Votazioni: affluenza bassa alle #EleMe2022, precipita il referendum giustizia. Ecco i primi risultati

Si sono chiuse ieri sera alle 23 le votazioni sui cinque quesiti del Referendum sulla giustizia promosso da Lega e Radicali. Al contempo, diversi comuni in tutta Italia (tra cui anche Messina) sono stati chiamati ad eleggere i nuovi rappresentati politici, tra cui sindaco, consiglieri comunali e rappresentanti di quartiere. Non sono mancate le problematiche: tra ritardi, file ed ore di attesa che hanno inciso sensibilmente sull’affluenza alle urne, soprattutto tra le fasce d’età più alte.

A Palermo, ben cinquanta seggi non hanno potuto aprire per via del ritiro all’ultimo minuto dei relativi presidenti di sezione e di centinaia di scrutatori. Solo nel pomeriggio di domenica sono stati trovati gli ultimi sostituti, ma il voto a quel punto era già stato irrimediabilmente intaccato. Il Comune di Palermo ha provveduto ad inviare alla procura i documenti relativi all’organizzazione del voto necessari all’avvio di un’indagine.

EleMe 2022, a che punto siamo?

Saranno 254 le sezioni che verranno scrutinate a partire dalle 14 di oggi. Diminuisce l’affluenza alle urne dei messinesi rispetto alle precedenti elezioni, ove si stimava al 65,01%, toccando il 55,64%. Il sindaco verrà dunque eletto da meno della metà dei cittadini, con un totale di 107mila votanti si 192mila. Bene Primo e Sesto quartiere con affluenza rispettivamente di 58,57% (11.126 votanti) e 57,75% (14.579). Superato il 50% anche negli altri quartieri:

  • Secondo Quartiere – 55,29% (14.002 votanti)
  • Terzo Quartiere – 55,64% (24.433 votanti)
  • Quarto Quartiere – 50,65% (20.845 votanti)
  • Quinto Quartiere – 56,35% (21.096 votanti)

Per il Referendum Montemare superato il quorum con il 51,59% degli aventi diritto (99.093 votanti). Tra le altre problematiche già riportate, sono stati lamentati anche dei cambi di sezione di tanti votanti: molte comunicazioni di cambio sezione inviate per posta ordinaria non sono arrivate e dunque i votanti si presentano nelle vecchie sezioni in cui non sono registrati (LetteraEmme).

Referendum giustizia, appena il 20,8% di affluenza

Nelle ultime ore, il Viminale ha diffuso i primi dati relativi ai risultati dei referendum. Appena il 20,8% degli aventi il diritto si è recato alle urne, divenendo la percentuale di affluenza ad un referendum più bassa nella storia della Repubblica. Infatti, nessuno dei cinque quesiti referendari promosso ha raggiunto il quorum (che necessitava il voto della maggioranza assoluta degli aventi il diritto, ossia il 50% + 1).

Le cinque schede colorate contenenti i quesiti referendari – Sandrino 14, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Nel tweet di YouTrend, l’affluenza relativa a ciascun quesito a livello nazionale (dati parziali).

Le ragioni di un tale risultato sono diverse: anzitutto, la complessità dei quesiti. Si trattava di scegliere su argomenti squisitamente giuridici, alcuni di questi particolarmente tecnici (come quelli riferiti alla composizione del Consiglio Superiore della Magistratura o alla separazione delle carriere di magistrato e pubblico ministero).

L’uso indiscriminato del referendum, negli ultimi 20 anni, è stato la causa di numerose sconfitte politiche (basti pensare a quella dell’ex premier Renzi nel 2016) che hanno contribuito ad allontanare il cittadino da questo strumento di democrazia diretta, se non addirittura a farglielo odiare.

Anche la poca informazione (e formazione) ha contribuito al risultato ottenuto. Infatti, solo nelle ultime settimane i mezzi d’informazione ed i social media hanno iniziato a parlare del Referendum, laddove sarebbe stato appropriato formare più accuratamente il popolo alle decisioni di estrema importanza che avrebbe dovuto prendere. Anche per questa ragione si sono sviluppate, negli ultimi tempi, delle correnti di boicottaggio delle votazioni: numerosi sono, ad esempio, i tweet sotto l’hashtag #NoQuorum, che invitavano – appunto – a boicottare le votazioni.

Dopotutto, le modalità di elezione dei membri togati del Csm, le modalità di valutazione della professionalità dei magistrati e la separazione delle funzioni sono anche oggetto della riforma Cartabia, ossia la riforma sulla Giustizia promossa dall’omonima Ministra Cartabia e che verrà votata in questa settimana al Senato (essendo già passata alla Camera).

D’altro canto, nei comuni dove contestualmente si votava per le amministrative, l’affluenza è riuscita a superare il 50%, secondo quanto riportato su Twitter da YouTrend (dati riferiti al Primo Quesito).

Referendum: i risultati nazionali e a Messina

RISULTATI NAZIONALI:

  • Primo Quesito – SÌ 53,97%, NO 46,03% (affluenza del 20,94%)
  • Secondo Quesito – SÌ 56,12%, NO 43,88% (affluenza del 20,93%)
  • Terzo Quesito – SÌ 74,01%, NO 25,99% (affluenza del 20,93%%)
  • Quarto Quesito – SÌ 71,94%, NO 28,06% (affluenza del 20,92%)
  • Quinto Quesito – SÌ 72,52%, NO 27,48% (affluenza del 20,92%)

RISULTATI NELLA CITTÀ METROPOLITANA DI MESSINA:

  • Primo Quesito – SÌ 50,99%, NO 49,01% (affluenza del 36,46%)
  • Secondo Quesito – SÌ 52,77%, NO 47,23% (affluenza del 36,44%)
  • Terzo Quesito – SÌ 67,33%, NO 32,67% (affluenza del 36,46%)
  • Quarto Quesito – SÌ 63,99%, NO 36,01% (affluenza del 36,45%)
  • Quinto Quesito – SÌ 65,32%, NO 34,68% (affluenza del 36,43%)

RISULTATI NEL COMUNE DI MESSINA:

  • Primo Quesito – SÌ 46,66%, NO 53,34% (affluenza del 52,37%)
  • Secondo Quesito – SÌ 48,47%, NO 51,53% (affluenza del 52,30%)
  • Terzo Quesito – SÌ 63,42%, NO 36,58% (affluenza del 52,37%)
  • Quarto Quesito – SÌ 59,44%, NO 40,56% (affluenza del 52,35%)
  • Quinto Quesito – SÌ 61,22%, NO 38,78% (affluenza del 52,29%)

Risulta evidente che (ai dati attuali), se fosse stato raggiunto il quorum tutti e cinque i quesiti sarebbero stati approvati. Intanto, il segretario della Lega Matteo Salvini ha ringraziato su Twitter i dieci milioni di italiani che ieri si sono recati alle urne:

Per il Comune di Messina si accresce l’affluenza generale (fino al 50% degli aventi il diritto) rispetto al precedente referendum costituzionale del 2020, a cui aveva partecipato solo il 31,67% degli aventi diritto.

Valeria Bonaccorso

Referendum giustizia: tutto quello che c’è da sapere sui 5 quesiti

Dopo l’ultimo referendum, tenutosi nel 2016 riguardo l’estrazione degli idrocarburi, domenica 12 giugno, dalle 7 alle 23, tutti gli italiani saranno nuovamente chiamati a votare, questa volta per una tematica diversa: la giustizia. I cinque quesiti sono stati promossi da Lega Radicali.

I 5 referendum abrogativi

Molti italiani si stanno chiedendo, in questo periodo, quali siano le domande a cui sarebbero chiamati a rispondere. I temi trattati nei 5 referendum spaziano dalla legge Severino, alla limitazione delle misure cautelari, passando per la separazione delle funzioni tra magistrati, la valutazione dei magistrati e ancora l’elezione dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura. Le schede, che riportano i diversi quesiti, avranno colori differenti: rosso, arancione, giallo, grigio e verde.

Si tratta di referendum abrogativi, per cui gli italiani voteranno per mantenere (votando No) o abrogare (votando Sì) le norme attualmente vigenti. Purché il referendum risulti valido, requisito necessario è il raggiungimento del quorum, ovvero il 50%+1 degli aventi diritto al voto.

Le 5 schede del referendum (Fonte: meteoweek.com)

Primo quesito: abrogazione della legge Severino

Il primo quesito si presenta sulla scheda di colore rosso e riguarda l’abrogazione del decreto legislativo n. 235/2012, cosiddetto “Severino” (emanato in attuazione dell’omonima legge n.190/2012), il quale porta il nome del Ministro della Giustizia in carica dal 2011 al 2013 durante il governo Monti. Si è sentita la necessità di questa legislazione in seguito a degli studi, condotti dall’UE e dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), in materia di corruzione, i quali dimostravano che l’Italia si classificava come il terzo paese OCSE più corrotto, oltre alle enormi spese annue che ne derivavano.

Il decreto Severino prevede, tra le altre cose, l’incandidabilità e l’ineleggibilità alle elezioni politiche del condannato in via definitiva con pena superiore a due anni, oltre che la decadenza dal mandato rappresentativo (parlamentare o di amministrazione locale). Per questo, la legge è valida anche per sindaci e consiglieri, i quali subiscono una pena più dura: vengono sospesi a seguito della sola sentenza di primo grado.

Se vincesse il , l’intero decreto Severino verrebbe abrogato ed i condannati tornerebbero a ricoprire o mantenere cariche politiche, salvo decisione contraria del giudice – cui è rimessa la decisione circa l’interdizione (temporanea o definitiva) dai pubblici uffici. In caso contrario, la situazione attuale rimarrebbe invariata.

Primo quesito (Fonte: trmtv.it)

Secondo quesito: limitazione delle misure cautelari

Il secondo quesito riguarda il tema della limitazione all’applicazione delle misure cautelari ed è contenuto nella scheda arancione. Si chiede ai cittadini italiani di abrogare o meno la “reiterazione del reato” come uno dei criteri sulla base dei quali i giudici possono sottoporre taluno la custodia cautelare in carcere o ai domiciliari, imporre l’obbligo di firma o di non lasciare il paese, prima che si svolga il processo.

Infatti, attualmente un indagato può preventivamente finire ai domiciliari o in carcere prima della sentenza finale se vi è il rischio di inquinamento prove, il pericolo di fuga, se si tratta di un reato grave o c’è il rischio di reiterazione del reato. Il quesito mira ad abrogare quest’ultima possibilità: l’indagato non potrà subire determinate restrizioni della libertà personale, come quelle sopra elencate, se c’è il pericolo che il reato possa essere commesso nuovamente.

Secondo quesito (Fonte: lamagistratura.it)

Terzo quesito: separazione delle funzioni tra magistrati

La scheda di colore giallo contiene il terzo quesito. Questo riguarda la separazione delle funzioni giudicanti e requirenti dei magistrati. Più nello specifico, oggi, a seguito del superamento del concorso in magistratura, è possibile scegliere tra due carriere: quella di pubblico ministero (la parte dell’accusa) e quella di giudice (con funzione giudicante sui procedimenti). Attualmente è possibile intraprendere una carriera e poi decidere di cambiare e intraprendere l’altra, anche se con qualche limitazione: ad esempio, questo passaggio non può essere effettuato più di quattro volte. Il quesito chiede agli italiani di scegliere tra mantenere, votando No, la possibilità di passare da una carriera ad un’altra, oppure decidere all’inizio della carriera se si vuole ricoprire il ruolo di giudice o di PM senza possibilità di cambiare carriera, votando .

Terzo quesito (Fonte: orticalab.it)

Quarto quesito: valutazione della professionalità dei magistrati

Il quarto quesito trova spazio nella scheda di colore grigio. Continuiamo qui a parlare di magistrati, ma stavolta della loro valutazione. L’operato dei magistrati, nel nostro sistema giuridico, è giudicato, in ultima parte, dal Csm (Consiglio Superiore della Magistratura), sulla base di pareri motivati non vincolanti (per cui non vi è obbligo di attenervisi) del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione e dei Consigli giudiziari. Questi ultimi sono formati dai magistrati e dai cosiddetti membri laici, ovvero avvocati e professori universitari in materie giuridiche, che però non hanno potere decisionale sulla valutazione della professionalità e della competenza dei magistrati. L’obiettivo del quarto quesito è quello di estendere la valutazione dei magistrati anche ai membri laici.

Quarto quesito (Fonte: cremaonline.it)

Quinto quesito: elezione dei membri togati del Csm

La scheda del quinto e ultimo quesito è di colore verde ed ha ad oggetto l’elezione dei membri togati del Csm. Il Csm ha diversi compiti, tra cui: la gestione dei concorsi, gli avanzamenti di carriera, gli spostamenti dei magistrati e le sanzioni disciplinari. Tale organo è composto da 27 persone, di cui 3 sono membri fissi: parliamo del Presidente della Repubblica, del Procuratore Generale e del Presidente della Corte di cassazione. Poi ci sono 8 membri, tra professori universitari di materie giuridiche e avvocati che esercitano questa professione da almeno 15 anni, eletti dal Parlamento. I 16 membri rimanenti, i cosiddetti membri togati, ovvero i magistrati, sono eletti all’interno dai membri della stessa categoria.

Quando un magistrato intende candidarsi al Csm deve raccogliere almeno 25 firme dai suoi colleghi. Questo, però, secondo i promotori del referendum, sollecita la creazione di “correnti. Col quesito viene chiesta l’eliminazione del numero minimo di firme, per fare in modo che chiunque possa candidarsi liberamente ed in autonomia per entrare a far parte del Csm. Ciò sarebbe possibile se vincesse il .

Quinto quesito (Fonte: ilquotidianoindipendente.it)

Eleonora Bonarrigo

Eutanasia legale, per la Consulta il quesito referendario è inammissibile. “Non tutela la vita”

La Corte Costituzionale, nella giornata di ieri ha bocciato il referendum sull’eutanasia chiesto con la raccolta di 1,2 milioni di firme organizzata dall’Associazione Luca Coscioni. Le motivazioni non sono ancora state rese note ma la sentenza integrale della Corte sarà disponibile nei prossimi giorni. In una nota diramata dall’ufficio comunicazione e stampa si apprende che: (leggi qui il testo integrale)

“La Corte ha ritenuto inammissibile il quesito referendario perché, a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”.

L’associazione “Luca Coscioni” non si arrende

La sconfitta non sembra però scoraggiare i membri dell’associazione Luca Coscioni che in una nota hanno commentato la decisione della Corte.

Il cammino verso la legalizzazione dell’eutanasia non si ferma. L’Associazione Luca Coscioni non lascerà nulla di intentato, dalle disobbedienze civili ai ricorsi giudiziari.

Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni. (fonte: ilfattoquotidiano)

Un commento è presto arrivato anche da Marco Cappato che da mesi si batte per la raccolta delle firme e la sensibilizzazione sul tema: “Questa per noi è una brutta notizia”, ha dichiarato “credo che sia una brutta notizia per coloro che subiscono e dovranno subire ancora più a lungo sofferenze insopportabili contro la loro volontà. Credo sia ancora di più una brutta notizia per la democrazia del nostro Paese perché sarebbe stata una grande occasione per collegare la realtà sociale con le istituzioni, su questo molto disattente”.

Il referendum abrogativo

Il referendum proponeva di abrogare solo una parte dell’articolo 579 del codice penale, che punisce l’omicidio di una persona consenziente con la reclusione da 6 a 15 anni, con alcune eccezioni: resta un reato se si tratta di un minore e in questo caso si applicano le pene previste per l’omicidio. L’eventuale abrogazione avrebbe lasciato intatta la punibilità in tutti i casi dove non ci sia un esplicito consenso, in presenza di infermità mentale o dove il consenso venga carpito con l’inganno e avrebbe aperto la strada verso l’eutanasia attiva, al momento illegale in Italia, che avviene quando il medico somministra il farmaco necessario a morire.

I promotori del referendum, in diverse sedi, hanno replicato alle contestazioni avanzate dalle organizzazioni pro-vita in merito al rischio di “una totale liberalizzazione della pratica” dovuta all’abrogazione dell’omicidio del consenziente. “Il quesito referendario” rispondono i promotori, “fa salve le tutele poste per le persone più vulnerabili ovvero i minori, gli incapaci anche parzialmente o con una deficienza psichica momentanea e le persone il cui consenso non è libero, ovvero estorto o carpito con l’inganno. In tutte queste circostanze verrà applicata la norma che punisce l’omicidio doloso”.

Dibattito pubblico sull’eutanasia

Il dibattito pubblico sull’eutanasia e il suicidio assistito era stato introdotto dalla Corte Costituzionale quando nel 2019 era intervenuta sulla morte di DJ Fabo, stabilendo che a determinate condizioni non è punibile una forma di eutanasia definita assistenza al suicidio. La sentenza stabilì che in Italia si può aiutare una persona a morire senza rischiare di finire in carcere se quella persona ha una patologia irreversibile che provoca sofferenze fisiche o psicologiche, se la persona è pienamente capace di decidere liberamente e consapevolmente e se è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. La Corte Costituzionale aveva, inoltre, sollecitato il Parlamento ad approvare una legge in merito.

La legge assente

In tema eutanasia e suicidio assistito, il referendum è sempre apparso come l’ultima chance vista l’assenza di una legge in Parlamento che negli ultimi 40 anni non è stato in grado di giungere ad un accordo, nonostante le innumerevoli proposte e pressioni. Una proposta di legge sul suicidio assistito è attualmente in discussione a Montecitorio, ma rischia di vanificare quanto già previsto dalla sentenza della Consulta sul caso di Dj Fabo, che ha già valore di legge. Secondo Cappato, la rigidità del meccanismo di obiezione di coscienza “rischia di portare a una paralisi della struttura sanitaria, che invece deve essere obbligata a rispettare le volontà del malato”.

Le reazioni della politica 

La bocciatura del primo degli otto quesiti referendari da parte della consulta ha nell’immediato scatenato le reazioni della compagine politica che insiste affinché il Parlamento si impegni ad approvare una legge sul suicidio assistito. Il segretario del Pd, Enrico Letta ha commentato:

“La bocciatura da parte della Corte costituzionale del referendum sull’eutanasia legale deve ora spingere il Parlamento ad approvare la legge sul suicidio assistito, secondo le indicazioni della Corte stessa”

Così Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato del Pd: “Prevedibile l’inammissibilità di un quesito estremo, ma non si usi impropriamente come alibi contro la legge necessaria e urgente sul suicidio assistito già in aula alla Camera”. Anche il segretario della Lega, Matteo Salvini, nonostante non abbia mai nascosto la propria contrarietà all’eutanasia si è detto “dispiaciuto, la bocciatura di un referendum non è mai una buona notizia”.

 

Elidia Trifirò