Il terzo gemello a metà strada tra etica, genetica e mistero

Un thriller tra scienza ed etica. Voto UvM: 4/5

 

 

 

Il terzo gemello è un’opera dello scrittore britannico Ken Follet pubblicata nel 1996.

L’autore ci propone un accattivante thriller che affascinerà il lettore già dalle prime pagine.

La trama ha come ambientazione Baltimora in cui si presenta sulla scena una giovane e brillante ricercatrice universitaria, Jeannie Ferrami, alle prese con un ambizioso esperimento che si occupa di esaminare gemelli monozigoti separati per caso dalla nascita e cresciuti in contesti sociali ed educativi totalmente diversi.

Attraverso l’esame di questi gemelli, la nostra protagonista scoprirà se il carattere, l’indole o ancor di più la personalità di un individuo possano dipendere esclusivamente da fattori genetici oppure da fattori esterni al soggetto quali l’educazione impartita e il contesto familiare e sociale in cui ha vissuto.

Qualora convivessero questi due fattori, Jeannie dovrà capire in che misura possano essere determinanti oppure quale dei due potrà essere prevalente. Siamo esclusivamente ciò che viene codificato dal nostro Dna o siamo anche il risultato di quello che è il “nostro vissuto”?

 

Per riuscire a portare avanti la propria ricerca Jeannie si imbatte in una matassa da districare, un intrigo “all’americana” che vede come al solito coinvolta la Cia, il Pentagono, gli apparati militari e la tanto agognata corsa alla Casa Bianca.

L’arco temporale della vicenda si dilata in una settimana. Il racconto è lineare: non sono presenti flashback o ring composition; lo stile è scorrevole con una terminologia intellegibile anche quando lo scrittore si cala nel lessico di settore.

L'autore, Ken Follet
L ‘ autore Ken Follet, Wikipedia.org

 

Ken Follet propone al lettore un thriller a sfondo scientifico; non possono non fare da perno alla vicenda esperimenti di ingegneria genetica e il frequente ricorso alle biotecnologie. Fino a che punto sarà possibile utilizzare questi ingegni che il progresso ci ha fatto conoscere? Ed è qui che entra in gioco l’etica.

Dunque genetica, scienza, etica e mistero diventano grazie a Ken Follet “cornice di un quadro” che il lettore non potrà fare assolutamente a meno di ammirare.

                                                                                                                                                                                   Ilenia Rocca

Revolver, 1966. L’album della svolta per i Beatles

Quando la musica pop diventa arte… A partire dalla copertina! Voto UvM: 5/5

 

 

 

 

Discogs.com

 

Meno famoso rispetto al successivo Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band, ma sicuramente non meno importante nelle carriera discografica dei Beatles è Revolver, pubblicato il 5 agosto del 1966.

Perfetto equilibrio tra pop e canzone d’autore, tra accenni alla musica colta e soft rock, Revolver – e questo per alcuni può essere una pecca- è un album molto più eterogeneo del Sgt Pepper, un viaggio travolgente di ben 14 tappe in cui non viene mai meno la curiosità di chiedersi: e adesso cosa viene dopo?

Dal rock mordace di Taxman o She said She said alla ballad romantica Here There and Everywhere, dagli echi barocchi di For no One a quelli orientali di Love you to, passando dagli archi di Eleanor Rigby al motivo monocorde di Tomorrow Never Knows (pezzo più ostico per i fan), in Revolver nessuna traccia è uguale alla precedente. Sia per temi sia per musica.

Sicuramente l’album della maturità.

Lontani sono i tempi del semplice e immediato rock’n’roll,  dei testi genuini e immediati, ma non certo profondi e originali.

Il settimo album del quartetto di Liverpool apre definitivamente le porte alla sperimentazione e a un più accurato lavoro in studio (percorso già accennato dal precedente Rubber Soul) e stacca dal gruppo l’etichetta di cantanti per teenager, facendolo arrivare alle orecchie di un pubblico più vasto, un pubblico attento alle note, ma soprattutto alle parole, alle storie, ai mondi nascosti dietro una canzone.

Ecco la novità forse più notevole di Revolver al di là delle innovazioni sonore… Ogni canzone racconta una storia, ogni nota è capace di dipingere a tinte vivide un mondo in cui i suoi autori ci vogliono proiettare.

Got to get you into my life, ode molto velata alla marijuana, è in grado di trasmettere all’ascoltatore la tipica euforia da droghe leggere. Ideale da ascoltare quando non si ha voglia di alzarsi dal letto e serve tutta la carica giusta per affrontare la giornata!

Eleanor Rigby che raccoglie il riso sul pavimento della chiesa e Father McKenzie che rammenda i suoi calzini nel buio della notte sembrano scenette uscite direttamente da un film neorealista tanto è la cura per il dettaglio nel descrivere due personaggi esempio della solitudine umana.

« All the lonely people/ where do they all come from?» (Tutte le persone sole da dove vengono?)  è infatti la domanda quasi filosofica del ritornello.

Ma la sfida la lancia un criptico Lennon nell’ultima Tomorrow never knows.

«But listen to the colour of your dreams/ It is not leaving, it is not leaving                                                                               So play the game “Existence” to the end/ Of the beginning, of the beginning»

(Ma ascolta i colori dei tuoi sogni/ Non è vivere, non è vivere                                                                                                    Perciò gioca il gioco “ Esistenza” fino alla fine/ Dell’inizio, dell’inizio)

 

«Avete smesso di essere carini e simpatici» dirà Dylan a McCartney qualche anno dopo.

In realtà il periodo “carino” era già finito con Revolver.

 

              Angelica Rocca

 

 

 

The hurt locker: il miglior (non) film di guerra

“The hurt locker: rompere gli schemi convenzionali del film di guerra”

Voto UvM: 5/5

 

Fermi lì!

Devo avvisarvi: se non avete preso sul serio il titolo dell’articolo vi sconsiglio anche solo di guardare il trailer del film in questione.

Questo non è un classico film di guerra, ricco d’azione e “God bless America”.

Non esalta figure di soldati strafighi e virili, eroi che risolvono tutti i problemi o salvatori del mondo.

Non è neanche un film storico, la seconda guerra mondiale non c’entra proprio nulla.

Quest’opera non segue le etichette tradizionali della sua categoria, potrebbe trattarsi di un caso unico nel suo genere.

Per cui, se non siete pronti ad affrontare le novità (tematiche, narrative e stilistiche), ma anzi preferite il solito film d’azione che ha il solito finale e la solita sceneggiatura, lasciate perdere immediatamente. Non fa al caso vostro.

Detto questo…iniziamo da qualche dato tecnico.

The hurt locker è un film del 2008 diretto da Kathryn Bigelow e scritto dal giornalista Mark Boal, risultato vincitore di 6 premi Oscar nel 2010 (miglior sceneggiatura originale, miglior montaggio, miglior sonoro, miglior montaggio sonoro, miglior regista e miglior film).

Racconta le vicende di un gruppo di artificieri dell’esercito americano in Iraq, impegnato nella localizzazione e neutralizzazione delle mine. Protagonista indiscusso è il sergente Will James, interpretato da Jeremy Renner.

Ciò nonostante, in parallelo, vengono sviluppate le vicende esistenziali dei due suoi compagni, il sergente JT Sanborn e lo specialista Eldridge, per poi confluire in un’unica trama.

 

I tre sono accomunati dal desiderio -o dalla necessità- di sopravvivere in uno scenario pieno di ingiustificate atrocità, davanti alle quali si è soltanto impotenti.

Il montaggio delle scene e le inquadrature comunicano la drammaticità della situazione.

Vi capiterà di restare col cuore in gola e provare emozioni forti.

Tutto questo è reso possibile grazie ad una strana sensazione di sentirsi in pericolo anche nei momenti in cui questo non esiste.

Non a caso, il titolo del film si riferisce ad un’espressione militare per indicare “un luogo particolarmente rischioso i cui risvolti sono imprevedibili”.

 

Cosa puoi aspettarti dalla visione di questo film? Perchè dovresti guardarlo?

 

 

 

  • L’adrenalina che trasmette il protagonista

Il sergente James è un soldato un po’ folle. Imparerai a conoscerlo insieme ai suoi compagni di squadra, i quali si troveranno in pericolo diverse volte a causa delle scelte azzardate del collega.
Ricorda che stiamo parlando di artificieri…e dunque di disinnesco bombe.
Stiamo parlando di un un “folle”, non in senso psichiatrico, che disinnesca ordigni: trai le tue conclusioni.

Come già detto, il montaggio delle scene ti permetterà di provare adrenalina insieme al protagonista e ansia insieme ai suoi compagni. Ne uscirai scosso, garantito!

  • La drammaticità della guerra, quella vera

Inutile dire sempre le stesse cose: lo sanno tutti che la guerra la vediamo solo attraverso la televisione e non possiamo comprenderla davvero.

Qui vengono colti solo alcuni scorci del conflitto armato.

Sì pochi, ma buoni.

Potrai confrontarti con i sentimenti di chi, normalmente, è il buono, l’eroe.

Capirai che dietro gli eserciti ci sono uomini, e dietro di loro emozioni troppo difficili da spiegare a parole.

  • Il finale, fortemente controintuitivo, a cui non potrai più smettere di pensare

Tutti i motivi che ti ho elencato e i complimenti fatti a questo film non possono eguagliare il finale.

Resterai stupito e anche fortemente colpito nel profondo.

Dopo aver “vissuto” il film insieme ai protagonisti ti sembrerà di esserne colpito in prima persona.

Proverai a capire, a immedesimarti ma, a differenza di quanto accadrà lungo tutto il film, nell’ultima scena non ci riuscirai.

Sta’ attento, perchè potrebbe creare dipendenza.

Capirai dopo aver visto. Buona visione!

Trailer qui

Angela Cucinotta

Respirare – Ad una fine esisterà un nuovo inizio?

 

Respirare è il primo libro della trilogia dei romanzi della scrittrice Carmen Caratozzolo (Respirare, Vivere, Impazzire).

Il romanzo è nato ed è stato pubblicato nel 2018 sulla piattaforma online “Wattpad”, per poi essere pubblicato anche in formato cartaceo dalla casa editrice Ilmiolibro.it.

 

La storia tratta di Cara l’adolescente sensibile, difficile, complicata, rimasta invisibile per troppo tempo dentro una società tutta uguale.

Quello di cui aveva bisogno era qualcuno che la riportasse a casa, qualcuno per cui valesse la pena amare ogni dettaglio: espressioni, degli sguardi, di un neo particolare sul viso o su qualsiasi altra parte del corpo.

Un suo particolare era la nostalgia, di tutto quello che non ha mai dato ma che avrebbe voluto ricevere.

Harry al contrario, un ragazzo dannato con un passato alle spalle inciso sulla pelle che cerca di scappare da se stesso, sperando di essere fermato prima o poi da qualcuno.

Tra Harry e Cara nasce un “patto”che li cambierà per sempre, lei così innocente difronte a così tanta violenza, lui senza regole e senza timori.

La passione rovente, paesaggi quasi incantati, chiazze di colori che macchiano la pelle, tutto diventa arte poetica di una vita reale.

Ad ogni inizio c’è sempre una fine, ma ad ogni fine esisterà un nuovo inizio?

 

“Le mani le porti al viso quando piangi o ridi, due opposti ma con qualcosa in comune”.

 

Edizione Wattpad gratuita: https://www.wattpad.com/story/148565673-respirare-ad-una-fine-esister%C3%A0-un-nuovo-inizio 

Edizione Cartacea/Ebook: https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/narrativa/420690/respirare/

 

 

Aladdin – Tra realtà e magia

Il remake di un grande classico. Voto UvM: 5/5

 

 

 

Già da un po’ di tempo la Disney ci sta deliziando con un percorso di remake dei grandi classici di animazione che attirano nelle sale cinematografiche grandi e piccoli.

Nel 2019 abbiamo visto Dumbo, ma ci allontaniamo dalla drammaticità tipica di questa fiaba per arrivare a un misto di azione e romanticismo in Aladdin, il live-action diretto da Guy Ritchie basato sul grande classico del 1992.

La storia la conosciamo tutti e inizia con un ladruncolo di città che si innamora di una principessa e percorre una serie di avventure tra bazar di spezie e seta nelle vie della città di Agrabah .

 

 

Aladdin è interpretato da Mena Massoud, che riesce perfettamente a incarnare un personaggio genuino, un ladro gentile dall’animo puro che attraversa momenti tormentati ma riesce ad affrontare le tentazioni rimanendo sempre fedele ai suoi principi e con la furbizia tipica del protagonista.

Nei panni della bellissima principessa Jasmine troviamo invece Naomi Scott, perfetta nel ruolo di donna forte che vuole affermare la sua posizione in un mondo dove il giudizio maschile predomina, affrontando questo importante tema prima ancora di dare spazio alle questioni romantiche.

 

 

Tale romanticismo trova spazio naturalmente nel lieto fine, ma si esprime pienamente nella scena che vede i due protagonisti viaggiare sul tappeto volante sulle note di “Il mondo e mio”, canzone vincitrice del premio Oscar per la migliore canzone nel 92.

Protagonista indiscusso dell’intero film è sicuramente il Genio della Lampada, interpetato da Will Smith, quale degno erede del suo predecessore Robin Williams. Smith sostituisce perfettamente la parlantina spedita di Williams con genuina ironia portando un velo di comicità anche alle scene più drammatiche. L’arrivo del genio introduce anche le scene più spettacolari cantate e ballate con grande spettacolarità.

Personaggi tutti estremamente adatti, compreso Jafar (Marwan Kenzari), inaspettatamente giovane ma capace di dare all’intero film un velo di azione e drammaticità indispensabile, specialmente nelle scene che precedono il lieto fine.

La scenografia coinvolge gli spettatori nel mondo orientale che vede strade ricche di bazar, scenari esotici che includono scimmie, tigri ed elefanti. Il tutto si mescola con la parte magica della storia resa perfettamente attraverso effetti speciali che rendono tappeti volante e incantesimi estremamente reali. In questo modo si mantiene quell’atmosfera incantata necessaria per un film che è principalmente diretto ai più piccoli.

 

 

Nuovamente la Disney non ci delude e riesce ad allontanare i suoi spettatori dalla tradizione, stravolgendo gli elementi tecnici del film, ma rimanendo ancorati alla bassa narrativa e incantata della storia, senza rendere questo distacco traumatico ma anzi estremamente piacevole che ci rende desiderosi di andare al cinema per il prossimo remake che vede nelle sale, a partire dal 21 agosto, la meravigliosa storia de Il re leone.

Federica Cannavo

Il secondo tragico Fantozzi

Paolo Villaggio con amara ironia, attraverso il ragionier Fantozzi racconta l’italiano medio.
Voto UvM: 4/5

 

 

 

 

 

Film comico del 1976, “Il secondo tragico Fantozzi” è il secondo degli episodi dell’intera saga dedicata al ragionier Ugo Fantozzi tratta dagli scritti dello stesso interprete Paolo Villaggio e diretto da Luciano Salce.

Come nel primo episodio, rivediamo qui il ragionier Fantozzi (personaggio creato e interpretato eccellentemente da Villaggio) affrontare le angherie e le vessazioni dei vertici aziendali avallate dai suoi stessi pusillanimi colleghi, quali il noto geometra Calboni e la signorina Silvani del quale Fantozzi è perdutamente innamorato.

La pellicola presenta un’escalation di situazioni differenti tra di loro che ritraggono la quotidianità media del ragioniere accomunate però tutte dalla “sfiga fantozziana” che non abbandona il nostro personaggio e lo porta ancor di più ad essere vittima della sua stessa esistenza dominata dai soprusi e da un’inettitudine all’interno delle relazioni sociali e familiari.

Un’inettitudine che però Fantozzi sconfigge in minima parte quando davanti ai suoi colleghi e al professor Guidobaldo Maria Riccardelli, ovvero un dirigente appassionato di cinema d’élite che costringe ogni sabato i suoi sottoposti a visionare la pellicola “La Corazzata Kotiomkin”, al momento di esprimere il suo parere riguardo al film affermerà di ritenerlo “una boiata pazzesca”, trainando così l’entusiasmo dei colleghi che prima lo umiliavano, il tutto racchiuso in una scena che è divenuta una delle più celebri del cinema italiano.

 

Ilenia Rocca

Le pagine della nostra vita

Una storia d’amore ostacolata. Voto UvM: 3/5

 

 

 

 

 

Dal titolo originale The Notebook, Le pagine della nostra vita, è un film drammatico sulla storia d’amore tra due adolescenti conosciuti nell’estate dei primi anni 40.

La giovane protagonista Allie arriva nel North Carolina per trascorrere le vacanze nella villa di famiglia.

Qui si innamora del giovane protagonista Noah, suo coetaneo, ma di una classe sociale più bassa.

 

La famiglia di lei e la guerra li separano, ma con il tempo i due protagonisti si ricontrarranno nel posto dove si erano innamorati.

 

Il film è tratto da un romanzo di Nicholas Sparks.                                                                                                                                           Dalila De Benedetto

Chernobyl – La serie

Una serie destinata a diventare un classico. Voto UvM: 4/5

 

 

 

In onda su Sky Atlantic la miniserie Chernobyl, coprodotta da Sky UK e da HBO.

Chernobyl è una drammatizzazione degli eventi intorno al disastro nucleare che avvenne nell’omonima città, in Unione Sovietica, il 26 aprile 1986.

Negli Stati Uniti, dove è già andata interamente in onda, ha stregato critica e pubblico.

La serie è stata molto ben recensita, ha riacceso un certo interesse nei confronti dell’energia nucleare e in particolare di Chernobyl (le richieste per visitare l’area sono in netto aumento) e oggi ha il miglior voto di sempre sul sito IMDb (9,6 su 10).

Il primo episodio di Chernobyl si apre con una scena ambientata due anni dopo il disastro, con un discorso sulle bugie e sul loro costo.

 

Poi, l’espediente del flashback permette di tornare indietro a «due anni e un minuto prima» e già nei primissimi minuti del primo episodio vediamo l’incidente: in piena notte, all’una e 23 minuti e 45 secondi, esplode il reattore 4° della centrale nucleare.

Da lì in poi, la serie racconta soprattutto due punti di vista: quello degli eroi che, spesso inconsapevoli di quello che stava accadendo, cercano di capire e risolvere il problema, e quello di chi ha potere e cerca di nascondere la verità per non compromettere l’immagine dell’Unione Sovietica o per scaricare le responsabilità su qualcun altro.

L‘oggettiva potenza emotiva della storia racconta fin dal principio le cose per le quali è stata più apprezzata: la recitazione, la ricercatezza dei dettagli, la capacità di ricostruire e spiegare con efficacia comunicativa eventi complessi, la fotografia, la capacità di alternare diversi livelli di narrazione, in particolare quello delle vittime ignare e quello dei potenti consapevoli.

Il Guardian ha scritto che la serie sarà destinata a «diventare un classico».

 

Nonostante la miniserie sia co-prodotta da HBO, una società associata ad alcune delle migliori serie tv di sempre, questo successo è una sorpresa.

La lezione di Chernobyl è che non è l’energia nucleare moderna a essere pericolosa, ma le bugie, l’arroganza e la repressione delle critiche.

Le riprese sono durate 16 settimane e sono state fatte per la maggior parte in Lituania, in un quartiere periferico della capitale Vilnius. Successivamente si sono spostate alla centrale di Ignalina, oggi non più in funzione, che era nota anche come “la sorella di Chernobyl” per la sua somiglianza con l’impianto dell’incidente.

Si è parlato anche dell’attendibilità storica della serie, soprattutto in Russia, dove uscirà un’altra serie su Chernobyl che dovrebbe ipotizzare il coinvolgimento della CIA nel disastro.

Diversi giornali e programmi filo-governativi hanno pesantemente criticato la serie per il modo in cui è stata rappresentata l’Unione Sovietica e in particolare la gestione del disastro.

Sono state fatte tante analisi sull’accuratezza storica delle vicende mostrate dalla serie e dei personaggi.

La serie fa ovviamente delle semplificazioni, ma racconta una verità basilare, cioè che il disastro ebbe a che fare più con le bugie, con gli inganni e con il marcio sistema politico sovietico che con l’ingegneria.

Il nuovissimo successo, firmato ancora una volta HBO, non è dunque solo un caso televisivo, ma si intreccia con la vita e con lo svelamento delle verità scomode ma necessarie affinché l’umanità non ripeta certi errori.

Antonio Mulone

Mille splendidi soli – Khaled Hosseini

Una realtà bruta raccontata senza sconti. Voto UvM: 5/5

 

 

 

Mille splendidi soli è il secondo romanzo dello scrittore americano, di origine afghana Khaled Hosseini, scrittore del precedente bestseller Il cacciatore di aquiloni.

La trama del libro Mille splendidi soli è complessa e appassionante, dai tratti molto drammatici. Rivelatrice di una realtà bruta raccontata senza sconti. 

La storia è ambientata in Afghanistan, dapprima a Herat e poi a Kabul. I fatti narrati coprono un tempo molto lungo, dagli anni 70 al 2003. L’intento dello scrittorie è proprio quello di mettere in luce la difficile condizione della donna in quel Paese. dal momento in cui le guerre hanno cominciato a devastare dall’interno quel territorio. 

Il libro racconta proprio la storia di due donne, le cui esistenze dapprima separate e completamente differenti arrivano ad intrecciarsi inesorabilmente, legando il destino di una a quello dell’altra. 

Mariam, figlia illegittima di un ricco possidente di Kabul, il giorno del suo quindicesimo compleanno vede la sua vita sgretolarsi. La madre, Nana, una donna fredda e distante, pende impiccata da un albero della radura in cui si trova la loro casupola. Quando scopre della morte di Nana, il padre chiude la porta in faccia a Mariam per paura dei pettegolezzi che potrebbero nascere, ma allo stesso tempo decide per lei: andrà in sposa a un uomo molto più vecchio. E si trasferirà a Kabul. Rashid, il futuro marito di Mariam, è un uomo rozzo, violento, che la tratta al pari di uno straccio da utilizzare e poi mettere da parte, e lei non può far altro che sopportare.

A Laila, invece, la vita offre molto di più. Suo padre, un uomo di cultura, le permette di frequentare la scuola e punta sul suo futuro. Trascorre la sua infanzia assieme a Tariq, un ragazzino della sua età, un amico speciale, che poi sarà anche qualcosa in più. Ma l’Afghanistan non è più un posto sicuro, e le bombe cadono come foglie su Kabul. Così Tariq parte, lasciando Laila sola. E quando una bomba scende sulla sua casa, la sua vita fa una rapida sterzata.

A tirarla fuori dalle macerie sono i suoi vicini, Mariam e Rashid, che le offrono un tetto e del cibo caldo per rimettersi. Ma Rashid ha altri piani in mente e, dopo che un viaggiatore racconta a Laila della morte del suo amato, lui le propone di sposarlo. Laila non ci pensa nemmeno, e acconsente senza battere ciglio. I binari delle vite di Mariam e Laila s’intersecano così e si fondono, in vie accidentate. Rashid è un bruto, e loro le sue serve.

Laila però scopre di essere incinta di Tariq, che le hanno fatto credere morto.

Alla nascita della bambina Rashid si comporta in maniera violenta, perché desiderava avere un figlio maschio, ed è solo a questo punto della storia che le vite delle due protagoniste si intrecciano veramente, poiché le due donne decidono di scappare per non dover sottostare al potere del loro marito, ma la fuga non riesce e Rashid riesce quasi ad uccidere Laila e la bambina.

La trama del romanzo  Mille splendidi soli di  Khaled Hosseini si complica sempre di più con l’andare delle pagine, ci sono colpi di scena, violenze che si ripetono, speranze che si cercano dentro di sé e un coraggio che si evidenzia sempre con maggiore intensità fino alle ultime battute del libro.

Mille splendidi soli è un romanzo che valorizza l’amicizia e l’amore, che racconta la storia di un popolo sottomesso e di una guerra che porta distruzione.

                                         Giusi Villa

Se fosse tuo figlio – Nicolò Govoni

 

Dedicare se stessi agli altri. Voto UvM: 5/5

 

 

 

 

 

 

“Se non io, chi?
Se non ora, quando?”
La storia di un ragazzo, cui esempio ci insegna come realizzare i nostri sogni.

 

Già autore di “Bianco come Dio” (recensito qui), Nicolò Govoni torna con un nuovo libro: “Se fosse tuo figlio” pubblicato l’11 giugno di quest’anno ed edito Rizzoli.

Una storia vera fatta di profondo amore e resilienza ci accompagnano lungo il percorso di Nicolò, bellissimo e tortuoso, verso la realizzazione della sua missione.

 

Come già raccontato in altri libri, il ragazzo, oppresso da uno stile di vita preconfezionato e dal vuoto interiore, parte per l’India rurale. Qui i bambini di Davayavu Home si “insediano” nel suo cuore, insegnandogli ad amare.
Dopo la laurea adempie ad una promessa: ”Prendi l’amore che ti abbiamo insegnato e diffondilo nel mondo”.

Da qui ha inizio un’avventura piena di scelte difficili e coraggiose, dove numerosi sentieri si incontreranno su uno sfondo gelido che tornerà a rinascere.

 

Nicolò. 

Dopo quattro anni di Amore in India Nicolò torna a casa, brama di mantenere la promessa fatta ai suoi fratelli. “Diventerò il cambiamento” si ripete, ma l’Europa gli sta “un po’ più stretta”.
Non vede come poter concretizzare il suo sogno e, sulla linea stabilita tempo prima, decide di fare richiesta per una borsa di studio a New York.
Nel frattempo fa volontariato nell’isola greca di Samos.

L’hotspot. 

Ribattezzato Lager d’Europa, il campo non dispone di elettricità. I rifugiati sono costretti a vivere in container o in tende di fortuna nel bosco circostante.

I servizi igienici sono minimi e pile di rifiuti sono sparpagliate qua e là.
La capienza arriva a un massimo di 600 persone ed è largamente superata dalla cifra di 4000 rifugiati. Questo impedisce un normale accesso ai servizi essenziali come le cure mediche e l’alimentazione.

Le condizioni di vita insostenibili generano continue risse.

“Non è in Siria o nelle moschee d’Europa che si coltiva il terrorismo, ma in campi come questo, dove le persone perbene, spaventate, vulnerabili vengono trattate come criminali, dove le loro identità vengono spazzate via giorno dopo giorno.”

I Dreamers. 

Nicolò non tollera i traumi che il campo infligge ai bambini.
Insieme a Sarah, una volontaria come lui, creano la classe dei Dreamers restituendo loro il diritto all’istruzione e un po’ di tranquillità nelle ore del mattino.

Intanto riceve una notizia: gli è stata assegnata una borsa di studio per un’università di New York. Il sogno che ha fin da bambino è ora a portata di mano: che fare? Come abbandonare adesso quei bambini che hanno bisogno di lui?
Nicolò resta. Resta per loro, per i suoi Dreamers.

“La classe ascolta ma, quando viene il momento di ricopiare le lettere sulla carta, realizzo che alcuni di questi bambini sono incapaci anche solo di tenere in mano la matita. Mi trovo davanti a una generazione di potenziali scienziati, artisti, dottori e ingegneri. Il pensiero che i loro talenti possano finire sprecati mi spezza il cuore.”

Via via l’operato di Nicolò diventerà sempre migliore fino a fondare Mazì, la prima scuola per bambini rifugiati.
Qui vengono insegnati inglese, greco, biologia, geografia, storia, cultura europea, musica, arte, falegnameria, danza e informatica.

L’incontro. 

In questo meraviglioso percorso la stella più in alto è forse rappresentata da Hammundi, un bambino rifugiato che ha perso la sua famiglia.

Hammundi è arrivato in Europa con lo zio e le sue cugine fuggendo dalla guerra.
I traumi si sommano lungo la sua piccola vita: la morte del padre, i bombardamenti, la fuga in Turchia e l’orribile traversata in mare.

Il campo non lo risparmia facendolo cadere nella trappola del fumo e dell’autolesionismo.

Nicolò non riesce a restare a guardare. Lo integra nella classe dei Dreamers prima e denuncia alle autorità la violazione dei suoi diritti poi.

Qui emerge tutto il marcio del sistema, comprendente l’amministrazione dell’hotspot, le grandi ONG e il governo greco.

Numerosi sono i report e le pressioni fatte dal giovane, ma dall’altra parte solo silenzio.

Il libro vuole fungere da denuncia nei confronti di tale indifferenza citando i responsabili, affinchè chi è lontano possa vedere e conoscere le problematiche che affliggono ogni giorno il piccolo universo del campo Samos.

Perchè acquistare questo libro?

 

 

Se credete che questo libro racconti una storia di volontariato vi state sbagliando.
Molto più semplicemente si tratta di una storia di persone vere, che hanno affrontato gli stessi dubbi e che hanno vissuto le stesse speranze che potremmo vivere noi.

La lettura non può che arricchirci, in quanto non finiremmo che conoscere un po’ noi stessi.

È la storia di qualcuno che ce l’ha fatta, e che puoi insegnarci cosa vuol dire amare il proprio sogno fino ad essere folli.

Il ricavato della vendita del libro sarà utilizzato per costruire una scuola per bambini profughi in Turchia.

Angela Cucinotta