Alla (ri)scoperta delle scuole superiori di Messina: Basile e Bisazza

In attesa del rientro a scuola dopo le vacanze di Pasqua, torna la nostra rubrica dedicata agli istituti superiori messinesi. Oggi parleremo dei personaggi a cui sono intitolate le due scuole del quartiere Annunziata: il Liceo Artistico “E. Basile” e l’Istituto Superiore Statale “F. Bisazza”.

Liceo Artistico “E. Basile”

Isituito nel 1956 come sezione staccata dell’ Istituto Statale d’Arte di Palermo, dopo essere stato ospitato per anni nei locali del Real Convitto “Dante Alighieri”, attualmente il liceo si trova nel quartiere Annunziata  in via U. Fiore e fa parte dell’ ’I.I.S. “La Farina – Basile”, in seguito all’accorpamento con lo storico liceo classico – di cui abbiamo parlato precedentemente in un nostro articolo -. Nel 1982 è intitolato ad Ernesto Basile, autorevole esponente del liberty siciliano.

Facciata del Liceo “E. Basile” – Fonte: messinaweb.Eu

Nato a Palermo il 31 gennaio 1857, studia presso l’università del capoluogo sotto la guida del padre, professore di Architettura.

Successivamente al conseguimento della laurea si dedica allo studio dei monumenti architettonici siciliani, in particolare, di epoca normanna e rinascimentale contribuendo con il padre alla stesura del volume “Curvatura delle linee dell’architettura antica “ ( Palermo 1884). Grazie a questo lavoro, Basile, si educa ad uno storicismo che se pur acriticamente accolto, sarà la caratteristica preponderante delle sue prime esperienze.

Nel 1890 ottiene la cattedra che era stata del padre e sette anni dopo viene nominato anche direttore della Reale accademia di belle arti di Palermo.

Nel 1981 gli viene commissionata la realizzazione degli edifici per L’esposizione nazionale di Palermo. I disegni ottengono immediatamente un grande successo grazie alla perfetta aderenza del suo linguaggio all’ambiente sociale e culturale siciliano.

Ernesto Basile – fonte: comune.palermo.it

Nel 1898 costruisce le ville Paternò ed Igea a Palermo, che segnano un’importante svolta artistica per il Basile: all’impostazione ancora arabo-normanna si unisce una rigorosa semplificazione formale e una libertà volumetrica del tutto innovativa. Il problema di Basile era quello di inserire il linguaggio liberty all’interno di una società, quella siciliana, che ne aveva ignorato premesse e sviluppi.

L’inserimento di elementi decorativi floreali, tipici del’ 400 siciliano, si spiega con il tentativo di trovare una giustificazione al nuovo linguaggio, fondandolo su una tradizione storica e fortemente legata al territorio. Tipico a tal riguardo il palazzo di Montecitorio  in Roma che sancisce definitivamente la scissione delle esperienza del Basile in architettura ” minore ” e ” maggiore”.

Le successive opere sono fortemente caratterizzate da questa contraddizione stilistica; tra le tante  ricordiamo il municipio di Reggio Calabria, ma anche la Cassa di Risparmio di Messina.

L’ultima opera del Basile è la chiesa di S. Rosalia in Palermo, iniziata nel 1928 e non ancora terminata nel 1932, anno della morte dell’eclettico architetto siciliano.

Istituto Superiore Statale “F. Bisazza”

L’altro istituto del quartiere Annunziata è uno dei più recenti della città di Messina ed incoropora vari licei: il Liceo Scientifico (con le vari sperimentazioni), il Liceo Linguistico, il Liceo dell Scienze Umane e – dal prossimo anno scolastico – il Liceo Musicale. La scuola è intitolata al poeta e letterato Felice Bisazza.

L’Istituto “F.Bisazza” – fonte: messinaora.it

Nato a Messina il 29 gennaio 1809, Felice Bisazza frequenta il Regio Collegio Carolino di Messina, riservato ai figli delle famiglie messinesi più nobili e, appena quindicenne inizia, da autodidatta, gli studi letterari.

Bisazza acquisisce la fama a livello nazionale attraverso la collaborazione – sia prosa che in versi – con numerosi giornali, prima cittadini e poi regionali.

Nel 1831 pubblica la sua prima raccolta di saggi e di liriche originali, i Saggi poetici; nel 1833 redige Il Discorso sul Romanticismo, molto importante dal punto di vista storico, più che stilistico, poiché provoca fermento nell’ambiente culturale dell’Isola, che non ha accolto favorevolmente il romanticismo. Infatti, Bisazza è uno dei pochi – e impavidi – romantici siciliani e spesso deve difendersi dagli attacchi di altri letterati.

Nel 1835 si reca a Napoli per collaborare con importanti testate della città partenopea, ma, dopo quasi un anno, lascia la città per delle allusioni sul dispotismo borbonico e sulla situazione della patria.

L’anno successivo decide, dedicando l’edizione napoletana della Morte di Abele (1836) a Re Ferdinando II, di ritrarsi da qualsiasi manifestazione di liberalismo, per potersi dedicare completamente – e senza ostacoli – all’insegnamento e agli studi; così, dopo il biennio rivoluzionario siciliano del 1848, ottiene la cattedra di lingua e letteratura italiana presso l’Università di Messina.

Nel 1858, presso l’Ateneo Peloritano pronuncia un discorso Della letteratura poetica, sotto il doppio aspetto della rappresentazione e della purificazione, da cui si evince il suo moderato romanticismo religioso e moralistico.

Dopo la costituzione del Regno d’Italia, Bisazza omaggia le vicende dell’unificazione – auspicata sin dalla giovinezza – e suoi protagonisti. Nel 1865 partecipa alle celebrazioni dedicate al sommo poeta Dante.

Felice Bisazza muore a Messina il 30 agosto 1867. Nel 1872 il municipio di Messina colloca le sue ossa nel cimitero monumentale, accanto alle tombe degli amici La Farina e Natoli.

Felice Bisazza e il timbro postale a lui dedicato – Fonte: sikilynews.it

Alla prossima!

Concludiamo dandovi appuntamento al prossimo articolo, in cui conosceremo la storia del personaggio a cui è intitolato un importante istituto situato a Provinciale: il Liceo “E. Ainis“.

 

Emanuele Paleologo, Mario Antonio Spiritosanto

Fonti:

treccani.it/enciclopedia/felice-bisazza

treccani.it/enciclopedia/ernesto-basile

iislafarinabasile.edu.it/basile

liceobisazza.edu.it

… la città di Messina ha ricevuto ben tre medaglie d’oro al valore?

Ebbene sì: la città di Messina, troppo spesso criticata dai suoi stessi cittadini, ha dato in più occasioni prova di coraggio, e si è distinta per le capacità di resilienza e le azioni eroiche dei suoi abitanti.

Questo valore è stato più volte premiato, nel corso della Storia, in particolare attraverso l’assegnazione di ben tre medaglie d’oro.

C’è da dire che Messina è sempre stata una città fiera e fin dai tempi della rivolta antispagnola (1674-1678) i suoi cittadini hanno dato prova di essere, per così dire, delle belle teste calde: non stupisce infatti che la città peloritana abbia partecipato attivamente a tutti i moti insurrezionali siciliani dell’epoca risorgimentale.

Sicuramente l’avvenimento più drammatico risale al 1848, quando la città fu bombardata per ben 8 mesi, tanto da far guadagnare al re Ferdinando II di Borbone l’epiteto (senza dubbio poco simpatico) di “Re Bomba”. La risposta di Messina alla repressione fu parecchio vivace e molti personaggi locali si distinsero per il loro eroismo: padre Crimi, Rosa Donato o i più famosi Camiciotti sono solo alcuni degli esempi possibili.

Al 1898 risale quindi la Medaglia alle Città Benemerite del Risorgimento nazionale, che le fu assegnata per decreto regio per commemorarne il valore.

Le altre due medaglie al valor civile e al valor militare (rispettivamente del 1959 e 1978) sono legate entrambe ad un unico, tristissimo, evento:  i bombardamenti alleati durante la Seconda Guerra Mondiale.

Un po’ tutte le famiglie messinesi si tramandano di padre in figlio almeno un aneddoto riguardo i bombardamenti. C’è chi è stato ospitato dai parenti che abitavano nei paesi vicini; chi ricorda le gallerie sotterranee adibite a raggiungere il rifugio antiaereo più vicino; chi ricorda ancora con terrore il suono delle sirene nel cuore della notte.

Passeggiando per la città si possono ancora trovare le tracce di questi fatti luttuosi. Uno dei luoghi che porta ancora oggi le cicatrici più profonde e insanabili è il Duomo di Messina: colpito da uno spezzone incendiario nella notte del 13 Giugno 1943, arse fino alle 4 del mattino seguente. Andarono così perdute buona parte delle opere marmoree sopravvissute al Terremoto del 1908, fra cui ciò che restava dell’Apostolato del Montorsoli. Ancora oggi, l’altare di San Giovanni Battista sito nella navata destra (opera di Antonello Gagini) e i due portali laterali recano ancora i segni scuri delle fiamme.

Anche edifici più umili testimoniano ancora la furia distruttiva della guerra; diversi sono i palazzi d’epoca della città che portano i segni dei colpi di mitragliatrice. Ancora in piedi restano inoltre i maggiori rifugi antiaerei della città: il Cappellini, sul viale Regina Margherita; Santa Marta e Santa Maria; il rifugio ai Cappuccini…

Queste tre medaglie, con tutte le storie che ci sono dietro, rappresentano dunque, soprattutto ai giorni nostri in cui il futuro è incerto, un esempio di quanto, anche dopo aver perso tutto, sia possibile rialzarsi e ricominciare.

Renata Cuzzola