Tutto ciò che è necessario per i giovani. La chiave della rinascita per Draghi

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Draghi al Meeting di Rimini (agosto 2020) Fonte: investing.com

È un uomo di poche parole, Mario Draghi. Non è un frequentatore di salotti televisivi né avvezzo ad interviste: lo abbiamo percepito tutti cercando tra le righe le idee da cui potrebbe far partire un nuovo esecutivo. In circolo ci sono poche espressioni, ma che hanno il peso e l’eco di epigrafi. “Whatever it takes”: sì, ma non solo. Ci sono altri momenti per il quale Super Mario merita di essere menzionato. “Ai giovani bisogna dare di più”, ad esempio. Lo diceva già ad agosto, durante il Meeting di Rimini, spiegando che i sussidi tout court da soli non serviranno a risanare il tessuto sociale del Paese: se non ben bilanciati, lo lacereranno ancor di più. Per Draghi l’unico volano per una rinascita sociale ed economica italiana, sarà investire sulle nuove generazioni, le stesse – diciamolo senza mezzi termini – che dovranno pagare un debito mai visto nella storia italiana.

È dunque alle donne e agli uomini di domani che bisogna dare il massimo supporto affinché si delinei una società che permetta libera scelta nella formazione umana e nella qualificazione professionale. Se non si mette al centro questo punto focale il rischio è che al futuro si arrivi con meno possibilità del presente e con più diseguaglianze del passato.

Si tratta di coltivare persone, non titoli di stato, non voti. Si mette sul tavolo un investimento potenzialmente vincente ed esponenzialmente fruttuoso.

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Il passaggio simbolico della campanella tra il presidente uscente Conte e il premier incaricato Draghi -Fonte: avvenire.it

Non serve un esperto in politica economica per capire, invece, che il vizio dei recenti governi sia risieduto tutto nel non aver mai impiantato obiettivi di lungo termine, ma semplicemente portato a compimento – nel migliore dei casi – obiettivi nei termini temporali di un esecutivo a causa di una ricerca spasmodica di un immediato ritorno politico.

Quello che serve per una crescita sostanziale, economica e sociale, sono tutti elementi che vanno nella direzione opposta. Servono lungimiranza, pazienza e soprattutto coraggio. Ci vuole impegno morale per spendere decine di miliardi di euro nell’istruzione. È una strada scomoda, un investimento silenzioso, i cui risultati possono essere raccolti solo nel lungo termine, quando ormai sono troppo distanti da chi li ha propagati. Chi investe sull’istruzione, insomma, rischia di passare inosservato.

PNRR
Fonte: mef.gov.it

Già a partire dalla sobrietà del governo dimissionario, sembra che si sia mettendo fine all’egoismo che ha indotto i governi a favorire obiettivi elettorali; la tendenza sembra essersi invertita anche ad un livello superiore, e non è un caso che l’Europa abbia intitolato il piano di ripresa europea alla generazione futura – il NextGenerationEu. Per gestire i fondi di quest’ultimo, nel Recovery Plan già il governo Conte, aveva riservato nell’ultimo progetto quasi 28,46 miliardi (9 in più rispetto alla prima bozza) all’istruzione e alla ricerca mentre la questione giovanile era al secondo posto tra i gli obiettivi fondamentali da portare a termine entro il 2026. Adesso si ha buon motivo di credere che spetterà al nuovo governo tecnico ricalcolare e rinegoziare. E Draghi non sembra discostarsi tanto da queste premesse poichè già da giorni le prime dichiarazioni trapelate sul programma di governo confermerebbero la primarietà dell’istruzione in agenda, come anche le notizie sull’apertura delle scuole fino a luglio per recuperare il “tempo perso” o del riempimento delle cattedre già dalla fine di quest’anno scolastico.

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Il piano approvato dal consiglio dei ministri dell’esecutivo Conte il 12 gennaio 2021 – Mef.gov.it

È il solo modo, quello di investire dei fondi per i giovani, affinché l’Europa riprenda a chiedersi che ne pensa l’Italia. E non solo perché si prospetta una figura come Draghi al comando di un esecutivo.

Ma soprattutto l’istruzione e la ricerca, insieme, sono la sola via perché i germi di menti performanti attecchiscano nella loro terra, senza dover perdere le radici.

“Ogni crisi ha in sé i semi del successo e le radici del fallimento”, dice Norman R. Augustine; ed ogni crisi può innescare un vero e proprio turn-around. Non si tratta di utopia, ma di responsabilità morale verso il futuro.

È forse giunta l’ora che l’Italia sperimenti l’ordinario e metta a frutto il cosiddetto debito buono – come lo chiama il Presidente incaricato – un vero e proprio investimento che risponda a criteri di sostenibilità e che, seppur contempla un ingente impiego di risorse nell’ora, delinei dei consistenti risultati umani nel futuro.

Martina Galletta

Articolo pubblicato l’11 febbraio 2021 sull’inserto NoiMagazine di Gazzetta del Sud

Recovery Fund, le novità delle ultime settimane. Il sindaco De Luca diffida il governo: pochi fondi per il Sud

Il Recovery Fund, il “fondo di recupero” formulato per il rilancio delle economie schiacciate dalla pandemia, ha dovuto e sta affrontando durante l’iter per la sua approvazione numerose sfide. I 27 Stati membri dell’Unione europea si sono spesso scontrati, nonostante la prima parte del 2020 si fosse chiusa con una flessione del Pil per molti di essi. Ancora molti sono i punti di rottura che si creano al riguardo. In questi giorni, si parla di equa divisione dei fondi europei all’interno dell’Italia, per evitare che ancora una volta il Sud si ritrovi svantaggiato.

(fonte: money.it)

Cos’è il Recovery Fund e perché se ne discute tanto

Inizialmente, la discussione si è aperta tra i rigidi Paesi del Nord, restii a ogni forma di debito pubblico condiviso perché meno colpiti dalla pandemia, e quelli del Sud, più penalizzati, come l’Italia.

Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità) ed eurobond sono gli altri due punti su cui ci si è molto confrontati.

In un secondo momento, la strada ha iniziato ad esser spianata da Francia e Germania, le quali hanno avanzato una prima proposta basata esclusivamente su concessioni di denaro a fondo perduto. Poi sono subito arrivati un progetto di Olanda, Austria, Danimarca e Svezia, e uno della Commissione europea, nel quale sono stati inseriti sia finanziamenti che concessioni a fondo perduto.

In estate ha visto la luce anche la proposta di Charles Michel, a una settimana dal summit del 17-18 luglio. Il presidente del Consiglio europeo, presentò una nuova bozza negoziale, nel tentativo di trovare un compromesso. Il testo prevedeva un sottile bilanciamento tra gli interessi nazionali, una riduzione del bilancio – da 1100 miliardi a 1074 miliardi di euro – e un nuovo meccanismo di controllo sull’uso del denaro europeo a livello nazionale.

Successivamente, si è verificato un braccio di ferro con Polonia e Ungheria, contrarie alla condizione del rispetto dello Stato di diritto e i basilari principi di democrazia, imposto a tutti i Paesi beneficiari. Per superare lo stallo, l’Ue ha assicurato l’impegno ad elaborare linee guida chiare sulla sua interpretazione e la possibilità di invocare la Corte di Giustizia Europea sulla sua validità, arrivando al compromesso nel Consiglio del 10 dicembre.

750 miliardi di euro: 390 miliardi di sovvenzioni, 360 miliardi di prestiti.

Questi i soldi stanziati, che verranno reperiti tramite il meccanismo dell’emissione di debito garantito dall’Ue, in questo primo trimestre del 2021.

Il nuovo capitolo che ora si apre, vede protagonisti i singoli Stati, a cui spetta elaborare dettagliati piani di spesa nazionali. In soldoni, verrà deciso come verranno spesi questi fondi europei.

 

L’utilizzo dei fondi europei in Italia accende i primi scontri

L’Italia sta definendo il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) , nel quale le risorse sono suddivise per diversi ambiti di destinazione, che deve esser finito e presentato a Bruxelles entro aprile.

In questi giorni, è stata sollevata una polemica al riguardo, proprio dal “non-più-dimissionario” sindaco di Messina, Cateno De Luca.

L’1 febbraio, convoca una conferenza stampa, presso il Salone delle Bandiere del Palazzo Zanca, per annunciare l’intenzione di diffidare il governo nazionale e la Regione Sicilia, proprio a causa del Recovery Fund.

De Luca, Previti e Puccio durante la conferenza (fonte: qds.it)

Analizzando i dati, per il sindaco, il Mezzogiorno, sarebbe stato ancora una volta beffeggiato. Nello specifico, i 209 miliardi del Recovery destinati all’Italia, non sarebbero stati divisi seguendo i tre parametri suggeriti dall’Europa, Pil pro capite, tasso medio di disoccupazione e popolazione. Il governo avrebbe sfruttato solo l’ultimo dei criteri; così, solo il 34% dei fondi – dunque 71 miliardi – sarebbero stati assegnati al Sud e il restante 66% alle regioni dal Lazio in su.

“Se si tiene conto dei tre indicatori che l’Europa ha stabilito, la percentuale arriva al 75% e quindi alle città metropolitana da Roma in giù spetterebbero 156 miliardi. Ma il governo ha ignorato il diktat tenendo di conto di fatto solo del fattore popolazione” ha detto De Luca, sostenendo che, in realtà, la maggior parte dei fondi destinati al nostro Paese, dovrebbero andare al Sud.

Affiancato dal vicesindaco e assessore ai Fondi europei Carlotta Previti e dal dirigente tecnico della città metropolitana di Messina, Salvo Puccio, ha segnalato ulteriori anomalie: molte opere per il Sud, introdotte nel piano che l’Italia ha redatto per l’utilizzo dei fondi, risultano esser già finanziate, come, ad esempio, la nuova linea ferroviaria Messina-Catania-Palermo. Perciò, esigono che le risorse nazionali siano aggiuntive e non sostitutive rispetto a quelle messe a disposizione con il Recovery, rispettando il “principio di addizionalità” previsto dalla Commissione Europea nelle linee guida.

“Il Sud esce penalizzato da queste scelte. E’ un furto bello e buono!” ha dichiarato De Luca.

Il sindaco pensa anche a una diffida collettiva, suggerendo ai sindaci delle sei regioni meridionali – Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania e Sardegna – di mettere la popolazione a conoscenza della questione affinché possa protestare per una maggiore attenzione.

Una diffida collettiva dalle regioni meridionali per spingere l’Ue a intervenire.

Pesanti le dichiarazioni di De Luca anche contro la Regione che non sembra averlo coinvolto nell’aspetto decisionale della formulazione delle proposte per la Sicilia.

Il sindaco, infatti, ha individuato progetti per Messina e provincia, quantificabili in 632 milioni di euro. Tra questi compare anche il famoso ponte sullo Stretto, mai realizzato. Nove schede progetto, tra cui anche il risanamento delle baracche, misure per la transizione green e quella digitale. Sono stati indicati tutti i dettagli per la realizzazione, compreso un preciso cronoprogramma.

Il sindaco è stato aspramente criticato per questa mossa da Sicilia Futura, che lo accusa di star facendo solo propaganda politica e non il bene della città, nonostante l’essenza stessa del Recovery sia quella anche di misura politica, per evitare che vi siano troppe diseguaglianze nell’Europa post-covid.

Dunque, due diffide: una al governo nazionale sicché apporti tutte le modifiche segnalate, con un aumento della quota di risorse per il Mezzogiorno fino al 75%, e una al governo regionale perché apporti tutte le modifiche da lui indicate nel suo Atto di Diffida, avviando, inoltre, la concertazione di tutti soggetti istituzionali, locali, interregionali e nazionali per la definizione delle linee di intervento, ma soprattutto la condivisione, per lui mancata, di queste.

Sulla scrivania di Draghi anche la bozza del Recovery

Draghi, neo premier incaricato da Mattarella (fonte: lagazzettadelsud.it)

L’avvento di Draghi premier cambierà lo sviluppo del Piano che l’Italia dovrà presentare obbligatoriamente entro aprile a Bruxelles. Ormai conosciamo bene il concetto di debito buono, portato avanti dal neo premier incaricato. L’intento è quello di pensare a interventi che possano giovare a lungo termine, senza lasciarsi tranquillizzare troppo dalla liquidità istantanea che si riuscirà a portare in Europa. Il rischio, infatti, è quello di investire male e finire per ritrovarsi con un debito ancora più grande in futuro. Non solo, dunque, tamponare le emergenze attuali, ma creare nuove reali opportunità per l’Italia.

Draghi non mancherà di definire ogni punto con estrema precisione. Da Bruxelles, infatti, avevano fatto sapere che la bozza italiana mancava di alcune precisazioni significative su obiettivi, entità di spesa, impatto sul PIL. Il capitolo di spesa relativo alla scuola della bozza potrebbe essere modificato, anche quello su pubblica amministrazione, piuttosto “nebuloso” e quello sulle infrastrutture, tema, molto caro anche a tutti i partiti.

(fonte: open.online.it)

Oltre giovani e lotta alla disuguaglianza sociale, parità di genere – soprattutto riguardo l’aspetto occupazionale – istruzione e ricerca sono punti fondamentali per l’ex banchiere. Si vocifera anche dell’istituzione di una task force ad hoc e persino di un ministro per l’amministrazione dei fondi, ma, comunque certa è la supervisione di Draghi e sicuro che con lui il Recovery Fund cambierà e anche velocemente.

 

Rita Bonaccurso

Approvato il Recovery Fund. Ecco come sarà articolato

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è stato approvato dal Governo. E potrebbe essere l’ultimo piano approvato dall’esecutivo così composto. A seguito dell’astensione di Teresa Bellanova ed Elena Bonetti sul Recovery plan in Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi ritira le sue due ministre e annuncia l’uscita dal governo da parte di Italia Viva, generando la crisi di governo che sta angosciando ulteriormente un paese in estrema sofferenza.

 

Incontro sul Recovery Fund –Fonte:it.notizie.yahoo.com

La riunione del Consiglio dei ministri, tenutasi nella notte tra martedì e mercoledì, presieduto dal premier Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, ha portato come esito positivo l’approvazione della bozza del Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che definisce l’investimento del denaro che arriverà in Italia dall’Unione Europea attraverso il programma Next Generation Eu, abitualmente riconosciuto come Recovery Fund. Ciò servirà per integrare il Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027.
Sono previsti 222 miliardi di cui 144,2 saranno destinati a nuovi interventi.

Recovery Fund: ecco come funziona

Si tratta di un fondo di recupero, presupposto per la crescita “necessaria e urgente” per far fronte alla crisi infiammata dalla pandemia da coronavirus nel 2020. Consiste nell’emanazione del Recovery bond, ossia legame di recupero, con la garanzia del bilancio UE. La liquidità raccolta con questo meccanismo, verrà distribuita nei paesi che si trovano ad affrontare le maggiori difficoltà, come aveva precisato il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel a maggio dello scorso anno.

Recovery Fund: cos’è, come funziona –Fonte:strettoweb.com

Complessivamente, il Recovery fund consiste in un progetto da 750 miliardi di euro, i cui fondi sono articolati in sovvenzioni e prestiti.

Il PNRR dell’Italia

Recovery Fund, il piano italiano –Fonte:ilmessaggero.it

Il Piano è ripartito in 6 aree tematiche chiamate “missioni” le quali sono:

  • digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura: 45,1 miliardi di euro;
  • rivoluzione verde e transizione ecologica: 67,5 miliardi di euro;
  • infrastrutture per una mobilità sostenibile: 32 miliardi di euro;
  • istruzione e ricerca: 26,1 miliardi di euro;
  • inclusione e coesione: 21,3 miliardi di euro;
  • salute: 18 miliardi di euro.

In queste, sono raggruppati sedici componenti funzionali alla realizzazione degli obiettivi economico-sociali delineati dalla strategia del Governo. A sua volta si interverrà, per promuovere la ripresa, alla loro ramificazione in 47 linee di intervento per progetti omogenei e coerenti. Gli aiuti sono veicolati in particolar modo ad incidere sull’economia e sul lavoro con maggiore impatto.

La strategia del Governo

Le risorse ripartite nelle “sei missioni” del PNRR sono pari a circa 210 miliardi di euro, a loro volta distribuiti in:

  • 144,2 miliardi per “nuovi progetti”
  • 65,7 miliardi destinati per “progetti in essere”, che otterranno un’accelerazione dei profili temporali di realizzazione e di spesa

L’intento dell’Esecutivo è di massimizzare le risorse destinate agli interventi pubblici che tocca una quota superiore al 70%, affiancati dagli investimenti privati del 21%.

Recovery Fund: la strategia italiana –Fonte:3i-partners.com

Non essendo ancora programmate le risorse Nazionali del Fondo di sviluppo e coesione si sono potuti aumentare gli investimenti di circa 20 miliardi per nuovi disegni nei settori che investono la rete ferroviaria veloce, la portualità integrata, il trasporto locale sostenibile, la banda larga e il 5G, il ciclo integrale dei rifiuti, l’infrastrutturazione sociale e sanitaria del Mezzogiorno.

Durata del piano

Entro la fine del 2022 verrà accaparrato il primo 70% delle sovvenzioni che dovrà essere speso entro il 2023. Il restante 30% sarà erogato tra il 2023 e il 2025. Per riuscire a mantenere una livello elevato di investimenti e pagamenti è necessario che i prestiti totali siano in aumento in confronto all’andamento tendenziale. Infatti nel primo triennio i finanziamenti riguarderanno principalmente i “nuovi progetti”, mentre nel biennio 2024-2026 si assisterà ad un cambiamento di rotta, in cui la quota maggiore delle agevolazioni verrà presa dalle somme per i piani aggiuntivi.

Occupazione femminile

Focus principale del Recovery fund riguarda proprio la trascrizione di un documento per promuovere la crescita dell’occupazione femminile e conseguentemente il PIL. Per il loro raggiungimento saranno necessarie le risorse europee e il riordino della spesa nazionale. Nel Manifesto ci si attende

  • Assunzioni nei servizi pubblici di donne e giovani;
  • Sostegno all’imprenditorialità femminile;
  • Affiancamento e formazione delle titolari delle nuove imprese femminili nei primi tre anni;
  • Riduzione consistente dei contributi provvidenziali per lavoratrici autonome totali e parziali;
  • Parità salariale e di assunzione;
  • Educazione contro gli stereotipi;
  • Premi per le imprese che mettono in pratia l’uguaglianza di genere per ridurre il gender gap, ossia quel divario che esiste tra uomini e donne in diversi ambiti, che compromette profondamente la vita quotidiana.
Un Recovery Fund a dimensione di donna –Fonte:huffingtonpost.it

Obiettivi del PNRR

Recovery Fund, riforme strutturali –Fonte:ednh.news

Il piano Nazionale di ripresa e resilienza entrerà in collisione positivamente con le principali variabili macroeconomiche, come la crescita potenziale, la creazione di posti di lavoro e la capacità dello Stato di reagire sia economicamente che socialmente, su temi come equità e sviluppo sostenibile. Complessivamente gli investimenti, le riforme e gli incentivi genereranno un effetto “leva” per le innumerevoli linee progettuali che potranno essere realizzati quando l’Esecutivo emanerà per tutti i disegni proposti delle riforme necessarie a renderli decisivi e incisivi.

Cosa potrebbe accadere dopo l’approvazione del Recovery Fund

A seguito dell’astensione di Teresa Bellanova ed Elena Bonetti sul Recovery plan in Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi ritira le sue due ministre e annuncia l’uscita dal governo

“Non consentiremo a nessuno di avere pieni poteri. C’è una crisi aperta da mesi.”

Crisi di Governo –Fonte:fanpage.it

Nel corso della conferenza stampa tenutasi nel pomeriggio del 13 gennaio, il leader di Italia Viva ha formalmente aperto la crisi, sebbene poco prima il Capo di Stato Sergio Mattarella a gran voce aveva lanciato l’appello affinché non perdurasse il clima di incertezza in relazione alla situazione epidemiologica che l’Italia si trova ad affrontare. Grande dispiacere traspare nelle parole del Presidente del Consiglio

“Sono sinceramente rammaricato, e credo di potere interpretare anche i vostri pensieri. Ho provato fino all’ultimo minuto utile a evitare questo scenario, e voi siete testimoni degli sforzi fatti in ogni sede, ad ogni livello di confronto”

Benchè il premier Conte abbia annunciato di lavorare ad un patto di legislatura, si dovrà ancora attendere per conoscere le sorti finali del Governo italiano.

 

Giovanna Sgarlata

Recovery fund: c’è l’accordo UE. E l’Italia porta a casa una vittoria

Settimane fa scrivevamo, in riferimento al Recovery Fund:

Il progetto […] è ancora lontano dall’essere totalmente definito nella sua interezza, ma l’opinione comune dei Paesi è potersi rialzare grazie a strumenti solidi e duraturi in un’ottica di lungo periodo.”

Il fondo di recupero tanto dibattuto dai Paesi europei fin dai primi devastanti passi del Covid-19 è arrivato al verdetto finale. Dopo giorni di trattative al tavolo del Consiglio europeo, all’alba di martedì 21 luglio è stato siglato l’accordo sul Recovery Fund. Il sorgere del sole di una calda giornata d’estate ha visto 67 pagine di cifre, dichiarazioni e condizioni per i Paesi interessati.

Il presidente del Consiglio Europeo Michel e la presidente della Commissione europea von der Leyen hanno tenuto una conferenza stampa dopo l’intesa, ponendo un accento particolare all’importanza storica dell’accordo raggiunto. Questo sarà ratificato dai vari Paesi con una nuova clausola d’indebitamento della Commissione, e sarà approvato dal Parlamento europeo.

Si parla di Next Generation EU o Recovery Fund da 750 miliardi di euro, utilizzati per aiutare gli Stati colpiti dalla crisi economica del Coronavirus. Era una cifra già enunciata dal vertice UE mesi fa, ma finalmente la cifra è stata definita con certezza: di questo ammontare, ben 390 miliardi saranno erogati a fondo perduto e 360 miliardi prenderanno la forma di prestiti. Inoltre, il bilancio per i prossimi 7 anni avrà un valore di 1074 miliardi di euro.

Per la prima volta i Paesi membri danno mandato alla Commissione UE di indebitarsi a loro nome per somme consistenti.

Qual è il verdetto per l’Italia?

L’Italia vede un sorriso stampato sullo stivale: nonostante l’incertezza del premier Conte sull’esito positivo delle trattative per il nostro Paese, all’Italia spetteranno 209 miliardi di euro, distribuiti tra 82 miliardi di sussidi e 127 di prestiti.

I Paesi “frugali” (Olanda, Danimarca, Svezia, Finlandia), che volevano limitare il denaro a fondo perduto, hanno dovuto accettare un compromesso a favore dei Paesi in ginocchio, tra cui l’Italia.

Infatti, i sussidi non ammonteranno a 500 miliardi, ma a 390 miliardi. I prestiti invece aumentano da 250 a 360. La nuova proporzione è soprattutto volta a soddisfare i leader più influenti che volevano limitare i contributi a fondo perduto.

Per ottenere il loro accordo vi è stato anche un forte aumento (in alcuni casi un raddoppio) dello sconto di cui godono in primi quattro paesi appena elencati.Si è notato, tra l’altro, un cammino comune percorso da Francia e Germania, testimoniato anche dalle parole del leader francese Macron:

Abbiamo adottato un massiccio piano a favore della ripresa: un prestito in comune per rispondere alla crisi in modo unito e investire nel nostro futuro. Non l’abbiamo mai fatto!”

Come verrà finanziato il Recovery Fund?

Si parla per la prima volta, in modo concreto, di condivisione del debito. La Commissione UE può emettere titoli comuni sui mercati finanziari. Gli Stati membri non erogheranno denaro, ma dovranno garantire che nel caso di necessità sosterranno titoli per un certo ammontare. Per il rimborso si pensa alla creazione di nuove tasse europee.

Il Recovery Fund distribuirà risorse tra il 2021 e il 2023, svolgendo il suo compito fino al 2026, per aprire poi le porte al rimborso del denaro preso a prestito dal 2027.

Non mancano, però, delle condizionalità (tanto nominate in ambito di MES ma, a quanto pare, poco contrastate in riferimento al Recovery Fund). Innanzitutto, la Commissione europea dovrà presentare entro il Consiglio europeo di ottobre le sue raccomandazioni ai governi sul potenziamento dell’efficienza nell’approvazione ed esecuzione di lavori pubblici. Sicuramente è un campanello d’allarme verso l’Italia, maggior beneficiario del Recovery ma allo stesso tempo con un alto livello di inefficienza amministrativa: non è possibile ignorare le decisioni europee, pena il congelamento dei finanziamenti.

Il Paese che vorrà richiedere fondi, dovrà presentare un piano di ripresa e di resilienza coerente con obiettivi di varia natura, ad esempio difesa del clima e digitalizzazione, oltre ovviamente al rispetto delle raccomandazioni della Commissione. Per l’Italia, in particolare, si richiede amministrazione e giustizia civile più efficienti. La Commissione UE dovrà, entro due mesi, approvare o respingere il progetto presentato.

Per ciò che riguarda l’approvazione degli esborsi delle tranche del Recovery fund, la Commissione chiede l’opinione del Comitato economico e finanziario. Se un Paese non autorizza l’esborso, può chiedere che il versamento sia sospeso fino a quando si pronuncerà il Consiglio europeo, con un tempo di discussione massimo di tre mesi. La decisione finale, però, spetta alla Commissione UE.

Contenuto realizzato in collaborazione con Starting Finance

Marco Amato

Rossana Arcano

Recovery Fund. Ecco cos’è e perché è la chiave dell’intesa UE

Dopo aver parlato nelle settimane precedenti di PEPP e di MES e SURE, adesso è necessario analizzare il Recovery Fund, data l’importanza di effettuare degli investimenti pubblici oculati che permettano una crescita futura del sistema e una sostenibilità del debito pubblico, a fronte del basso tasso d’interesse che dovremo riconoscere in questi anni grazie agli interventi della BCE.

Spesso discusso dai media da quando, lo scorso aprile, il Presidente del Consiglio Conte aveva definito il Recovery Fund come “una parte essenziale nella trattativa con l’UE”, il 27 maggio sono state delineate le basi di questa forma di sostegno economico. La Commissione Europea, con a capo Ursula von der Leyen, ha infatti dato voce ad una proposta da 750 miliardi di euro.

Cos’è il Recovery Fund?

Così come suggerisce il termine stesso, il Recovery Fund è un fondo di recupero per arginare l’impatto devastante del Covid-19, posto a sostegno dei Paesi maggiormente colpiti.

Ancor prima della proposta UE alcuni Paesi, tra cui Francia e Germania, avevano avanzato una prima proposta sul fondo di recupero, prevedendo concessione di denaro a fondo perduto, cioè denaro da non restituire, interessi a parte.

Tuttavia, per i Paesi più solidi dell’UE, tra cui Olanda, Austria, Danimarca, Svezia, ma anche dalla stessa Commissione, il recovery fund non avrebbe dovuto prendere le sembianze di contributi a fondo perduto ma di finanziamenti. Questo perché, altrimenti, si creerebbe un rischio di “debito perpetuo” europeo.

Infatti, è stato designato come un fondo con il compito di emettere Recovery Bond, con la garanzia del bilancio UE 2021-2027 che proprio per questa occasione aumenterà la propria portata, cioè verranno inserite delle imposte comunitarie come la carbon tax e la web tax per raccogliere maggiori risorse. Si tratta di condividere il rischio guardando il futuro, senza mutualizzare il debito passato.

Com’è finanziato?

Il Recovery Fund riceve i fondi grazie ad una raccolta di liquidità data dall’emissione di Recovery Bond. Una volta ricevute le risorse, queste sono distribuite agli Stati membri. I 750 miliardi di euro saranno suddivisi in 500 miliardi di sovvenzioni e 250 miliardi di finanziamenti, all’Italia dovrebbe spettare il 22,5% di queste risorse poiché è uno dei paesi più colpiti dalla crisi Covid. In termini numerici, all’Italia spetteranno 172 miliardi di euro di cui 90 in prestiti e 82 in sovvenzioni.

Come abbiamo visto la scorsa settimana, MES e SURE sono interventi a breve termine, poiché il loro utilizzo dovrebbe essere quello di potenziare le strutture sanitarie e di erogare i sussidi di disoccupazione per i lavoratori che maggiormente soffrono la crisi. Il Recovery Fund, invece, al contrario di Mes e Sure, guarda più a lungo termine. Infatti, il Recovery Plan che bisogna presentare per ottenere tali fondi deve prevedere un progetto di importanti investimenti in infrastrutture, innovazione e ricerca.

In termini semplici, se l’Italia decidesse di spendere questi fondi in una nuova Quota 100 – ovvero in pensionamenti anticipati – non potrebbe accedervi. Questi fondi devono essere spesi per investimenti che stimolino fortemente la crescita economica, investimenti in infrastrutture, potenziamento del sistema d’istruzione; pensate se ci fossero delle autostrade nuove e senza interruzioni, significherebbe non solo maggiore sicurezza ma anche più facilità e tempi brevi nel trasporto di merci e persone.

Perché è così importate stimolare una costante crescita economica?

Dopo aver esaminato il quadro completo, è possibile addentrarsi in un’analisi più specifica. Da sempre si parla del problema del debito pubblico italiano, come ben sappiamo elevatissimo, con la possibilità di raggiungere quasi il 160% del PIL a seguito di questa crisi. Ma l’importante, secondo gli economisti, non è il livello del debito pubblico sul PIL, quindi il numeratore, ma la sua tendenza, cioè se questo numero tende a diminuire o ad aumentare ancora; da cosa vediamo questa tendenza? Dalla differenza tra il tasso d’interesse pagato sul debito e la crescita del PIL.

Il progetto del Recovery Fund è ancora lontano dall’essere totalmente definito nella sua interezza, ma l’opinione comune dei Paesi è potersi rialzare grazie a strumenti solidi e duraturi in un’ottica di lungo periodo.

Contenuto realizzato in collaborazione con Starting  Finance

Rossana Arcano
Marco Amato