Per quando torneremo: letteratura e solidarietà contro il Coronavirus

Può l’arte – e in particolar modo la letteratura – lanciare un messaggio di speranza in un periodo buio come questo?

Può trasmettere quel senso di coesione necessario in momenti di crisi, nei quali è facile lasciarsi andare alla caccia al capro espiatorio per reagire al senso di impotenza che ci accomuna?

Tra social challenge, catene di solidarietà via whatsapp, conversazioni su Skype e flash mob musicali capaci di far rivivere il deserto delle strade post-quarantena, l’essere umano, anche ai tempi del Covid- 19, ha dimostrato di non riuscire a mettere da parte un bisogno fondamentale: quello di esprimersi e comunicare!

Italia popolo di grandi tradizioni, Italia popolo di santi e navigatori, ma soprattutto Italia popolo di artisti e di poeti.

Quindi quale mezzo migliore della letteratura per comunicare oltre i muri delle nostre case dentro cui siamo trincerati da giorni?

È in questo spirito che si inserisce l’iniziativa lanciata da IL CLEB, book club molto dinamico nato a Prato nel 2019, grazie a Sara Ruperto e Arzachena Leporatti, con “l’intento di promuovere la scrittura femminile contemporanea“, rivolgendosi però a un pubblico che non sia solo di donne, in contrasto con il tipico pregiudizio “se lo scrive una donna lo legge solo una donna”.

In questa particolare situazione d’emergenza, IL CLEB ha postato sui social un’open call rivolta a scrittori famosi e non, uomini e donne, del Sud e del Nord, per realizzare un ambizioso progetto: Per quando torneremo, e-book scaricabile dal portale web.

 

“Per quando torneremo”, copertina dell’e-book.                     Fonte: perquandotorneremo.wixsite.com

L’intento, ovviamente, è quello di rendersi utili in modo creativo, non fermando le menti e le penne, mantenere accesi gli animi di chi scrive e di chi legge in attesa di quando torneremo appunto a riappropriarci della nostra quotidianità.

A tutti noi è infatti la dedica ripetuta nella prima pagina dell’e-book!

La dedica sull’e-book – Fonte: perquandotorneremo.wixsite.com

Ma quella che può sembrare un’astratta iniziativa letteraria si traduce in aiuto concreto: il ricavato della vendita online degli e-book sarà interamente destinato agli ospedali impegnati nella lotta contro il Coronavirus.

In particolar modo, l’80% dei fondi andrà all’ospedale di Prato, mentre un altro 20% sarà devoluto ad altre strutture ospedaliere della Toscana e a vari istituti di ricerca che operano nel campo delle malattie infettive.

Per quanto torneremo è un’originale raccolta di poesie e racconti che affrontano i più svariati temi con diversi stili, in cui compaiono nomi già affermati nel campo dell’editoria nazionale accanto a giovani penne. Il tutto corredato dalle “illustrazioni cariche di colori, pop e ironiche” di Martina Filippella (sua è la copertina e la maggior parte delle raffigurazioni) e di Francesca Bonazzi.

Illustrazione di Martina Filippella
Fonte: perquandotorneremo.wixsite.com

Un progetto solidale realizzato nello spazio di pochi giorni proprio per rispondere all’emergenza Covid-19.

Un libro collettivo che mi rende orgogliosa di averne preso parte con tre poesie che tenevo nel cassetto da diverso tempo e, un po’ per timidezza, un po’ per pigrizia, non avevo ancora pubblicato.

“Estremista”, poesia di Angelica Rocca a p. 98 dell’e-book.
Fonte: perquandotorneremo.wixsite.com

Ma, quando la nostra società là fuori sembra sgretolarsi sotto il peso di un nemico invisibile, allora arriva il momento di esporsi, di chiedersi cosa ognuno di noi può fare con quel poco di talento e capacità che si trova a disposizione per dare concretamente una mano.

Arriva il momento in cui restare a casa ci fa sentire eroi, ma allo stesso tempo impotenti soldati in congedo. Scatta perciò il bisogno di farsi sentire, di non lasciare solo chi combatte in prima linea 24 ore su 24 in una corsia d’ospedale dentro tute asettiche che permettono a malapena di respirare.

Ma è ovvio che pochi di noi sanno infilare un ago nella carne, pochi di noi sanno somministrare farmaci, pochi di noi sanno ridare il respiro a un malato in rianimazione. L’unica arma che personalmente possiedo sono le parole e mi sembrava giusto adoperarle – soprattutto in questo caso – per uno scopo umanitario.

Perché in situazioni come queste non si può rimanere letterati d’élite dietro scrittoio e calamaio, non si ci si può rinchiudere nella rassicurante torre d’avorio della cultura e lasciare il mondo andare a rotoli.

“Estranei”, poesia di Lavinia Barletta a p.79 dell’e-book. Fonte: perquandotorneremo.wixsite.com

In barba perciò a chi dice che arte, poesia e letteratura sono inutili perdite di tempo. Per quando torneremo dimostra che ciò non è vero. Rispondo agli increduli con le parole del professor Keating ne L’attimo fuggente: «Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo!»

Angelica Rocca

Ringraziamenti

Ringrazio Lavinia Barletta, amica e poetessa che mi ha “girato la call” permettendomi di partecipare al progetto, ringrazio ancora una volta IL CLEB e in particolar modo Sara che gentilmente ha risposto su Instagram alle mie curiosità: sue sono le parole tra virgolette disseminate nell’articolo.

Qui il link al sito in cui troverete tutte le informazioni per scaricare l’e-book e donare:

https://perquandotorneremo.wixsite.com/home

#iorestoacasa: Guida di sopravvivenza pt.2

Ormai da diversi giorni ci troviamo in una situazione che nessuno di noi aveva mai vissuto: bloccati in casa dobbiamo intrattenerci in più modi possibili, e noi di UniVersoMe cercheremo di darvi quante più alternative in questo periodo di quarantena.

C’è chi preferisce leggere un buon libro, chi guardarsi un film e chi divorare puntate su puntate di svariate serie tv o rispolverare qualche gioco tavolo.

Ma c’è anche chi preferisce intrattenersi tramite i videogiochi ,sia con un ottimo single player immergendosi in atmosfere dalle più disparate sfumature (fantasy, gotico, steampunk); sia con dei titoli multiplayer per restare in contatto con più amici possibili e passare delle ore in compagnia cercando di dimenticarsi per un po’ il forzato isolamento casalingo.

Ecco alcuni nostri consigli a riguardo, giorno per giorno!

Lunedì

God of War (2018): l’ultima monumentale fatica di Santa Monica Studio è stata reinventare uno dei franchise più importanti di sempre esclusivi di casa Sony.

Impresa non facile dato il più che incerto God of War : Ascension che aveva lasciato ben più di una preoccupazione per il futuro della serie; preoccupazione che è stata totalmente spazzata via con quello che da molti viene ritenuto il capolavoro per eccellenza di questa generazione video ludica tanto da vincere il premio come miglior gioco dell’anno nel 2018 (ps4).

Una narrazione in crescendo e con climax continui, la grafica mozzafiato, l’ambientazione open map viva e pulsante che permea mitologia scandinava da tutti i pori e un gameplay compatto ma mai monotono rendono l’esperienza del giocatore unica e soddisfacente in ogni suo aspetto. Alla fine, avremo l’ansia e la voglia di poter giocare al prossimo capitolo date dai due sbalorditivi e perfettamente calzanti cliffhanger (finali in sospeso).

Kratos e Atreus – Fonte: NerdPlanet

Martedì

Rainbow Six Siege (2015): l’ormai quinquennale titolo di casa Ubisoft non smette mai di sorprendere.

Sparatutto tattico 5vs5 (quasi esclusivamente online), si ritrova ad essere oggi uno dei titoli multiplayer più gettonati in assoluto, grazie al suo alto tasso di competitività, a uno shooting (sistema di sparo) fluido e soprattutto al suo essere un unicum nel mondo degli shooter.

 

Gli operatori di Rainbow in azione – Fonte: Tom’s Hardware

Mercoledì

Sekiro: Shadows Die Twice (2019) : From Software divenuta famosa nel 2011 grazie a Dark Souls, dopo la saga dei suddetti souls e l’ottimo Blooborne, decide di osare e cambiare notevolmente il suo modo di creare un gioco.

Sekiro a differenza degli altri progetti di casa From, prettamente strutturati sul più classico dei giochi di ruolo, è stato concepito come gioco action non più basato su un personaggio totalmente personalizzabile e con struttura parametrica (  parametri intesi come forza, vita, stamina ecc…) bensì su un personaggio predefinito.

Attraverso un gameplay ricco e variegato, l’ambientazione del feudalesimo giapponese condita con la solita vena fantasy che contraddistingue questa software house regala al giocatore una sfida molto impegnativa, ma quanto mai appagante per chi riesce a superare i vari ostacoli che il gioco pone sul suo cammino.

Lupo contro uno dei boss – Fonte: VideoGamer Italia

Giovedì

Call of Duty Modern Warfare (2019): il reboot di uno dei capitoli della serie sparatutto più famosa di sempre fatto ad opera di Activision e Infinity Ward.

Il classico gameplay della serie, dinamico e frenetico condito con la più recente modalità battle royale Warzone, fornisce divertimento costante anche al giocatore più casual.

Soldato degli alleati – Fonte: GameIndustry.it

Venerdì

The Last of Us remastered (2014): Uno dei capisaldi di sempre del videogioco, ad opera di Naughty Dog, originariamente rilasciato per ps3 nel 2013.

Costruita con la più classica delle cornici dell’ apocalisse zombie, la storia di quest’opera riesce a demolire tutti i clichè relativi a questo tipo di contesto per far sublimare i rapporti tra i personaggi e le loro varie caratterizzazioni.

Accompagnano il tutto una grafica di tutto rispetto nonostante sia un gioco della vecchia generazione e un gameplay leggermente statico ma più che funzionale per tutto il corso del gioco.

 

Ellie e Joel – Fonte: Games-EvoSmart

Sabato

Read Dead Redemption 2 (2018): Il gioco che ha cambiato per sempre e in modo radicale il concetto di open world, il tutto creato dalla Rockstar Games.

Dopo l’enorme successo del primo capitolo uscito su ps3 nel 2010 non era facile replicarlo, ma Rockstar Games è riuscita nell’impresa di surclassarlo.

E ci sono riusciti grazie ad un mondo western riprodotto fedelmente in ogni suo aspetto, a personaggi la cui profondità farebbe invidia a quelli di serie tv e film, a un gameplay perfettamente sviluppato in ogni suo aspetto, dalle sparatorie alla caccia e soprattutto a una storia e una narrazione che tengono col fiato sospeso: fino al gran finale che colpisce con veemenza l’emotività del giocatore.

 

Arthur Morgan nel mondo di gioco – Fonte: Want

Domenica

Monster Hunter World (2018): una delle serie di punta della Capcom mancava su console fissa da diversi anni, ed è tornata col botto, migliore di quanto sia mai stata.

Il gameplay più variegato di sempre unito all’imponenza e alla cura nei minimi dettagli dei mostri da cacciare invogliano sempre di più il giocatore a esplorare sia le varie aree di gioco, sia sé stesso per capire al meglio quali strategie e quale equipaggiamento sia più adatto a sé stesso e alla missione da affrontare.

 

I cacciatori contro un mostro – Fonte: Red-Bull

Insomma, con questa puntata della nostra guida abbiamo accontentato anche gli amanti dei videogiochi.

Stay tuned, a breve per le altre parti con le varie forme di intrattenimento!

                                                                                                                                                                                                                                                      Giuseppe Catanzaro

Bryan Cranston, “una vita in parti”

Walter White, Hal , Lyndon B. Johnson e Dalton Trumbo sono solo alcuni dei caratteri affascinanti e complessi nei quali il leggendario Bryan Cranston, che oggi compie 64 anni, si è reincarnato.

Non è dunque un caso che l’attore, il quale sarebbe divenuto il professore di chimica più temibile del mondo, nasca nel 1956 proprio ad Hollywood (Los Angeles) culla della recitazione e dello show-business.

Ad inizio carriera, le attitudini attoriali di Bryan lo portano a prediligere sceneggiati comedy: infatti, il ruolo che gli conferisce una spolverata – seppur fugace – di notorietà è quello dei Hal Wilkerson nella sit-com televisiva Malcolm.

Fonte: Amazonphoto

Il ruolo di padre rimbecillito, ingenuo, distratto ed abbindolabile, mette in evidenzia il suo talento di fronte tutta l’America, che si appassiona velocemente alla serie.

La propensione per la recitazione comica viene certificata anche dalle prime candidature ai prestigiosi premi Emmy, che negli anni a seguire saranno letteralmente dominati.

Dopo il propulsivo successo comico maturano le prime esperienze drammatiche di rilievo nell’epico Salvate il soldato Ryan di Spielberg; seguono quelle in Drive di Refn, Contagion di Soderbergh, Rock of Ages di Shankman.

 

Nel 2008 scatta la scintilla che offre l’opportunità di accendere artisticamente la sua carriera: viene provinato e selezionato per ricoprire il ruolo di Walter White nella pluripremiata serie tv cult Breaking Bad.

Fonte: Wikisphoto

Come l’ha definita lo stesso Cranston, vestire i panni del professore di chimica malato di cancro è stata una “life-changing experience“, un’esperienza che gli ha cambiato la vita.

Cinque entusiasmanti stagioni (2008/2013), ormai consegnate ai posteri della settima arte, che gli hanno donato, il life-time role (ruolo della vita), concepito dalla penna e dalla mente geniali di Vince Gilligan, storico autore e produttore della serie.

Fonte: Fox

“Say my name”, “I am the one who knocks”, “Stay out of my territory”, “I won”, “I did it for me” sono solo alcune delle citazioni incastonate come diamanti in scene brillanti e mozzafiato hanno reso Breaking Bad la serie culto degli ultimi anni.

Walter White è uno dei personaggi più riusciti, complessi, affascinanti, emotivamente potenti, evoluti e profondi della storia della TV, per il quale l’interprete hollywoodiano ha ricevuto molteplici premi tra i quali quattro Emmy ed un Golden Globe.

Come Vince Gilligan spesso ha dichiarato nessuno sarebbe potuto “essere” W.White meglio di lui, nessuno sarebbe potuto essere un padre dolcissimo e premuroso nella sfera domestica e parallelamente divenire di stagione in stagione lo spietato re della metanfetamina (Blue Sky), meglio di lui.

Penserete legittimamente, solo se avete letto l’articolo con perspicacia, che possa essere difficile affrancare una carriera attoriale da un ruolo così ingombrante.

Non per Bryan Cranston, che presto mostra al mondo del cinema il suo talento camaleontico in Argo, pellicola diretta da B.Affleck vincitrice del miglior film agli Oscar del 2012. In The Infiltrator veste i panni di una spia-infiltrata nel mondo dei narcos. E ancora, interpreta magistralmente lo sceneggiatore baffuto Dalton Trumbo nell’omonimo biopic che gli vale la candidatura come miglior attore agli Oscar del 2016.

L’amore per la recitazione di Bryan Cranston non ha confini e lo spinge a modellare il suo talento artistico anche per i rinomati palcoscenici teatrali di Broadway nei quali si esibisce in All the way e Network, entrambe performance premiate con il Tony Award, celebre premio dedicato al mondo del teatro.

Chissà cosa avrà in serbo il futuro per l’attore americano, intanto gli auguriamo buon compleanno e mille altri intensi giorni da Walter White.

Caro Bryan, “You are the one who knocks”!

Antonio Mulone

Viceversa e… viceversa

Fonte: Shockwave Magazine – Cover album

Il 14 febbraio è uscito il quarto album in studio di Francesco Gabbani dal titolo “Viceversa” come l’omonimo singolo che ha permesso all’artista di classificarsi secondo al 70° Festival di Sanremo.

L’album prodotto da BMG RIGHTS AND MANAGEMENT contiene 9 tracce tra cui il successo sanremese “Viceversa”, il brano dal ritmo estivo “E’ un’altra cosa rilasciato come singolo a maggio, e il brano Duemiladiciannove” lanciato per volontà del cantautore sui social a novembre.

Andiamo a scoprire più da vicino l’ultima fatica discografica del cantautore carrarese che dopo una lunga gavetta nel mondo della musica è emerso da cinque anni a questa parte nel panorama del pop italiano.

Fonte: Gogo Magazine – esibizione a Sanremo 2020

Sicuramente l’ascolto della title track “Viceversa”, che anche se recentissima si prepara ad essere annoverata tra le ballate romantiche della musica italiana, ci induce a pensare ad un cambio di rotta del cantautore, sia a livello di testo che di musica.

Gli arrangiamenti del brano portano la firma di Matthew Sheeran (fratello di Ed Sheeran). A livello sonoro in questa traccia non sono presenti sintetizzatori (spesso utilizzati da Gabbani nei precedenti dischi “Eternamente ora, 2016”  e “Magellano, 2017” ) ma abbiamo il classico accompagnamento al piano nella prima strofa e il predominio del basso nella seconda. La novità che potrebbe trarci in inganno e far pensare ad un cambio di stile di Gabbani è visibile a livello testuale. Il cantautore qui abbandona la critica sociale, l’ironia e “la profonda leggerezza” che lo contraddistinguono nei testi per mostrare, attraverso una canzone d’amore, una versione più introspettiva di sé giocando all’interno del verso tra concetti, parole e loro contrari: “up con un po’ di down, silenzio rotto per un grande sound”.

Fonte: Wikipedia.org – videoclip brano Viceversa

 

Ad aprire l’album troviamo il pezzo “Einstein”. In questo brano, come è tipico nella cifra stilistica di Gabbani, ciò che non viene trascurata è l’orecchiabilità. Sono presenti variazioni di strofe, tuttavia troviamo un sound semplice. In questo caso il titolo sta sul pezzo: Gabbani riprende la “teoria della relatività” del fisico Einstein per affermare che nella vita è quasi impossibile avere punti fermi e costanti ed aspirare alla coerenza. Nel ritornello l’artista simpaticamente immagina un dialogo tra lui e Einstein stesso che quasi come in una apparizione religiosa compare sul muro della sua stanza ad interrogarlo: “Einstein che mi dice tutto è relativo, il tuo punto fermo non è alcun motivo”. Notevoli i riferimenti all’attualità, a personaggi, film e programmi televisivi che sono diventati trend topic nella vita di tutti i giorni lanciati nel testo quasi come nonsense.

Rimanendo sempre nel “Gabbani style”, non poteva certamente mancare il brano quasi da pista, quello tra i papabili a diventare uno dei tormentoni dell’estate 2020. Stiamo parlando de “Il sudore ci appiccica”. Brano in cui non a caso l’artista cita all’inizio di ogni strofa – a mo’ di preposizione semplice – il diminutivo del suo nome. Sicuramente è uno dei pezzi più forti dell’album.

Non vi svelo altro. Ascoltatelo!

Cinesi è il quarto brano dell’album. Il testo, a differenza di quello che si può immaginare, non fa alcun riferimento a Mao, comunismo, contraffazione o ancor di più a Corona Virus. Il titolo non ci azzecca niente col pezzo, l’artista stesso ha affermato che è stato affibbiato alla canzone in via sperimentale al momento della registrazione. Cinesi parla del coraggio di una coppia di rimanere autentica e in pace con sé stessa in una società in cui il vestito catalizza ancora l’attenzione, una società in cui ancora ciò che conta è l’immagine che di noi stessi riusciamo a proiettare agli altri e l’essere sempre in tendenza nonostante tutto cambi ma in fondo rimane sempre uguale.

A Cinesi segue Shambola, anche questo possibile pezzo da pista. Dal ritornello latineggiante che farebbe subito muovere il bacino anche ai più pigri, il brano è uno dei più radiofonici dell’intero album e al pari de “Il sudore ci appiccica” sembra prestarsi benissimo a diventare hit estiva.

Fonte:La Voce Apuana – videoclip del singolo Duemiladiciannove

Seguono Duemiladiciannove, in cui l’artista ironizza su ciò che ha fatto tendenza nell’anno appena concluso con un originale videoclip pieno di personaggi anche trash, e poi “E’ un’altra cosa” tormentone estivo del 2019.

Fonte: Nuove Canzoni – singolo E’ un’altra cosa

Il Gabbani più cantautore lo si intravede in Bomba Pacifista, che presenta un testo criptico alla Battiato, al quale l’artista sembra spesso ispirarsi.  Chiude l’album la romantica Cancellami, diversa dalle altre, ma che a tratti pare riprendere le origini della sua carriera, ovvero l’album d’esordio Greitist Iz (2014) .

Insomma, in Viceversa non manca proprio nulla.

Ogni brano presenta strofe, ritornelli e bridge sempre orecchiabili ma mai banali, quasi come se il cantautore si ispirasse a Rino Gaetano. Nove tracce con testi profondi e attuali, in cui Gabbani abbandona la critica sociale dei precedenti album per raccontare una versione più introspettiva di sé (si chiama anche in causa in qualche brano).

Un racconto, attraverso questi nove brani, di come egli stesso si pone in rapporto con la collettività: questo sembra essere il filo conduttore di Viceversa.

Ilenia Rocca

 

 

L’amore al cinema: i 5(+1) film da non perdere a San Valentino

Rose rosse e cioccolatini? Pellicole sdolcinate e immancabili happy ending con fiori d’arancio?

Quando si tratta d’amore qualsiasi cineasta ha qualcosa da dire e il romanticismo in tutte le sue forme si insinua nelle trame più disparate … persino in un film horror!

Insomma, ce n’è di materiale per stilare una lista lunga 10 km, ma noi di Universome ci siamo calati nella difficile impresa di scegliere per voi solo 5 film che parlano d’amore anche in modo profondo e inaspettato.

1) One day (Lone Scherfig, 2011)

«Qualsiasi cosa accada domani, viviamo oggi… non lo dimenticare mai.»

Emma (Anne Hathaway) e Dexter ( Jim Sturgess)
Fonte: mymovies.it

Iniziamo con un film relativamente recente, ma che ormai può considerarsi un classico: One day vanta due protagonisti del calibro di Jim Sturgess e Anne Hathaway e non racconta una storia d’amore, ma quella di un incontro che si ripete nel tempo.

Emma e Dexter sono due giovani appena laureati che il 15 luglio del 1988 passano una notte indimenticabile insieme senza finire a letto. Le loro strade da qui si dividono – lei diventa una precisa insegnante e lui uno showman dalla vita sregolata – per incrociarsi però ogni 15 luglio. Diventeranno grandi amici o qualcos’altro era rimasto in sospeso?

 

2) William Shakespeare’s Romeo + Juliet (Baz Luhrmann, 1996)

 «Il mio unico amore spunta dal mio unico odio…»

Leonardo Di Caprio e Clare Danes nella celebre scena dell’incontro
Fonte: paroleacolori.com

Eros e thanatos, la passione fulminea che non lascia scampo, Cupido che si fa beffe mirando sul nemico: quella di Romeo e Giulietta, i due amanti uniti anche nella morte, è una storia che non stanca mai! Bellissima e piena di pathos questa rilettura di Luhrmann in chiave moderna che riporta quasi per intero i dialoghi shakespeariani e vi trasporta in un’improbabile Verona beach teatro di sparatorie da gangster movie. Notevoli gli sguardi di Leonardo Di Caprio e Claire Danes nella scena dell’incontro dietro l’acquario. E pensare che i due bravissimi attori nella realtà si odiavano!

3) Se mi lasci ti cancello (Michel Gondry, 2004)

«Almeno torna indietro e inventati un addio. Facciamo finta che ci sia stato.»

Clementine ( Kate Winslet) e Joel (Jim Carrey) in un “ricordo surreale”
Fonte: repubblica.it

Di un bel po’ d’anni fa, ma mai come ora attuale, Se mi lasci ti cancello è un film per niente banale. A partire dal titolo originale tradotto ingiustamente in Italia che in inglese è in realtà: Eternal Sunshine of the spotless mind (L’infinita letizia della mente candida). A metà strada tra film di fantascienza e melodramma, piena di poesia soprattutto nella scelta delle ambientazioni, ma mai sdolcinata, la pellicola racconta la storia di Clementine (Kate Winslet) e Joel (Jim Carrey) che si rivolgono alla scienza per cancellare dalla mente i ricordi di una relazione finita.

Perché vederlo? Forse perché Clementine e Joel sono un po’ come tutti noi che cerchiamo di dare finali diversi e non sappiamo lasciar fare alla vita, mettendo spesso a tacere la voce del cuore. Ma … chi avrà l’ultima parola?

 4) Notting Hill (Roger Michell, 1999)

   «E’ stato bello conoscerla. Surreale, ma bello!»

Anna ( Julia Roberts) e William ( Hugh Grant)
Fonte: cinematographe.it

Se siete invece per la leggerezza e preferite che a raccontarvi l’amore sia una commedia non perdetevi allora questo cult degli anni ’90. Il fascino tutto inglese di Hugh Grant nei panni di un timido e impacciato libraio di Londra e quello accattivante della Roberts nella parte di un’attrice americana di successo sono gli ingredienti principali di una favola moderna, in cui a far da contorno sono scenari pittoreschi del quartiere londinese, ma anche dialoghi divertenti e personaggi bizzarri. Insomma, se avete voglia di romanticismo condito da risate Notting Hill la sera di San Valentino è proprio quel che ci vuole!

5) Colazione da Tiffany (Blake Edwards, 1961)

Paul: «Io ti amo e tu mi appartieni!»

Holly: «Oh no! Nessuno appartiene a un altro.»

Holly ( Audrey Hepburn) e Paul ( George Peppard) in un negozio di New York
Fonte: culturaeculture.it

 

Sempre per gli amanti della commedia e per quelli che hanno voglia di rispolverare gli scaffali della storia del cinema, Colazione da Tiffany è sicuramente il must dei must. Il breve romanzo di Truman Capote si presta alla riscrittura cinematografica di Edwards che lo trasforma in una delle storie d’amore più belle ed esemplari di tutti i tempi: quella di Holly Golightly (un’indimenticabile Audrey Hepburn), eccentrica e ribelle e del suo vicino e  “amico”, l’introverso scrittore Paul Borjack (George Peppard).

A far da sottofondo le note della dolcissima Moon River: non potrete fare a meno di commuovervi!

5+1) Mine vaganti (Ferzan Ozpetek, 2010)

«Gli amori impossibili non finiscono mai, sono quelli che durano per sempre.»

Il bacio tra Tommaso (Riccardo Scamarcio) e Marco ( Carmine Recano)
Fonte: tumblr.png

Ultimo, ma non meno importante, Mine Vaganti non è un classico film d’amore, piuttosto un dramma corale. Allora perché ve lo proponiamo?

La vicenda di Tommaso ( Riccardo Scamarcio) e Antonio ( Alessandro Preziosi) , due fratelli gay che tentano di ribellarsi alla propria famiglia borghese è in realtà il pretesto per far raccontare al regista italo-turco tutti i tipi d’amore: quello omosessuale, quello non corrisposto, quello extraconiugale, quello irrealizzabile che però dura tutta la vita e, non ultimo, quello familiare.

Con questa rassegna, quindi, auguriamo buon San Valentino non solo ai fidanzati, ma a tutti gli amanti… anche del cinema!

              Angelica Rocca

Parasite, Bong Joon-ho è da Oscar

Locandina del film – Fonte: ansa.it

Vincitore della palma d’oro al festival di Cannes 2019, con oltre cento milioni di dollari di incasso mondiale, il film sudcoreano è stato un successo commerciale, ma ha ricevuto anche il consenso della critica. Infatti, la pellicola è stata la 1ª in assoluto non in lingua inglese ad essere premiata come miglior film agli Oscar. Parasite si è inoltre aggiudicato altre 3 statuette: miglior film straniero, miglior regia e miglior sceneggiatura originale.

È un film eclettico, una satira sociale, una commedia, un action movie, un film aperto come il cinema del regista Bong Joon-ho, che ha sempre spaziato tra i vari  generi cinematografici. Autore di bellissimi film come Memorie di un assassino, The Host e Snowpiercer, che nel 2013 fece parlare di possibili candidature agli Oscar.

La pellicola tratta del conflitto sociale tra poveri e ricchi, attraverso le vicende della famiglia dei Kim, poveri ma intelligenti, furbi e pericolosissimi e la famiglia dei Park, ricchi ma ingenui e sempliciotti. Entrambe le famiglie  sono composte da padre, madre e due figli, un maschio e una femmina.

Il regista, in modo brusco e incessante, rappresenta la condizione di povertà nella quale riversa la famiglia Kim, riprendendo in maniera grezza i bassifondi di Seul e gli alloggi seminterrati presenti, mostrandoci in particolare quello della povera famiglia, costretta a vivere di sussidio di disoccupazione. La pellicola subisce una svolta attraverso un escamotage narrativo, un Deus ex Machina, rappresentato da Min, il quale offre a Ki-woo, figlio della famiglia Kim, di impartire lezioni private di inglese al posto suo alla figlia primogenita della ricca famiglia Park.

 

Ki-woo e la figlia dei Park durante una lezione di inglese – Fonte: mymovies.it

Attraverso i movimenti sinuosi della sua camera, Bong Joon-ho mostra la differenza tra la bassa e l’alta Seul, composta da villette e abitazioni lussuose, poste tanto in alto da obbligare Ki-woo ad affrontare un percorso in salita che gli permetterà di raggiungere la fantasmagorica reggia della famiglia Park, che avrà un ruolo chiave durante tutto lo svolgimento della storia.

Il susseguirsi delle vicende porterà ad un attacco parassitario nei confronti della ricca famiglia dei Park, la quale verrà  astutamente raggirata dagli stratagemmi ingegnosi da parte dei Kim, che si dimostreranno più truffaldini  e menzogneri del Keyser Soze de I soliti sospetti di Bryan Singer, uno dei manipolatori più importanti della storia del cinema.

I Kim che recitano dei dialoghi – Fonte: cinemamonamouritalia.org

Tutti gli attori ci regalano delle magnifiche performance, calandosi perfettamente nei panni dei rispettivi personaggi, ma risulta doveroso evidenziare la magistrale interpretazione di  Song Kang-ho, Ki-Taek nel film e capofamiglia dei Kim, il quale era già presente nei tre film del regista sudcoreano precedentemente citati.

Da copione i protagonisti principali in questo capolavoro cinematografico sono otto, quattro per famiglia, però, quasi in maniera subordinata (ed è che qui stai il genio del regista), possiamo definirne un nono: la casa.

 La lussuosa casa dei Park – Fonte: iodonna.it

Ebbene sì, anche se non esplicitamente elencato, l’edificio dell’architetto Namgoong, rappresenta uno dei personaggi più importanti della storia, un edificio che dà l’idea del divario sociale, che a tratti, evidenziato dalla grande vastità della casa nella quale le camere sono disposte lontane l’una dalle altre, sottolinea la scarsa idea di famiglia unita che volevano rappresentare i Park.

Non possiamo infine non parlare della scelta musicale adottata dallo stesso regista, una scelta alquanto bizzarra ed a tratti ironica, della quale però vorremmo preservare l’identità, con la speranza di suscitare in voi  un po’ di curiosità che questo film realmente merita.

Vi lasciamo con una frase significativa pronunciata da Ki-Taek, che racchiude in sé la magnifica e dirompente energia di questo film: “Dobbiamo prendere il loro posto, i ricchi sono davvero fessi“.

Giuseppe Currenti, Davide Riganello

Alla scoperta degli Oscar: 1917, la prima guerra mondiale come non l’avete mai vista

Voto UVM: 4/5

1917, locandina del film – Fonte: comingsoon.it

1917, ultimo lavoro cinematografico del noto regista britannico Sam Mendes, è un film all’insegna dell’eccedenza – e dell’eccellenza – sotto vari aspetti.

Distribuito su scala limitata negli USA dalla Universal Pictures a partire dal 25 dicembre e poi a gennaio nelle sale di tutto il mondo, ha già incassato ben 202 milioni di dollari e si è – a buon merito – conquistato 10 candidature all’Oscar (miglior film, miglior regista, migliore sceneggiatura originale, migliore fotografia, migliore scenografia, migliore colonna sonora, miglior sonoro, miglior montaggio sonoro, migliori effetti speciali, miglior trucco e acconciatura). Ma non solo: ha già vinto 2 Golden Globe come migliore film drammatico e migliore regia e 7 BAFTA ( miglior film, miglior film britannico, miglior regista, migliore fotografia, migliore scenografia, miglior sonoro e migliori effetti speciali).

Cosa ci aspettiamo da una simile tempesta di riconoscimenti per un film di guerra?

Sicuramente un kolossal moderno ricco di scene d’azione, grandi dispiegamenti di truppe, battaglie epiche e trionfali, che si vedono anche in numerose pellicole fantasy. Il nuovo capolavoro di Sam Mendes invece non è niente di tutto questo!

Il regista, che si è ispirato ai racconti del nonno Alfred Hubert Mendes, il quale combattè per due anni sul fronte francese, ci fa invece notare che quando si tratta di guerre, soprattutto guerre di movimento come il primo conflitto mondiale, c’è ben poco da celebrare, ma solo da raccontare con sguardo realista e disincantato, scegliendo un punto di vista “minore”, quello di un semplice soldato.

Il protagonista William Schofield (George MacKay), caporale dell’esercito britannico sul fronte francese, ha una precisa missione: attraversare le linee nemiche e consegnare un messaggio al colonnello Mackenzie del 2° battaglione del Devonshire Regiment ,per impedire l’attacco ai tedeschi previsto per l’indomani ed evitare così la morte quasi certa di 1600 uomini. Nella sua corsa contro il tempo attraverso desolate terre di nessuno, trincee labirintiche e paesi fantasma devastati dalle bombe, è accompagnato dall’amico e commilitone Tom Blake (Dean-Charles Chapman), coinvolto in prima persona perché fratello di Joseph (Richard Madden), combattente nel 2° Devon.

George MacKay e Dean-Charles Chapman vicino a una trincea nemica – Fonte: fortemertein.com

Riusciranno i due ad avvisare il battaglione in tempo e salvare i compagni dal disastro?

Al di là del finale e dell’intreccio, quello che importa di più a Mendes è far piombare lo spettatore dentro un’atmosfera ben precisa: quella di una guerra atroce che, come afferma il colonnello Mackenzie, interpretato da un magistrale Benedict Cumberbacht, “la vince chi sopravvive”. Il suo occhio non risparmia particolari macabri: mosche e avvoltoi che sorvolano cadaveri, resti umani intrappolati nel fango, né esita a raccontare gli stenti dei protagonisti, la voglia di tornare a casa, i loro ricordi, la fame e la sete per cui si baratta volentieri una medaglia che alla fine “è solo un inutile pezzo di latta”. Una narrazione priva di retorica che si avvale di dialoghi ben scritti (e in questo si vedono le radici teatrali di Mendes) e di un realismo sconcertante.

A creare ancor di più quest’atmosfera sono le scenografie di Dennis Gassner che ricostruiscono un paesaggio quasi post-apocalittico e la fotografia di Roger Deakins che strizzano l’occhio all’arte pittorica. I ruderi del paesino illuminati dalla sola luce dei bombardamenti non sembrano usciti direttamente da un dipinto del romantico Friedrich?!

Fonte: screenWEEKblog

Ma la trovata tecnica più azzeccata è sicuramente l’unico piano sequenza che travolge lo spettatore in un crescendo di forte tensione: scena dopo scena sembra di correre accanto al protagonista, sentire gli spari dei nemici, le trappole tese, le bombe, il fiato che manca, il suo cuore che salta in gola in una corsa infinita in cui non c’è tempo di fermarsi e ricucire le ferite del corpo e dell’animo: bisogna correre, lottare per la sopravvivenza. Ci sono solo pochi momenti di pausa in tutto il film e uno di questi è il canto mattutino che raccoglie i soldati prima della battaglia: un canto privo di speranza, una preghiera di chi sa che va in marcia per morire.

Le premesse per trionfare nella notte degli Oscar ci sono tutte!

Se siete militaristi incalliti con qualche nostalgia per le imprese dei nostri nonni, non andate a guardare 1917: vi racconterà una verità sulla guerra che non volete sentire. Anzi, se lo siete, e soprattutto se siete giovani, andate a vederlo perché per conoscere la storia purtroppo non sempre bastano i libri e quello di Mendes è uno dei film bellici più onesti dell’ultimo decennio!

Angelica Rocca

L’ultima puntata… e torno a studiare.

Durante la sessione , che tu sia un fuori sede o meno e qualsiasi sia il tuo metodo di studio, hai bisogno di staccare. C’è chi come me, adora passare le pause pranzo e cena guardando una serie tv, chi preferisce concedersi un paio di puntate la sera prima di dormire e chi una volta la settimana. Ciò che è certo, in questi giorni di studio intenso, è che non vogliamo altro che una pausa e questo articolo potrebbe darci qualche dritta a riguardo.

Ma quali dovrebbero essere le caratteristiche delle serie più adatta a questo scopo?

Sicuramente è un qualcosa di personale ma quello che non deve mancare è la leggerezza, la necessaria “noia free” e la durata della puntata di 20/30 min.

Vi propongo 5 delle serie tv che, personalmente, ritengo più adatte per non pensare alla montagna di libri che ci aspettano sulla scrivania.

1)BoJack Horseman

Todd perché non vai a fare due passi con Rutie mentre parlo con questi studenti? Non voglio esporla a troppa disperazione

(Princess Carolyn –  BoJack Horseman 6×9)

Venti minuti di pura realtà esposta con estrema abilità e leggerezza che permette di distaccarci… ma non troppo. E’ un cartoon dietro le cui animazioni, definite con estrema maestria, si nascondono (e poi non così tanto) degli argomenti più che comuni. BoJack non è solo un cavallo famoso in balia di ogni dipendenza, che vive in una Holliwoo(d) con animali antropomorfi e umani ma è  anche un po’ ognuno di noi. O forse ognuno di noi è un pò lui in quanto ci costringe ad una minima introspezione e il suo percorso diventa anche il nostro.  È un modo diverso di passare il tempo e senza che te ne accorga ti dà la carica per tornare alla vita quotidiana (e sui libri).

2)Atypical

La storia di Sam Gardner, ragazzo autistico che prova a vivere una vita normale e che ci riesce, forse la sua è la “più normale” di tutte quelle raccontate. La famiglia , gli amici e le sue conquiste fanno da contorno alle avventure quotidiane. Con estrema delicatezza e leggerezza Netflix ci espone una nuova prospettiva e ci costringe a pensare e ad essere più sensibili senza perdere quel velo di divertimento essenziale. Ed è quasi come se attraverso le esperienze di Sam anche noi possiamo crescere e non c’è niente di meglio che farlo 20 minuti alla volta.

3)Sex Education

Altra big di Netflix che fa da calamita anche per gli anti-serie. Otis e i suoi amici, sua madre e le sue insicurezze riescono a liberarci da anni di chiusura mentale e di pregiudizi con estrema leggerezza e allo stesso tempo profondità. Gli argomenti trattati (e in parte risolti da un terapista inesperto – il protagonista), rendono giustizia alle esperienze e alle insicurezze che giovani e adulti hanno passato e molte delle quali non sono ancora risolte. Legittima i pensieri e permette di essere free da tutte le inibizioni sociali, rende creativi e personalmente non c’è niente di meglio prima di  ricominciare a studiare e a vedere tutto in bianco e nero.

4)Scrubs

Serie cult dei primi anni del 2000 che rimane un old but gold imbattibile. A differenza degli altri medical-drama qui non ci si perde solo tra love stories e casi clinici impossibili ma si entra nella vita di un giovane medico sognatore costretto a tenere i piedi per terra. JD non è solo, accanto a lui l’amico di sempre, i colleghi e il dottor Cox che viene descritto da Kelso come “dottor House senza il bastone“.

Okey chi non ama dottor House? E chi non ama il dottor Cox? Se dobbiamo decidere di prenderci una pausa e dobbiamo staccare non c’è niente di meglio che perdersi tra i sogni di JD e tornare con i piedi per terra come ci costringe la serietà di Cox , che il tuo ambito sia medico o no Scrubs rimane un’evergreen che permette a chiunque di ridere e piangere in egual misura tra i corridoi di un ospedale.

5)Californication

Hank Moody è un tizio a cui apparentemente non interessa nulla se non superare il blocco dello scrittore. Eppure ci trasporta sulla East Coast (che ama e odia) e, anche se con i suoi modi, riesce a risolvere la sua vita e a rimettere insieme le cose importanti: sua figlia, la sua compagna e la sua scrittura. Ci permette, tra bellissime donne e bellissimi panorami, di perderci tra le onde di Venice Beach nonostante siamo al buio in una stanzetta fredda.

5+1)Extra

Oltre le cinque serie tv consigliate, non posso tralasciare Dynasty. Siamo stanchi della “vita scandalosa dell’élite di Manhattan” ma non delle storie di giovani privilegiati e Netflix ci viene incontro con una delle serie meglio riuscite di sempre. Sono quaranta minuti di comedy, love stories e intrighi ma sono quello che più può aiutarci ad uscire dagli schemi. In realtà, le altre series consigliate sono molto reali, questa è francamente finzione che permette di sorvolare ogni tipo di problema e di farlo con estrema eleganza. Ha dei principi ma ben celati dietro eventi mondani e look da urlo.

Detto questo, ognuno passa le pause come vuole, ma di certo l’ideale è quello di dedicarsi un po’ di tempo e vi consiglio di farlo in modo leggero e sicuramente interessante. Il problema delle serie tv è che non sarà mai una sola puntata e quei 20 minuti diventano 40 e diciamocelo, che ce lo meritiamo o meno ce lo concediamo comunque.

Barbara Granata

Immagine in evidenza: Barbara Granata©

Odio l’estate: grande ritorno del trio comico più magico d’Italia

 

Profondità e leggerezza, la comicità che non stanca mai. Voto UVM: 4/5

Un magnifico ritorno sul grande schermo quello di Aldo, Giovanni e Giacomo nel film Odio l’estate, uscito nelle sale il 30 gennaio.

Perché parlare di ritorno? La penultima fatica cinematografica del trio (Fuga da Reuma Park– 2016) è relativamente recente, ma da un paio d’anni a questa parte in realtà, Baglio e compagni non erano più gli stessi. La comicità semplice ma talora portata all’assurdo, che non cade mai nella volgarità o negli schiamazzi, l’ironia fatta di mimica, gag memorabili, lunghi botta e risposta e battute tutt’altro che scontate non brillavano certo a partire da Il cosmo sul comò (2008), oscurate com’erano da una regia incerta. Tra le altre pecche abbiamo visto trame abbozzate in cui i dialoghi scorrevano a fatica e la risata stentava a decollare.

Con il ritorno alla cinepresa di Massimo Venier, regista dei loro primi lavori fino a Tu la conosci Claudia (2004), è tutt’altra musica!

Fonte: rbcasting.com

Ma parlando appunto di trama,  cosa ha di tanto originale Odio l’estate?

Aldo Baglio, Giacomo Poretti e Giovanni Storti sono tre padri che vogliono trascorrere una serena vacanza con le proprie famiglie in un’isoletta della Puglia. Il caso – o l’errore – vuole che si trovino a prenotare tutti e tre la stessa casa vacanze. Dopo essersi rivolti alle autorità del luogo- un magnifico Michele Placido nei panni di un disincantato maresciallo di provincia, stremato dal caldo estivo- per non ricorrere in lungaggini giuridiche, optano per il compromesso: condividere gli spazi fino alla fine dell’estate. Dapprima scontenti, si ritroveranno come da copione a stringere amicizia.

Cast del film – Fonte:techniprincess,it

A prima vista, insomma, un intreccio scontato di quelli che non mancano certo alla commedia italiana dell’ultimo decennio, ma in realtà un racconto che si rivela originale nei dettagli.
A partire dai personaggi: all’apparenza stereotipati, evolvono nel corso della pellicola rivelandoci lati inaspettati. Abbiamo Aldo tipico meridionale ipocondriaco trapiantato al nord con tanto di famiglia rumorosa a carico, Giacomo, noioso dentista attaccato al guadagno, Giovanni, pignolo proprietario di un negozio di scarpe messo alle strette dalla crisi. E poi le mogli, donne che stavolta sono più che semplice spalla del trio, ruoli ben caratterizzati e affidati a virtuose attrici. Notevole una Lucia Mascino nei panni della nevrotica madre borghese che ha qualche problemino a lasciarsi andare.

Maria di Biase, Lucia Mascino e Carlotta Natoli – Fonte:optimagazine.com

Le differenze di “classe” sono evidenti, ma come in altri film del trio le tematiche sociali sono solo accennate: non si insiste fino allo sfinimento sulle solite dialettiche nord-sud, ricchi-poveri e via dicendo, ma si preferisce puntare piuttosto su ciò che accomuna i personaggi. Giovanni fa cerchi con le mani quando gli mancano le parole, il nostro Giacomino lascia banconote al figlio al posto di un ti voglio bene e Aldo, all’apparenza il più estroverso ed espansivo e voce narrante come in Chiedimi se sono felice, porta con sé un segreto che non può rivelare.

La profondità tipica dei loro primi film viene a galla senza stancare, alleggerita dalle risate e da dialoghi che fluiscono leggeri, affidata anche alle parole dei personaggi minori, per raccontare senza sdolcinatezze di sorta la magia della vita che è come i fuochi d’artificio: “se ci pensi è una minchiata, ma se non ci pensi non è poi così male.

Ma a parlare di magia ci pensano soprattutto le scene che portano la chiara firma di Venier.
Quasi commuovono il cameo di Massimo Ranieri che canta con un Aldo fan incallito “Erba di casa mia”, le sequenze da road movie tipiche del trio e la partita di calcio in spiaggia sulle note di Capossela, chiaro richiamo a Tre uomini e una gamba. Ci viene quasi da dire: “Non ce la faccio, troppi ricordi!

Fonte: lospettacoliere.it

Sottofondo gradevole e azzeccato poi le canzoni di un grande della musica italiana odierna: Brunori Sas!

Lontano dalla grandezza dei vecchi tempi, ma omaggio non meno maturo, Odio l’estate è in definitiva un film che rende giustizia alla bistrattata comicità italiana!

Angelica Rocca

Il Pop-rap in 1002 degli Psicologi

 

Psicologi è il progetto innovativo del duo Drast, rapper e producer napoletano, e di Lil Kaneki, rapper romano conosciuto anche come Caravaggio. Dopo alcuni lavori pubblicati su Youtube, raggiungono la notorietà con Bomba Dischi; per essere chiari: etichetta romana che ha lanciato artisti come Calcutta, Carl Brave, Franco126 e Giorgio Poi.

L’album o EP, presenta delle collaborazioni con sei producer diversi, spiccano nomi molto interessanti nel panorama rap-trap come Zef (producer di I love you di Ghali), Mr.Monkey (ha prodotto interamente l’ultimo disco di Tredici Pietro, figlio d’arte di Gianni Morandi) e del buon Sick Luke(producer di moltissime hit come Stamm Fort di Luchè feat. Sfera Ebbasta).

Il titolo 1002 si riferisce all’EP precedentemente pubblicato col nome di 2001 scritto inverso, infatti la copertina viene presentata coi colori invertiti.

TRACKLIST :
“Robin Hood” (Prod. Fudasca)
“Ancora sveglio” (Prod. Zef)
“Stanotte” (Prod. Sick Luke)
“Non mi piace” (Prod. Greg Willen)
“Festa” (Prod. Mr. Monkey)
“2001” (Prod. Voga)

 

Francesco Lui