in risposta a Washington e le accuse

Continua, intanto, la corsa della diplomazia: il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha proposto al ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, un ulteriore vertice Usa-Russia.

Mosca, negli ultimi giorni, ha risposto a Washington con una lettera di undici pagine alle pretese degli Usa: il ritiro dei militari statunitensi dall’Europa orientale e dal Baltico e il non avanzamento della Nato a Est, sono per la Russia necessarie per dei passi indietro da parte sua. Quest’ultima si è detta pronta al dialogo con l’Occidente e a una cooperazione con gli Stati Uniti per realizzare “una nuova equazione di sicurezza“. Però, ha anche sottolineato che, dall’altra parte, la Nato stia da tempo ignorando la necessità di mantenere l’area cuscinetto costituita dall’Ucraina, così come gli Stati Uniti, ma anche che l’Ucraina in sette anni non abbia rispettato gli accordi di Minsk.

«È stata ignorata – accusa Mosca – la natura del pacchetto delle proposte russe, da cui sono stati estrapolati deliberatamente argomenti convenienti che, a loro volta, sono stati distorti per creare vantaggi agli Stati Uniti e ai loro alleati.».

 

 

Il ritiro delle truppe russe: gli Usa non ci credono e ricordano a Mosca il rischio di sanzioni

Il 15 febbraio, il presidente russo ha incontrato, presso il Cremlino, il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Quest’ultimo ha dimostrato una grande apertura al dialogo e ha dichiarato che la sicurezza dell’Europa “non può essere costruita contro la Russia ma in cooperazione con la Russia”. Il leader russo si è detto contento di questa apertura, ma ha ribadito che la Russia non crede che l’Ucraina rinuncerà effettivamente al suo ingresso nella Nato.

Finalmente, in seguito all’incontro, Putin ha dichiarato chiaramente di aver autorizzato l’inizio del ritiro delle truppe dal confine, assicurando di non volere la guerra. Eppure, la Nato ha espresso ancora dubbi su una reale de-escalation.

Putin ha voluto dare un segnale di distensione con il ritiro, pur insistendo nelle sue richieste. Anche da parte sua la diffidenza è tanta. Gli Usa non hanno dichiarato chiaramente di non voler entrare a Kiev.

Dalla Casa Bianca sono poi giunte voci di una forte diffidenza al riguardo, secondo le quali la ritirata non sarebbe avvenuta, anzi, che sarebbe stato predisposto lo schieramento di altri 7mila militari russi e la costruzione di un ponte galleggiante in Bielorussia, a 6-7 km dalla frontiera ucraina. Il ponte, successivamente smantellato, non è ancora chiaro se sia stato costruito dalla Russia o dai suoi alleati nella regione.

Immagini satellitari del ponte, poi smantellato, come dimostrano successive acquisizioni (tg24.sky.it)

Il presidente americano Joe Biden continua a dirsi pronto a qualsiasi eventualità, anche ad a ricevere cyber-attacchi. Con tono duro ha avvertito chiaramente la Russia delle sanzioni che verrebbero applicate contro di essa, in caso di invasione dello Stato confinante:

«Se la Russia attacca l’Ucraina, sarà una guerra frutto di scelta. Le sanzioni sono pronte».

 

Espulsione del viceambasciatore americano da Mosca

Nella giornata di ieri, 17 febbraio, la via diplomatica si è fatta più difficilmente percorribile. La Russia ha espulso il viceambasciatore americano a Mosca, Bart Gorman.

Questo ha spinto ancor di più Biden verso la convinzione di un attacco imminente e ha aggiunto altre dichiarazioni forti: la Russia starebbe cercando un alibi falso per giustificare l’invasione dell’Ucraina, potrebbe stare architettando persino “un’operazione sotto falsa bandiera” (“false flag“). Blinken sostiene che potrebbe inventare attacchi terroristici, inscenare attacchi con droni contro i civili o attacchi con armi chimiche – ma anche compierli veramente – rivelare false fosse comuni, nonché convocare teatralmente riunioni di emergenza per rispondere a operazioni sotto falsa bandiera e poi cominciare l’attacco contro obiettivi già identificati e mappati.

 

La grave situazione in Donbass potrebbe divenire il casus belli

Cartina del Donbass (fonte: Wikipedia)

A sostegno delle accuse, gli americani avevano fatto circolare anche un documento all’Onu in cui la Russia rievocacrimini di guerra” e un “genocidiocontro la popolazione russofona del Donbass. In questa regione ormai indipendente, sul confine russo-ucraino, ieri, è stato condotto un attacco ad un asilo, da parte dei separatisti filo-russi. Ferite due maestre, ma nessuna vittima e nessun bambino colpito. Poi intorno alle 10.25 di mattina, durante il bombardamento del villaggio di Vrubivka, un colpo è stato sparato nel cortile di un liceo.

L’asilo colpito durante le tensioni con i ribelli filo-russi (fonte: www.cbsnews.com)

Nelle ultime ventiquattro ore, ci sarebbero state sessanta di violazioni al cessate il fuoco da entrambe le parti. Si credeva che quello potesse essere la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. La regione, in passato, fu teatro dello scontro tra russi e nazisti durante la Seconda guerra mondiale, poi zona sempre sotto controllo da parte di Kiev per le tensioni createsi da quando essa si è dichiarata, nel 2014, unilateralmente indipendente dall’Ucraina, e i separatisti costituirono la Repubblica Popolare di Doneck e la Repubblica Popolare di Lugansk.

 

Tutti, compresa l’Italia, lavorano a un incontro tra Putin e Zelensky

Nelle suddette undici pagine, Mosca, oltre a dimostrarsi aperta alla collaborazione, ha rimarcato anche la sua fermezza in un vero e proprio aut aut:

«In assenza della disponibilità da parte americana a concordare garanzie giuridicamente vincolanti della nostra sicurezza, la Russia sarà costretta a rispondere, anche attuando misure di natura tecnico-militare.».

La prossima settimana si svolgerà in Europa un altro vertice. Prenderà parte anche il premier italiano Mario Draghi, che di ritorno dal Belgio, ieri ha dichiarato con preoccupazione: “Per il momento episodi di de escalation sul terreno non si sono visti”.

«L’obiettivo – ha detto il presidente del Consiglio- è ora far sedere al tavolo il presidente russo Vladimir Putin e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. L’Italia sta facendo il possibile per sostenere questa direzione».

L’Italia ci tiene al sostegno della diplomazia. Non solo la classe politica, nelle persone di Draghi e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ma anche i cittadini sono molto preoccupati. La Comunità di Sant’Egidio ha persino promosso delle manifestazioni in strada, a Roma, contro la possibilità della guerra, poiché in tal caso, a rimetterci, come sempre durante le guerre, è soprattutto la gente comune.

Corteo manifestazione promossa dalla Comunità di Sant’Egidio. Striscioni “No war” (Fonte: rainews.it)

 

Rita Bonaccurso

Ucraina: NATO e USA stringono ancora, ma i negoziati continuano. La Russia accusa l’Occidente

Lunedì la NATO ha dichiarato di aver stanziato nuove truppe, navi e caccia da combattimento sui territori dell’Europa dell’Est per intensificarne la difesa, mentre gli Stati Uniti – lo afferma il portavoce del Pentagono, John Kirby – hanno messo in stato d’allerta 8,500 soldati in vista di un eventuale attacco russo.

Giorni prima, il Presidente Biden aveva disposto il ritiro del personale diplomatico non essenziale dall’ambasciata americana in Ucraina, seguito a ruota da una medesima decisione proveniente dal Regno Unito. La Gran Bretagna sostiene convintamente che la Russia voglia instaurare in Ucraina un presidente filo-russo, nonostante non siano state addotte prove a sostegno dell’accusa.

Tuttavia, anche l’Ucraina ed i rappresentanti UE hanno ritenuto il ritiro del personale diplomatico di USA e UK una mossa avventata e prematura, affermando tra l’altro che «non c’è motivo di drammatizzare la situazione mentre i colloqui con la Russia sono ancora in corso».

Il Cremlino non ha tardato a ribattere, bollando questa ulteriore stretta degli Alleati come «un’isteria dell’Occidente ed una diffusione di bugie». Infatti, Mosca ha più volte smentito di avere intenzioni belligeranti, nonostante la tensione ad Est si sia intensificata a seguito del dispiegamento di 100,000 soldati russi sui confini dell’Ucraina alcuni mesi fa.

Quali sono le reali intenzioni della Russia?

Si tratta della domanda a cui gli analisti provano a rispondere ormai da tempo, ma il comportamento imprevedibile di Mosca rende la questione molto complicata. E tuttavia, atteggiamenti del genere presentano alcuni fondamentali precedenti localizzabili nella regione del Donbass, ove nel 2014 alcuni manifestanti armati si sono impadroniti di alcuni palazzi governativi e definiti dal governo Ucraino come terroristi finanziati da Mosca. Non è nuovo che la Russia intervenga sempre nei disordini sociali dell’Europa orientale e, quasi sempre, a favore delle forze separatiste (come nel caso della Crimea, risalente allo stesso periodo).

(fonte: globalriskinsights.com)

Il perché è variabile: da un lato, garantire un margine di influenza sui paesi ex-sovietici; dall’altro, impedire l’espansione della NATO ad Est. Secondo un articolo di Valigia Blu, la Russia proverebbe un senso di tradimento nei confronti degli Stati Uniti a seguito del mancato rispetto della promessa – risalente alla fine della Guerra Fredda – di non espandere l’influenza della NATO ad Est. I fatti hanno rivelato il contrario: nel ’97 arriva il Vertice di Madrid, ove l’allora presidente Clinton ha invitato vari paesi ex sovietici (tra cui l’Ucraina) ad annettersi al Patto Atlantico.

L’articolo continua nel sostenere la tesi che il Cremlino stia mettendo in atto un esempio di “diplomazia coercitiva“, servendosi della pressione militare per costringere gli Stati Uniti al dialogo. Finora, i tentativi diplomatici tenuti a Ginevra non avrebbero dato risultati concreti per via della difficoltà di incontrare i requisiti minimi proposti da entrambe le fazioni.

  • La Russia spinge per il ritiro della NATO dagli Stati che vi hanno aderito post-’97 (tutti Stati ex sovietici) ed, in generale, dal panorama dell’Europa orientale;
  • la NATO chiede che la Russia ritiri le truppe stanziate dal dicembre scorso al confine con l’Ucraina.

Dai recenti incontri non è emerso che alcuno degli schieramenti intenda accettare le condizioni dell’altro.

La polveriera ucraina

Intanto, i consiglieri politici di Russia, Ucraina, Francia e Germania si incontreranno mercoledì a Parigi per parlare del conflitto in Ucraina orientale che, dal 2014, ha mietuto almeno 15,000 vittime. I negoziati di pace sul Donbass hanno ricevuto ormai da tempo una battuta di arresto, laddove nelle elezioni del 2019 erano state uno dei punti programmatici primari del presidente Zelensky. Lo stesso candidato aveva ricevuto un riscontro positivo da Mosca – prima di cambiare totalmente i piani in seguito ad un calo di consensi e porsi in contrasto con la Russia di Putin, invocando l’entrata dell’Ucraina nel Patto Atlantico.

Nonostante sia ben possibile (ma per niente scontato) che tra le intenzioni russe non ci sia quella di invadere l’Ucraina, rimane di fatto una continua escalation di tensioni tra blocchi (ormai è lecito affermarlo) che potrebbero, in concreto, condurre allo scoppio di un conflitto.

(fonte: ispionline.it)

Se ciò avvenisse, si tratterebbe di uno scenario altamente frammentario, ove è divenuta ormai palese l’esistenza di contrasti interni alla stessa NATO (a seguito delle discusse affermazioni di Biden e Macron) – così come di una divisione interna all’Unione Europea, con la Francia che spinge per un sistema di sicurezza comune, Borrell e Germania che non intendono sporcarsi le mani (principalmente perché la Russia è il primo fornitore energetico del nostro continente) e la presidente Von Der Leyen che ha appena approvato un nuovo pacchetto di aiuti finanziari all’Ucraina da 1,2 miliardi di euro.

Senza dimenticare, poi, il ritardo e l’inefficacia degli interventi sanzionatori della NATO e dell’UE già all’alba dell’annessione russa della Crimea.

Valeria Bonaccorso

 

Vertice tra Blinken e Lavrov. Diplomazia a lavoro per scongiurare nuova invasione in Ucraina.

Il vertice tra il Segretario degli Stati Uniti Antony Blinken e il Ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov ha aperto la stagione del dialogo volta a far fronte alle criticità attorno al possibile attacco di Mosca in Ucraina.

Mappa degli spostamenti delle truppe russe -Fonte:limesonline.com

L’incontro tenutosi a Ginevra venerdì 21 gennaio, ha provato a disinnescare la minaccia di un nuovo conflitto in Ucraina. La discussione è stata “franca e corposa”, con il Paese a stelle e strisce che ha più volte richiesto le prove che scongiurerebbero un devastante conflitto in Europa.

La possibile invasione della Russia

L’ipotesi di una possibile invasione russa si è fatta da diverse settimane sempre più concreta. Ciò a causa del posizionamento di migliaia di soldati russi al confine con l’Ucraina Orientale. L’ammassamento, iniziato lo scorso novembre, è stato definito a più riprese una seria minaccia alla realizzazione del cosiddetto allargamento a est” della NATO, un piano formulato nel luglio ’97 durante il vertice di Madrid.

Il possibile attacco della Russia -Fonte:blogsicilia.it

L’allora Presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, e i rappresentanti dei governi dei sedici membri decisero all’unanimità di invitare ad aderire alla NATO tre Paesi ex satelliti della vecchia Unione Sovietica e tra questi anche l’Ucraina. La decisione nacque per:

  • prevenire eventuali conflitti in Europa, limitando tensioni e focolai;
  • aumentare le truppe NATO di circa 200 mila unità, dando avvio ad un’alleanza più forte che costituirebbe un deterrente in più nei confronti di eventuali volontà di aggressioni armate ai Paesi membri;
  • garantire maggiore democrazia nei nuovi Stati aderenti. L’ingresso alla NATO impedirebbe dunque il ritorno a regimi autoritari e il tramonto del mondo diviso in due blocchi.

L’obiettivo di costruire equilibri nuovi e più duraturi ha destato preoccupazioni per una possibile operazione militare russa volta ad ostacolarlo.

Gli attacchi della Russia contro l’Ucraina

Attacco a Donbass -Fonte:contropiano.org

Gli attacchi da parte di Putin all’Ucraina non sono inaspettati, anzi negli ultimi 15 anni Mosca ha mostrato in diverse occasioni di essere pronta ad usare la forza per garantire la propria influenza sui Paesi vicini. Tra gli avvenimenti più eclatanti:

  • l’intervento della Russia nel 2008 volto a ricacciare le truppe georgiane che invasero l’Ossezia del Sud, regione autonoma del suo territorio che confina a nord con la Russia e che da tempo rivendicava il riconoscimento della sua indipendenza. L’esercito della Federazione Russa rispose con un intervento militare rapidissimo e in una settimana sconfisse le truppe georgiane respingendole fino quasi alle porte della capitale Tbilisi. Gli accordi firmati dopo la fine della battaglia il 15 agosto 2008, impegnavano la Georgia a rinunciare all’uso della forza contro l’Ossezia e l’Abcasia e la Russia a ritirarsi dal territorio georgiano. Subito dopo la firma, questa proclamò unilateralmente una zona cuscinetto attorno alle due repubbliche e il ritiro delle sue truppe non fu mai completato, facendo rimanere i rapporti tra i due Paesi particolarmente tesi;
  • la guerra dell’Ucraina orientale guerra del Donbass, inizialmente indicata come rivolta dell’Ucraina orientale. Conflitto iniziato il 6 aprile 2014 quando alcuni manifestanti armati si sono impadroniti di alcuni palazzi governativi e definiti dal governo Ucraino come terroristi finanziati da Mosca.

L’incontro delle potenze a Ginevra

Nonostante il punto di svolta non sia ancora trovato il filo del dialogo è rimasto aperto. Gli Stati Uniti stanno cercando una soluzione diplomatica sull’Ucraina, affermando una “risposta rapida e forte” nel caso di invasione Russa.

Le posizioni prese dai due governi sono molto distanti e le reciproche proposte risultano irricevibili da ambe due le parti. Se la Russia richiede che la NATO ritiri le proprie truppe da Bulgaria, Romania e dalle altre repubbliche ex sovietiche, gli Stati Uniti chiedono il ritiro delle decine di migliaia di militari russi ammassati al confine orientale ucraino.

L’incontro tra Blinken e Lavrov – Fonte:ilfoglio.it

L’invio di nuovi armamenti in Bielorussia (alleata della Russia) ha visto subito una controffensiva degli Stati Uniti che hanno già autorizzato Paesi come Estonia, Lettonia e Lituania a trasferire i missili anti-aerei Stinger alle forze ucraine. Ciò ha innescato inevitabilmente non solo la consegna di missili anti-carro Javelin dal Regno Unito alla Nazione come deterrente nei confronti della Russia, ma ha richiamato l’attenzione del Presidente francese Emmanuel Macron, il quale ha dichiarato di essere pronto a mandare i suoi soldati in Romania, se la NATO decidesse di rafforzare la sua presenza nel Paese.

Sebbene gli analisti stiano provando a comprendere le possibili future mosse del Cremlino, l’unica certezza consolidata è il terrore della Russia di perdere la propria sicurezza nazionale attraverso l’allargamento ad est della NATO. È quindi sulla fondamentale importanza data all’Ucraina che si imperna l’obiettivo russo. Lo si legge nell’analisi di un articolo pubblicato lo scorso luglio, che rivela proprio la volontà del presidente Putin di ostacolare l’espansione dell’organizzazione per ricreare un’unità tra russi e ucraini.

Le dichiarazioni di Joe Biden e l’intervento di Emmanuel Macron

Durante la conferenza stampa tenutasi mercoledì 20 gennaio alla Casa Bianca, il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden ha candidamente esposto che le posizioni su come agire ad un presunto attacco russo non sono affatto comuni all’interno dell’organizzazione.

La cupa constatazione ha destato dunque preoccupazioni, ponendo l’accento sulle divisioni interne alla NATO e sull’estensione e gravità che potrebbe avere l’intervento militare russo in Ucraina.

Bisognerebbe dunque valutare, nel caso di un attacco limitato, come dover agire senza destare ulteriori scontri interni su “cosa fare e non fare”. A seguito di tali dichiarazioni molti hanno letto tra le righe un “via libera” dato dal Presidente degli Stati Uniti all’aggressione russa.

Ucraina, Biden -Fonte:lastampa.it

A porre rimedio alla pessima uscita di Joe Biden è stato con un discorso di fronte al Parlamento Europeo Emmanuel Macron. Questi sostiene la necessità per l’Europa di costruire un sistema di sicurezza proprio, da condividere successivamente con gli alleati, in modo da garantire una risposta ferma e immediata all’aggressività di Mosca. Una risposta di questo tipo è innegabile che non vi sia mai stata finora e troppo spesso il Cremlino ha agito conscio dell’assenza del rischio di possibili ritorsioni.

 

Giovanna Sgarlata

Rivolta in Kazakistan: adesso è repressione a guida del Cremlino. Ecco cosa sta succedendo in Asia centrale

Fonte: it.notizie.yahoo.com

Le prime due settimane di gennaio iniziano con una forte tensione in Asia centrale: una protesta del gas, cominciata il giorno di Capodanno in Kazakistan, si è rapidamente trasformata in una rivolta – tutt’ora in corso – contro l’oligarchia al potere, effetto di una più ampia lotta tra fazioni dell’élite del Paese.

Nel giro di pochi giorni le manifestazioni sono dilagate in tutto il Kazakistan, provocando un preoccupante numero di morti, feriti e arresti, e mettendo in difficoltà il regime di Kassym-Jomart Tokayev, che grazie all’aiuto militare della Russia è riuscito a reprimere gran parte delle rivolte.

Dura la reazione da parte degli Stati Uniti, mentre l’Ue si mostra neutrale con l’invito alla responsabilità delle parti. Il tutto nell’incertezza di eventi accompagnati dal blackout nazionale di Internet.

Proteste in tutto il Paese

L’aumento delle tariffe del gas – e in particolare del Gpl – annunciato nei giorni precedenti dal presidente Tokayev si è presentato come il casus belli perfetto di una rivolta che, a dire il vero, era nell’aria già da un po’ di tempo a causa dell’insofferenza nei confronti di un intero sistema fondato e guidato per un trentennio dall’ex presidente Nursultan Nazarbayev.

Nazarbayev si era dimesso nel 2019, ma da allora ha comunque continuato – fino a prima della rivolta – ad esercitare un forte controllo sul Paese in quanto presidente del Consiglio di sicurezza e “Leader della nazione”.

Le prime proteste hanno avuto inizio nel Mangystau, principale provincia petrolifera affacciata sul Mar Caspio, seguita da Almaty (cuore economico del Paese) ed estesesi poi a macchia d’olio in tutto il territorio kazako.
Stando ai bollettini più recenti, le vittime ufficiali sfiorerebbero quota 200, migliaia di manifestanti sarebbero stati incarcerati e, secondo la televisione di stato, uccisi 16 poliziotti e altri 1.300 sono rimasti feriti.

Fonte: euronews

Internet assente

È impossibile dire con precisione quale sia il bilancio delle violenze anche a causa di un blocco quasi generale di internet e della rete dei telefoni cellulari iniziato il 4 gennaio, che ha improvvisamente riportato il Kazakistan ai primi anni ’90.

Ciò sarebbe dovuto al provider Internet Kazakhtelecom che ha disabilitato l’accesso alla rete in tutto il paese e alle interruzioni dei maggiori operatori di telefonia mobile Kcell, Beeline e Tele2. I siti di notizie locali non sono disponibili.

Fonte: newsmeter.in

Si tratta di un’interruzione accertata anche dal servizio britannico NetBlocks, che monitora lo stato della rete in tutto il mondo, il quale sostiene che le interruzioni a livello della rete non possono essere aggirate, nemmeno con l’aiuto di un software speciale o di una VPN:

«Il Kazakhstan sta attualmente vivendo un blackout di Internet a livello nazionale dopo una giornata di interruzioni di internet mobile» e altre «restrizioni parziali», ha affermato l’ong, annunciando che questo «potrebbe limitare gravemente la copertura delle proteste antigovernative che si stanno intensificando», ha denunciato qualche giorno fa il gruppo di monitoraggio su Twitter.

È certo che questo accaduto porta con sé delle conseguenze che dipenderanno soprattutto dalla durata del blackout, ancora non del tutto chiara.

La missione in Kazakistan

Al momento la situazione nei maggiori centri urbani sembra essere relativamente più calma, chiara conseguenza dell’intervento di 2.500 militari provenienti da un’alleanza di Paesi guidati dalla Russia.

È la prima volta che la “Collective Security Treaty Organization” (CSTO), nella sua storia, autorizza l’invio di truppe nei territori di un Paese membro: di fronte al precipitare della crisi, al presidente Tokayev non è rimasto che proclamare lo stato d’emergenza su tutto il territorio nazionale e ricorrere all’aiuto di Putin per fermare le agitazioni.

Così, in un comunicato, il governo kazako ha scritto che varie «infrastrutture strategiche» ora sono sotto il controllo della forza militare inviata dalla Russia, la quale ha in particolare contribuito a riprendere il controllo dell’aeroporto di Almaty, occupato fino ad allora dai rivoltosi.
Il comunicato di un altro collaboratore del presidente ha per giunta criticato i media occidentali per aver dato «la falsa impressione che il governo kazako abbia colpito manifestanti pacifici».

Fonte: geopolitica.info

Lotta tra fazioni politiche

Intanto che la repressione infuria in Kazakistan, lo scorso sabato il governo kazako ha annunciato l’arresto di Karim Massimov, ex primo ministro e leader del Comitato per la sicurezza nazionale.
Accusato di tradimento e di aver fomentato le rivolte, Massimov era una delle persone più potenti del Kazakistan e stretto alleato dell’ex presidente Nursultan Nazarbayev.

Anche Nazarbayev, come già detto, pur avendo lasciato la presidenza manteneva il controllo informale sugli apparati di sicurezza del paese. Eppure, è stato costretto a dimettersi da ogni incarico pubblico al momento dello scoppio delle rivolte, e lo stesso è avvenuto con altri suoi importanti alleati politici.
Ciò ha spinto molti analisti a pensare che dietro alle rivolte ci sia stata una più ampia lotta per il potere tra la fazione politica fedele a Tokayev e quella fedele a Nazarbayev.

La dottrina Putin

A condurre ora il gioco del Paese (dove la minoranza russa è consistente) è quindi il Cremlino, che ha imposto un’interpretazione forzata dell’articolo 4 del Trattato di cooperazione sulla sicurezza, secondo cui un’aggressione militare giustifica l’intervento di forze congiunte, e riadattando le norme alle circostanze di una serie di rivolte qualificate come aggressione di bande terroristiche formatesi all’estero:

«La dottrina Putin è ormai consolidata nella tolleranza zero nei confronti di tutte quelle che una volta erano state chiamate rivoluzioni colorate, che hanno interessato appunto diverse repubbliche ex sovietiche rette dalla caduta del Muro da ex funzionari del Partito comunista: Georgia, Ucraina, Kirghizistan, Azerbaijan, Bielorussia. Putin non tollera più nel suo tentativo di ricostruire la grande Russia sovietica alcun tipo di richiesta di democratizzazione che possa allontanare questi Stati dalla sfera di influenza di Mosca», ha spiegato il sociologo Massimo Introvigne.

Le posizioni di Usa e Ue

L’occidente intanto segue dall’esterno la vicenda restando vigile sui fatti, specialmente gli Stati Uniti, il cui portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price ha detto che essi “sorvegliano” per verificare eventuali abusi dei diritti umani da parte delle truppe russe in Kazakistan:

«Gli Stati Uniti e il mondo intero monitorano tutte le eventuali violazioni dei diritti umani e sorvegliano anche eventuali azioni che possano gettare le basi per una presa di controllo delle istituzioni del Kazakistan».

Fonte: middleeastmonitor.com

Mentre l’Unione europea mantiene una posizione neutrale, come si evince in una nota del portavoce dell’Alto rappresentante Ue per la Politica estera, Josep Borrell:

«Invitiamo tutti gli interessati ad agire con responsabilità e moderazione e ad astenersi da azioni che potrebbero portare a un’ulteriore escalation di violenza».

L’Europa, insomma, sta seguendo da vicino gli sviluppi, precisando che:

«Il Kazakistan è un partner importante per l’Unione europea e contiamo sul fatto che mantenga i suoi impegni, tra cui la libertà di stampa e l’accesso alle informazioni online e offline».

Gaia Cautela

Russia, la denuncia dell’ONG: diffuse foto di torture e stupri nelle carceri russe

In Russia la fuga di notizie per la diffusione di foto e video contenenti atti violenti, ha generato il terrore provocando forti reazioni da parte dell’opinione pubblica internazionale. Ad intervenire per primo è stato il Comitato Investigativo russo che ha avviato un’inchiesta, insieme all’indagine condotta dal Servizio Federale delle Prigioni (FSIN).

Le vittime di stupro nelle carceri –Fonte:internazionale.it

La Gulagu.net, un’importante ONG russa, afferma di aver ottenuto migliaia di video che mostrano maltrattamenti verso i detenuti. Trapelano scenari di tortura e stupro, adoperate da diverse guardie carceriere di altrettanti vari istituti di detenzione del Paese. Il fondatore dell’ONG, Vladimir Osečkin, ha dichiarato di possedere più di 40 gigabyte di immagini video che mostrano le crudeltà.

Il contenuto dei file

Le foto ritraggono carcerati picchiati, con mani e piedi legati, trascinati nudi tra i corridoi dei penitenziari e sodomizzati con dei bastoni, o violentati dagli agenti. Queste pratiche venivano effettuate presso l’OTB-1, ospedale del carcere di Saratov nella regione del Volga (Russia).

La denuncia da parte del Gulagu ad inizio di quest’anno è avvenuta sia grazie all’autenticazione delle fotografie, sia per il racconto di altri prigionieri che hanno riportato di aver subito gli stessi episodi.

Stupri e torture contro i detenuti –Fonte:ilfattoquotidiano.it

Sarebbe stato girato il 18 febbraio del 2020 un video in cui figurava un uomo ammanettato e messo ai piedi di un letto mentre era vittima di uno stupro. La diffusione poi dall’ONG attraverso un canale Telegram, rappresenta solo un esempio delle migliaia di video che essa vanta di possedere e che provengono da un ex detenuto che si trovava proprio a Saratov.

La denuncia dei video

Gulagu.net –Fonte:chernayakobra.ru

La circolazione clandestina dei video dagli archivi del servizio carcerario russo è stata raccontata dallo stesso Osečkin, in un’intervista nel corso del podcast “Cosa è successo” del giornale online Meduza. Egli afferma che i dati sono stati forniti da un giovane programmatore bielorusso di nome Sergej che dal 2016 al 2021 ha lavorato all’OTB-1 di Saratov, facente parte del sistema carcerario russo (FSIN).

Una volta libero lo “snowden bielorusso” ha consegnato una copia del materiale agli attivisti di Gulagu.net, ed ha chiesto asilo politico in Francia.

L’organizzazione ha così fatto circolare online alcuni frammenti di video, sollecitando contemporaneamente le autorità della necessità di attuare riforme.

Chi è Sergej?

Nel 2013 Sergej viene arrestato da due agenti dell’FSB (Servizi segreti interni), a seguito del ritrovamento nella sua vettura di sei chili di stupefacenti e condannato a nove anni di carcere duro.

Nel 2015 viene quindi trasferito alla IK-10 di Saratov temporaneamente e dopo pochi giorni, l’amministrazione carceraria essendo a conoscenza delle sue abilità informatiche, lo trasferisce nell’OTB-1 di Saratov. Questa era una struttura che ospitava malati di tubercolosi e così seguendo un meccanismo ben rodato, i medici del carcere IK-10 dichiarano che Sergej è potenzialmente malato di tubercolosi e dispongono il suo trasferimento verso il malfamato OTB-1.

Sergej –Fonte:france24.com

Per cinque anni si occupa delle videoregistrazioni delle torture, facendo copie da consegnare ai membri dei servizi segreti e dell’amministrazione carceraria e per sfuggire alle torture fisiche, decide di subire incommensurabili supplizi psicologici, entrando in contatto ogni giorno con video aventi ad oggetto ogni genere di violenza.

Fu interrogato dallo stesso Vladimir Osečkin sul perché, a fine pena, abbia deciso di collaborare con Gulagu.net per portare alla luce questi fatti. Egli dichiarò che a parer suo, questa si presenta come l’unica associazione che non ha paura di enunciare la verità, presentandosi come la sola a poter portare il necessario peso alla riforma del sistema carcerario.

La sistematicità delle torture

La sistematicità di tali azioni all’interno dell’intero sistema carcerario, dalla Russia centrale all’estremo oriente, ha perciò ricevuto una risonanza mediatica sempre più ampia, provando forti reazioni internazionali.

L’apertura di sette indagini da parte del Comitato Investigativo, a seguito della violazione degli articoli 132  “Azioni violente di carattere sessuale” e 286 “Abuso di potere tramite la violenza o minaccia di violenza” del Codice Penale, mostrano come fine essenziale quello di condannare gli esecutori dei supplizi e che prevedevano estorsioni e ricatti attraverso le videoregistrazioni delle violenze.

Torture nelle carceri –Fonte:amnesty.it

Il difensore dei diritti umani e politico, Andrej Babuškin, ha poi affermato in una diretta al canale televisivo Dožd, che lo sviluppo di tale sistema è stato possibile grazie all’inadeguata formazione dell’amministrazione carceraria. Ciò si è manifestato a seguito del clima di repressione diffuso nel paese, ed a un usuale odio verso i criminali. Il sistema di supervisione affidato alle Commissioni Pubbliche di Sorveglianza, prevede una composizione interna costituita da non specialisti, che andrebbe perciò modificato, dando un ruolo centrale alle associazioni per la difesa dei diritti umani e in particolare dei prigionieri.

Le accuse alle autorità russe

Secondo alcune testimonianze traspare l’ipocrisia delle autorità, le quali attuano una presa di distanza dalle atrocità create dai generali FSIN e FSB, usate per piegare la volontà dei detenuti. Nei video si vedono questi agenti attuare stupri e altre violenze per promuovere la cooperazione e l’acquiescenza dei detenuti.

L’organizzazione per le comunicazioni ed emittente radiofonica fondata dal Congresso degli Stati Uniti, la RFE/RL, fa comprendere come gli stessi carcerati diventano vittime della macchina della tortura se firmano false testimonianze preparate dagli investigatori.

Video delle torture in Russia –Fonte:bbc.com

Si legge dunque tra le righe la grave assenza dell’intervento del Governo, che non sta facendo abbastanza per condurre un’indagine efficace.

Le sei carceri nel mirino

Secondo l’ONG le violenze, gli stupri e le intimidazioni provengono da sei regioni russe situate nelle regioni di Saratov, Vladimir, Irkutsk, Belgorod, TransBaikal e Kamchatka.

Queste saranno altresì notificate alle Nazioni Unite e al Consiglio d’Europa (CdE), cioè a quell’organizzazione internazionale il cui scopo è promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa.

Consiglio d’Europa –Fonte:coe.int

Nell’intervento apportato dal portavoce di Putin, Dmitry Peskov, si afferma che

“Se l’autenticità di questi materiali è confermata, sarà motivo per avviare una seria indagine. È necessario risolverlo rapidamente ma con calma e stabilire l’autenticità.”

Si comprende pertanto la necessaria urgenza di svecchiamento dell’intero sistema carcerario e di quei servizi segreti, quali l’FSB, affinché l’azione delle stesse sia compatibile con il rispetto dei diritti fondamentali dell’individuo.

Giovanna Sgarlata

Summit Usa-Russia: segni di disgelo. Ecco l’esito dell’incontro tra Biden e Putin

Dal vertice di Ginevra si sono mostrati segni di disgelo fra Usa e Russia. Sono state concordate le consultazioni sulla cyber security e si è dato avvio ad una dichiarazione congiunta, volta a garantire una stabilità nucleare per escludere l’esordio di una guerra atomica.

Stretta di mano tra Putin e Biden –Fonte:ilfattoquotidiano.it

La scorsa serata si è concluso l’incontro tra il Presidente americano Joe Biden e il Presidente russo Vladimir Putin, presso Villa La Grange, a Ginevra (Svizzera). Il vertice è finito in poco tempo, dopo quasi tre ore, rispetto alle previsioni della Casa Bianca. Al termine del colloquio, nonostante i toni siano stati cordiali, i due leader non si sono presentati alle conferenze stampa insieme, indicando così la permanenza, comunque, di tensioni elevate.

Esito dell’incontro

L’incontro è stato avviato nella consapevolezza dei rapporti minimi che viggono dai tempi della Guerra Fredda e, nonostante le questioni accumulate nel tempo abbiano inciso sulle relazioni tra Russia e Usa, il summit fra i due Presidenti ha avuto un “discreto successo”, vedendo anche la partecipazione dei rispettivi capi della diplomazia Antony Blinken e Sergei Lavrov.

Concluso il faccia a faccia tra Biden e Putin –Fonte:avvenire.it

I leader hanno trovato un punto di accordo sul tema del ritorno dei rispettivi ambasciatori e sulle consultazioni contro i cyber attacchi, pattuendo una linea di dialogo anche sulla questione della stabilità nucleare e fissando un possibile compromesso sullo scambio di prigionieri.

Sul caso dell’Ucraina, il capo del Cremlino auspica, altresì, che Kiev rispetti gli accordi di Minsk, ossia l’osservazione di quel protocollo stipulato per porre fine alla guerra dell’Ucraina orientale, raggiunto il 5 settembre del 2014 dai rappresentanti di Ucraina, Russia, Repubblica Popolare di Doneck (DNR), e Repubblica Popolare di Lugansk (LNR). Invece le due Potenze restano su due fronti discordi riguardo le tematiche dei diritti umani.

Le successive conferenze stampa hanno alimentato un moderato ottimismo, dato dal riconoscimento di una “responsabilità comune globale” e dell’esigenza di dialogare, anche quando non si trovano punti d’accordo.

La conferenza stampa di Vladimir Putin

Summit Usa-Russia –Fonte:rsi.ch

Il primo a rilasciare dichiarazioni ai giornalisti è stato Putin, confermando l’esito positivo del summit definendolo “costruttivo”:

“ha avuto luogo su una base di principi. Su molte posizioni le nostre valutazioni divergono. Ma credo che entrambe le parti cerchino un terreno fertile per trovare soluzioni comuni”

Il leader russo oltre ad annunciare il risultato concreto dell’incontro, ha affermato un eventuale adesione alla NATO e l’effettivo ritorno alle proprie ambasciate del russo Anatoly Antonov (nell’ambasciata di Washington) e dello statunitense John Sullivan (in quella di Mosca), i quali erano stati richiamati dopo le tensioni e le espulsioni dei mesi precedenti.

Il caso, che però ha ricevuto più attenzione, è stato quello dell’attacco al Colonial Pipeline, uno dei più grandi oleodotti degli Stati Uniti, che secondo i loro funzionari ha subito un attacco informatico il 7 maggio scorso, causando l’interruzione della sua attività che rifornisce circa metà della costa orientale del Paese, tra cui le città come Atlanta, Washington e New York. Si ritiene che il Colonial Pipeline e altre aziende siano state vittime degli attacchi “ransomware”, un tipo di malware (programma in grado di apportare danni ad un sistema infromatico) che limita l’accesso del dispositivo che infetta, richiedendo un riscatto da pagare per rimuovere la limitazione.

Nonostante gli esperti affermino che l’azione provenga dalla Russia, Putin ha negato l’origine della responsabilità del suo Governo, sostenendo invece una collaborazione con gli Stati Uniti sulle consultazioni sulla sicurezza informatica. Nonostante ciò Biden ha consegnato una lista delle 16 infrastrutture critiche che devono essere escluse da qualsiasi forma di aggressione informatica.

Si è poi parlato, della tematica calda dei diritti umani citando il leader dell’opposizione, Alexei Navalny, tenuto in prigionia per ragioni irrisorie, che se dovesse perdere la vita, secondo quanto espresso dal Capo della Casa Bianca, le “conseguenze sarebbero devastanti”. Il Presidente del Cremlino ha paragonato la sua politica contro gli oppositori come gli arresti avvenuti durante l’attacco al Congresso degli Stati Uniti dello scorso 6 gennaio. Paragone, che per Joe Biden, è risultato alquanto “ridicolo” poiché, come ha ricordato il leader democratico, Navalny e i suoi sostenitori lottavano per le elezioni libere in Russia, mentre i rivoltosi del Campidoglio avevano come obiettivo quello di ribaltare il risultato delle elezioni libere negli Stati Uniti.

Le dichiarazioni di Joe Biden

I rapporti USA-Russia devono essere stabili –Fonte:bluewin.ch

Dopo la conferenza stampa di Putin, è stata avviata quella diBiden sostenendo in poco più di mezz’ora che l’incontro è stato effettuato per evitare la presenza di errori ed incomprensioni future tra le due Nazioni. Il proposito su cui si fondava il colloquio si poneva come scopo l’identificazione di alcune aree di lavoro su cui ambe due i Paesi avrebbero potuto intervenire. Si sarebbero creati così rapporti tra Usa e Russia stabili, con l’onere di fondarsi sulla difesa dei valori democratici.

Si è poi parlato del potenziale rilascio dei due ex marine statunitensi, attualmente detenuti in Russia, tra cui risulta esserci Paul Whelan accusato di spionaggio e costretto 16 anni di prigionia, per il ritrovamento di una chiavetta USB contenete informazioni riservate. Sebbene l’ex marine si sia dichiarato non colpevole e affermi di essere stato vittima di una trappola, il tribunale russo lo ha condannato senza la produzione alcuna prova. Perciò per l’ambasciatore americano Sullivan, tale atto è da dichiararsi come una “beffa della giustizia” che lede gravemente i diritti umani.

Al fine di evitare i rischi di instabilità  si è a lungo discusso, secondo quanto riportato dal Presidente americano, dei passi essenziali per evitare il conflitto. È stato così concordata l’apertura di un dialogo e la creazione di un gruppo di esperti diplomatici al fine di cooperare per la realizzazione di una sicurezza strategica.

Giovanna Sgarlata

 

Un altro capitolo del caso Biot: espulso un diplomatico italiano dalla Russia

E’ arrivata la “risposta” russa al caso Biot. Il Ministero degli Esteri russi ha lasciato solo 24 ore di tempo a Curzio Pacifici, per lasciare il Paese. Definito “persona non grata”, Pacifici, è funzionario dell’ambasciata italiana a Mosca, che lavorava come assistente addetto alla Difesa e addetto navale.

Curzio Pacifici (fonte: il Messaggero)

La decisione è arrivata come risposta alle “misure ostili e infondate delle autorità italiane”, riguardo al recente scandalo scoppiato in Italia: due ambasciatori russi sono stati espulsi dall’Italia perché coinvolti nel caso di spionaggio di Walter Biot.

L’inizio di tutto: il caso Biot

Walter Biot, 56 anni, accusato di aver fornito informazioni top secret ai funzionari russi. Fonte: Il Fatto Quotidiano.Walter Biot, 56 anni, ha iniziato la sua carriera nella Marina Militare come ufficiale, qualificandosi inizialmente come «guida caccia», figura che indirizza gli aerei da guerra verso degli obiettivi. Imbarcato per anni su caccia torpedinieri e sulla portaerei Garibaldi, nel 2010 era passato all’ufficio stampa della Marina per poi finire nello staff dell’ufficio Relazioni Esterne della Difesa, svolgendo compiti come la gestione di dossier “top secret” riguardanti le ambasciate straniere e i comandi alleati.

Facendo un passo indietro, ricorderemo che, lo scorso 30 marzo, Biot è stato arrestato a Roma con l’accusa di aver passato documenti Nato (circa 181) ai servizi segreti russi, organizzando degli incontri in un parcheggio della Capitale. Secondo quanto si è appreso, il modus operandi dell’ufficiale consisteva nel trasmettere, attraverso un pennetta USB, tali documenti che poi consegnava al suo contatto russo, incontrato già diverse volte.

Ben 5mila euro (contenuti in piccole scatole) è la somma intascata per l’operazione dal capitano di fregata italiano, adesso sotto accusa per rivelazione di segreti militari a scopo di spionaggio, procacciamento di notizie segrete, esecuzione di fotografie, procacciamento e rivelazione di notizie di carattere riservato.

Le dichiarazioni

La detenzione, confermata il 23 aprile, presso il Regina Coeli fino ad oggi, quando ha ottenuto il trasferimento nel carcere carcere militare di Santa Maria Capua Vetere. In sede di tribunale ha rilasciato dichiarazioni spontanee: «Ho passato cose di poco conto, non ho passato segreti, non ho mai messo in pericolo l’Italia e non sono un traditore”. Ha giustificato il gesto così: “Sono un uomo disperato, pieno di debiti e con una figlia malata».

 

La tensione tra Ministeri degli Esteri russo e italiano

Un caso, dunque, pieno di tensioni che non danno segno di svanire, tanto che il Ministero degli Esteri russo ha precisato le motivazioni alla base del provvedimento contro Pacifici:

“Il 26 aprile l’ambasciatore italiano a Mosca Pasquale Terracciano è stato invitato al ministero degli Esteri russo, dove gli è stata consegnata una nota del ministero relativa alla dichiarazione di persona non grata dell’assistente dell’addetto per la difesa e addetto alla Marina e all’Esercito dell’ambasciata della Repubblica Italiana nella Federazione Russa C. Pacifici in risposta alle misure ostili e infondate delle autorità italiane nei confronti dell’ufficio dell’addetto alla Difesa presso l’ambasciata russa a Roma. Al funzionario è stato ordinato di lasciare il territorio della Federazione Russa entro 24 ore“.

Luigi di Maio, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Fonte: Huffington Post.

La risposta della Farnesina non si è fatta attendere:

“Abbiamo appreso con profondo rammarico della decisione della Federazione Russa. Consideriamo la decisione infondata e ingiusta perché in ritorsione ad una legittima misura presa dalle Autorità italiane a difesa della propria sicurezza”.

 

Alessia Vaccarella

Navalny rischia di morire in prigione. Ecco cosa sta succedendo all’oppositore numero uno di Putin

“Alexei Navalny sta morendo. Nelle sue condizioni, è questione di giorni”. Questo è ciò che ha scritto, sabato, su Facebook, la portavoce di Navalny, l’oppositore numero uno del presidente russo Vladimir Putin. Navalny è rinchiuso in una prigione di Prokov, 100 chilomentri ad est di Mosca, per scontare una pena di due anni e mezzo, con l’accusa di appropriazione indebita. Già il motivo e il modo in cui è avvenuta la carcerazione ha suscitato grossi sconvolgimenti in tutta la Russia, ne abbiamo parlato qui.

Navalny, in prigione dal 17 gennaio dopo esser sopravvissuto a un avvelenamento (fonte: ANSA)

In cella dal 17 gennaio, dal 31 marzo aveva iniziato lo sciopero della fame. Era ritornato dalla Germania, dopo esser stato messo in salvo dall’avvelenamento di cui è stato vittima. Mosca si è sempre dichiarata estranea ai fatti, nonostante le numerose accuse.

La figlia di Navalny, Daria, ha lanciato un accorato appello su Twitter: “Consentite a un medico di visitare mio padre”. La ventenne studia all’università di Stanford in California ed è seriamente preoccupata per le condizioni del padre su cui non vi sono chiare notizie.

Infatti, un gruppo di quattro medici – fra cui quello personale di Navalny, Anastasia Vasilyeva, e un cardiologo – hanno reso noto che il 44enne rischia un arresto cardiaco in qualunque momento e, perciò, chiedono di potergli far visita in carcere. Si tratterrebbe di un’insufficienza renale.

Secondo alcune testimonianze, Navalny, avrebbe rifiutato l’intervento dei medici messi a disposizione dal centro detentivo – i quali potrebbero anche decidere di ricorrere all’alimentazione forzata – perché intenzionato ad esser visitato solo da medici di sua fiducia. Ciò sarebbe consentito dalla legge (la 323 del 2011, articolo 26) che consente di chiedere il consulto di specialisti del servizio medico nazionale, ma solo nel caso in cui non sia disponibile un clinico qualificato nel penitenziario oppure che la situazione renda un particolare intervento urgente. Per Navalny è necessario che a visitarlo siano solo medici ritenuti “neutrali”.

(fonte: ilfattoquotidiano.it)

 

Navalny non sarebbe malato?

Il diplomatico Andrej Kelin, il quale si trova a Londra, ha rilasciato un’intervista alla Bbc, nella quale ha affermato che Navalny “si comporta come un hooligan: oggi gli fa male una gamba, domani un braccio. Tenta di violare tutte le regole per farsi pubblicità”. Per il diplomatico russo si tratterebbe di una farsa, poiché il detenuto sarebbe stato anche visitato in ospedale. “Non morirà in prigione” ha aggiunto, nonostante ciò che è stato riferito da i suoi medici.

Putin (fonte: ilfattoquotidiano.it)

Poi, vi è anche la controversa esistenza di due video, messi in rete in questi giorni “Izvestia” e “Ren tv”. In uno si può vedere un detenuto, che, secondo i giornalisti, dovrebbe esser proprio Navalny, nella grande camerata dove si trova normalmente. Quest’ultimo viene ripreso dall’agente di sorveglianza con una camera ad infrarossi, mentre dorme tranquillamente. Tutto ciò sarebbe utile per negare che Navalny venga svegliato ripetutamente durante la notte mentre viene effettuato il giro d’ispezione. Nel secondo filmato, un uomo – che non si riesce a vedere in faccia – viene mostrato in una camera di quello che sarebbe il centro medico, mentre esegue senza sforzo delle flessioni. Con questo video, dunque, si vorrebbe smentire che il detenuto stia soffrendo per aggravate condizioni di salute.

In ogni caso è doveroso ricordare e sottolineare che Izvestia e Ren tv sono due media certamente non ostili a Putin. Perciò il contenuto dei due video potrebbe esser di dubbia veridicità.

 

L’intervento di Usa e Ue

“Abbiamo comunicato al governo russo che quello che succede a Navalny mentre le autorità russe lo hanno in custodia è loro responsabilità, e verranno considerate responsabili dalla comunità internazionale.” ha detto ieri Andrew Sullivan, il consigliere per la Sicurezza Nazionale di Biden.

Il presidente americano avrebbe fatto riferire a Mosca che, qualora Navalny morisse, ci sarebbero delle conseguenze per la Russia di cui ancora niente è stato rivelato.

Biden si era già espresso pubblicamente all’inizio della vicenda, proclamando l’adozione di provvedimenti contro sette dirigenti russi molto vicini al presidente Putin, congelando i loro beni negli Stati Uniti e vietando ai cittadini americani di fare affari con loro.

“È totalmente ingiusto. Totalmente inappropriato” – ha detto Biden alla stampa – “sulla base del fatto che è stato avvelenato e poi ha fatto lo sciopero della fame”.

Insomma, la questione di Navalny ha riacceso le tensioni, che affondano le radici in un passato lontano, tra Usa e Russia.

L’alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell, prima della videoconferenza informale dei ministri degli Esteri, ha rivelato di aver ricevuto una lettera dallo staff di Navalny e di essere molto preoccupato. Una preoccupazione che accomuna tutta l’Unione Europea. Borrell aveva richiesto, a nome dell’Ue, di concedere le cure necessarie al detenuto, senza poi venir ascoltato dalle autorità russe, che verranno ritenute responsabile anche dall’Europa in caso di ulteriori peggioramenti della situazione. Ora, l’Ue chiede l’immediata liberazione dell’oppositore russo.

L’alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell (fonte: ilpost.it)

Ieri, dalla struttura penitenziaria era arrivata la comunicazione del trasferimento di Navalny presso il reparto ospedaliero della colonia penale IK-3 del Servizio Penitenziario Federale russo (FSIN), nella regione di Vladimir, specializzato nell’osservazione medica dei detenuti. Qui i medici hanno rassicurato sull’inizio di una terapia a base di vitamine e su un costante controllo delle condizioni del paziente.

Su Twitter, Ivan Zhdanov, direttore del Fondo Anti-Corruzione, ha scritto che questa del trasferimento presso la struttura ospedaliera è solo una falsa buona notizia, ricordando che presso questa struttura vengono mandati solo pazienti molto gravi. Perciò, la smentita sull’aggravarsi delle condizioni di Navalny sarebbe un tentativo di sedare la tensione.

 

Riprenderanno le proteste

Intanto, per il 21 aprile, i sostenitori di Navalny stanno organizzando delle proteste in tutta la Russia. Inoltre, un gruppo di circa 70 artisti, scrittori e attori, fra cui i premi Nobel per la Letteratura Svetlana Alexievitch e Salman Rushdie, hanno fatto pubblicare un appello a Putin, affinché vengano concesse tutte le cure necessarie a Navalny.

Tra i firmatari persino la famosissima scrittrice di Harry Potter, J. K. Rowling e l’attore Jude Law, tutti pronti a sfruttare la propria popolarità per far chiarezza sulla vicenda, chiarezza che sin dagli inizi è venuta meno. Ciò ha fatto crescere sempre più il sospetto e la preoccupazione che, in uno dei più potenti Paesi del mondo, si stia consumando un’enorme ingiustizia ai danni della democrazia.

 

Rita Bonaccurso