Reddito di Cittadinanza, cosa cambia nel 2022

Il governo ha confermato lo stanziamento del Reddito di Cittadinanza anche per il 2022, ma Draghi annuncia che ci saranno “controlli molto più precisi e dettagliati”. Il disegno di legge approvato dal consiglio dei ministri modifica sensibilmente la misura. L’obiettivo, infatti, è quello di introdurre strategie che identifichino i cosiddetti “furbetti”, un meccanismo che riduca mensilmente di 5 euro l’importo percepito ad ogni rigetto di offerta di impiego e maggiori obblighi per i beneficiari. Si arriva pertanto ad una stretta per i percettori del reddito di cittadinanza che verosimilmente potrebbe essere applicata già dall’1 Gennaio 2022.

Il restyling del RcD

Il disegno di legge che introduce un restyling del RdC, fortemente voluto dal Movimento 5 stelle e introdotto nel 2019 dal Governo Conte I, ha ricevuto il via libera dal Governo lo scorso 28 Ottobre e introduce novità sui controlli, sulle modalità di erogazione e sul sistema di posizionamento nel mondo del lavoro.

Il sistema del Reddito di cittadinanza sarà modificato nei seguenti punti:

  • Saranno rafforzati i controlli grazie ad una collaborazione tra INPS e i Comuni di residenza dei percettori che eseguiranno controlli preventivi, successivi e a campione sui requisiti richiesti per accedere al beneficio. I comuni si impegneranno a coinvolgere almeno un terzo dei percettori in progetti utili alla collettività;
  • Taglio mensile di 5 euro ad ogni rigetto di offerte di impiego. Dopo il primo rigetto, il taglio di 5 euro al mese sull’assegno si protrarrà fino a che il percettore non trova un impiego. Il sostegno, in ogni caso, non può scendere sotto la soglia dei 300 euro. La riduzione non verrà applicata alle famiglie che percepiscono un reddito di cittadinanza inferiore a 300,00 € o i cui componenti sono esonerati o esclusi dal percorso di politica attiva o finché c’è un minore di tre anni o affetto da grave disabilità;
  • Diminuisce da 3 a 2 il numero di offerte che si possono rifiutare, pena la sospensione del beneficio. La prima offerta di lavoro dovrà riguardare una occupazione che disti non più di 80 km dalla residenza del percettore. La seconda non più di 250km;
  • Le domande prive della DiD, Dichiarazioni di Immediata Disponibilità al lavoro, non saranno tenute in considerazione.

Chi percepisce il reddito di cittadinanza

Il numero dei beneficiari continua ad aumentare. Secondo quanto emerge dall’analisi statistica contenuta nella rubrica del quotidiano La Ragione, nel mese di agosto le famiglie percettive del sussidio sono state 1,5 milioni, circa il 5,7 % in più rispetto al 2020. In totale sono quindi 3,7 mln i soggetti coinvolti, anche qui, oltre un milione in più rispetto al 2019. Secondo i dati di luglio 2021, circa l’85,6% dei percettori è di cittadinanza italiana. La diffusione più marcata del sussidio si registra al sud dove il 12% delle famiglie è beneficiaria del contributo, il 5% al centro e il 3,2% al nord.

A lanciare l’allarme per il Sud Italia è  il presidente di Ance Sicilia: “Siciliani refrattari allo sviluppo, attaccati al Reddito di cittadinanza, mentre le imprese che hanno il lavoro sono ridotte con i mezzi di cantiere fermi perché non si trovano conduttori specializzati”.

Il reddito di cittadinanza non durerà in eterno

 

Importo reddito di cittadinanza (fonte: nextquotidiano.it)

Quanto è costato fino a questo momento il reddito?

Ogni posto di lavoro “creato” con il Reddito di Cittadinanza è costato allo Stato almeno 52 mila euro, oltre il doppio di quanto spende annualmente un imprenditore privato per un operaio a tempo indeterminato full time.

Ipotizzando che ogni percettore abbia impiegato almeno un anno prima di entrare nel mercato del lavoro,

Come riporta QuiFinanza, dal 2019 fino alla fine di quest’anno, l’investimento dello Stato ammonta a 19,6 miliardi: 3,8 nel 2019, 7,2 nel 2020 e 8,6 miliardi per l’anno in corso. Per il 2022 è prevista una spesa di 7,7 miliardi. Come riporta Open, a questi dati vanno considerate le frodi sempre più frequenti che si registrano. Nell’anno in corso sono state erogate 200 milioni di prestazioni non dovute.

 

Elidia Trifirò

 

Turismo in allarme: mancano migliaia di lavoratori stagionali

Nel vivo della stagione turistica, sono molti gli imprenditori del turismo che, nelle ultime settimane, si sono lamentati della mancanza dei lavoratori stagionali, come baristi, camerieri, cuochi, addetti alle pulizie, bagnini.

Gli imprenditori in allarme

L’allarme corre un po’ per tutta la penisola. Come riportato dal quotidiano La Repubblica, il presidente pugliese e vicepresidente nazionale di Federalberghi Francesco Caizzi ha affermato: “Nel settore alberghiero pugliese mancano almeno seimila persone, ossia il trenta per cento del fabbisogno totale che è di circa 25mila lavoratori”.

Lo stesso Emanuele Frongia, presidente di Confcommercio Sud Sardegna, ha espresso la sua preoccupazione per la mancanza, in Sardegna, di diverse migliaia di persone fra lavapiatti, addetti di sala e alla reception, camerieri, sommelier.

Difficoltà anche in Toscana, come emerge dalle parole di Stefano Gazzoli, presidente dei balneari della Toscana di Confesercenti: “Nelle chat degli operatori toscani c’è una ricerca frenetica, specie per i lavoratori dei servizi accessori di bar e cucina”.

La situazione è difficile anche in Emilia-Romagna dove mancano, secondo l’associazione Albergatori di Rimini e Confcommercio, 7mila lavoratori stagionali, 5mila nel settore ricettivo, balneare e negli alberghi, 2mila nella ristorazione.

Colpa del reddito di cittadinanza?

Tutto questo sembra essere un paradosso se si pensa all‘aumento di disoccupati registrato dall’ Istat: molti non hanno un lavoro, eppure mancano i lavoratori.

Massimo Gravaglia – Fonte: www.initalianews.it

La ragione maggiormente plausibile per spiegare questa situazione è che sembrerebbe che gli italiani preferiscano percepire il reddito di cittadinanza, piuttosto che finire in balia del mondo del lavoro italiano, da sempre e ora ancor più problematico. A puntare il dito contro gli aiuti erogati da parte dello Stato è lo stesso ministro del Turismo, Massimo Garavaglia:

uno dei temi è certamente il reddito di cittadinanza, su cui si deve intervenire. Perché un intervento dello Stato deve essere temporaneo, se si dà l’idea che sia strutturale distorce il mercato“.

La pensano allo stesso modo gran parte degli imprenditori:

molti stagionali godono del reddito di cittadinanza o di altri sistemi di sostegno legati al Covid: legittimo, ma c’è una gran fetta di persone che accontentandosi di questa situazione non si dedica più al lavoro stagionale“, ha affermato Stefano Gazzoli.

Però, non si può semplicisticamente accettare questa spiegazione. Infatti, se il reddito di cittadinanza, che in media ha un valore mensile inferiore ai 500 euro al mese, può entrare in competizione con uno stipendio reale, è perché, evidentemente, lo stipendio proposto ai lavoratori di questo settore è inadeguato rispetto alle ore e alle condizioni di lavoro.

Il vero problema è che nel turismo vengono offerti posti di lavoro di scarsissima qualità, con salari da fame“, ha detto  Christian Ferrari, segretario regionale della Cgil in Veneto.

Le inchieste del Fatto Quotidiano

Le inchieste realizzate dal Fatto Quotidiano, che ha provato a fare colloqui con albergatori e titolari di stabilimenti balneari della Riviera Romagnola, riprendendoli con telecamera nascosta, mostrano perfettamente le assurde condizioni di lavoro offerte nel settore del turismo.

Sette giorni su sette senza alcun giorno di pausa nei tre mesi estivi e “se uno non è abituato a questi ritmi, si deve abituare”, dice il gestore di un hotel. Lo stipendio? 1500 euro al mese, ovvero 4 euro l’ora. C’è poi il gestore di un lido che cerca un addetto spiaggia anche senza brevetto da bagnino, disposto a svolgere diverse mansioni: mettere a posto le sdraio, richiudere gli ombrelloni, pulire la spiaggia. Il tutto sotto il sole dell’estate romagnola, dalle sette del mattino fino alla sera alle ventidue, con due ore di pausa al pomeriggio. “E se sto male?” chiede il presunto dipendente, “ma nel caso uno viene al lavoro lo stesso, ti metti nella casetta a riposare sperando che ti ripigli”, risponde l’imprenditore. Per 11 ore di lavoro al giorno la paga è di 1300 euro al mese. “Ma sulla busta paga ti segniamo sei ore e quaranta al giorno, anche se tu poi ne farai di più”, specifica il titolare.

Dopo le assurde offerte di lavoro, alcuni imprenditori spiegano, addirittura, come comportarsi nel caso di controlli:

se viene un controllo, devi dire che fai sei ore e quaranta e che hai il giorno libero. Sai che devi fare il giorno libero, ma che non sai quando lo farai perché cambia sempre in base ai turni. Questo è quello che devi dire, ma poi la realtà è un’altra. Lo sappiamo noi, ma la sanno anche loro“.

Non solo reddito di cittadinanza e pessime condizioni lavorative

In realtà, la questione è complessa e non può essere ricondotta ad un’unica ragione. Sicuramente i ridicoli contratti di lavoro offerti nel settore influiscono. Sicuramente influiscono anche i sussidi offerti dallo Stato, non solo il reddito di cittadinanza, ma anche il reddito di emergenza, i bonus concessi alle categorie interessate dagli effetti dell’epidemia, tra cui gli stagionali. Da considerare anche  il sussidio di disoccupazione, per accedere al quale sono cambiate le regole da marzo 2021: non è più necessario aver lavorato almeno trenta giornate nell’anno precedente e allo stesso tempo è stata sospesa la riduzione del 3% mensile del sussidio dopo il quarto mese dalla prima erogazione.

Ci sono anche altre motivazioni, più strettamente legate al Covid. A causa delle chiusure, delle incertezze sulle date e sulle modalità di riapertura, i titolari si sono trovati impreparati e si sono occupati delle assunzioni all’ultimo minuto: “La cautela dei titolari delle attività  non ha permesso la programmazione delle assunzioni che sono arrivate all’ultimo minuto in attesa di sicurezze su una ripartenza vera. Questo ovviamente richiede di trovare personale già formato, una persona non può imparare questo lavoro in 15 giorni”, ha spiegato Carlo Scrivano, il direttore dell’Unione Provinciale Albergatori di Savona.

C’è anche da considerare che, quest’anno, la stagione è partita più tardi ed è dunque più breve: alcuni dipendenti probabilmente hanno preferito attività con tempi di assunzione più lunghi piuttosto che 70 giorni di lavoro. “Ovvio che lavorare per 3 mesi o 6 è diverso che lavorarne poco più che due”, ha dichiarato sempre Scrivano.

La pandemia può aver influito sui lavori di stagione anche in altri modi:  probabilmente alcune persone, per preoccupazioni sanitarie, hanno evitato di scegliere lavori che prevedono un costante contatto col pubblico. Si pensi, poi, che una parte dei lavoratori stagionali sono studenti universitari fuorisede, che in molti casi nell’ultimo anno non hanno vissuto nelle città dei loro atenei, dove pagavano un affitto lavorando per esempio nei bar o nei ristoranti.

Chiara Vita