Tindari: tra storia e fede

Su un promontorio costiero a picco sul mare, con ai piedi la riserva naturale orientata dei laghetti di Marinello, dalla storia millenaria, Tindari si pone come unione tra il sacro e il profano, regalando un’esperienza unica e rara.

Andiamo a scoprire Tindari, lasciandoci avvolgere dal mistero che da sempre la caratterizza.

 

Origines

Sin dal nome, Tindari  è avvolta dal fascino e mistero tipico della cultura classica, infatti, si fa derivare direttamente dal mitico re spartano Tindaro. Il nome attuale, risale alle denominazione che già gli storici Strabone e Tolomeo le avevano dato in tempi antichissimi.

La sua fondazione si fa risalire ai tempi del tiranno di Siracusa Dioniso I, nel territorio di Abacaenum (Tripi) che la donò ai mercenari siracusani che avevano combattuto contro i cartaginesi.

Nel corso del tempo, divenne sede privilegiata delle guerre marittime. Nella prima guerra punica, quando sotto il controllo di Gerone II di Siracusa, fu base navale cartaginese, infatti, nelle acque antistanti, la flotta romana guidata dal console Aulo Atilio Calatino, fece fuggire quella cartaginese.

Successivamente, passata in orbita romana, fu base navale di Pompeo e,  presa da Augusto nel 36 a.C., che la trasformò nella Colonia Augusta Tyndaritanorum, una delle cinque della Sicilia, citata da Cicerone come nobilissima civitas.

Ancora oggi è possibile vedere i resti della civiltà ellenico-romana nei resti archeologici del Teatro, dell’isolato romano e della “basilica”, un tempo identificato con un ginnasio che era il propileo di accesso all’agorà.

 

Teatro greco di Tindari.
Fonte: wikipedia.it

 

In fide Domini

Tindari, oltre ad essere stato luogo simbolo della cultura greco-romana della provincia di Messina, è da secoli meta attrattiva del turismo religioso, dovuto alla presenza del famoso Santuario.

Il Santuario

Dal 2018, il santuario viene elevato alla dignità di Basilica Minore per decreto e volere del sommo pontefice Papa Francesco. La chiesa sorge sull’estremità orientale del promontorio, dove sorgeva l’antica acropoli e, dove fino alla costruzione del nuovo santuario, sorgeva l’antica chiesetta tuttora esistente.

All’interno è custodita e venerata la statua della “Madonna Nera”, scolpita in legno di cedro, la cui datazione è imprecisata, ma probabilmente giunta in seguito al fenomeno dell’iconoclastia1.

La Madonna, rappresentata sotto forma di Theotókos Odigitria2 seduta con il bambino Gesù in braccio (posizione della Basilissa). I loro volti molto allungati e le grandi dimensioni dei nasi, sono tipici delle raffigurazioni orientali e africane, rare in quelle occidentali, ci permettono di stabilirne orientativamente la provenienza.

Alla base della statua vi è la scritta ripresa dal Cantico dei Cantici “Nigra sum sed formosa” traducibile in italiano con “bruna ma bella”.

La storia del santuario è molto travagliata. Nel 1544, durante l’assedio turco-ottomano della costa tirrenica siciliana, guidata dall’ammiraglio Khayr al-Din Barbarossa, la chiesa viene distrutta e in seguito ricostruita. È in seguito, grazie alla volontà del vescovo Previtera e, con le donazioni successive della famiglia in seguito alla sua morte, che viene costruito il nuovo santuario, successivamente ampliato dal vescovo Pullano negli anni 70 del ‘900.

Come la Porziuncola di San Francesco a Santa Maria degli Angeli ad Assisi,  così anche a Tindari all’interno delle mura che attorniano il nuovo Santuario, è custodita la chiesetta originale, da cui si vede la sottostante spiaggia di Marinello, luogo della famosa leggenda.

 

Laghetti di Marinello, luogo dove avvenne il miracolo. Fonte: santuariotindari.it

 

La leggenda

La leggenda racconta che un giorno, una donna avendo la figlia gravemente ammalata, si votò alla Madonna per ottenerne la guarigione. Ottenutala, si recò al Tindari per ringraziare la Madonna,  ma vedendola bruna in faccia ne resta delusa ed esclama: “Sono partita da lontano per vedere una più brutta di me”.   E va in cerca della bella Madonnina che le aveva concesso tanta grazia. Nel frattempo la bambina rimasta incustodita, precipita dal colle.

La madre disperata corse ai piedi della bruna madonnina pregando “Se siete voi la miracolosa Vergine che per la prima volta mi avete salvato la figlia, salvatela per la seconda volta”.

Ed ecco che si compie subito il miracolo. La bambina giocava tranquilla su un piccolo arenile formatosi improvvisamente nelle acque sottostanti, quando un marinaio che era accorso per salvarla, la restituisce sana e salva tra le braccia della madre.

Gaetano Aspa

 

 

Note

  1. Iconoclastia – La dottrina e l’azione di coloro che nell’Impero bizantino, nel sec. 8° e 9°, avversarono il culto religioso e l’uso delle immagini sacre.
  2. Theotókos Odigitria  –  Titolo, «Madre di Dio», rivendicato per la Vergine nel Concilio di Efeso (431).

 

Bibliografia:

La Leggenda è tratta da: https://santuariotindari.it/leggenda/

 

 

Anche in Italia le proteste contro il climate change: lancio di zuppa di verdura contro le opere d’arte

Imbrattare dipinti di fama globale per ribadire l’urgenza della crisi climatica è uno dei trend degli ultimi mesi. Monet, Van Gogh, Constable, Boccioni, Vermeer, Goya e molti altri celebri artisti, sono le vittime di attacchi da parte degli attivisti, per la difesa del clima e dell’ambiente.

Lo scorso 4 novembre, anche a Roma, alcuni militanti del movimento ecologista hanno imbrattato con una zuppa di verdura l’opera di Vincent Van Gogh “il seminatore”, durante una mostra a Palazzo Bonaparte. L’opera era fortunatamente coperta dal vetro, ma la possibilità di danni concreti era molto vicina. L’azione è stata portata avanti da tre esponenti del movimento “Ultima generazione”, costola italiana dell’organizzazione “Extinction Rebellion”, che ha già fatto dimostrazioni di questo tipo in altri musei esteri.

È una prassi che sembrerebbe rasentare il vandalismo. Ma contrariamente loro si ritengono “attivisti” più che “ambientalisti”. Credono che non si tratti di vandalismo, il loro è “un grido di allarme di cittadini disperati, che non vogliono andare incontro alla distruzione del pianeta e della propria vita”.

 

Ma chi sono questi attivisti, che “Vogliono con forza” raggiungere i loro obiettivi?

Sono giovani militanti provenienti dal “Just Stop Oil”, un gruppo ambientalista che protesta contro l’uso dei combustibili fossili, dal “Extinction Rebellion” e la sua divisione italiana “Ultima generazione”.

L’Extinction Rebellion è un movimento internazionale non violento fondato in Inghilterra, in risposta alla devastazione ecologica causata dalle attività umane. Si chiede disobbedienza civile non violenta, così che i governi possano invertire la rotta, per non giungere ad un disastro climatico ed ecologico. Chiedono verità sulla situazione, affinché “il governo dichiari l’emergenza climatica e ecologica”. Vogliono un’azione immediata, che porti “al blocco della distruzione degli ecosistemi e della biodiversità e si portino allo zero netto le emissioni di gas serra entro il 2025”. Infine sperano di andare oltre la politica, affinché “il governo costituisca e sia guidato dalle decisioni di un’assemblea di cittadini/e sulle misure da attuare e sulla giustizia climatica ed ecologica”.

Le azioni dimostrative di questi gruppi sono iniziate lo scorso 29 maggio. Quando, al Louvre di Parigi, alcuni giovani attivisti al grido “Salviamo il Pianeta” hanno lanciato una torta sulla “Gioconda” di Leonardo Da Vinci.

Militanti ecologisti alla National Gallery di Londra, fonte: Corriere della Sera

Nei mesi successivi militanti del gruppo “Just Stop Oil” hanno preso di mira una serie di musei inglesi. Il 14 ottobre sono stati lanciati due barattoli di zuppa al pomodoro sul capolavoro di Van Gogh “i girasoli”, in mostra alla National Gallery di Londra. Dieci giorni dopo, sostenitori dello stesso gruppo, hanno lanciato una fetta di torta contro “la statua di cera di Re Carlo d’Inghilterra”, al museo Madame Tussauds, per chiedere al governo britannico di fermare “tutte le nuove licenze e permessi di petrolio e gas”.

In Germania, attivisti di Ultima generazione hanno imbrattato “il pagliaio” di Monet al Museo Barberini di Postdam, lanciando contro purè di patate. Inoltre, è stato colpito il capolavoro di Vermeer “la ragazza con l’orecchino di perla” esposta all’Aja.
Negli ultimi giorni in Spagna, al Museo Nazionale del Prado di Madrid, degli attivisti di “Futuro Vegetal”, si sono incollati alle cornici dei due dipinti, “Maja desnuda e la Maja vestida”, di Francisco Goya contro l’emergenza climatica.

In Italia durante i mesi estivi sono stati molti i movimenti di protesta da parte degli attivisti su questi temi. Ma quello che più colpisce la nostra attenzione è quanto accaduto a Roma, durante la mostra su Van Gogh a Palazzo Bonaparte, dove ad essere imbrattata è stata l’affascinante opera “il seminatore”.

Dal grido delle attiviste, alla denuncia da parte del ministro della Cultura 

“Siamo in un momento storico in cui la siccità prolungata, le catastrofi, le alluvioni stanno distruggendo i nostri raccolti. Questo significa che il cibo verrà a mancare nelle nostre tavole e sta già mancando adesso

Fonte: artemagazine

Queste le parole della portavoce delle attiviste davanti al quadro di Van Gogh, subito dopo averlo imbrattato ed essersi attaccate con una mano.
Le reazione degli altri visitatori non sono state positive. Pieni di rabbia per l’atto alla quale avevano appena assistito, hanno iniziato ad inveire contro le attiviste con frasi colme di rabbia come  “La smettiamo con questa storia? ma vergognatevi, BASTA!”.
Ma le ragazze non si sono fatte intimidire, con tono forte e deciso hanno continuato a gridare 

“Siete arrabbiati perché abbiamo sporcato un vetro che domani sarà pulito ma tra qualche anno i vostri figli non potranno più mangiare. Dovremmo esplodere di rabbia perché rischiamo un futuro di morte, guerra e fame: dovreste essere arrabbiati per questo e non per questa stupidaggine. Se vogliamo proteggere l’arte dovremmo proteggere le nostre vite e il nostro futuro!”.

I carabinieri hanno identificato subito le giovani, che probabilmente sono state denunciate. All’Ansa Iole Siena, presidente e amministratrice delegata di Arthemisa società che ha prodotto e organizzato la mostra, ha dichiarato “mi aspettavo accadesse ciò da prima dell’apertura”. Infatti, fin da subito molte sono state le riunioni con i carabinieri e responsabili del museo, per prevenire ciò. “Avevamo anche identificato quali opere avrebbero potuto colpire -spiega Iole Siena- il seminatore era ovviamente tra queste”.
Al quadro sembrerebbe non esser successo niente, ma l’amministratrice condanna “con massima severità” queste azioni dimostrative. Le ritiene un gesto inutile, un’azione troppo genericagesti plateali fini a se stessi e “dannosi nell’immaginario collettivo”.

Anche il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, è giunto a Palazzo Bonaparte, poiché ha ritenuto questo come un atto da scongiurare nel modo più fermo e immediato possibile.

Le dichiarazioni di Sangiuliano a Palazzo Bonaparte, fonte: il Messaggero

Attaccare l’arte è un atto ignobile che va fermamente condannato. La cultura che è alla base della nostra identità, va difesa e protetta, non certo utilizzata come megafono per altre forme di protesta”.

Siamo in un paese democratico che ovviamente rende libere tutte le forme di protesta. “ Il nostro patrimonio culturale va tutelato –afferma il ministro– proprio dalle conseguenze del cambiamento climatico. Per questo sono tante altre le modalità per esprimere la propria sensibilità verso l’ambiente”. Ricorda Sangiuliano che “i reati contro i beni culturali sono puniti gravemente e che gli autori sono perseguibili penalmente”.

Perché questi atti si sono intensificati ultimamente?

I giovani attivisti  hanno trovato una forma insolita e controversa per sensibilizzare sul tema, contro l’immobilismo dei governi. Tutti gli incidenti sembrerebbero non aver mai portato a dei gravi danni alle opere, in quanto protette da vetri blindati che preservano i capolavori da qualsiasi danneggiamento. Ma davvero solo così riusciranno a raggiungere i loro obiettivi, mettendo a rischio capolavori inestimabili?
Sembrerebbe che le proteste si siano intensificate negli ultimi tempi, poiché proprio dal 6 novembre a Sharm el-Sheikh è iniziata la ventisettesima conferenza Onu sul clima. Il vertice vede la partecipazione di novanta capi di Stato e di governo da tutto il mondo, che si consulteranno fino al prossimo 18 novembre. Un momento molto atteso dagli attivisti, poiché verranno annunciate le nuove politiche di contrasto al “climate change”. Queste nuove scelte placheranno i loro animi? Staremo a vedere!

           Marta Ferrato

Sergio Mattarella, il primo Presidente della Repubblica siciliano

Amato dagli italiani per l’autorevolezza di “pater familias” manifestata al potere e il profilo basso tenuto nella guida della sua altissima carica, Sergio Mattarella chiude il settennato che, a dispetto della sua immagine di uomo restio ai conflitti, è stato tra i più complessi della storia repubblicana.

Tra i personaggi pubblici del nostro tempo è forse il più schivo, probabilmente il meno portato a raccontarsi, a farsi pubblicità; l’Anti-Narciso per eccellenza.

Nel corso della sua vita ha maturato un’esperienza straordinaria come servitore delle istituzioni, eppure dell’uomo Mattarella poco si conosce. In questo articolo ripercorriamo i momenti salienti della vita -precedente alla sua prima elezione alla Camera– del primo Presidente della Repubblica siciliano.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – Fonte: varesenews.it

Gli anni della giovinezza e della formazione

Sergio Mattarella nacque a Palermo il 23 luglio 1941, quarto figlio di Bernardo Mattarella, politico democristiano cinque volte ministro tra gli anni Cinquanta e Sessanta, e di Maria Buccellato. Nello scegliere il nome per l’ultimogenito i genitori pensarono, forse profeticamente, a Sergio I, un papa santo del VII secolo nato a Palermo e descritto dalle fonti come “uomo di notevole cultura che aveva percorso tutta la carriera e ricomposto molte controversie e discordie”.

Il piccolo Sergio crebbe in un ambiente familiare profondamente stimolante, immerso fin da subito nella politica grazie alla figura del padre. Proprio a causa dei suoi incarichi di governo, nel 1948 la famiglia si trasferì a Roma, dove i fratelli frequentarono dalla terza elementare alla maturità classica l’istituto religioso S. Leone Magno dei Fratelli Maristi.

Ricordando questo periodo Mattarella dirà:

“La scuola credo mi abbia aiutato a non restare una pietra inerte. Vivere insieme un’esperienza di comunità, di studio, mi ha insegnato a comprendere le esigenze, i problemi, le attese degli altri. Questo mi ha fatto capire che si cresce se si cresce insieme, che si è davvero liberi –liberi dall’ignoranza, liberi dal bisogno, liberi dalla violenza- se liberi sono anche gli altri”.

Nel quinquennio 1960-1964 si consolidarono le radici della formazione professionale e sociale del giovane Sergio che conseguì la laurea in Giurisprudenza all’Università La Sapienza di Roma, con il massimo dei voti e la lode, discutendo una tesi su La funzione dell’indirizzo politico.

Il giovane Sergio Mattarella con il padre Bernardo – Fonte: rainews.it

L’incontro con Marisa Chiazzese

All’inizio del 1958 a Palermo, il sedicenne Sergio conobbe Marisa Chiazzese, la sorella tredicenne di Irma, fidanzata di Piersanti, e figlia di Lauro Chiazzese, ex rettore dell’Università di Palermo e docente di Diritto Romano.

I due si fidanzarono nel 1964 e l’anno dopo Sergio tornò a vivere in Sicilia per starle vicino.

Il 21 marzo 1966, giorno dell’equinozio di primavera, si sposarono nella chiesa barocca di S. Caterina di Palermo. Dal matrimonio nacquero tre figli: Laura, Bernardo Giorgio e Francesco.

Di personalità mite, analitica, riservata, Marisa non ha mai avuto l’attenzione mediatica di cui, troppo spesso, godono le compagne o i compagni dei Capi di Stato, in quanto il primo marzo 2012, tre anni prima dell’inizio del mandato del marito come Presidente della Repubblica, è venuta a mancare a Castellammare del Golfo.

Il profondo attaccamento di Sergio Mattarella alla moglie è testimoniato dall’assidua presenza con cui l’ha affiancata nell’affrontare il calvario della malattia che l’ha portata via.

Nel 2015 il presidente la ricordò in un discorso al Quirinale in occasione della Giornata internazionale della ricerca sul cancro:

“Per seguire la persona a me più cara al mondo, ho trascorso a più riprese numerose settimane in ospedali oncologici. Sarebbe auspicabile che ogni tanto le persone in buona salute trascorressero qualche giorno in visita negli ospedali, perché il contatto con la sofferenza aiuterebbe chiunque a dare a ogni cosa il giusto posto nella vita”.

Sergio Mattarella e la moglie Marisa Chiazzese – Fonte: urbanpost.it

Il ritorno a Palermo e la carriera accademica

Una volta rientrato a Palermo si unì a un gruppo di giovani studiosi che seguivano il giurista Pietro Virga, professore di diritto costituzionale e poi amministrativo presso l’Istituto di Diritto Pubblico dell’Università.

Nel 1965 intraprese la carriera accademica come assistente di diritto costituzionale. Nel 1969 divenne professore incaricato di diritto parlamentare presso la facoltà di Scienze politiche, dedicandosi all’insegnamento fino al 1983, quando si mise in aspettativa per le elezioni alla Camera.

L’attività scientifica e le pubblicazioni di questo periodo riguardarono in prevalenza argomenti di diritto costituzionale: intervento della Regione siciliana nell’economia, attività ispettiva del Parlamento, procedimento legislativo, bicameralismo, indennità di espropriazione. L’attività accademica lo portò a svolgere relazioni e interventi in convegni di studi giuridici e a tenere lezioni in corsi di master e specializzazione in varie università.

Di quello che considerava il suo “vero lavoro” sentì sempre la mancanza:

“Quando mi chiamano a partecipare a dibattiti accademici vado molto volentieri, perché i giovani che guardano alle cose con un’altra ottica mi costringono a riflettere”.

Il professore Sergio Mattarella durante un esame – Fonte: castelvetranoselinunte.it

La morte del fratello Piersanti e l’impegno politico

L’avvenimento che determinò l’allontanamento dall’attività accademica fu la morte del fratello, avvenuta il 6 gennaio 1980. Piersanti Mattarella aveva seguito le orme del padre, passando dalle file della Democrazia Cristiana al consiglio comunale della città di Palermo, fino ad essere eletto, nel 1978, Presidente della Regione Sicilia.

Il giorno dell’Epifania Piersanti si recò a messa con la famiglia senza scorta, non utilizzata nelle uscite private. Improvvisamente un giovane a volto scoperto si avvicinò al suo finestrino e colpì il presidente con una prima raffica di colpi, ferendo anche la moglie Irma. Durante la sparatoria il revolver si inceppò e il killer si diresse con calma verso una 127 bianca, per farsi consegnare dal complice un secondo revolver con cui tornò a colpire Mattarella dal finestrino posteriore.

Fu il nipote Bernardo ad avvertire dell’accaduto Sergio Mattarella, immortalato al suo arrivo nel celebre scatto di Letizia Battaglia, che lo ritrae chino sul corpo del fratello nell’attesa dei soccorsi. Piersanti Mattarella morì sette minuti dopo l’arrivo in ospedale.

Inizialmente considerato un attentato terroristico, il delitto fu indicato dal collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta come delitto di mafia.

La morte del fratello sconvolse profondamente Sergio Mattarella, che raccolse l’eredità politica e “il patrimonio di energie” del fratello, aumentando progressivamente il proprio impegno politico e dando inizio a una lunga e illustre carriera che lo vide ricoprire le più importanti cariche politiche e istituzionali (Vice-Presidente del Consiglio, più volte deputato e ministro, membro della Corte costituzionale), dedicando particolare attenzione alla lotta contro la mafia e il rispetto della legalità.

Sergio con in braccio il fratello Piersanti Mattarella dopo l’attentato – ©Letizia Battaglia, Palermo 1980

 

Santa Talia

Fonti: 

Angelo Gallippi – Sergio Mattarella, 40 anni di storia italiana, Paesi Edizioni, 2022

https://www.quirinale.it/page/biografia

https://www.treccani.it/enciclopedia/sergio-mattarella

https://biografieonline.it/biografia-sergio-mattarella

https://www.ilpost.it/2022/01/16/sergio-mattarella-fine-mandato/

Immagine in evidenza:

Il Presidente Sergio Mattarella alla cerimonia della deposizione di una corona d’alloro sulla Tomba del Milite Ignoto, nella ricorrenza del 75° anniversario della Liberazione, Roma 2020 – Fonte: quirinale.it

Cgil e Uil oggi in sciopero generale: stop a trasporti e servizi. Ecco spiegate le motivazioni

Le due sigle sindacali Cgil e Uil hanno proclamato un nuovo sciopero generale. La manifestazione nazionale si è tenuta a Roma con un contemporaneo svolgimento delle iniziative nelle città come Bari, Cagliari, Milano e Palermo che hanno fatto da cornice allo stop di 8 ore sia dei trasporti cittadini sia di molti altri settori.

Sciopero generale del 16 dicembre -Fonte:ilgiorno.it

Lo stop odierno è volto a protestare contro la legge di bilancio presentata dall’Esecutivo. Tale manifestazione, di portata nazionale, ha compreso nel suo spettro lavoratori pubblici e privati inseriti dal trasporto ferroviario, aereo e cittadino, il personale autostradale, i corrieri, i lavoratori della logistica, i portuali e gli autotrasportatori. Sono rimasti fuori invece i dipendenti sanitari, delle poste e dell’istruzione scolastica. La presenza dei segretari generali di Cgil e Uil, Maurizio Landini e PierPaolo Bombardieri, alla manifestazione in Piazza del Popolo a Roma, ha visto come contraltare la mancata adesione della Cisl. Questa ha indetto invece uno sciopero alternativo previsto sabato 18 dicembre “per lo sviluppo, il lavoro, la coesione”.

Motivazioni dello sciopero

La “Manovra 2022” messa in moto dal Governo Draghi è stata oggetto di un sentimento di generale insoddisfazione da parte dei sindacati confederati italiani Cgil e Uil. I fronti caldissimi su cui si sono scontrati risultano i seguenti:

  • Fisco
  • Pensioni
  • Scuola
  • Politiche industriali
  • Contrasto alle delocalizzazioni
  • Precarietà del lavoro giovanile e femminile
Sciopero generale del 16 dicembre: chi si ferma -Fonte:tg24.sky.it

Il nodo della questione si aggira prettamente sull’intervento governativo finalizzato alla riduzione della pressione fiscale sui fattori produttivi, attraverso l’uso di 8 miliardi di euro annui destinati alla riduzione dell’Irpef (quota percentuale di reddito assorbita dall’imposta aumenta in proporzione al reddito stesso) e dell’Irap (un tributo da versare ogni anno alla propria regione di appartenenza, che va a tassare il cosiddetto “valore della produzione”, ossia la differenza tra il ricavato complessivo annuale ed una quota che comprende i principali costi di gestione).

Le lamentele dei sindacati sono nate per la mancanza – a loro dire-  di confronto con le parti sociali. La richiesta di Cgil, Uil e Cisl è dunque volta ad indirizzare le intere risorse verso la riduzione della pressione fiscale sui redditi bassi e medio-bassi dei lavoratori e dei pensionati, che rappresenterebbero circa l’85% dei contribuenti Irpef.

La scelta invece adoperata dall’Esecutivo è stata – secondo i sindacati – quella di operare in maniera ingiusta sui redditi di tutti i contribuenti, anche quelli più ricchi. Quest’ultimi altresì ne trarranno maggior vantaggio, innescando un sistema contrario della progressività, facendo sì che i redditi dei lavoratori dipendenti, fino a 35mila euro, siano i più penalizzati. Ciò si verificherà a seguito dell’abbassamento dell’aliquota che verrà compensata con l’effetto delle nuove detrazioni.

Tagli dell’Irpef e Irap -Fonte:investireoggi.it

L’esito di questo meccanismo di iniquità è il frutto della struttura del sistema fiscale italiano fondato su una tassazione progressiva divisa per scaglioni di reddito. Dunque ad esempio

“Se si abbassa la seconda aliquota (da 27 a 25%) non significa che ciò riguardi solo ed esclusivamente chi guadagna tra 15.001 euro e 28.000. Se il mio reddito è 50mila euro, i miei primi 15mila euro saranno tassati al 23%, dai 15.001 a 28.000 al 25% (ora al 27%) e la parte restante al 35% (ora al 38%), con il risultato di circa 740 euro di tasse in meno da pagare.”

La contrarietà dei sindacati alla riduzione o cancellazione dell’Irap di oltre 1 miliardo di euro è dovuta al fatto che questa tassa regge il Sistema sanitario nazionale. Si deduce pertanto come, non mai più di oggi, le garanzie per la sanità necessitano di essere incrementate e non ridotte. Affinché si mantenga lo stesso ammontare del taglio dell’Irap si dovrà ricorrere alla fiscalità generale e dunque ad un ulteriore costo che verrà spalmato su tutti i contribuenti.

L’altro punto molto criticato della legge di bilancio è la quantità di denaro stanziato al fine di limitare l’aumento del costo delle bollette energetiche. Il disegno di legge prevede altresì il finanziamento di 2 miliardi di euro per compensare gli effetti della crisi energetica sulle bollette della popolazione, ma i sindacati li hanno giudicati troppo miseri.  L’Esecutivo infatti negli ultimi giorni ha già aumentato il totale dei fondi stanziati a 3,8 miliardi di euro.

La soluzione secondo i sindacati

La proposta dei confederati italiani mira ad intervenire sui redditi bassi e medio-bassi utilizzando la decontribuzione strutturale per i lavoratori con un reddito non superiore a 20 mila euro annui.

Tale agevolazione nasce dalla scarsa capienza fiscale di circa 11 milioni di lavoratori. Dunque l’intervento sulle agevolazioni sociali permetterà un immediato vantaggio, evitando così la riduzione della detrazione di spese mediche o spese per istruzione.

Perché giovedì 16 dicembre c’è lo sciopero generale -Fonte:quifinanza.it

Queste sostengono altresì un incremento delle detrazioni da lavoratore dipendente per i lavoratori dai 20 mila euro ai 50 mila euro e la detrazione da pensione per i pensionati.  Si sarebbe dunque selezionata e “ritagliata” la platea di riferimento dell’intervento fiscale. Ciò avrebbe evitato la dispersione delle poche risorse su platee più ampie.

“I redditi più alti non utilizzeranno il vantaggio fiscale per aumentare i consumi o ridurre i debiti, al contrario dei redditi più bassi il cui contributo alla crescita economica è tanto forte quanto è maggiore il beneficio fiscale.”

L’applicazione di una riforma fiscale più equa potrebbe dunque ricavarsi attraverso la conduzione di una lotta seria all’evasione e all’elusione fiscale e contributiva, che ridurrebbe drasticamente l’edificio che alimenta l’economia sommersa.

Lo sciopero del 16 dicembre

Ad aderire all’iniziativa sono trasporti locali e nazionali (dai bus alle metro ai taxi, dai treni agli aerei), gli uffici pubblici e privati, gli studi professionali, gli organi di Polizia, le aziende private, le fabbriche e le banche.

Sciopero generale, Cgil e Uil contro tutti -Fonte:newsby.it

Filt-Cgil e Uiltrasporti hanno indetto uno sciopero sia dei dipendenti di Ferrovie dello Stato (dalla mezzanotte alle 21 del 16 dicembre). Sono garantite due fasce orarie in cui i treni circoleranno regolarmente (dalle 6 alle 9 e dalle 18 alle 21).  Le tratte a lunga percorrenza, sia con le compagnie come Trenitalia e Italo, non subiranno cancellazioni. Non vi hanno aderito invece i dipendenti di Trenord, azienda che gestisce il trasporto ferroviario regionale della Lombardia.

Nel trasporto aereo lo sciopero riguarda il personale navigante, gli addetti alle attività operative degli aeroporti e i controllori di volo. Sono assicurati anche qui una serie di voli nazionali e internazionali (dalle 7 alle 10 e dalle 18 alle 21).

A partecipare è stata anche la Rai che ha annunciato delle variazioni alla programmazione televisiva odierna, dovuta all’adesione dell’interno turno di lavoro avvertito da Sic-Cgil e Uilcom-Uil (dalle ore 24 di oggi).

Chi non si ferma

Saranno esonerati dalla manifestazione:

  • Il settore della sanità pubblica e privata, comprese le RSA: al fine di salvaguardare il diritto prioritario alla salute dei cittadini in questa fase di emergenza pandemica;
  • La scuola, per quanto riguarda i docenti e il personale ATA: non rientrano in tale esenzione i servizi mensa;
  • I settori dell’igiene ambientale;
  • Gli sportelli postali: in quanto essenziali all’adempimento di pagamenti importanti come l’Imu, nell’ultimo giorno disponibile;
  • Le aziende esonerate per singole concomitanze con agitazioni ravvicinate già annunciate: si intendono le cooperative degli stenografisti dei tribunali, le imprese nelle pulizie multiservizi e nella vigilanza privata;
  • Alcune aziende del trasporto pubblico locale come la Panoramica Chieti e la Avm-Actv di Venezia e nel trasporto aereo le società di servizi aeroportuali come la Mle che opera a Linate e Malpensa, o il personale addetto ai servizi portuali che sciopererà invece il 17 dicembre.
Poste Italiane -Fonte:postenews.it

Giovanna Sgarlata

Proteste ‘’No green pass’’. Ecco le nuove restrizioni annunciate dalla ministra Lamorgese

Nella serata di mercoledì scorso il Viminale ha annunciato nuove restrizioni sulle manifestazioni dei no green pass, che da ormai settimane stanno provocando forti disagi in diverse città italiane.

Fonte: TGCom24

La direttiva – vale a dire un documento che contiene norme e istruzioni – predisposta dalla ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, esorta all’individuazione di aree sensibili e impone tutta una serie di altre limitazioni. L’obiettivo è garantire il diritto a manifestare ma proteggendo l’attività economica e la salute pubblica, soprattutto in vista di un nuovo sabato di proteste atteso per il 13 novembre.

Le nuove misure su cortei e manifestazioni

Con il Natale alle porte, il dilagare del fenomeno proteste per le misure emergenziali dettate dalla pandemia ed il continuo aumento dei contagi, Lamorgese ha ritenuto urgente l’imposizione di una nuova linea a chi ha il compito di tutelare l’ordine pubblico.

La ministra ha quindi inviato due giorni fa una circolare a tutti i prefetti d’Italia, che avranno la facoltà di «individuare specifiche aree urbane sensibili» e di particolare interesse per lo svolgimento ordinato della vita cittadina, che «potranno essere oggetto di temporanea interdizione» agli stessi cortei, almeno fino alla fine dello stato di emergenza.

La ministra degli Interni, Luciana Lamorgese. Fonte: Ansa

I manifestanti dovranno essere tenuti lontani da centri storici e affollati delle città, oltre che da obiettivi sensibili come sedi di sindacati e partiti, palazzi delle istituzioni e ambasciate. Tra le disposizioni c’è poi la possibilità di imporre lo svolgimento delle proteste in forma statica soltanto (sit-in), l’obbligo di mascherina all’aperto e regolamentazione di percorsi idonei a preservare aree urbane nevralgiche.

Le decisioni sulle misure specifiche – da adottare comunque caso per caso – avranno attuazione immediata e saranno affidate ai Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica (in cui si riuniscono il sindaco del capoluogo di provincia, il presidente della provincia, il questore e i rappresentanti delle forze dell’ordine).

Lamorgese e Mattarella in difesa del bilanciamento dei diritti

Nonostante la direttiva nasca con l’obiettivo esplicito di contenere i disagi derivanti dalle manifestazioni di dissenso delle ultime sedici settimane, la ministra degli Interni ha tenuto a specificare che la circolare non riguarda esclusivamente le manifestazioni ‘’No Green Pass’’ e che pertanto le restrizioni a cui rimanda potranno essere applicate anche a proteste «attinenti ad ogni altra tematica».

Intervenuta all’assemblea dell’Anci, Luciana Lamorgese ha spiegato:

«Il diritto di manifestare è costituzionalmente garantito ma esiste anche un bilanciamento dei diritti: si può manifestare ma servono regole che proteggano gli altri cittadini, il diritto al lavoro e il diritto alla salute». Ha poi messo in evidenza che «Non si può pensare che a fronte di un’economia in rialzo, la penalizziamo con tutte queste manifestazioni».

Ed in merito a ciò è intervenuto anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella:

«Dissenso non può sopraffare il dovere di proteggere i più deboli».

Il presidente Sergio Mattarella. Fonte: AGI

L’elenco dei luoghi vietati

I prefetti, in accordo con i sindaci, hanno già pensato ad una serie di provvedimenti per impedire le manifestazioni in alcune zone della città. A tal proposito, il Corriere della Sera ha stilato un elenco delle piazze italiane in cui non sarà possibile manifestare: l’intenzione è di seguire l’esempio del prefetto di Trieste Valerio Valenti, il quale ha vietato le manifestazioni in piazza Unità d’Italia fino al 31 dicembre.

Proteste No Green Pass a Firenze in piazza Santa Maria Novella. Fonte: SkyTG24

Pertanto:

• Vietate piazza Fontana, la zona del Duomo e di Brera a Milano;
• Vietata piazza del Popolo con l’indicazione di concentrarsi al Circo Massimo a Roma;
• Vietate Santa Croce e Santa Maria Novella a Firenze;
• Divieto manifestazioni sul lungomare, in piazza Dante e piazza del Plebiscito a Napoli;
• Vietata piazza Maggiore a Bologna;
• Niente manifestazioni a piazza del Ferrarese a Bari;
• Vietata piazza Sant’Oronzo a Lecce;
• Vietata piazza Verdi a Palermo;
• Divieto in piazza Garibaldi a Cagliari;
• Si valuta di vietare piazza della Vittoria a Genova;
• Al vaglio la possibilità di non concedere più piazza Dante a Trento.

La voce degli oppositori

Dopo l’annuncio delle nuove restrizioni, molti gruppi di manifestanti sono sul sentiero di guerra contro tali divieti. Altri si sono mostrati invece maggiormente disposti ad accettare piazze e altri luoghi alternativi.

Tra gli oppositori, a Milano, il Comitato che promuove i cortei del sabato ha annunciato lo stop alle trattative con la questura perché:

«dopo questo sabato, per noi è diventato impossibile sederci al tavolo con chi ha rinchiuso centinaia di manifestanti pacifici in una via e li ha trattati peggio dei criminali».

Più moderati i toni di Marco Liccione, portavoce del movimento ‘’Variante Torinese’’ e organizzatore da settimane delle proteste a piazza Castello che ha detto:

«non possono vietarci di manifestare. Leggeremo la circolare e, per il bene delle persone che aderiscono alla manifestazione e per rispetto dei commercianti, valutiamo per sabato di cambiare luogo di ritrovo».

Problemi di applicazione delle strette

Fonte: SkyTG24

Entro questo scenario non è ancora chiaro fino a che punto potranno essere applicate le nuove limitazioni: mentre potrebbe risultare non particolarmente complessa l’individuazione di un’area «sensibile» da presidiare con l’aiuto delle forze dell’ordine, più difficile sarà obbligare i manifestanti al concordamento del percorso, dopo che nelle manifestazioni delle ultime settimane sono stati in diversi gli attivisti privi di autorizzazione. Così come sarà altrettanto complicato obbligare eventualmente i manifestanti a protestare in forma statica.

Gaia Cautela

G20 a Roma: ecco gli incontri tra i leader mondiali e di cosa si parlerà

A poche settimane dall’ultimo – straordinario – incontro dei leader del G20 (per discutere della situazione afghana dopo la presa talebana di Kabul), tra oggi e domani, 30 e il 31 ottobre, si svolgerà a Roma il summit del G20. Si tratta dell’incontro più importante che segna la fine di un anno dedito alle Tre P: Persone, Pianeta, Prosperità. Se non altro, perché l’Italia, nella sua presidenza, ha deciso di vertere fortemente su queste priorità.

Tra le mura di una Roma blindata e sotto l’imperante Nuvola (Roma Convention Center) del quartiere dell’Eur, cambiamento climatico e Global Minimum Tax torneranno al centro del dibattito. Non mancheranno, poi, accenni sui vaccini ed anche sul progetto per la Difesa Europea. Altri importanti temi saranno quelli della lotta alla crisi economica causata dalla pandemia e la situazione afghana. Peraltro, di fondamentale importanza rimane trovare un punto d’incontro sulle strategie di tutela ambientale in vista della COP26, annuale conferenza sul clima organizzata dalle Nazioni Unite.

(fonte: agi.it)

I leader mondiali oggi a Roma

Ad accompagnare il Presidente del Consiglio Mario Draghi in qualità di rappresentante dell’Italia, moltissime figure di spicco: il re Salaman per l’Arabia Saudita, Alberto Fernández per l’Argentina, Scott Morrison per l’Australia, Jair Bolsonaro per il Brasile, Justin Trudeau per il Canada, Xi Jinping da remoto per la Cina, Moon Jae-In per la Corea del Sud, Emmanuel Macron per la Francia, Angela Merkel (accompagnata dal suo vice Olaf Scholz nell’ultimo G20 della Cancelliera), Fumio Kishida in collegamento dal Giappone, Narendra Modi per l’India, Joko Widodo per l’Indonesia, il ministro degli Esteri messicano Marcelo Ebrard che farà le veci del Presidente; Boris Johnson per il Regno Unito, Recep Tayyip Erdoğan per la Turchia, Joe Biden per gli Stati Uniti, Vladimir Putin in collegamento dalla Russia, Cyril Ramaphosa per il Sud Africa, Pedro Sánchez per la Spagna e, da ultimi – ma non meno importanti – la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel a rappresentare l’Unione Europea.

Diversi leader hanno approfittato della permanenza per incontrare le più alte cariche dello Stato, primo tra tutti il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, fotografato ieri in compagnia di Biden. Lo stesso ha intrattenuto un colloquio con Papa Francesco, che Biden ha definito come «Il più grande combattente per la pace che abbia mai conosciuto». I temi del colloquio sono stati quello del clima, della pandemia, ma anche della libertà religiosa e di coscienza.

(ilmessaggero.it)

Per Biden si prepara un altro incontro, questa volta col leader turco Erdoğan: verranno trattate le situazioni in Siria ed Afghanistan, ma anche la questione del supporto di Washington all’YPG in Siria nell’ottica della lotta allo Stato Islamico. La Turchia considera l’YPG (Unità di Protezione Popolare siriana) alleata del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan, un’organizzazione ritenuta terroristica tanto in Turchia quando negli USA e nell’UE).

L’occasione per la ricostruzione del blocco occidentale

In molti hanno fatto notare la similitudine tra le agende del Presidente Biden e Draghi: in particolare, il primo potrebbe trovare un importante supporto nel secondo. Ma anche oltre l’apertura atlantista di Draghi, l’occidente troverebbe un importante alleato democratico nell’India di Modi. Lotta ai cambiamenti climatici, uscita dalla crisi pandemica ed economica, corsa allo spazio sarebbero tutti temi parte dell’agenda di ricostruzione del blocco occidentale in opposizione alle pressioni di Cina Russia.

Valeria Bonaccorso

Draghi presiede il G20 straordinario per l’Afghanistan. Ecco le priorità di cui hanno discusso i vertici mondiali

Si è svolto ieri mattina, 12 ottobre, in videoconferenza da Palazzo Chigi, il G20 straordinario dedicato alla situazione emergenziale in Afghanistan. Il tavolo è stato coordinato dalla presidenza italiana e gestito dal Presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi. A partecipare alla videoconferenza sono stati i rappresentanti degli altri Paesi, una quindicina tra capi di governo e di Stato, i rappresentanti di ONU, Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale. All’incontro anche la Presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen e Charles Michel, Presidente del Consiglio Europeo. Tra i grandi assenti, il Presidente russo Vladimir Putin, il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov e il Presidente cinese, Xi Jinping (rappresentato dal ministro degli Esteri cinese, Wang Yi). Alla grande assemblea si è unito anche il Qatar che, nei mesi scorsi, è stato essenziale per i negoziati tra americani e talebani. L’incontro è stato fortemente voluto dal Presidente Draghi, che ha cercato di trasformare il G20, non limitandosi a trattare solo temi legati all’economia, ma sottolineando l’importanza di discutere temi geopolitici che hanno ricaduta a livello mondiale.

I leader in videoconferenza (fonte Reuters.com)

Le priorità del G20 virtuale

Il 15 agosto del 2021 i talebani entrano nella capitale afghana, Kabul, dopo l’annuncio del ritiro delle truppe americane da parte del presidente degli USA, Joe Biden. In pochissimi mesi la condizione del Paese è degenerata, costringendo i rappresentanti dei 20 Paesi più importanti a riunirsi per cercare di risolvere i problemi principali che ne sono conseguiti. I temi trattati durante la videoconferenza vanno dall’emergenza umanitaria alla tutela e al riconoscimento delle libertà fondamentali, soprattutto in merito alla preoccupante situazione in cui si trovano le donne nel Paese afghano, dal problema del terrorismo al libero e sicuro movimento all’interno e fuori dai confini del Paese. Per risolvere questi problemi, si prevede un piano di azioni concrete da parte dei partecipanti all’incontro, sia da parte dei Governi, sia da parte delle organizzazioni internazionali, tra le quali la Banca Mondiale e le Nazioni Unite.

Gli interventi di Von der Leyen, Erdogan, Wang Yi, Modi e Biden

Tra gli interventi più importanti c’è sicuramente quello della presidente Ursula Von der Leyen, che ha garantito il sostegno alla popolazione afghana e ai Paesi vicini con un pacchetto di circa un miliardo di dollari:

“Dobbiamo fare tutto il possibile per evitare un grave collasso umanitario e socio-economico in Afghanistan. Dobbiamo farlo in fretta. Siamo stati chiari sulle nostre condizioni per qualsiasi impegno con le autorità afgane, compreso il rispetto dei diritti umani”.

La presidente Ursula Von der Leyen (fonte repubblica.it)

Si è espresso anche il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, che ha sottolineato l’impossibilità della Turchia e dei Paesi europei di sopportare un nuovo flusso migratorio dall’Afghanistan. Il Paese turco non è disposto ad accogliere nessun migrante afghano. Erdogan ha anche sottolineato l’importanza della formazione di un governo afghano inclusivo, così da poter garantire la sicurezza e la stabilità che mancano nel Paese.

Il Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha affermato l’importanza di rispettare la sovranità, l’indipendenza e l’integrità dell’Afghanistan. Si è inoltre dichiarato contrario all’imposizione della propria ideologia agli altri e agli interventi militari nel Paese, affermando che questi porteranno a disordini e povertà continui.

Il ministro indiano, Narendra Modi, si è pronunciato sull’importanza della lotta al terrorismo, sottolineando la necessità di evitare che l’Afghanistan diventi luogo di radicalizzazione e estremismo.

L’incontro d’emergenza è stato concluso dal discorso del presidente americano, Joe Biden, che ha sottolineato la necessità di mantenere alto l’interesse sulla lotta al terrorismo, e di garantire un passaggio sicuro per i cittadini stranieri e i partner afghani che cercano di lasciare l’Afghanistan.

La conferenza stampa del premier Draghi

Il premier Mario Draghi si è definito soddisfatto dei risultati ottenuti, giudicando il summit fruttuoso. Nei primi minuti della conferenza stampa, il premier ha riassunto quelli che sono stati i temi principali dell’incontro, sottolineando il riconoscimento unitario da parte di tutti partecipanti della grave crisi umanitaria in corso in Afghanistan. Tutti i partecipanti hanno riconosciuto l’importanza di tutelare i diritti degli afghani, in particolar modo quelli delle donne. In merito all’assenza di Putin e Xi Jinping, il premier ha affermato che non si è trattato di una mossa politica e che il coinvolgimento con i due presidenti è avvenuto prima della riunione. Il presidente ha affermato l’importanza del coinvolgimento dei talebani, senza tuttavia ritenere possibile il riconoscimento del loro governo che, nonostante le promesse, non è inclusivo. Sono state anche elencate le richieste da fare al governo talebano, per garantire gli aiuti internazionali. Tra queste la possibilità dell’ONU, e dei Paesi che offrono assistenza, di entrare e uscire liberamente dal Paese. Il presidente si è poi espresso sull’importanza della partecipazione di Cina, Russia e India al prossimo incontro che si terrà a Roma dal 30 al 31 ottobre, nel quale si discuterà di un tema molto importante: il cambiamento climatico.

 

Beatrice Galati

Messina, la guerra punica, l’indipendenza

Com’è evidente, a Messina c’è poca persistenza di antichità, ma abbiamo gli strumenti per conoscere la storia della Città in tempi anche remoti, tramite quanto ci hanno tramandato gli storici antichi.

Uno dei temi senza dubbio più affascinante è quello della prima Guerra Punica. Sfortunatamente, di solito l’istruzione di base è poco attenta a sottolineare come il conflitto ebbe la sua causa proprio in Messina, e questo fatto basilare rimane quasi una conoscenza iniziatica dell’istruzione superiore. Insomma, sempre la stessa situazione: la storia l’abbiamo fatta noi però non la sappiamo.

È importante anche sottolineare che la Sicilia non fu interamente conquistata in quella guerra, bensì de facto si ritrovò suddivisa in almeno tre stati! Or parlandone, scoprirete, forse con stupore, che quella volta Messina si è costituì (per la prima volta) quale stato autonomo di fronte a una Sicilia più o meno compatta, un tema particolarmente caro ai nostri eruditi del passato, che ancòra quattrocento anni fa avrebbero voluto farne a tutti gli effetti una Repubblica (come Venezia o Firenze!).

“Moneta mamertina”: da un lato la testa di Zeus, dall’altro guerriero da alcuni identificato come Feremone, figlio di Eolo  – Fonte: wildwinds.com

La Guerra Punica scoppiata a Messina

Messina era da poco stata presa dai Mamertini, una compagnia mercenaria osca che, dismessa dall’esercito del Regno di Sicilia dopo la morte di Agatocle, si era ritrovata senza ingaggio ed, evidentemente, con molta voglia di fare. Se già Messina in passato era stata una fiorente città-stato e poi aveva avuta una forte tendenza a difendere la propria autonomia dalle mire dei sovrani in Siracusa, con l’avvento al potere del “nuovo partito” questa volontà divenne un’esigenza imprescindibile, giacché il nuovo governo aveva intenzione di farla pagare ai Mamertini per la loro condotta disdicevole e riguadagnare Messina, in un tempo in cui la Repubblica di Cartagine stava ormai allungando gli artigli su tutta la Sicilia.

Quando i Mamertini si ritrovarono sconfitti dallo stratego siracusano Ierone figlio di Ierocle (presto re Ierone II) nella celebre battaglia del Longano (oggi il Patrì, territorio di Rodì-Milici), Messina fu costretta a cercarsi un potente protettore che potesse farle salvare la propria indipendenza. C’erano due fazioni, l’una che voleva rivolgersi a Roma e l’altra che voleva chiamare Cartagine; all’inizio prevalse quest’ultima, e un distaccamento punico di stanza nella Sicilia Occidentale rapidamente si spostò per presidiare Messina. Ma nel frattempo, convincendosi anche che la presenza cartaginese mettesse tutt’altro che in sicurezza l’indipendenza, alcuni mamertini decisero di raggiungere infine Roma. E Roma scese in guerra a favore di Messina, cogliendo l’occasione per aggredire la rivale.

Le truppe romane in aiuto a quelle mamertine dovettero prima rompere l’assedio di Messina operato dall’armata cartaginese congiunta con quella di re Ierone, poi si aprì lo scontro con Siracusa che si chiuse in breve tempo con un armistizio e un successivo cambio di alleanza, grazie alla lungimiranza di Ierone II che comprese come salvare il salvabile in quello scontro fra titani in cui Siracusa non era più un titano. La guerra fu combattuta tutta in Sicilia, i Romani con gli alleati guadagnarono città dopo città tra quelle schierate dalla parte di Cartagine, con le buone o con le cattive, finché quasi tutta la Sicilia fu occupata.

Mappa della prima Guerra Punica – Fonte: wikipedia.org

Messina: la città federata con Roma

Quando la Repubblica di Roma sconfisse la Repubblica di Cartagine, la gran parte della Sicilia fu creata prouincia, la prima di una lunga serie, ossia un territorio esterno a quello amministrato direttamente da Roma (l’Italia) che doveva essere governato per conto del Senato da un suo designato, che in questo caso aveva sede a Marsala, la capitale. Dell’isola rimaneva indipendente quanto rimaneva del Regno di Sicilia ossia, quasi tutto l’odierno Val di Noto, in quel momento retto ancòra da re Ierone, con capitale Siracusa. Ma rimase indipendente anche un’altra entità politica: quella di Messina, seguìta più avanti sulla stessa scia da Taormina e da Noto che si staccarono dal Regno Siracusano.

La Città aveva, secondo le relazioni romane, una precisa condizione: era una ciuitas foederata (“città federata”), il che significa che tra Messina e Roma era stato stipulato un trattato bilaterale nel quale le due parti avevano ciascuna messi per iscritto i proprî diritti e doveri nei confronti della controparte. Questo significa che Messina – e più avanti Taormina e Noto – era in tutto e per tutto uno stato autonomo, con le proprie leggi e la propria volontà, con il diritto a intrattenere le proprie relazioni, ma al tempo stesso sempre rispettando il patto siglato con Roma. Tuttavia, essa era comunque uno stato minuscolo, soffocato da uno stato alleato ben più potente, che a sua volta tendeva a guardarla in un rapporto di vassallaggio, come uno stato cliente di Roma.

Su come Messina rimase indipendente abbiamo già parlato prima. Alla fine della guerra, la Città, non sottomessa con le armi ma invece partecipe del conflitto con le proprie, si era fondamentalmente trovata al tavolo dei vincitori. Messina aveva dunque potuto ottenere quello ch’era l’obbiettivo dei Mamertini: rimanere libera, indipendente, il suo status insomma non fu un dono ma fu semplicemente conservato.

Con la seconda Guerra Punica, essendosi schierato il Regno Siracusano di nuovo con Cartagine, esso fu sconfitto e il suo territorio annesso da Roma nella Prouincia Sicilia, la cui capitale fu spostata da Marsala a Siracusa; questo è un termine preciso. Secondo diversi studiosi fu allora che Taormina e Noto, dissociandosi dal cambio d’alleanza e mettendosi con Roma, rivendicarono in cambio l’indipendenza. Comunque, anche le “tre sorelle” persero a un certo punto il loro status di “stati minori”, allorché presero la parte sbagliata durante sollevazioni o conflitti in Sicilia, o comunque quando ormai un certo tradizionale equilibrio era venuto meno. Cicerone parlava di Messina ancòra come ciuitas foederata, sebbene il suo status risultasse ormai quasi “spurio”, ma quando Sesto Pompeo prese il potere in Sicilia, nella terza delle tre guerre civili romane, dalle fonti pare che la sua base fosse Messina, una situazione che sarebbe risultata davvero complicata se essa fosse stata anch’allora una città-stato come duecento anni prima.

Moneta di Sesto Pompeo: da un lato il faro e il colosso del Peloro, dall’altro Scilla che sta distruggendo una nave – Fonte: numisbids.com

Con la speranza d’avervi aperto un piacevole squarcio attraverso le nebbie della storia, affidiamo questo articolo ai vostri cuori!

 

Daniele Ferrara

 

Immagine in evidenza:

Fonte: ancient-battles.com

Alla (ri)scoperta delle scuole superiori di Messina: Jaci, Verona-Trento e Caio Duilio

Procede la didattica in presenza, alternata alla Dad, per le scuole superiori messinesi, dopo la riapertura di qualche settimana fa. Tra le varie difficoltà si cerca un pò ovunque di ristabilire la normalità, anche se la strada è ancora lunga e tortuosa. In questo clima incerto torna il nostro spazio dedicato ai personaggi a cui sono intitolate le scuole messinesi. Come preannunciato, oggi è il turno degli altri celebri istituti del centro: l’Istituto Tecnico Economico “Jaci”, l’I.I.S. “Verona-Trento” e l’I.T.T.L. “Caio Duilio”.

Istituto Tecnico Economico Statale “Jaci”

Iniziamo il nostro viaggio con l’Istituto Tecnico “A. M. Jaci”, fondato nel 1862. L’attuale edificio – che affaccia su via Cesare Battisti – fu inaugurato nel 1923 e fu progettato da un ex allievo della scuola, l’ingegnere Rosario Cutrufelli (1876-1949).

Tra i suoi numerosi ex allievi compaiono celebri personalità che diedero lustro alla città di Messina. Stiamo parlando, tra gli altri, di Giorgio La Pira, Salvatore Quasimodo e Salvatore Pugliatti. Inoltre, tra tanti docenti, il più illustre fu il naturalista Giuseppe Seguenza.

Nel 1883 l’istituto fu intitolato al matematico e astronomo Antonio Maria Jaci (1739-1815).

L’Istituto “Jaci” – Fonte: strettoweb.com

Nato a Napoli da madre messinese, A.M. Jaci, rimasto orfano, si trasferì a Messina, dove si laureò in matematica, fisica e medicina presso l’Università cittadina.

Jaci è ricordato soprattutto per due importanti invenzioni. La prima fu la meridiana centrale del Duomo, costruita nel 1804 su commissione dell’Accademia dei Pericolanti, di cui era socio. Danneggiata dal terremoto del 1908 fu, purtroppo, definitivamente distrutta a causa di un bombardamento durante la seconda guerra mondiale.

La seconda invenzione fu la cosiddetta “ampolletta mercuriale“, importante per il calcolo della longitudine in mare aperto.

Per entrambe le invenzioni e per altri suoi meriti scientifici divenne socio della celebre Accademia di Londra.

Nonostante i suoi numerosi contributi, rimase sempre molto povero e visse parte della sua vita in una baracca da lui stesso costruita dopo il terremoto del 1783 e situata dove oggi sorge Piazza Casa Pia.

Dopo la morte fu tumulato nella Chiesa di Santa Maria di Porto Salvo. Sfortunatamente le sue spoglie sparirono a causa di un’alluvione.

Oltre alla scuola, la città di Messina ha intitolato a A.M.Jaci una via vicino al luogo in cui ha vissuto gli ultimi anni della sua vita.

Ritratto di A.M. Jaci – Fonte: messinaweb.eu

Istituto di Istruzione Superiore “Verona-Trento”

Spostiamoci ora nel centro commerciale cittadino, dove sorge, a pochi passi dal Viale San Martino, uno storico isituto citadino: l’IIS “Verona–Trento”, l’unica scuola superiore di Messina non legata a una personalità celebre. L’istituto, infatti, è intitolato alle due città che più di tutte si erano impegnate all’interno del Comitato Veneto-Trentino per la ricostruzione dell’edificio in seguito al terremoto del 1908.

La scuola accolse i suoi primi studenti nel 1877, con la denominazione “Arti e Industrie”. Nel 1884 lo Stato riconobbe l’istiuto, che mutò il suo nome in “Scuola di Arti e Mestieri”.

L’ultima e definitiva ricostruzione dell’edificio – dopo un nuovo crollo nel 1943 a causa dei bombardamenti della guerra – è avvenuta nel luogo dove sorge tutt’oggi, nella via Ugo Bassi.

Da qualche anno il “Verona-Trento” ha inglobato i plessi dell’Istituto “Majorana-Marconi”.

L’Istituto “Verona-Trento” – Fonte: normanno.com

Istituto Tecnico Trasporti e Logistica”Caio Duilio”

A pochi isolati di distanza –  su via La Farina – si erge l’I.T.T.L. “Caio Duilio”, comunemente conosciuto come Istituto Nautico. Fondato con un Regio Decreto, datato 30 ottobre 1862, il “Caio Duilio” l’unico istituto di settore nella provincia di Messina e vanta un’importante tradizione marinaresca, alla quale è dovuta la sua antica affermazione sul territorio.

La scuola è intitolata al celebre politico e militare romano Caio – o Gaio – Duilio (260-258 a.C).

L’Istituto Nautico “Caio Duilio” – Fonte: nauticomessina.edu.it

Appartenente alla Gens Duilia, Caio Duilio, pur non facendo parte dell’aristocrazia tradizionale romana, divenne console nel 260 a.C., durante la Prima Guerra Punica. A seguito della Battaglia delle Isole Lipari e alla cattura del suo collega Scipione Asina – comandante della flotta -, rimase da solo al comando della guerra.

Essendo i romani esperti nella guerra sulla terraferma, Duilio fece costruire un ponte mobile con uncini, detto corvo, su ogni nave da guerra, per contrastare efficacemente la flotta nemica. Questa mossa si rivelò astuta e decisiva, poiché permise ai romani, durante la Battaglia di Milazzo, di riversarsi sulle navi nemiche e combattere corpo a copro. I romani riuscirono a sconfiggere i cartaginesi e si impadronirono del Mediterraneo occidentale.

In onore al comandante Caio Duilio – primo romano a vincere in mare- fu innalzata una colonna all’interno del Foro, edificata con i resti delle navi nemiche sconfitte.

Oltre al consolato, il suo cursus honorum è arricchito dalla carica di censore nel 258 aC. e di princeps senatus (236 – 230 a.C.).

Busto di Gaio Duilio – Fonte: romanoimpero.com

Alla prossima!

Concludiamo dandovi appuntamento al prossimo articolo, in cui conosceremo la storia e i personaggi delle due scuole situate nel quartiere Annunziata: il Liceo Artistico “E. Basile” e l’I.S.S. “F. Bisazza“.

 

 

Emanuele Paleologo, Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

nauticomessina

wikipedia.org/Gaio_Duilio

storia.camera.it/rosario-cutrufelli

jaci.edu.it

wikipedia.org/Antonio_Maria_Jaci

veronatrento.it

wikipedia.org/Istituto_di_istruzione_superiore_Verona_Trento

Immagine in evidenza:

Gaio Duilio (a sinistra) e Antonio Maria Jaci (a destra)

Chi era Gigi Proietti: un ultimo saluto al primo One man show italiano

Oggi, lunedì 2 novembre, ci lascia all’età di ottant’anni, nel giorno del suo compleanno, Luigi Proietti, per gli “amici” Gigi: teatrante, mattatore, attore di cinema e tv, doppiatore, conduttore e direttore artistico.

L’attore romano si trovava nella clinica in gravi condizioni già da una quindicina di giorni, ma la famiglia aveva voluto mantenere il massimo riserbo; aveva avuto un attacco cardiaco, soffriva già di problemi al cuore. Nella clinica anche le due figlie, entrambi attrici, Susanna e Carlotta, e la moglie Sagitta Alter.

Biografia e carriera teatrale

Gigi Proietti nasce a Roma il 2 novembre del 1940. Appassionato di musica sin da bambino, suona la chitarra, il pianoforte, la fisarmonica e il contrabbasso, e nel tempo libero inizia a esibirsi come cantante nelle feste studentesche, nei bar all’aperto, e nei night-club più celebri della capitale.

Iscrittosi quasi per caso al Centro Teatro Ateneo, è stato allievo di personaggi di spicco come Arnoldo Foà, Giulietta Masina e Giancarlo Sbragia. Dopo la maturità classica, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università ‘La Sapienza’ ma interrompe gli studi a sei esami dalla laurea.

Intervista Gigi Proietti Unomattina – Fonte: RaiPlay

“La mattina frequentavo le lezioni, il pomeriggio provavo all’Ateneo, la sera cantavo nei locali notturni.”

Inizia allora a frequentare il corso di mimica del Centro Universitario Teatrale tenuto da Giancarlo Cobelli, il quale, notando subito le sue qualità di musicista, lo scrittura per uno spettacolo d’avanguardia da lui diretto, “Can Can degli italiani”, per poi interpretare senza sosta numerosi spettacoli teatrali sino a “A me gli occhi, please”, del 1976. Gigi segnò uno spartiacque nel modo di intendere il teatro, totalmente privo di guida registica, ebbe modo di scatenare la sua dote attoriale poliedrica come monologhista, cantante, imitatore, ballerino, in estenuanti tour de force, tali da attribuirgli il soprannome di One Man Show.

Sempre molto riservato sulla sua vita privata, nel 1967 Gigi Proietti sposa un’ex guida turistica svedese, Sagitta Alter, dalla quale ha due figlie: Susanna e Carlotta.

La carriera di Gigi negli anni ’70 passa anche attraverso la radio, con la conduzione di due stagioni del Gran Varietà.

Nel 1978 nasce il suo Laboratorio di Esercitazioni Sceniche per giovani attori, dopo essere diventato direttore artistico del Teatro Brancaccio di Roma. Una grande scuola che ha sfornato celebri nomi del mondo dello spettacolo, tra cui Flavio Insinna, Rodolfo Laganà, Chiara Noschese, Enrico Brignano, Giorgio Tirabassi, Francesca Reggiani e Gabriele Cirilli.

Il cinema: da attore a regista

Gigi esordì sul grande schermo a soli 14 anni, con un cameo nel film di Vittorio Duse del ’55 Il nostro campione. Successivamente interpretò una piccola parte in Se permettete parliamo di donne, film del 1964 diretto da Ettore Scola. Nel 1966 il suo vero e proprio debutto sul piccolo e sul grande schermo nel ruolo di un maresciallo dei carabinieri, personaggio che reinterpreterà, ben 30 anni dopo, in una delle serie Rai più amate di tutti i tempi: “Il maresciallo Rocca“.

La prima esperienza al cinema da protagonista arrivò nel ’68 nel film L’urlo di Tinto Brass. Il boom per la sua carriera si ebbe nel 1970 quando fu chiamato a sostituire Domenico Modugno, che aveva avuto un incidente, nella commedia musicale di Garinei e Giovannini Alleluja brava gente, nel ruolo di Ademar.

Il Mandrake – Fonte: Tom’s Hardware

Nonostante il sodalizio con il cinema non abbia spesso dato i frutti sperati, raggiunse la consacrazione cinematografica nel 1976 con il celebre Febbre da cavallo, film di Steno, nel ruolo dell’incallito scommettitore Bruno Fiorelli, detto Mandrake, che con il passare degli anni è divenuto un vero e proprio film di culto, tanto da meritare un sequel nel 2002, con la regia dei fratelli Vanzina (con i quali iniziò un vero e proprio sodalizio).

Dalle “mandrakate” alla scena del “whisky maschio” è forse questo il ruolo interpretato da Gigi Proietti più amato di sempre.

Intraprese simultaneamente anche la carriera di doppiatore, da Gatto Silvestro nel 1964, alla voce prestata ai grandi divi hollywoodiani, da Robert De Niro a Dustin Hoffman, senza dimenticare la sua interpretazione nei panni del Genio in Aladdin.

Nel 1983 debuttò come conduttore televisivo, guidando la quarta sfortunata edizione del varietà Fantastico 4, diretto da Enzo Trapani. Riscuoterà maggiore fortuna come protagonista degli one-man show targati Rai “Io a modo mio” e “Di che vizio sei?”. Come regista televisivo debuttò nel 1990 con una delle prime sitcom italiane, “Villa Arzilla”, basato sulle vicende di un gruppo di anziani pensionanti in una casa di riposo; otto anni più tardi si auto dirigerà nel film Un nero per casa dove interpretò la parte principale di un architetto.

Gli Anni 2000

L’attore prende parte nell’ultimo decennio a diversi ruoli tra televisione, “Preferisco il Paradiso”, “Il signore della truffa“, “Una pallottola nel cuore”, “L’ultimo papa re“, e cinema, “Tutti al mare“, “Box Office 3D – Il film dei film”, “Ma tu di che segno 6?”.

Lavora anche come giudice al talent “La pista“, condotto dal suo allievo Flavio Insinna, e a “Tale e quale show” condotto da Carlo Conti.

Nel 2016 debutta come attore al teatro Globe Theatre, da lui fondato nel 2003, portando in scena lo spettacolo “Omaggio a Shakespeare“. Nel 2017 conduce in prima serata su Raiuno il varietà “Cavalli di battaglia“.

Nel 2019 conduce in diretta su Raiuno l’evento inaugurale di “Matera capitale europea della cultura 2019”, compare nella prima puntata di “Meraviglie – La penisola dei tesori”, programma condotto da Alberto Angela, e a dicembre fu protagonista al cinema, nel ruolo di Mangiafuoco, in “Pinocchio”.

Negli ultimi mesi ironizzò molto sulla “nuova normalità” a cui siamo costretti, causa corona virus:

Fonte: Il Fatto Quotidiano

 “Quando sento dire ‘non bisogna allarmarsi’, è il momento in cui mi preoccupo” 

Aveva prestato la sua voce anche a uno spot Rai dedicato agli anziani, nonni come lui: “Restiamo a casa. Prima finisce tutto, prima andremo ‘ndo ce pare”; il giorno del Natale di Roma, il ventuno aprile, in pieno lockdown, era apparso in video, intervistato da Rainews 24, dedicando uno speciale sonetto alla Città eterna; infine a luglio aveva presentato la stagione del Globe Theatre, il suo teatro shakespeariano-elisabettiano nel cuore di Villa Borghese.

Si spegne oggi, rendendo ancor più triste un anno già duro. Nato e morto a Roma, casa sua, lascia una eredità insormontabile. In moltissimi stanno visitando gli esterni della clinica e lasciando mazzi di fiori, tra questi anche allievi della scuola di recitazione, perché tutti sono e saranno sempre “amici” di Gigi.

Manuel de Vita