Il primo maggio: festa di che?

Ogni primo maggio si conclude quella tripletta di giorni rossi nel calendario che, da Pasquetta passando per il 25 aprile fino al primo maggio stesso vede protagonista una maratona di: feste, festini, ponti, concerti e arrostite no stop. Dalle montagne alle spiagge l’Italia festeggia.
Ma cosa?

Il valore del profitto ha comprato tutti gli altri

Viviamo un’epoca che alcuni denunciano sia decadente. Una fase storica, dove valori e tradizioni sono andati persi.

Almeno, questa è la classica frase che possiamo ascoltare al bancone del bar mentre prendiamo un caffè. Magari proprio prima di recarci alla grigliata del primo maggio.

Ma quali sono le radici di tutto questo? Forse, una causa è proprio la mancanza di memoria, lo svuotamento del significato di ogni ricorrenza.

Se Pasquetta è svuotata del proprio significato religioso, normale conseguenza in un paese laico con una chiesa secolarizzata.

Diverso è una data come il 25 aprile. In occasione di quest’ultimo anniversario, durante le celebrazioni in Parlamento, e non solo in quella sede, alcuni elementi del partito di governo Forza Italia hanno arbitrariamente voluto rinominare il giorno della liberazione dal nazi-fascismo in un altro modo, ribattezzandolo da giorno della Liberazione a giorno delle libertà (giusto per non essere divisivi).

Accade anche che il primo maggio, scelto come giorno di protesta e festa dei lavoratori, si pieghi al dogma dell’apoliticità e del consumismo fine a se stesso.

Logiche di profitto che mascherano date fortemente simboliche, rendendole semplici date di ponte, effimere, come tante altre.

Festeggiare diviene sinonimo di consumare

Consuma e basta. Consuma, quando te lo dicono loro, senza chiederti perchè. Festeggia solo quando è rosso sul calendario, riempi le tasche degli organizzatori di eventi, che, nella socialità e aggregazione individuano solo un’opportunità. Il solo scopo è trarne profitto, è solo lavoro.

Tutto il resto che importanza ha?

Se, nel passato, il primo maggio era la festa dei lavoratori, dove tutti i lavoratori festeggiavano e godevano di un giorno di riposo all’infuori delle feste religiose, oggi sono migliaia quelli che, nonstante sia la festa dei lavoratori, dovranno lavorare per mantenere ben oliata la macchina del profitto di chi siede al vertice delle piramidi dell’impresa.

L’origine del primo maggio

Intorno alla metà del 1800, il mondo era nel pieno dalla Seconda Rivoluzione industriale.

Oltre al Regno Unito, i giovani Stati Uniti d’America portarono avanti la loro grande industrializzazione.

La Prima Rivoluzione industriale aveva visto protagoniste le industrie tessili. La seconda, ebbe come protagonista la costruzione dei primi binari ferroviari. Enormi creature d’acciaio macinavano chilometri, emettendo nubi di vapore che hanno affollato l’immaginario collettivo dell’epoca. Divennero l’icona di numerosi dipinti ad olio, furono descritte nei romanzi ambientati nel lontano West. Protagoniste dei primi effetti speciali nei cortometraggi di fine Ottocento.

Sebbene questa rivoluzione portasse con sè grandiose promesse di ricchezza, progresso e miglioramento della vita per tutti, la realtà fu ben diversa.

Paradossalmente, chi godeva dell’opulenza e del benessere derivati dai prodotti della rivoluzione industriale e i suoi nuovi stili di vita non era tutta la popolazione. Men che meno, compresi tra i beneficiari, vi era chi lavorava all’interno delle fabbriche.

Solo una nuova classe si andava arricchendo. Si affermò una nuova classe dominante. La borghesia, l’unica che veramente ottenne un vero beneficio.

Essa era detentrice dei nuovi mezzi di produzione. Se nel Medioevo, il feudatario era il possessore dei terreni e i contadini coltivavano la sua terra in cambio di una misera parte del raccolto. Durante la rivoluzione industriale erano cambiati i denominatori, ma il risultato era lo stesso.

Non vennero chiamati più Duca o Barone. Vennero ribattezzati. Erano i cosiddetti industriali, i padroni delle fabbriche.

Sedici ore di lavoro, la norma speculativa nel vuoto legislativo:

Le tutele e i diritti che oggi sembrano normali e scontati, all’epoca era impensabili.

Chi lavorava dentro una fabbrica svolgeva turni di sedici ore. Non erano previsti giorni liberi o ferie, né la pensione. Tantomeno un indennizzo in caso di infortunio sul lavoro. Il lavoro minorile era la prassi, quasi obbligatoria per i figli degli operai, che lavoravano insieme ai genitori proprio perchè le paghe che ricevevano non erano sufficienti neanche per sfamare e dare un tetto all’intera famiglia. La mortalità tra gli operai era altissima. Le disuguaglianze nell’era del progresso andavano aumentando al posto di diminuire. Questa è stata da sempre una delle contraddizioni più lampanti del sistema capitalista.

Manifestazione per il primo maggioFonte: https://www.google.com/url?sa=i&url=http%3A%2F%2Fwww.digi.to.it%2F2021%2F04%2F30%2Ffesta-lavoratori-perche-il-1-maggio%2F&psig=AOvVaw2kXkWbaYmDWKKjuTKBYi3e&ust=1746126184523000&source=images&cd=vfe&opi=89978449&ved=0CBQQjRxqFwoTCOiY1oq5gI0DFQAAAAAdAAAAABAE
Manifestazione per il primo maggio
Fonte: https://www.google.com/url?sa=i&url=http%3A%2F%2Fwww.digi.to.it%2F2021%2F04%2F30%2Ffesta-lavoratori-perche-il-1-maggio%2F&psig=AOvVaw2kXkWbaYmDWKKjuTKBYi3e&ust=1746126184523000&source=images&cd=vfe&opi=89978449&ved=0CBQQjRxqFwoTCOiY1oq5gI0DFQAAAAAdAAAAABAE

La prima grande conquista

Correva l’anno 1866 e nella città di Chicago, nello Stato federale nord americano dell’Illinois, in seguito a numerose battaglie e proteste guidate dall’associazione dei lavoratori Knights of Labor, venne approvata la prima legge al mondo che imponeva un tetto limite alle ore lavorative giornaliere che un operaio potesse svolgere. Tale tetto fu fissato a otto ore.

Una legge rivoluzionaria per l’epoca. Ebbe un eco straordinario. Tuttavia, quella legge entrò in vigore soltanto il primo maggio dell’anno successivo.

La legge delle otto ore andava a favore dei più deboli, gli ultimi, che al tempo stesso rappresentavano la classe produttiva, il motore dell’economia.

Divenne molto popolare in tutti gli Stati Uniti d’America. Diciannove anni dopo, però, l’Illinois restava ancora uno dei pochi Stati americani ad avere una legge che regolasse l’orario lavorativo. Otto ore restarono l’eccezione: nel resto degli Stati Uniti si continuava a lavorare sedici ore.

Così, a Chicago, a quasi un ventennio da quella grande conquista operaia, i lavoratori, mossi dalla solidarietà che li accumunava e gli dava forza d’azione, indissero un’enorme protesta.

Il primo maggio 1886, data simbolica, iniziarono uno sciopero generale, un metodo di lotta pacifica che era un’arma di pressione sui padroni. Una strategia di lotta politica ideata da pensatori anarchici come Pierre-Joseph Proudhon.

La manifestazione fu enorme. La partecipazione si stima fu di ottantamila persone.

Quel giorno non solo a Chicago, ma in tutti gli Stati Uniti, dodicimila fabbriche fermarono la produzione. Quattrocentomila operai incrociarono le braccia.

All’epoca protestare, non era un diritto come oggi. Scioperare era una cosa seria, e si poteva anche morire  per scioperare. Così accadde quel primo maggio del 1886. La polizia, a Chicago, aprì il fuoco sulla folla, uccidendo due manifestanti e ferendone molti altri.

La rivolta di Haymarket

In risposta, i collettivi di operai anarchici che all’epoca erano molto attivi, indissero un presidio in risposta alla brutalità della polizia, per il giorno dopo, nel mercato di Haymarket.  Gli avvenimenti videro il loro apice il 4 maggio.

Così il 4 maggio, da una traversa dell’Haymarket, qualcuno lanciò un piccolo ordigno verso la polizia, nel momento in cui la stessa marciava in formazione per disperdere la folla, con la forza.  L’esplosione uccise un poliziotto e ne ferì altri.

La forza pubblica, per rappresaglia, aprì immediatamente il fuoco sulla folla, indiscriminatamente. Nella confusione, morirono altri sette poliziotti colpiti da fuoco amico. In totale, i morti, tra civili e poliziotti, furono undici. Innumerevoli i feriti, i quali per la maggior parte non si recarono in ospedale, per paura di esser arrestati.

La repressione federale non si fece attendere. Otto esponenti anarchici furono arrestati e condannati a morte.

Di questi otto, solo due erano presenti all’Haymarket , rendendo gli altri sei anarchici un puro capro espiatorio. Il processo fu una farsa, non vi erano prove su chi effettivamente avesse lanciato l’ordigno. Furono comunque condannati, in quanto ritenuti responsabili.

La Corte sostenne che chi aveva lanciato la bomba lo avesse fatto sotto l’incitamento dei discorsi degli anarchici.

Degli otto anarchici accusati, solo quattro furono giustiziati, mentre uno si suicidò in carcere la sera prima, per non dare soddisfazione al boia di Stato.

La paura statunitense per il significato del primo maggio e per il sentimento socialista

La notizia delle condanne a morte rese gli anarchici di Chicago dei martiri.

All’epoca vi furono proteste in tutto il mondo in loro nome. In Italia, famosa fu la rivolta di Livorno. Al Congresso Internazionale dei Lavoratori di Parigi, che diede vita alla Seconda Internazionale nel 1889, si decise di scegliere come data commemorativa il primo maggio. In onore dei martiri di Chicago e e dei diritti dei lavoratori che, dalla conquista delle otto ore di lavoro rivendicate come tetto massimo, sulla scia di quel giorno, continuarono le loro lotte per conquistare la propria dignità e i diritti che spettavano loro.

Da allora, in tutto il mondo, si scelse e diffuse questa data. In quasi tutte le nazioni.

Se l’identità nazionale e religiosa ha diviso i popoli nei secoli, l’identità di classe produttiva ha unito i lavoratori di tutto il mondo. Pane, pace e lavoro erano i loro valori.

Negli Stati Uniti, però, come in Australia e nel Regno Unito, celebrano la giornata dei lavoratori in altre date. A determinare ciò fu il timore delle classi dominanti che il significato di quella giornata potesse rafforzare il sentimento socialista che andava montando nelle masse operaie e contadine di tutto il globo.

Tuttavia, i loro tentativi furono vani.

Il primo maggio durante il ventennio fascista italiano

Durante il ventennio della dittatura fascista, la festa dei lavoratori, che si celebrava in Italia dal primo maggio 1890, venne abolita. Si sostituì tale data con quella del 21 aprile, giorno in cui si celebrava il compleanno di Roma capitale, una festa fascista.

Il primo maggio si tornò a festeggiare nuovamente dal 1946. Sei giorni dopo il primo anniversario della liberazione dal fascismo, il 25 aprile.

1947 un primo maggio di sangue in Italia

Edizione straordinaria del quotidiano “La Voce della Sicilia”, pubblicata in occasione della strage di Portella della Ginestra <br> Fonte: https://www.ilpensieromediterraneo.it/wp-content/uploads/2021/04/Portella-della-Ginestrala-prima-Strage-di-Stato.jpg
Edizione straordinaria del quotidiano “La Voce della Sicilia”, pubblicata in occasione della strage di Portella della Ginestra
Fonte: https://www.ilpensieromediterraneo.it/wp-content/uploads/2021/04/Portella-della-Ginestrala-prima-Strage-di-Stato.jpg

Il primo maggio 1947, in Sicilia a Portella della Ginestra, avvenne la prima pagina scritta col sangue di quella vicenda che sarà chiamata strategia della tensione.

Il bandito Giuliano e la sua banda, in accordo con esponenti della democrazia cristiana e, probabilmente, i servizi segreti americani, si rese autore di una strage di contadini siciliani, che si erano radunati per festeggiare il primo maggio e l’ottimo risultato ottenuto dalle forze di sinistra alle elezioni locali, svolte il 20 aprile precedente.

Il bilancio fu di undici vittime.

Nei giorni successivi, la banda Giuliano attaccò a colpi di bombe a mano e mitra le camere del lavoro e varie sedi dei partiti di sinistra, in molti comuni della provincia di Palermo. Così, la mafia iniziava il suo servizio di manovalanza per le forze reazionarie e i nuovi padroni americani.

La strategia della tensione, nell’ambito della guerra fredda, gettava le sue basi pratiche e ideologiche prima ancora che fosse eretta la “cortina di ferro”.

Cosa resta di quelle lotte e conquiste raggiunte centocinquantanove anni fa?

Il bilancio, dopo oltre un secolo e mezzo di lotte dei lavoratori, è molto amaro. Qualcuno direbbe che la lotta di classe l’hanno vinta i padroni.

In Italia, nel 1970, a seguito di durissime lotte operaie, si ottenne lo Statuto dei Lavoratori. Anni di lotta avevano garantito l’articolo 18 e tante altre conquiste, che resero l’Italia un paese civile.
Bisogna lavorare per vivere e non vivere per lavorare.

Il motto dei primi sindacati operai, nel 1850, in Australia recitava:

Otto ore di lavoro – otto ore di svago – otto ore di riposo.

Cosa ne resta oggi? Chi può godersi, quasi due secoli dopo, quelle famose otto ore di svago e di riposo?

Paradossalmente, chi entra nel mercato del lavoro italiano si rende conto che, spesso e volentieri, in molti settori lavorativi, soprattutto quello turistico e della ristorazione, per otto ore di lavoro la retribuzione intesa dai datori di lavoro (o prenditori di lavoro?) corrisponde a quella prevista per i part-time. Otto ore nel mercato nero del lavoro italiano, che non rappresentano l’eccezione ma la norma, nel silenzio dei governi che si susseguono. Otto ore significano mezza giornata per i datori di lavoro italiani di molte realtà produttive.

Lo Statuto dei Lavoratori è stato smantellato, l’articolo 18 abolito. Dopo centocinquantanove anni, la giornata media del lavoratore manuale italiano è di dieci o dodici ore. Se consideriamo chi è costretto a fare il pendolare, si arriva anche a quattordici ore. Ovviamente, il viaggio casa-lavoro non è contemplato nella busta paga.

Il neoliberismo è la libertà di sfruttare

Se osserviamo con onestà intellettuale il liberalismo, esso non incarna quel significato semantico che la parola sembrerebbe suggerirci.

Liberalismo non è la libertà di tutti. È la libertà degli imprenditori di sfruttare il capitale umano.

La deregolamentazione e la flessibilità del mercato del lavoro vengono invocate nei salotti tv come un dogma. Ma non portano benessere e ricchezza. O meglio, lo portano, ma solo nelle tasche di pochi eletti. Chi paga gli effetti collaterali sono i milioni di lavoratori che si trovano senza sicurezza sul lavoro, senza dignità e senza la stabilità di poter pianificare una vita degna di questo nome.

Morire di lavoro nel terzo millennio

Nel 2024, i morti sul lavoro sono stati 1090. È il bilancio di una strage. Una strage che è in aumento, con quarantanove morti in più rispetto ai morti del 2023 (+4.7%). Tra loro ci sono anche studenti, che sono vittime dello sfruttamento reso legale da quella legge chiamata “alternanza scuola-lavoro”.

I lavoratori stranieri corrono un rischio di morte triplicato rispetto agli italiani.

Il settore con il maggiore tasso di mortalità resta quello delle costruzioni, che, nel 2024, ha raggiunto centocinquantasei morti bianche.

Gli infortuni sul lavoro toccano, invece, una quota che si avvicina ai numeri di una guerra. Nel 2024, gli infortuni sono stati cinquecentonavantamila, anche questi in crescita rispetto al 2023  (+0.8%).

Questi numeri parlano da soli. Trenta anni di deregolamentazioni presentano un bilancio disastroso.

Il momento di spostare il dibattito dalla flessibilità del mercato del lavoro verso quello della sicurezza è ora, ed è inderogabile. Bisogna esigere la tutela per chi, nel mercato del lavoro, ottiene un trattamento come se fosse merce egli stesso. I lavoratori sono esseri umani, non capitale umano, come qualche economista ha deciso di chiamarli.

Non è una questione ideologica. È una questione di civiltà in un paese che voglia dichiararsi democratico, civile e sviluppato.

 

Il primo maggio è noto anche per il suo concertone a Roma. Dunque, lascio ai lettori di Universome una canzone, con l’augurio che possa essere d’ispirazione per questa giornata.

Auguro un buon primo maggio a tutte e tutti.

 

Fonti:

https://www.collettiva.it/copertine/culture/primo-maggio-dove-nasce-la-festa-dei-lavoratori-f9cj4qp4

https://it.wikipedia.org/wiki/Rivolta_di_Haymarket

https://www.assoutenti.it/1-maggio-festa-dei-lavoratori-significato-storia/

https://www.vegaengineering.com/news/infortuni-sul-lavoro-1090-morti-in-italia-nel-2024-in-aumento-del-4-7-rispetto-al-2023/

https://www.raiplay.it/dirette/raistoria/Passato-e-Presente—Il-Primo-Maggio-nella-storia-unitaria—01052025-0138a8f1-f816-4ac9-b12b-42cb4b4b1cb1.html

 

 

 

V per Vendetta: ricordate per sempre il cinque Novembre

V per Vendetta rimane, anche dopo anni, un’opera d’importanza capitale.  Voto UVM: 5/5

V per Vendetta è una delle graphic-novel più famose e importanti di sempre, scritta da Alan Moore e disegnata da David Lloyd. Essa si lega profondamente agli eventi del cinque Novembre. Essendo una data passata da poco, non vedo perché il ricordo, tanto dell’opera, quanto della data, debba col tempo sbiadirsi.

La storia del cinque novembre

Nel 1605, in Inghilterra, un gruppo di cattolici inglesi provò a fare esplodere il Parlamento nel suo primo giorno di lavori, il cinque novembre. Il movente nasce dalle tensioni tra cattolici e anglicani, e in particolare l’intolleranza di Giacomo I verso i primi. Fu per questo che un pugno di uomini, guidati da Guy Fawks, ordì il “complotto delle polveri”, ossia appunto un tentativo di far detonare ingenti quantità di esplosivo sotto il Parlamento inglese mentre il re e i suoi fedeli erano in seduta. Il complotto fallì, poiché Fawks venne catturato dalle guardie la sera prima dell’attuazione, nei sotterranei del parlamento. Il congiurato venne poi torturato per alcuni giorni e, alla fine, cedette e confessò, per poi venire giustiziato insieme ai suoi complici. Nel mentre, Giacomo I decise però di festeggiare il mancato attentato, e così nacque quella che tutt’oggi è la bonfire night.

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Copertina dell’absolute edition di “V per Vendetta”. Fonte: Feltrinelli

V per Vendetta: Un altro cinque novembre

Londra, cinque novembre 1997: la giovane orfana Evey, costretta dalla fame, cerca di adescare degli uomini. Tuttavia, incontrerà degli agenti di polizia, i quali cercheranno di violentarla e ucciderla. A salvarla, però, arriva un misterioso personaggio, avvolto in abiti e mantello nero, e con la maschera di Guy Fawks. Il misterioso salvatore uccide i poliziotti e porta con sé Evey sui tetti di Londra, per mostrarle uno spettacolo unico: l’esplosione del Parlamento inglese. Qui ha inizio la vendetta di V, questo il modo in cui l’uomo mascherato si farà chiamare per tutta la storia; bersaglio di questa vendetta, è tutto il regime fascista che da anni governa l’Inghilterra, stretta nel pungo del partito Norsefire, Fuoco norreno in italiano, il quale prese il potere in seguito alla guerra atomica e alle molteplici crisi che ad essa sono seguite.

La struttura politica del potere

L’organizzazione del partito è così strutturata: leader e capo della nazione, è Adam Susan, il quale governa con l’aiuto del supercomputer Fato. loro sono il vertice della Testa, che si compone di vari organi: Orecchio, Occhio, Bocca e Naso, ognuno con uno specifico compito nella gestione del potere, nella sorveglianza e nella propaganda. A questi, si aggiunge il Dito, la polizia segreta. Contro quest’articolata rete di potere, il terrorista nome in codice “V” combatte la sua guerra: colpirà bersagli specifici, legati al suo oscuro passato, taglierà poco a poco la catena di comando del partito, e lentamente farà crollare la dittatura su sé stessa. Ad aiutarlo rimarrà Evey, che sarà condotta alla Galleria dell’ombra, il rifugio segreto di V, dove verrà istruita proprio da quest’ultimo per assumere sulle spalle un compito più grande di lei.

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V fa esplodere il parlamento. Fonte: Reddit

Potere, anarchia e simboli in V per Vendetta

V per Vendetta ha una trama molto articolata e stratificata. Segue le vicende di vari personaggi e la vicenda di un sistema politico che lentamente viene portato al collasso. Il potere è il tema centrale della narrazione, forma di oppressione operata dall’autorità politica sui cittadini. Del potere vediamo vari modi di operare: potere sul corpo, biopotere, esercitato nei campi di prigionia del regime potere disciplinare, come quello di Larkhill, fondamentale per la trama. Potere sulle menti, psicopolitica, dei cittadini, che sono sottoposti alla continua propaganda della Bocca, e sono imprigionati quindi in una gabbia mentale; il potere della sorveglianza, in mano a Occhio e Orecchio; il potere esercitato dagli algoritmi, o algocrazia, ossia una dittatura con gli algoritmi. Al vertice della catena di comando troviamo  un uomo che venera un supercomputer. Da contraltare al potere, però, persiste l’anarchia, nel nome della quale si batte V. Essa però, come spiega lo stesso protagonista, non va intesa come assenza di regole o di ordine, l’anarchia è l’assenza di capi. Inoltre, a completare il trittico dei temi principali, c’è anche quello delle idee, e dei simboli a esse legati, e della lotta che in loro nome si è disposti a ingaggiare.

Molto più di un fumetto

Alan Moore non si limita a raccontare la storia di un eroe che si scaglia solitario contro un potere opprimente. Egli cerca proprio di scavare a fondo delle questioni anche di un certo livello, e sulle quali le società umane hanno sempre dibattuto. E ciò avviene anche in altre opere dell’autore, come Watchmen. A mio avviso, potremmo definire i fumetti di Moore come dei “fumetti filosofici“.

 

Alberto Albanese

Kennedy moriva 60 anni fa: uno zoom sul politico

John Fitzgerald Kennedy nasce il 29 maggio del 1917 a Brookline nel Massachusetts. La sua famiglia aveva origini irlandesi; suo padre Joseph Kennedy era il presidente della commissione Borsa e Finanze a Wall Street.

Nel 1937 John Kennedy si laurea ad Harvard e durante la Seconda Guerra Mondiale partecipa come volontario in Marina. Congedato con onore, decise di intraprendere la carriera politica in parte anche per compensare il vuoto lasciato dal popolare fratello Joseph Jr., deceduto in guerra. Si confronta con il candidato repubblicano Richard Nixon nel primo dibattito presidenziale trasmesso alla televisione.

Qui Kennedy trasmise al pubblico un’immagine sicura e composta a differenza del suo rivale. Nel novembre del 1960  il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America divenne proprio Kennedy. E’ stato il primo Presidente ad essere nato nel XX secolo ed il più giovane a morire mentre era in carica.

“Non chiedete cosa il vostro Paese può fare per voi; chiedete cosa potete fare voi per il vostro Paese”.

Vita privata di Kennedy

Il 12 settembre 1953 John Kennedy sposa Jacqueline Bouvier detta Jackie:  con lei ha avuto ben quattro figli. Le morti premature dei suoi figli, gli omicidi dello stesso John (assassinato nel 1963) e del fratello Robert (assassinato nel 1968), oltre alla lobotomia per un ritardo mentale alla sorella Rosemary (che la danneggiò a livello sia fisico che mentale) hanno diffuso la credenza della maledizione dei Kennedy.

Kennedy
Kennedy con la moglie. Fonte: Toda Matéria

Sono state molte le amanti di John negli anni, tra queste anche personaggi di spicco di Hollywood come l’attrice Marilyn Monroe (Blonde): le note di Happy Birthday Mr. President” sembrano risuonare ancora oggi tra le mura del Madison Square Garden di New York. La performance, avvenuta dieci giorni prima dell’effettivo compleanno di Kennedy, è ancora oggi ricordata. Marilyn Monroe indossava il suo famoso abito color carne, impreziosito da una cascata di duemilacinquecento perline luccicanti cucite a mano. A cause delle voci in merito alla liason amorosa tra Marilyn Monroe e il presidente, i servizi segreti si erano occupati di distruggere tutte le prove di quell’incontro.

Politica interna e riforme sociali

John ha promosso leggi a favore dell’istruzione e contro la discriminazione razziale nei luoghi pubblici e nelle scuole. Con la sua ‘’Nuova Frontiera’’ infatti, Kennedy sostenne l’integrazione razziale e i diritti civili. Chiamò inoltre a sé durante la campagna elettorale del 1960 la moglie dell’imprigionato reverendo Martin Luther King, guadagnandosi il consenso della popolazione nera alla sua candidatura.

Kennedy fece  pressione affinché gli Stati Uniti guidassero l’esplorazione dello spazio. Chiese al Congresso di finanziare il Programma Apollo per oltre 22 miliardi di dollari, con lo scopo di portare un uomo statunitense sulla Luna entro la fine del decennio.

“nessuna nazione che aspiri a essere alla guida delle altre può attendersi di rimanere indietro nella corsa per lo spazio, abbiamo scelto di andare sulla Luna e di fare altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili”.

Politica estera: i rapporti con l’Unione Sovietica

John Kennedy, in piena Guerra Fredda, si disse favorevole al disarmo nucleare e una politica distensiva nei confronti del blocco sovietico. Kennedy considerava Berlino parte della Germania Federale, mentre i tedeschi la volevano libera. La costruzione del Muro di Berlino fu allora la risposta che rendeva impossibili le fughe.

Il confronto più drammatico tra le due potenze ebbe luogo a Cuba: Kennedy cercò subito di soffocare il regime di Fidel Castro. Lo sbarco alla Baia dei Porci (Bahìa de Cochinos), l’avventuroso tentativo di invasione effettuato il 17 aprile 1961 si risolse in un insuccesso completo. Il giorno seguente gli assalitori si resero conto della situazione insostenibile e fu ordinato il ritiro.

La celebre frase «Ich bin ein Berliner», pronunciata il 26 giugno 1963 a Berlino Ovest dal Presidente Kennedy, aveva l’intento di comunicare alla città di Berlino e alla Germania stessa, seppur entrambe divise, una sorta di vicinanza e amicizia degli Stati Uniti.

Kennedy
Kennedy in auto. Fonte: National Geographic

22/11/63: l’assassinio

Il 22 novembre 1963 Kennedy fu ucciso a Dallas in un attentato il cui colpevole non fu mai realmente identificato. Kennedy si trovava in visita ufficiale nel Texas. Mentre il Presidente e sua moglie Jacqueline salutavano la folla, diversi colpi di arma da fuoco furono esplosi da un fucile in direzione della vettura: uno di essi colpì JFK alla testa. Responsabile dell’assassinio venne ritenuto Lee Harvey Oswald, un impiegato. Dopo la morte di Kennedy, venne immediatamente eletto nuovo presidente Lyndon Johnson.

John Kennedy non è stato soltanto un personaggio storico e un uomo di potere, ma è entrato nell’immaginario collettivo, insieme alla sua famiglia, come un vero e proprio mito. Oggi ricorrono i 60 anni dal suo assassinio: i proiettili che quel giorno lo assassinarono colpirono al cuore la sua nazione e sconvolsero anche tutto il mondo intero.

Kennedy nella cultura contemporanea

Il mistero dell’assassinio del presidente Kennedy affascina ancora il grande pubblico. Questo è uno dei motivi per cui sono presenti così tanti esempi di adattamento cinematografico o letterario a questo singolo avvenimento. Si pensi già solamente al noto romanzo di Stephen King 22/11/63: il libro, portato anche sul grande schermo con una serie adattamento con James Franco e George McKay (1917), racconta il viaggio nel tempo di Jake per evitare l’uccisione del presidente.

La morte di Kennedy viene analizzata nel cinema da vari punti di vista: il dramma Jackie con Natalie Portman nel ruolo di Jacqueline Kennedy ne è un esempio. Il film, diretto dal regista Pablo Larrain (Spencer), analizza l’avvenimento con un focus sulla first lady.

Sarebbero moltissimi gli altri esempi da ricordare. Qui ci limiteremo a sottolineare come questo evento abbia colpito nel profondo la comunità mondiale e come ancora oggi la morte di un grande presidente come Kennedy venga ricordata in tutto il mondo.

 

Carmen Nicolino