Il Ferragosto Messinese: ieri, oggi, domani

Vogliamo chiudere questa stagione di articoli trattando un tema, al quale vi consegniamo dopo questo giorno, estremamente importante per la civiltà peloritana e la Città di Messina: il Ferragosto.

Innanzitutto che cos’è il Ferragosto?

La Vara – Fonte: bellasicilia.ir

Non soltanto l’Assunzione di Maria…

Il Ferragosto nasce come Feriae Augusti, stabilite dall’Imperatore come giorni di riposo a Calendagosto, ossia l’inizio del mese, tutt’oggi uno dei punti focali del calendario “neopagano”; la festa fu poi spostata dalla Chiesa di Roma al 15 Agosto facendola coincidere con l’Assunzione, che già sostituiva le feste in onore della dea Diana. Ovunque reputata ancòra un momento di riposo, a Messina invece, checché se ne dica, non è una ricorrenza in cui si evade dalla città, ma in cui vi si affluisce.

Come tutti i migliori tempi di festa, il Ferragosto messinese si popola di misteriose figure: il Cammellaccio che marcia allegro, la giunonica Gigantessa chiamata Rea/Cibele/Opis/Mata, l’oscuro Gigante dal nome Zanclo/Cam/Saturno/Grifone, machine scomparse quali la Galea della Lettera e il Vascello Granario, e ovviamente la più importante, la Vara dell’Assunta. Sono machine festive, apparati celebrativi complessi risalenti ad almeno cinque secoli fa, vere protagoniste della ricorrenza.

Erroneamente viene vista oggi anche a Messina come una festività puramente religiosa (cosa che fa scappare le persone poco cristiane!), fraintendendone invece i significati più profondi e identitarii. Fino a non molto tempo fa, il Ferragosto celebrava l’opulenza di questa potentissima città ed era ammirato da viaggiatori provenienti da ogni dove!

Il Cammello – Fonte: colapisci.it

I molti significati del Ferragosto

Per la maggior parte delle persone, il Ferragosto è la solennità della patrona di Messina, Maria Assunta in cielo. In effetti la Vara è proprio questo: essa rappresenta il transito di Maria dalla vita terrena alla vera vita, rappresentata addormentata e in un feretro alla base del carro e al tempo stesso trionfante mentre sale al cielo sorretta dalla mano del Figlio.

A questo punto, il Ferragosto si sostanzia pure come esaltazione della religiosità peloritana legata alla memoria della Sacra Lettera inviata da Maria ai Messinesi, che per lungo tempo si è collocata nel 15 Agosto anziché nel 3 Giugno. Sotto Ferragosto, nel Piano di San Giovanni (Villa Mazzini) in una vasca veniva allestita una monumentale galea, apparato trionfale e dalle vele luminose, che proiettava giochi di fuoco nel cielo per tutta la durata della festa in alternanza con concerti a bordo. Simbolo della vocazione marinara e poseidonica di Messina, un ricordo non troppo distante dell’impresa di Lepanto alla quale messinesi parteciparono con grande coraggio sotto la guida di don Giovanni d’Austria.

Il Ferragosto è il festeggiamento della liberazione dopo l’oppressione, dicono alcuni. La processione ricorda quella che fece il granconte Ruggero d’Altavilla quando entrò a Messina dopo aver trionfato sui signori musulmani che, pur se siciliani, l’avrebbero in precedenza vessata. Il Cammellaccio allora, che si dice fosse un tempo la vera pelle del cammello di Ruggero resa reliquia, è la cavalcatura ch’egli prese al cadì Rascid e cavalcò in corteo, oppure la parodia dei cammelli sui quali gli esattori delle tasse emirali, rapaci, venivano a riscuotere; la Vara è erede dell’effigie della Vergine Assunta in Cielo che in quell’occasione fu portata in processione, ma in quel tempo nella forma di statua di Madonna Guerriera a cavallo (la Gigantessa!).

È la rappresentazione della monarchia siciliana forgiata dalle armi degli Altavilla, la cui linea di sangue ininterrotta regnò per ottocento anni. Da qui l’insistenza nel portare in giro il Cammellaccio per ricordare la cavalcatura del granconte Ruggero; si è detto che la statua del Gigante occupasse in origine la posizione di Ruggero I nel corteo trionfale che sfilò per Messina, dietro all’insolito simulacro equestre dell’Assunta in quel Ferragosto famoso e divenuto un vero e proprio mito.

Secondo altri, il Ferragosto è la celebrazione dell’identità municipale di Messina. A questa luce, il Gigante è in realtà l’ultima versione del simulacro dell’eroe mitico-simbolico Messano (altrimenti Zanclo), sovrano della Peloriade e fondatore di Messina già nominato da Guido delle Colonne, che in epoca medievale si portava in giro per glorificare la fiera Città dello Stretto in un tempo in cui si oscillava tra l’aderenza a un Regno e la volontà di divenire Repubblica marinara. Inoltre, era la devozione alla Vergine Madre e alla sua Lettera, rapporto unico in tutto il mondo cristiano, il centrale elemento identitario di Messina.

Infine – e soprattutto – ciò che sicuramente possiamo appurare: il Ferragosto è la liturgia annuale di consolidamento dell’esistenza di Messina. Cam e Rea (da cui Camaro?) che procrearono molti popoli, gigante e gigantessa, oppure il dio Saturno e la dea Cibele, che in un tempo lontano e mitico fondarono Messina, percorrono la Città allo scopo di rifondarla ciclicamente e così perpetuarne la sussistenza ricaricandola di mana. Dunque è memoriale del momento in cui Messina fu fondata, utile a perpetuarne l’esistenza.

Che cos’è il Ferragosto? Il Ferragosto è la festa di Messina, è queste e molte altre cose.

I Giganti in piazza – Fonte: gentedimare.it

È la festa della nostra civiltà!

Messina, come Venezia ha il suo Carnevale e Siena il Palio dell’Assunta, celebra una festività di fastosissima rilevanza ma, a differenza delle predette città che ben sanno di celebrare attraverso d’essa la loro civiltà e il loro antico modo di vivere davanti al mondo intero, la nostra città sembra non esserne minimamente cosciente di stare esaltando la propria vetusta civiltà e uno stile di vita che a suo tempo fece la storia, e la festeggia come un semplice evento locale dandola per scontata; eppure, nel subconscio permane l’idea di celebrazione culturale, anche se non si riesce a esprimerla a parole.

Il problema è sempre lo stesso ed è radicato: non si capisce perché qualunque cosa riguardi Messina sia reputata esclusivamente d’interesse locale, e mai d’importanza globale. Viene da domandarsi: che cos’hanno le storie di Firenze, di Venezia, in più di Messina, tali da suscitare l’amore di persone da tutto il mondo? Grazie a più illuminati governanti quelle città hanno preservati i loro monumenti mentre di Messina non resta più quasi nulla da vedere, vero, ma stiamo parliando del passato (immateriale) e la storia non scompare: questa città merita rispetto, non è una località di serie B né tantomeno di serie C, ma di serie A!

Bisogna che Messina ritorni a essere valutata come città storicamente importante, non più semplicemente “la città che dà sullo Stretto”. Grazie alle parole di chi custodisce la nostra storia si spera che, gradualmente, tale idea comincerà a riemergere dalle nebbie del tempo e a stimolare Messina a essere ciò che un tempo era; ma forse, prima che ciò avvenga, sarà più semplice fare apprezzare l’antica Messina al mondo, proprio per com’era conosciuta. Soprattutto: urge che la gioventù messinese comprenda che cos’è veramente la Vara e torni ad affezionarsi al Ferragosto.

 

Daniele Ferrara

BIBLIOGRAFIA

Alessandro Fumia & Franz Riccobono, La Vara, EDAS 2004

Giuseppe Giorgianni, Archivio Storico Messinese vol. 68 – La festa della Madonna Assunta a Messina, Società Messinese di Storia Patria 1995

Franz Riccobono, La Vara attraverso i secoli, Assessorato alla Cultura della Città di Messina 1997

Sergio Todesco & Giovanni Molonia, Teatro Mobile. Feste di Mezz’Agosto a Messina, Edizioni G.B.M. 1991

Immagine in evidenza

Mata e Grifone negli anni ’60 a Piazza Ettore Castronovo – Fonte: pintereset.it

La Madonna della Lettera: tradizioni e verità di un culto identitario

Quella che vi presentiamo è una storia che troppe persone, purtroppo, soprattutto delle nuove generazioni, sconoscono anche completamente; a prescindere dal sentimento religioso d’ogni messinese, essa costituisce un elemento risolutivo della nostra identità stessa, che non si può spazzare via. Ci riferiamo alla Madonna della Lettera che oggi si celebra, alla sua leggenda, alla sua tradizione e alla sua travagliatamente discussa autenticità.

Chiedo al pubblico che legge di accostarsi serenamente all’argomento, dimenticando, per qualche momento, la propria affiliazione religiosa o la mancanza d’essa. Se aprite il vostro cuore, troverete ciò che segue affascinante.

Fonte: immaculate.one

La lettera venuta dall’Oriente

Ecco cosa narrano gli aedi cristiani…

San Paolo apostolo si trovò a passare dallo Stretto, in semplice viaggio missionario oppure durante la sua deportazione a Roma; scese dalla nave nel porto di Messina, o forse nell’antico approdo di Briga Marina ove oggi ancòra si conserva la pietra sulla quale salì per predicare; e così Paolo parlò ai Messinesi del suo Gesù, crocifisso e risorto un decennio prima, convincendoli a convertirsi al Cristianesimo; consacrò anche il primo Vescovo di Messina, Bacchilo.

Secondo la pia tradizione, l’intera Città di Messina si convertì alla nuova religione, a cominciare dal Senato che la governava in ossequio dei patti con Roma. La popolazione fu talmente colpita dalla figura di Maria madre di Gesù che il Senato decise di mandarle un’ambasciata per incontrarla e chiederne la benedizione. Una tradizione più tarda consegna anche i nomi dei quattro inviati: Geronimo Origgiano, Marcello Bonifacite, Brizio Ottavio e Centurione Mulè.

L’ambasceria, giunta a Gerusalemme, cercò Maria nella casa dell’apostolo Giovanni, ove viveva secondo l’ultima richiesta del figlio morente, e là la trovò. Sull’incontro che avvenne non sappiamo molto, talvolta s’immagina una presentazione dei quattro uomini da parte di Paolo; ciò che sappiamo è che Maria scrisse di proprio pugno una lettera ove accordava a Messina una benedizione perpetua ed elezione a sua città protetta, con la quale gli ambasciatori fecero ritorno in città, accolti trionfalmente dalla popolazione.

Era il 3 Giugno del 42 d.C. quando la lettera fu mandata. Il resto è storia, del culto di quella che divenne nota come Gran Madre della Lettera.

Fonte: immaculate.one

Qual è la verità sulla Sacra Lettera?

Viene da domandarsi quali prove possediamo; nessuna veramente solida, ahimè. Come se non bastasse, il racconto predetto contiene svariate contraddizioni storiche, e per giunta lo stesso testo pervenutoci della Sacra Lettera non sembra affatto scritto in quel tempo e da quella mano. Ora discutiamo tutti gli argomenti, per il bene della più savia conoscenza.

I primi problemi riguardano il vettore della conversione: Paolo di Tarso. Non risulta che l’Apostolo abbia viaggiato oltre l’Egeo prima del 60 d.C., quando fu condotto a Roma per essere processato, figuriamoci nel 42! Anche affermare che la predicazione a Messina avvenne durante l’ultimo viaggio è sbagliato, giacché questo appunto fu attorno al 60.

Poi, appare assurda la conversione al Cristianesimo d’un’intera città nel 42 d.C., già considerando che il Cristianesimo per com’inteso non nacque se non molto tempo dopo la morte di Cristo; prima, era soltanto una corrente eretica dell’Ebraismo. I Gesuani erano ancòra traumatizzati dalla morte del loro Messia (ebraico, non “cristiano”), e aspettavano di vederlo in qualunque momento ritornare in terra per la vittoria finale sui peccatori. La propagazione della nuova dottrina poteva avvenire soltanto in ambienti ove fosse radicata una comunità ebraica, autoctona o immigrata, che eventualmente l’avrebbe accolta (ma non tutta la città, men che meno il Senato).

Quanto ai nomi dei quattro ambasciatori: appaiono più tardi che bizantini, altro che I secolo d.C.! Difatti, furono introdotti nel XVII secolo d.C. da suor Maria Roccaforte, la quale affermò d’averli saputi mediante una visione (taccio).

Il testo della lettera invece evidenzia problematiche strettamente inerenti la sua presunta autrice. Ella parla già come se si fosse instaurata una Chiesa come non la si vedrà fino al Concilio di Nicea (325 d.C.): si proclama vergine, madre di Gesù crocifisso, il quale è sia dio che uomo… tutte cose che non facevano assolutamente parte della mentalità ebraica dei protocristiani, e perdipiù l’ipotetica Maria si attribuisce già il potere di proteggere. Inoltre, la data è, testualmente, il “42° anno dal Figlio”, praticamente con l’Anno Domini inventato da Dionigi il Piccolo (VI secolo d.C.)!

Per finire, possiamo affermare che un chiaro culto della Madre della Lettera non esistesse prima del 1490 d.C., quando fu recuperata e tradotta dal greco al latino la Sacra Lettera dal grande letterato Costantino Lascaris, che molti – ingiustamente! – indicano come vero autore del documento.

Non è un mistero che Messina, dal XV secolo d.C. in poi, cercasse in ogni modo di dimostrare la propria superiorità sulle altre città siciliane, anche facendo carte false, nella lotta spietata per il titolo di capitale del Regno di Sicilia; tra tutte, Messina era indubbiamente la più fiera e i vanti maggiori sono stati suoi.

Fonte: lecodelsud.it

Eppur non può non essere vero!

Di sicuro, la coscienza della propria elezione mariana sin dalle origini del Cristianesimo è stata motore primo della grandezza di Messina nell’ultimo mezzo millennio.

A tutte queste concretissime e giustissime contestazioni, ci sono degli argomenti fondamentali che bisogna contrapporre, ancorché vaghi, per tentare di chiudere la falla.

È vero, la versione della pia tradizione sembra stravagante e antistorica, ma nel corso del XVII secolo d.C. sono fioccate in diverse biblioteche del Mediterraneo delle copie della Sacra Lettera, in diverse lingue e in versioni diverse, anche nelle località più insospettabili (in Siria, perfino!). Viene da domandarsi: sono tutte state scritte e sparse in giro da falsarî al soldo di Messina?, o forse il Senato di Messina pagò eruditi stranieri affinché affermassero d’avere trovate le benedette copie?, o peggio ancòra, furono gl’intellettuali messinesi che riportarono le notizie dei ritrovamenti a inventarsi tali fatti di sana pianta? Sono ipotesi improbabili.

Oso aggiungere una verifica che sento sempre d’applicare in materia religiosa: il “criterio della buonafede”. Partiamo dal presupposto che nel passato la schiacciante maggioranza delle persone credeva davvero e in ogni particolare alla propria religione: mentire per ottenere potere, inventare qualcosa di sana pianta e soprattutto mettere in mezzo la Santa Madre, sarebbe apparso certamente come un terribile peccato mortale con conseguente pena. Solamente una reale convinzione avrebbe potuto generare certe affermazioni.

I devotissimi aggiungerebbero come prove molti miracoli, ma quelli non sono di nostra competenza.

Fonte: strettoweb.com

In conclusione dobbiamo ammettere che qualcosa di vero debba esserci, che gli eruditi del passato non abbiano mentito, ma abbiano soltanto tentato di ricostruire i fatti, eventualmente falsandoli “in buonafede”. Ma la ricerca non può fermarsi qui, deve continuare, affinché sempre più parti di verità possano riemergere.

Buona Solennità della Madonna della Lettera!

 

Daniele Ferrara

 

Per approfondire:

Marco Grassi, La Devozione a Maria SS. della Sacra Lettera – Patrona Principale della Città di Messina, EDAS 2021

Immagine in evidenza:

La Madonna della Lettera – Fonte: messinatoday.it

Tradizioni messinesi: la festa di Sant’Annibale

L’emergenza Covid-19 ha modificato drasticamente il nostro stile di vita andando ad intaccare anche le nostre tradizioni. Una di queste, che interessa sia credenti che non, è la festa in memoria di Sant’Annibale. Prima di parlare della festa ripercorriamo le tappe significative della storia del “Santo dei poveri” e vediamo insieme da dove sorge l’amore che tuttora la città di Messina nutre nei suoi confronti.

Biografia in breve

Nasce a Messina il 5 luglio 1851 da famiglia nobile. Ebbe quella che può essere definita «intelligenza del Rogate», facendo suo il versetto del vangelo: «La messe è molta ma gli operai sono pochi. Pregate [Rogate] dunque il Padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe» che divenne uno strumento importante per l’evangelizzazione.

Sant’Annibile in mezzo alla sua gente (disegno) – Fonte: difrancia.net

 

Un evento significativo della sua vita fu l’incontro con il cieco Zancone che lo mise in contatto con la situazione difficile vissuta nelle “Case Mignuni” (Case Avignone), uno dei quartieri più poveri della città di Messina (nei pressi di Zaera). Proprio a quel quartiere dedicò gran parte della sua vita.

Dopo il terremoto del 1908, il papa S. Pio X donò una chiesa-baracca. Nel 1921 venne posta poi la prima pietra per la costruzione dell’attuale Santuario di Sant’Antonio, che occupa oggi l’area dell’antica chiesa.

Il Santuario di Sant’Antonio – Fonte: torrese.it

 

Per realizzare i suoi progetti missionari fondò due nuovi ordini religiosi: la Congregazione delle figlie del Divino Zelo e la Congregazione dei Rogazionisti. Questi sono tuttora diffusi in tutto il mondo, con l’intento di mettere in pratica la filosofia di vita del Santo: l’evangelizzazione e l’aiuto concreto, sul campo, a poveri ed indigenti.

Muore a 76 anni nel 1927. “Andiamo a vedere il Santo che dorme”, erano le parole della gente, omaggio all’uomo che era stato e all’aiuto concreto che aveva portato. La teca contenente il corpo del Santo si trova tutt’oggi nel Santuario di Sant’Antonio.

I funerali di Sant’Annabile – Fonte: difrancia.net

 

Processo per la Beatificazione e Canonizzazione

Già nel 1934 Luigi Orione richiese l’avvio immediato per il Processo per la Beatificazione e di Canonizzazione del suo caro amico. Dopo 35 anni l’arcivescovo Mons. Cannavò aprì il processo che portò Padre Annibale a diventare prima Venerabile (1989) e poi Beato (1990), grazie all’intercessione per la miracolosa guarigione della giovane Gleida Danese (primo miracolo seguito poi da quello che interessò la piccola Charisse Nicole Diaz, decisivo per concludere la causa di la santificazione).

Così, il 16 maggio 2004 papa Giovanni Paolo II lo iscrisse ufficialmente nell’albo dei Santi, adempiendo alla richiesta a gran voce dell’intera città di Messina.

La canonizzazione di Sant’Annibale (Piazza San Pietro, 16 maggio 2004) – Fonte: villaggiomatera.it

 

La particolare storia della festa di Sant’Annibale

La festa di S. Annibale Maria Di Francia si celebra il 16 maggio, e nei giorni antecedenti, presso il santuario di S. Antonio, Messina. La scelta di questa data, e non della morte (come avviene di regola per tutti i Santi), ha una storia particolare.

Il 1 giugno (data della sua morte) la Chiesa celebra la memoria di San Giustino, Santo patrono dei filosofi, che riveste un ruolo importante per tutta la Chiesa cattolica. La Congregazione dei Rogazionisti aveva deciso inizialmente di spostare la celebrazione di San Giustino al giorno successivo. A Messina, però, il 2 giugno è la vigilia della memoria della Madonna della Lettera, Patrona della città dello Stretto.

Per questo motivo alla diocesi di Messina, Lipari e Santa Lucia del Mela è stato concesso di celebrare la memoria liturgica di Sant’Annibale il giorno dell’anniversario della sua canonizzazione.

La celebrazione a Messina: ieri e oggi

Le celebrazioni in memoria del “Santo dei poveri” cominciano nei giorni antecedenti, solitamente con un triduo di preghiere e di messe in suo onore. Il 16 si celebrano le Sante Messe nella cripta, dove è presente il corpo del Santo, e la solenne Messa nella Basilica,  arricchita, negli ultimi anni, dalla presenza del Piccolo Coro Antoniano “Placido Vitale”.

La Messa si conclude con la celebre benedizione delle gardenie e la processione per le vie cittadine con le Reliquie del Cuore di Sant’Annibale.

Il percorso della processione interessa i luoghi principali in cui in vita il Santo messinese ha operato: le vie in cui sorgeva il quartiere Avignone, la Chiesa del Carmine (ricostruita dopo il terremoto) e Piazza del Popolo. Proprio sotto i portici dell’attuale Piazza Lo Sardo generalmente viene distribuito il pane “padre Francia”.

Oltre alla festa di giorno 16 maggio viene celebrata la solennità liturgica giorno 1 giugno, con manifestazioni tra cui l’omaggio floreale al monumento cittadino di Sant’Annibale, situato nell’omonima piazza.

La processione delle Reliquie di Sant’Annibale – fonte: tempostretto.it

 

Quest’anno a causa delle restrizioni dovute all’emergenza Covid-19, le celebrazioni religiose si terranno a porte chiuse e le manifestazioni civili sono state annullate. Per permettere la partecipazione a distanza dei fedeli saranno previste le dirette streaming su Facebook e su YouTube delle preghiere delle Messe, sia del triduo che del 16 maggio.

Locandina della festa in onore Sant’Annabile (2020)

 

Insomma, anche in tempi difficili si può trovare un modo per mantenere vivo il ricordo di un Santo che alla città di Messina ha dedicato tutta la sua vita.

Cristina Lucà, Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

difrancia.net

basilicaantoniana.it

siciliainfesta.com

torrese.it

Si ringrazia Padre Orazio Anastasi, in particolare per le informazioni sulla calendarizzazione della celebrazione

L’Immacolata di marmo e la antica festa della Vara: storie da una Messina scomparsa

Per chi conosce e vive la città di Messina, la zona del Duomo e dei suoi dintorni ha qualcosa di magico; è lì che si concentrano molte delle bellezze artistiche della città intera. Proprio alle spalle del grande Campanile, chiusa a nord dalla facciata del novecentesco Palazzo dello Zodiaco, capolavoro liberty del grande architetto Gino Coppedè, e a sud dalla facciata laterale della Cattedrale, si apre una piccola piazza alberata; al centro di essa si innalza, elegante e solenne, il monumento settecentesco della guglia dell’Immacolata, noto ai più come “Immacolata di Marmo”.

 

Opera del 1758 di Giuseppe Buceti, (membro di una famiglia di artisti messinesi di cui si ricorda anche il padre Ignazio, anch’egli scultore), la guglia dell’Immacolata rappresenta un esempio tanto pregevole quanto raro del barocco settecentesco messinese. Dalla cima di una ampia stele prismatica che si slancia verso l’alto, la bella statua della Madonna riprende la classica iconografia della “mulier amicta sole” secondo i canoni tipici dell’arte settecentesca: i panneggi dei vestiti, vezzosamente gonfiati e scompigliati dal vento, insieme alla posa delle mani, ricordano moltissimo una scultura coeva in legno e argento, custodita nella chiesa di San Francesco all’Immacolata, sul torrente Boccetta, poco lontano. Sotto la statua, che si appoggia su un globo terracqueo, quattro putti forse un po’ troppo paffuti, in pose differenti, decorano i quattro angoli del basamento.

Per comprendere la storia di questo importante monumento bisogna fare un salto indietro nel tempo alla scoperta di una delle più antiche ed importanti tradizioni religiose della città di Messina: la festa della Vara. Secondo una tradizione antichissima, che affonda le sue radici alla seconda metà del ‘500 (quando per la prima volta ne accennò, nel suo Sicanicarum Rerum Compendium, Francesco Maurolico) e che ogni anno continua a rinnovarsi, una enorme macchina votiva alta oltre 14 metri, detto appunto “la Vara”, viene trainata tramite un complesso sistema di corde che anticamente era gestito da marinai, in giro per la città, il 15 d’Agosto, giorno della festa dell’Assunta.

 La spettacolare struttura, organizzata su più piani, mette in scena una sorta di sacra rappresentazione mobile dell’assunzione di Maria: in basso, alla base del cippo, è posizionata una teca rappresentante la

 

dormitio Virginis (cioè la morte di Maria), mentre via via salendo, in un trionfo di nuvole e angioletti, si arriva al culmine, ove è rappresentata l’assunzione in cielo di Maria, con due figure che rappresentano la Madonna e Gesù Cristo. Oggi la Vara che si usa nella processione del 15 agosto è notevolmente ridotta rispetto ai secoli passati, ma anticamente le sue dimensioni erano parecchio maggiori, e, soprattutto, al posto delle statue in cartapesta, sopra la Vara si trovavano dei figuranti umani, in genere bambini figli di carcerati o orfani, e il ruolo della Madonna era interpretato da una fanciulla vergine.

Si può dunque facilmente immaginare quanto fossero esposti a incidenti i bambini che prendevano parte a questo spettacolo: e difatti le cronache passate ne riportano diversi. Fu proprio uno di questi a fornire il pretesto per la costruzione della Guglia dell’Immacolata: nel 1738, infatti, alcuni bambini caddero dalla Vara, restando fortunatamente illesi. La città gridò subito al miracolo, e proprio per rendere grazie alla Madonna fu fatta erigere dal Senato questa scultura, che fu inaugurata diversi anni dopo, nel 1757. Originariamente si trovava in piazza Pentidattilo, poi rinominata in Piazza Concezione, dinanzi alla chiesa gesuita di San Nicolò dei Gentiluomini, opera di Andrea Calamech, oggi interamente perduta; a seguito del terremoto del 1908 fu spostata nella piazza davanti allentrata nord del Duomo, che oggi prende appunto il nome di “Piazza Immacolata di Marmo”.

Gianpaolo Basile

Ph: Federica Cristiano

Derek, Meredith e Grey’s Anatomy: perché metterlo in play

greys-anatomy

Ci sono serie tv e serie tv: drammatiche, ironiche, comiche, sanguinolente; corte, lunghe, che durano dai 20 ai 120 minuti.

Ma una serie tv, per tenerti davvero incollato alla sedia e farti perdere il senso del tempo e dello spazio, deve avere una trama coinvolgente e sconvolgente, una trama che ti lasci sempre con il fiato sospeso, almeno quel tanto che basta per dirti: ’’ok, dormirò in un altro momento’’ e farti così rimettere play sul tuo sito di streaming.

Una di queste serie è Grey’s Anatomy. Al bando gli scettici che dicono che è solo un’enorme cavolata, più lunga di Beautiful e troppo distante dalla realtà: quando inizi a guardarla non puoi più farne a meno. Io, da fan numero uno, sono riuscita a convertire un sacco di persone e a farle diventare tossicodipendenti da Grey’s Anatomy.

Grey’s Anatomy è una serie televisiva statunitense trasmessa dal 2005. È un medical drama incentrato sulla vita della dottoressa Meredith Grey, una tirocinante di chirurgia nell’immaginario Seattle Grace Hospital di Seattle. Il titolo di Grey’s Anatomy gioca sull’omofonia fra il cognome della protagonista, Meredith Grey, e Henry Gray, autore del celebre manuale medico di anatomia Gray’s Anatomy (Anatomia del Gray). Seattle Grace (poi Seattle Grace Mercy West e, ulteriormente, Grey Sloan Memorial Hospital) è invece il nome dell’ospedale nel quale si svolge la serie. I titoli dei singoli episodi sono spesso presi da una o più canzoni.

Tra personaggi che vanno e vengono, che nascono e muoiono, Grey’s Anatomy riesce a lasciare veramente un segno. Durante la progressione della trama, che si svolge in 12 stagioni per un totale di 268 episodi, ognuno di noi può trovare una citazione, una situazione, un momento in cui riconoscersi. Ed io, da studentessa in Medicina, posso dire che (a parte qualche caso assolutamente irreale) è anche molto vicina alla realtà medica. I gesti, i protocolli, il lessico, infatti, sono assolutamente presi dal campo.

Tutti conosciamo Meredith e Derek, sappiamo la loro storia d’amore e chi come me è da 11 anni che sta appresso a loro e ci ha perso cuore, lacrime e vita, sa che non sono solo ‘’Meredith e Derek’’: sono due personaggi pieni di umanità, che fanno e dicono cose che tutti noi abbiamo fatto e detto, anche e soprattutto le peggiori. È questo il segno che contraddistingue tutti i personaggi della serie, dal più importante al meno: l’umanità. Sono esseri umani a 360°, con i difetti e i pregi, con l’egoismo, i sogni, la cattiveria, la gentilezza, la bontà, la forza e la debolezza, le paure e il coraggio.

Ed, a parte l’intramontabile ‘’prendi me, scegli me, ama me’’, il sesso e la tequila, ci vuole poco a capire che Shonda Rimes (l’autrice) voleva andare oltre a tutto questo e insegnare ad accettare argomenti che ancora sono, per la società, tabù.

È una serie tv che vuole insegnare la speranza, il rischio e la speranza che può derivare dal rischio. Che non tutto è come sembra, che una coppia perfetta può spesso scoppiare ma questo non esclude il fatto che si può andare realmente avanti, a qualsiasi età. Che puoi sempre conoscere una persona, che essa sia maschio o femmina.

Vuole abbattere i muri dell’omofobia. Tra i personaggi principali abbiamo una coppia lesbica costituita da una donna omosessuale ed una bisessuale, vuole far capire alle persone che non c’è niente di strano nella transizione, che i transgender sono persone come noi in corpi nei quali stanno troppo stretti.

Vuole insegnare che non esistono barriere di tipo religioso, che la scienza e la religione possono coesistere e convivere, che essere ateo non è sinonimo di essere vuoto. Insegna il perdono, l’amicizia, la lealtà, la sana competizione e quella che ti porta a impazzire perché parte da basi sbagliate.

Tra gli argomenti principali troviamo anche temi molto attuali quali l’adozione e l’inseminazione artificiale. Viene anche approfondito l’argomento ‘’psicoterapia’’, cercando di trasmettere il messaggio che prendere consapevolezza dei propri problemi e affrontarli con qualcuno che può realmente aiutarti non è una vergogna ma un segno di coraggio.

E che, a prescindere da tutto, negli ospedali si fa tanto sesso e ci sono davvero tantissimi fighi e fighe.

Elena Anna Andronico