“Don’t stop” all’improvviso: è il ritorno degli Oasis?

A quanto pare il 2020 regala anche qualche gioia.

Alle 23.59 del 29 Aprile tanti erano i fan che aggiornavano le varie piattaforme musicali in attesa del rilascio del singolo Don’t stop.

Per i pochi che non li conoscessero, ripercorriamo brevemente la storia del gruppo.

Gli Oasis nascono a Manchester nel 1991 da un progetto dei fratelli Noel e Liam Gallagher a cui presero parte Paul “Bonehead” Arthurs, Paul “Guigsy” McGuigan e Tony McCarroll. È questa la prima formazione che, nel corso degli anni, ha visto cambiare diversi componenti (Alan White, Gem Archer, Andy Bell, Zak Starkey), mantenendo al centro dell’attenzione l’eccentrica coppia Gallagher.

“Don’t Look Back in Anger”, “Wonderwall”, “Champagne Supernova” sono solo alcuni dei brani che li hanno consacrati come band di riferimento del Britpop, movimento musicale inglese che ha caratterizzato gli anni ’90. L’apice venne raggiunto nel 1995 quando si resero protagonisti della storica band battle con i Blur (vago ricordo all’analoga contesa tra Beatles e Rolling Stones), uscendone vincitori e sopravvivendo allo stesso movimento, grazie anche all’esplosione oltre oceano dei primi anni 2000.

Il 2002 segna <<una nuova era>> per la band, come detto dal fratello maggiore stesso con brani del calibro di Stop Crying Your Hearth Out e Little by Little.

In totale la loro carriera conta più di 70 milioni di dischi in tutto il mondo e vanta numerosi riconoscimenti sia per i singoli che per la band, che si è aggiudicata per due anni consecutivi nel 1995 e 1996 (come Noel Gallagher) il prestigioso riconoscimento Song writers of the year.

Il sipario calò su di loro a seguito dello scioglimento, a tre date dal termine del tour mondiale, nell’agosto 2009 con una lite accesa tra i due fratelli (due chitarre ne furono vittime), che vide Noel annunciare la sua definita uscita dal gruppo e l’inizio della sua carriera da solista.

«È con un po’ di tristezza e grande sollievo che vi dico che questa notte lascio gli Oasis. La gente scriverà e dirà quello che vorrà, ma semplicemente non riuscirei a lavorare con Liam un giorno di più. Le mie scuse a tutte le persone che avevano comprato i biglietti per Parigi, Costanza e Milano.»

Sono passati 11 anni durante i quali i fan hanno sempre coltivato il sogno di una reunion, a volte alimentata anche dallo stesso Liam, ma sempre prontamente smentita, spesso in modo ironico e colorito, dal fratello maggiore.

Capite bene quindi che per gli appassionati leggere rumors su un nuovo singolo, abbia riacceso la speranza.

Liam con un tweet criptico lasciava presagire imminenti novità paragonabili al passaggio dell’asteroide che in questi giorni si è avvicinato alla terra.

Ma è stato proprio Noel a ritrovare in una tranquilla giornata di pulizia di quarantena questo reperto storico, già noto ai fedelissimi, risalente ad un soundcheck del concerto di Hong Kong di 15 anni prima e mai ufficialmente pubblicato.

Ecco così svelato l’arcano mistero.

Don’t stop

Se da una parte le sonorità ci portano indietro nel tempo ai vecchi e buoni Oasis, dall’altra il testo della canzone risulta tristemente attuale:

Bye bye my friend, I’m leaving
I’m gonna feast on the stars in the sky
And while I’ll be gone, don’t stop dreaming
And don’t be sad and don’t cry

al contempo però lascia aperto un invito alla speranza, a non arrendersi davanti alle avversità:

Don’t stop being happy
Don’t stop your clapping
Don’t stop your laughing

e ad aggrapparsi alla vita per allontanare “la notte”, come a voler allontanare “il buio” di questo brutto periodo:

Take a piece of life, it’s alright

To hold back the night.

Che sia stato forse il coronavirus a fare da paciere e a dare l’input per un concerto, magari benefico?

Non sembra, purtroppo, questo il caso.

Ad infrangere i sogni dei fan ci hanno pensato gli stessi fratelli – chi prima, chi dopo – lasciandosi andare su Twitter o tramite interviste a vari giornali ad un ping pong di dichiarazioni al veleno, che vanno avanti oramai da anni. Nonostante entrambi siano ben consapevoli che le loro carriere da solisti non raggiungeranno mai i numeri che toccavano insieme, non ne vogliono proprio sapere.

Anche un momento di condivisione come il lancio di “Don’t stop” ha lasciato emergere questi dissapori.

Liam stesso (sempre stato il più nostalgico dei due)  in un primo momento si è lasciato prendere dai ricordi che suscita la canzone (primo tweet), per poi ritrattare ed attaccare Noel a distanza di poco tempo (secondo tweet). Ha inoltre sfidato il fratello a pubblicare anche “Step Out” un brano da lui scritto e di cui il primogenito sarebbe geloso, consapevole del fatto non vedrà mai la luce.

Ma, come si dice, la speranza è sempre l’ultima a morire, nonostante i “tweet” siano avversi e probabilmente i due Gallagher starebbero ad un metro (forse più) di distanza anche senza l’ordine del distanziamento sociale!

Eppure, come disse Noel stesso:

<<La forza più grande degli Oasis era la relazione tra me e Liam. E alla fine è anche ciò che ha messo in ginocchio la band>>.

Forse basterebbe seppellire l’ascia di guerra e don’t look back in anger?

 

                                                                                                                    Claudia Di Mento e Luca Giunta

Viaggio alla scoperta di Calcutta: tra luoghi e città d’Italia

Se parliamo di Calcutta pensiamo all’indie che è diventato fenomeno mainstream, pensiamo ai testi indecifrabili quasi quanto una poesia di Ungaretti ed illustrati sui social, ad un tipo di cantautore schivo e riservato un po’ alla Battisti. Ma soprattutto alle immagini e ai luoghi che le sue note sono in grado di evocare anche se le ascoltiamo stesi tra “i sospiri nel letto”.

Quante città e luoghi d’Italia sbucano nelle sue canzoni? Lasciate perdere “Milano” e “Frosinone”. Oggi che è il compleanno di Edoardo d’Erme, in arte Calcutta, vi trascineremo in un viaggio coinvolgente dentro cinque canzoni che saranno in grado di farvi partire, anche durante questa noiosa quarantena!

Edoardo d’Erme, in arte Calcutta, in concerto all’Arena di Verona. Fonte: news mtv italia.it

Gaetano

“E ho fatto una svastica in centro a Bologna ma era solo per litigare”

Un must della discografia di Calcutta è sicuramente la traccia che apre l‘album Mainstream ( 2015),  una ballata  tradizionale nella struttura ma che strizza l’occhio al synth-pop soprattutto nell’ultima parte. “Le fiamme in un campo rom” e “la svastica in centro a Bologna” sono immagini molto forti, che a una lettura superficiale sono state giudicate filonaziste. Ma al di là di singole parole e frasi quasi incomprensibili, emerge una dedica un po’ arrabbiata forse a un’ex troppo diversa che è bene lasciar andare. E poi la confessione esplode con dolcezza nel bridge: “Ma in verità ti vorrei accompagnare/ fare ancora quattro passi con te/ ma è difficile se vai veloce stare al passo con te…” “Come si fa?” si chiede l’autore. E ce lo chiediamo tutti con lui in un intermezzo strumentale sognante e a tratti beatlesiano.

“Mainstream”: cover. Fonte: amazon.it

Cosa mi manchi a fare

“Pesaro è una donna intelligente/ forse è vero ti eri fatta trasparente”

Ma che caspiterina significherà mai “Pesaro è una donna intelligente”? Inserire città a caso nei versi delle canzoni è forse la nuova moda dei cantanti indie? In ogni caso le canzoni di Calcutta sono così: inutile puntare a scovare il significato del singolo verso, ma farsi travolgere dal potere evocativo del suono.

E per suono non si intende solo quello delle note, ma anche e soprattutto quello delle parole. Arrangiamenti elettronici e versi schietti come “volevo solo scomparire in un abbraccio” sono gli ingredienti di questa ballata del 2015 tratta sempre da Mainstream e che ha segnato la nascita del fenomeno Calcutta. Il video-clip che ha per protagonista un bimbo come tanti testimonia ancora di più il carattere schivo e restio ad autocelebrarsi del suo autore. Notevole anche la cover acustica di Coez tratta dal suo From the rooftop (2016).

Chi non si è mai commosso su queste note mente!

Dal videoclip di “Cosa mi manchi a fare”. Fonte: listone mag.it

 

Sorriso

“Milano-Dateo sulla mappa è un neo”

Siamo ormai alla traccia più recente: “Sorriso” singolo pubblicato il 7 giugno 2019 e inserito poi nella ristampa di “Evergreen”.

Cos’ha ormai da raccontarci un cantante indie prestato al pop?

In “Sorriso” abbiamo sempre una città: Milano – già protagonista della canzone omonima (Mainstream) e di “Paracetamolo” (Evergreen)- con il suo caotico labirinto di strade e stazioni metro che sulla mappa spariscono quasi come nei. E in questa folla di persone che si incontrano, si perdono e non si baciano da due anni, il cantante strappa alla sua amica una promessa: “Ti prego amore mio promettimi/ che persa nei tuoi giri/ se qualcuno poi ti parla di me (parla di me)/ un sorriso ti spaccherà in tre.” Pare che l’ispirazione del nostro D’Erme sia stato l’abbagliante sorriso di Mia Martini appena le nominarono il suo amore di un tempo: Ivano Fossati. Un motivo in più per ascoltarla.

 “Sorriso”: cover. Fonte: Amazon.it

Hubner

“ Venezia è bella, ma non è il mio mare”

Questa è forse una delle canzoni meno conosciute del cantante di “Pesto”, ma sicuramente meritevole di ascolto al pari di tante altre. Settima traccia di “Evergreen” (2018), è forse una delle più intimiste, con arrangiamenti e coretti vintage ed un testo ermetico a dir poco: “ io certe volte dovrei fare come Dario Hubner/ e non lasciarti a casa mai a consumare le unghie” Dedica a un’amante insicura? Al di là dei soliti riferimenti geografici (compaiono Venezia e Fondi) spicca sicuramente la figura di Dario Hubner: per chi non lo sapesse, attaccante del Brescia negli anni ’90 ed “eroe romantico” in quanto esempio di calciatore coraggioso e ribelle. Che dire? La musica indie avvicina al calcio anche i profani!

“Evergreen”: cover. Fonte: genius.com

Del verde

“Preferirei una spiaggia di Sardegna”

Altra traccia di Evergreen su cui sono state fatte diverse congetture è “Del verde”. Stavolta non fa da sfondo nessun panorama urbano, ma spiagge di Sardegna e boschi imprecisati. Cos’è “quel verde tutto intorno” che il cantante preferirebbe anche alla “città più bella che abbia visto”, alle comodità della vita, al tanto decantato “posto fisso”? Le orecchie più maliziose sentono un riferimento alla droga. Gli animi romantici vedono una coppia di amanti che al di là delle ristrettezze economiche (“ti presterò i miei soldi per venirmi a trovare”) possono giocare ad essere per un po’ “Sandra” e “Raimondo”, perdersi nel bosco e prendersi “una notte per ricominciare”.

Calcutta in mezzo al “verde”. Fonte: mp3 cielo.it

Cos’altro aggiungere?

I nostalgici, per far conoscere l’Italia attraverso la musica, farebbero ascoltare ad uno straniero solo il grande cantautorato. De Andrè, Dalla, Battisti e tanti altri sono e devono rimanere mostri sacri e intoccabili, ma da un paio d’anni a questa parte l’indie-pop ha rappresentato una vera rinascita nel panorama musicale italiano. Non solo un fenomeno commerciale ed alla moda, ma un fiorire di testi profondi e originali. E tutto ciò non è da sottovalutare!

Angelica Rocca

Il Coronavirus blocca Hollywood: tante le uscite in sala rinviate

Quelli che stiamo vivendo sono giorni surreali, infiniti, sospesi nel vuoto.

L’emergenza pandemica che investito l’intero globo ha prodotto delle conseguenze concrete anche sul mondo della settima arte e delle dimensioni professionali che vi ruotano attorno.

Produzioni in stand-by, riprese interrotte, set “smontati”, serie tv sospese, uscite nelle sale rinviate e non solo.

Qui vi proponiamo una rapida – ma intensa  – carrellata di ciò che ci aspetta una volta rientrata l’emergenza sanitaria!

NO TIME TO DIE

Fonte: ItaliaSera

Il titolo del venticinquesimo lungometraggio dedicato alle gesta di James Bond, beffardo ed attuale quanto mai, era indubbiamente tra le pellicole più attese.
Il film diretto da Cary Fukunaga, inizialmente previsto per aprile, è stato posticipato al 12 novembre 2020. Considerando l’imminenza del suo arrivo in sala, con Daniel Craig & Co. in rampa di lancio, lo spostamento degli eventi marketing e della campagna pubblicitaria creata attorno all’ultimo capitolo di 007 non sarà affatto indolore per le casse della Universal.
Questo slittamento potrebbe costare tra i 30 e i 50 milioni, basti pensare ai 5 milioni di dollari investiti nel Super Bowl di febbraio.

FAST & FURIOUS 9

Fonte: Comicus

Come insegna il buon vecchio Dominic Toretto: la famiglia prima di tutto. Del resto si sa: la famiglia va protetta, a qualsiasi costo.
Questa volta, però, Vin Diesel ha dovuto inserire la retromarcia.
La star americana, inizialmente, aveva rassicurato i fan della fortunata saga Fast & Furious, garantendo loro l’uscita regolare del nono attesissimo capitolo.
L’attore aveva anche rimarcato l’importanza del cinema come fonte di svago e di leggerezza in un momento delicato ed incerto come questo.
Purtroppo per i fan del cinema rombo e motori così non è stato, anche l’uscita di Fast & Furious è stato rimandato al 2 aprile 2021.

A QUIET PLACE 2

Fonte: Ansa

La prima pellicola è stata una delle sorprese del 2018.
Un dramma familiare che rende la narrazione tesa ed estremamente coinvolgente, ambientato in uno scenario post-apocalittico ispirato, visivamente potente e soprattutto credibile.
Il sequel, che era previsto per Aprile 2020, è la naturale conseguenza di un successo acclamato.
A Quiet Place 2 slitta a data da destinarsi, ad annunciarlo è stato Krasinski regista-attore-sceneggiatore con attraverso il suo account Instagram: “Le persone sostengono che il nostro film vada visto tutti insieme in sala. Ebbene, a causa delle mutevoli circostanze di ciò che sta succedendo in questo momento intorno a noi, questo non è chiaramente il momento giusto per una cosa del genere. Anche se eravamo estremamente entusiasti di farvi vedere il film al più presto, aspetteremo a distribuirlo, in modo che tutti possiamo vederlo insieme”.

BLACK WIDOW

Fonte: SkyNews

Anche un colosso come la Disney ha dovuto deporre le armi davanti al nemico invisibile coronavirus.
Dopo aver resistito sino all’ultimo, anche Black Widow viene travolto da questo ineluttabile effetto domino.
Il cinecomic dedicato ad esplorare le “ombre” affascinanti di Vedova Nera, interpretata dalla magnifica Scarlett Johannson quest’anno candidata a due premi Oscar, era previsto nelle sale italiane per il 30 aprile, ma è stato spostato a data da destinarsi.
Dunque anche i fan dei fumetti Marvel dovranno arrendersi all’idea di pazientare per vedere in sala il primo adattamento cinematografico sulla Vedova Nera.

AVATAR

Fonte: TgCom24

La produzione dei tre attesissimi sequel di Avatar, le cui riprese erano in corso in Nuova Zelanda, è stata “rinviata fino a nuovo avviso”.
Il cast e la troupe della saga creata e diretta da James Cameron sono tornati a Los Angeles.
La previsione, sebbene molto ottimistica, è quella di tornare negli studi di Wellington entro la fine dell’anno.
Pare quindi che il coronavirus abbia messo in ginocchio anche i “giganti blu” di Pandora, chissà ancora per quanto tempo.

MATRIX 4

Fonte: Ciak!

Anche la quarta pellicola dell’ormai storico “The Matrix” ha dovuto chiudere i battenti della produzione.
Conclusesi le riprese in quel di San Francisco, il progetto si è letteralmente arenato a Berlino, dove l’intera troupe si trova bloccata.
Non è ancora stata comunicata una data di uscita nelle sale dell’ultimo entusiasmante atto che vede di nuovo insieme Keanu Reeves e Carrie-Anne Smith.
Un po’ di pazienza, Neo sta per tornare nel cyber-spazio.

THE BATMAN

Fonte: Movieplayer

Le riprese del nuovo lungometraggio sull’ultimissima versione del celebre uomo-pipistrello della DC, già fermatesi per due settimane, sono state ulteriormente arrestate per ovvi motivi di sicurezza.
Il regista Matt Reeves ha confermato sul suo profilo Twitter la proroga dello stop: “Ci siamo fermati finché non sarà sicuro per tutti noi riprendere le riprese. Tutti sono al sicuro per il momento, grazie per averlo chiesto, e state al sicuro anche voi”.
The Batman aveva attirato i riflettori di Hollywood su di sè, soprattutto per la presenza di Robert Pattinson, ritenuto perfetto persino dall’ex Batman Ben Affleck.

Ai cinefili è chiesta in questo momento un po’ di pazienza.

Tutto è stato sospeso, nulla cancellato Il prossimi mesi saranno pregni di buon cinema, abbiate fiducia.

Antonio Mulone

Da Mario Girotti a Terence Hill: nascita di un’icona

Fonte: Secolo d’Italia- Terence Hill

Terence Hill potrebbe tranquillamente essere il nome di un noto personaggio statunitense… invece no. Terence Hill è il nome d’arte di Mario Girotti, uno dei più celebri attori italiani. Nasce a Venezia – come oggi – ben 81 anni fa da madre tedesca e padre italiano. Per sfuggire ai bombardamenti della Seconda Guerra mondiale si trasferisce in Sassonia (Germania) con la famiglia per poi tornare in Italia durante gli anni del liceo, anni in cui si dedicherà ad una delle sue più grandi passioni: il nuoto.

Ma cosa lo ha spinto a cambiare totalmente carriera?

Ripercorriamo insieme le sue fortunate esperienze cinematografiche e televisive!

I primi esordi

Nel corso di una gara di nuoto viene notato da Dino Risi, il quale lo sceglierà per un ruolo nel film “Vacanze col gangster, (1952)”. Cosciente ancora del fatto che la sua vera passione sia il nuoto e non la recitazione, Mario Girotti continuerà ancora a recitare solamente con lo scopo di  pagarsi gli studi classici. Nel 1957 recita in Lazzarella di Carlo Ludovico Bragaglia per arrivare successivamente allo sceneggiato televisivo “Il ritratto di Dorian Grey” , tratto dall’omonima opera di Oscar Wilde, in cui ottiene il ruolo principale e verrà conosciuto così dal grande pubblico.

Galeotto però fu Luchino Visconti che scelse il giovane per il ruolo del Conte Cavriaghi ne “Il Gattopardo”; da qui Mario Girotti capirà di volersi dedicare alla carriera cinematografica.

 

Gli anni degli spaghetti western

Alla volta della Germania per studiare recitazione l’attore qui verrà scritturato per alcuni film western.

Tornato in Italia dopo l’esperienza tedesca  diverrà quello che forse potremmo definire l’antesignano di un western tutto all’italiana; con lui prenderà piede infatti il genere “spaghetti western” caratterizzato dall’uso della comicità.

Il nome Mario Girotti risultava molto provinciale per il genere di film che si accingeva a fare. Serviva qualcosa che avesse il “sapore di America”, qualcosa che sapesse di vecchio west insomma, e così Mario Girotti diviene Terence Hill.

Complice del suo successo sarà anche il sodalizio artistico con Carlo Pedersoli in arte Bud Spencer con il quale condivide anche la passione per il nuoto.

Fonte: Everyeye Cinema- Bud Spencer e Terence Hill in Lo chiamavano Trinità

Fu nel set de “Dio perdonaio no!” che i due si conobbero.

Ma il film che identifica la coppia Bud SpencerTerence Hill con il western all’italiana è Lo chiamavano Trinità, pellicola del 1970 in cui Terence Hill, in un approssimato ambiente western in un parco naturale fra Lazio e Abruzzo, interpreta il giovane pistolero Trinità che dovrà difendere, insieme al fratello Bambino (Bud Spencer) un  gruppo di mormoni perseguitati dalle intimidazioni del maggiore Harriman.

Da questi lavori è visibile la tempra risoluta di Terence Hill, capace, per interpretare al meglio il suo personaggio, di digiunare per tre giorni per la riuscita della scena iniziale, ovvero Trinità che entra in un saloon e divora una scodella piena di fagioli al sugo.

Fonte: Ristorazione con Ruggi- Terence Hill nella scena cult dei fagioli

Numerosi film dello stesso genere seguirono Lo chiamavano Trinità, complici sicuramente le doti attoriali di Terence Hill, il sodalizio con l’amico e collega Bud Spencer, ma sicuramente anche le caratteristiche fisiche; non tanto per essere possente, quanto per i connotati del viso: gli occhi azzurri acceso, i capelli biondi e il tipo di carnagione olivastra sono propri nell’immaginario collettivo degli attori dei western americani.

 

Dagli spaghetti western alle fiction della maturità

È riduttivo sicuramente identificare il personaggio di Terence Hill solamente con il western all’italiana, sebbene questo abbia rappresentato una fase significativa della sua carriera e abbia contribuito alla sua crescita attoriale. Negli ultimi 20 anni lo vediamo infatti protagonista di molte fiction di successo nel piccolo schermo.

Tutti ormai conosciamo le vicende del prete detective in bicicletta giunte ormai alla dodicesima stagione. Don Matteo è famoso per riuscire a scovare i colpevoli prima dei carabinieri che conducono le indagini. Non ha bisogno di particolari indizi e prove, il nostro prete fa molta attenzione, giocando d’astuzia, alla psicologia della vittima e di chi gli sta attorno.

Fonte: Ciak Generation- Terence Hill in Don Matteo

 

Un’altra fiction con protagonista Terence Hill che merita di essere menzionata è “L’uomo che sognava con le aquile” (2006) andata in onda in due puntate su Rai 1 e ambientata nella splendida cornice dell’Aspromonte. L’attore questa volta interpreta Rocco Ventura, un avvocato che si è dedicato alla pastorizia, impegnato su tutti i fronti per difendere la sua azienda e la sua proprietà davanti a chi vorrebbe renderla un complesso residenziale.

Fonte: Amazon.it

Personaggi astuti che combattono contro le intimidazioni dei potenti, dinamismo nelle scene, tempra risoluta e figure carismatiche sembrano tutti elementi costituenti la cifra stilistica dei personaggi di Terence Hill partendo dagli spaghetti western a questi ultimi che abbiamo definito come fiction della maturità, sebbene siano generi tra loro diversi.

Nel fare gli auguri a Terence Hill, ci auguriamo anche che continui a regalare capolavori sia nel piccolo che nel grande schermo.

                                                                                                                                                                                          Ilenia Rocca

Per quando torneremo: letteratura e solidarietà contro il Coronavirus

Può l’arte – e in particolar modo la letteratura – lanciare un messaggio di speranza in un periodo buio come questo?

Può trasmettere quel senso di coesione necessario in momenti di crisi, nei quali è facile lasciarsi andare alla caccia al capro espiatorio per reagire al senso di impotenza che ci accomuna?

Tra social challenge, catene di solidarietà via whatsapp, conversazioni su Skype e flash mob musicali capaci di far rivivere il deserto delle strade post-quarantena, l’essere umano, anche ai tempi del Covid- 19, ha dimostrato di non riuscire a mettere da parte un bisogno fondamentale: quello di esprimersi e comunicare!

Italia popolo di grandi tradizioni, Italia popolo di santi e navigatori, ma soprattutto Italia popolo di artisti e di poeti.

Quindi quale mezzo migliore della letteratura per comunicare oltre i muri delle nostre case dentro cui siamo trincerati da giorni?

È in questo spirito che si inserisce l’iniziativa lanciata da IL CLEB, book club molto dinamico nato a Prato nel 2019, grazie a Sara Ruperto e Arzachena Leporatti, con “l’intento di promuovere la scrittura femminile contemporanea“, rivolgendosi però a un pubblico che non sia solo di donne, in contrasto con il tipico pregiudizio “se lo scrive una donna lo legge solo una donna”.

In questa particolare situazione d’emergenza, IL CLEB ha postato sui social un’open call rivolta a scrittori famosi e non, uomini e donne, del Sud e del Nord, per realizzare un ambizioso progetto: Per quando torneremo, e-book scaricabile dal portale web.

 

“Per quando torneremo”, copertina dell’e-book.                     Fonte: perquandotorneremo.wixsite.com

L’intento, ovviamente, è quello di rendersi utili in modo creativo, non fermando le menti e le penne, mantenere accesi gli animi di chi scrive e di chi legge in attesa di quando torneremo appunto a riappropriarci della nostra quotidianità.

A tutti noi è infatti la dedica ripetuta nella prima pagina dell’e-book!

La dedica sull’e-book – Fonte: perquandotorneremo.wixsite.com

Ma quella che può sembrare un’astratta iniziativa letteraria si traduce in aiuto concreto: il ricavato della vendita online degli e-book sarà interamente destinato agli ospedali impegnati nella lotta contro il Coronavirus.

In particolar modo, l’80% dei fondi andrà all’ospedale di Prato, mentre un altro 20% sarà devoluto ad altre strutture ospedaliere della Toscana e a vari istituti di ricerca che operano nel campo delle malattie infettive.

Per quanto torneremo è un’originale raccolta di poesie e racconti che affrontano i più svariati temi con diversi stili, in cui compaiono nomi già affermati nel campo dell’editoria nazionale accanto a giovani penne. Il tutto corredato dalle “illustrazioni cariche di colori, pop e ironiche” di Martina Filippella (sua è la copertina e la maggior parte delle raffigurazioni) e di Francesca Bonazzi.

Illustrazione di Martina Filippella
Fonte: perquandotorneremo.wixsite.com

Un progetto solidale realizzato nello spazio di pochi giorni proprio per rispondere all’emergenza Covid-19.

Un libro collettivo che mi rende orgogliosa di averne preso parte con tre poesie che tenevo nel cassetto da diverso tempo e, un po’ per timidezza, un po’ per pigrizia, non avevo ancora pubblicato.

“Estremista”, poesia di Angelica Rocca a p. 98 dell’e-book.
Fonte: perquandotorneremo.wixsite.com

Ma, quando la nostra società là fuori sembra sgretolarsi sotto il peso di un nemico invisibile, allora arriva il momento di esporsi, di chiedersi cosa ognuno di noi può fare con quel poco di talento e capacità che si trova a disposizione per dare concretamente una mano.

Arriva il momento in cui restare a casa ci fa sentire eroi, ma allo stesso tempo impotenti soldati in congedo. Scatta perciò il bisogno di farsi sentire, di non lasciare solo chi combatte in prima linea 24 ore su 24 in una corsia d’ospedale dentro tute asettiche che permettono a malapena di respirare.

Ma è ovvio che pochi di noi sanno infilare un ago nella carne, pochi di noi sanno somministrare farmaci, pochi di noi sanno ridare il respiro a un malato in rianimazione. L’unica arma che personalmente possiedo sono le parole e mi sembrava giusto adoperarle – soprattutto in questo caso – per uno scopo umanitario.

Perché in situazioni come queste non si può rimanere letterati d’élite dietro scrittoio e calamaio, non si ci si può rinchiudere nella rassicurante torre d’avorio della cultura e lasciare il mondo andare a rotoli.

“Estranei”, poesia di Lavinia Barletta a p.79 dell’e-book. Fonte: perquandotorneremo.wixsite.com

In barba perciò a chi dice che arte, poesia e letteratura sono inutili perdite di tempo. Per quando torneremo dimostra che ciò non è vero. Rispondo agli increduli con le parole del professor Keating ne L’attimo fuggente: «Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo!»

Angelica Rocca

Ringraziamenti

Ringrazio Lavinia Barletta, amica e poetessa che mi ha “girato la call” permettendomi di partecipare al progetto, ringrazio ancora una volta IL CLEB e in particolar modo Sara che gentilmente ha risposto su Instagram alle mie curiosità: sue sono le parole tra virgolette disseminate nell’articolo.

Qui il link al sito in cui troverete tutte le informazioni per scaricare l’e-book e donare:

https://perquandotorneremo.wixsite.com/home

#iorestoacasa: Guida di sopravvivenza pt.2

Ormai da diversi giorni ci troviamo in una situazione che nessuno di noi aveva mai vissuto: bloccati in casa dobbiamo intrattenerci in più modi possibili, e noi di UniVersoMe cercheremo di darvi quante più alternative in questo periodo di quarantena.

C’è chi preferisce leggere un buon libro, chi guardarsi un film e chi divorare puntate su puntate di svariate serie tv o rispolverare qualche gioco tavolo.

Ma c’è anche chi preferisce intrattenersi tramite i videogiochi ,sia con un ottimo single player immergendosi in atmosfere dalle più disparate sfumature (fantasy, gotico, steampunk); sia con dei titoli multiplayer per restare in contatto con più amici possibili e passare delle ore in compagnia cercando di dimenticarsi per un po’ il forzato isolamento casalingo.

Ecco alcuni nostri consigli a riguardo, giorno per giorno!

Lunedì

God of War (2018): l’ultima monumentale fatica di Santa Monica Studio è stata reinventare uno dei franchise più importanti di sempre esclusivi di casa Sony.

Impresa non facile dato il più che incerto God of War : Ascension che aveva lasciato ben più di una preoccupazione per il futuro della serie; preoccupazione che è stata totalmente spazzata via con quello che da molti viene ritenuto il capolavoro per eccellenza di questa generazione video ludica tanto da vincere il premio come miglior gioco dell’anno nel 2018 (ps4).

Una narrazione in crescendo e con climax continui, la grafica mozzafiato, l’ambientazione open map viva e pulsante che permea mitologia scandinava da tutti i pori e un gameplay compatto ma mai monotono rendono l’esperienza del giocatore unica e soddisfacente in ogni suo aspetto. Alla fine, avremo l’ansia e la voglia di poter giocare al prossimo capitolo date dai due sbalorditivi e perfettamente calzanti cliffhanger (finali in sospeso).

Kratos e Atreus – Fonte: NerdPlanet

Martedì

Rainbow Six Siege (2015): l’ormai quinquennale titolo di casa Ubisoft non smette mai di sorprendere.

Sparatutto tattico 5vs5 (quasi esclusivamente online), si ritrova ad essere oggi uno dei titoli multiplayer più gettonati in assoluto, grazie al suo alto tasso di competitività, a uno shooting (sistema di sparo) fluido e soprattutto al suo essere un unicum nel mondo degli shooter.

 

Gli operatori di Rainbow in azione – Fonte: Tom’s Hardware

Mercoledì

Sekiro: Shadows Die Twice (2019) : From Software divenuta famosa nel 2011 grazie a Dark Souls, dopo la saga dei suddetti souls e l’ottimo Blooborne, decide di osare e cambiare notevolmente il suo modo di creare un gioco.

Sekiro a differenza degli altri progetti di casa From, prettamente strutturati sul più classico dei giochi di ruolo, è stato concepito come gioco action non più basato su un personaggio totalmente personalizzabile e con struttura parametrica (  parametri intesi come forza, vita, stamina ecc…) bensì su un personaggio predefinito.

Attraverso un gameplay ricco e variegato, l’ambientazione del feudalesimo giapponese condita con la solita vena fantasy che contraddistingue questa software house regala al giocatore una sfida molto impegnativa, ma quanto mai appagante per chi riesce a superare i vari ostacoli che il gioco pone sul suo cammino.

Lupo contro uno dei boss – Fonte: VideoGamer Italia

Giovedì

Call of Duty Modern Warfare (2019): il reboot di uno dei capitoli della serie sparatutto più famosa di sempre fatto ad opera di Activision e Infinity Ward.

Il classico gameplay della serie, dinamico e frenetico condito con la più recente modalità battle royale Warzone, fornisce divertimento costante anche al giocatore più casual.

Soldato degli alleati – Fonte: GameIndustry.it

Venerdì

The Last of Us remastered (2014): Uno dei capisaldi di sempre del videogioco, ad opera di Naughty Dog, originariamente rilasciato per ps3 nel 2013.

Costruita con la più classica delle cornici dell’ apocalisse zombie, la storia di quest’opera riesce a demolire tutti i clichè relativi a questo tipo di contesto per far sublimare i rapporti tra i personaggi e le loro varie caratterizzazioni.

Accompagnano il tutto una grafica di tutto rispetto nonostante sia un gioco della vecchia generazione e un gameplay leggermente statico ma più che funzionale per tutto il corso del gioco.

 

Ellie e Joel – Fonte: Games-EvoSmart

Sabato

Read Dead Redemption 2 (2018): Il gioco che ha cambiato per sempre e in modo radicale il concetto di open world, il tutto creato dalla Rockstar Games.

Dopo l’enorme successo del primo capitolo uscito su ps3 nel 2010 non era facile replicarlo, ma Rockstar Games è riuscita nell’impresa di surclassarlo.

E ci sono riusciti grazie ad un mondo western riprodotto fedelmente in ogni suo aspetto, a personaggi la cui profondità farebbe invidia a quelli di serie tv e film, a un gameplay perfettamente sviluppato in ogni suo aspetto, dalle sparatorie alla caccia e soprattutto a una storia e una narrazione che tengono col fiato sospeso: fino al gran finale che colpisce con veemenza l’emotività del giocatore.

 

Arthur Morgan nel mondo di gioco – Fonte: Want

Domenica

Monster Hunter World (2018): una delle serie di punta della Capcom mancava su console fissa da diversi anni, ed è tornata col botto, migliore di quanto sia mai stata.

Il gameplay più variegato di sempre unito all’imponenza e alla cura nei minimi dettagli dei mostri da cacciare invogliano sempre di più il giocatore a esplorare sia le varie aree di gioco, sia sé stesso per capire al meglio quali strategie e quale equipaggiamento sia più adatto a sé stesso e alla missione da affrontare.

 

I cacciatori contro un mostro – Fonte: Red-Bull

Insomma, con questa puntata della nostra guida abbiamo accontentato anche gli amanti dei videogiochi.

Stay tuned, a breve per le altre parti con le varie forme di intrattenimento!

                                                                                                                                                                                                                                                      Giuseppe Catanzaro

Bryan Cranston, “una vita in parti”

Walter White, Hal , Lyndon B. Johnson e Dalton Trumbo sono solo alcuni dei caratteri affascinanti e complessi nei quali il leggendario Bryan Cranston, che oggi compie 64 anni, si è reincarnato.

Non è dunque un caso che l’attore, il quale sarebbe divenuto il professore di chimica più temibile del mondo, nasca nel 1956 proprio ad Hollywood (Los Angeles) culla della recitazione e dello show-business.

Ad inizio carriera, le attitudini attoriali di Bryan lo portano a prediligere sceneggiati comedy: infatti, il ruolo che gli conferisce una spolverata – seppur fugace – di notorietà è quello dei Hal Wilkerson nella sit-com televisiva Malcolm.

Fonte: Amazonphoto

Il ruolo di padre rimbecillito, ingenuo, distratto ed abbindolabile, mette in evidenzia il suo talento di fronte tutta l’America, che si appassiona velocemente alla serie.

La propensione per la recitazione comica viene certificata anche dalle prime candidature ai prestigiosi premi Emmy, che negli anni a seguire saranno letteralmente dominati.

Dopo il propulsivo successo comico maturano le prime esperienze drammatiche di rilievo nell’epico Salvate il soldato Ryan di Spielberg; seguono quelle in Drive di Refn, Contagion di Soderbergh, Rock of Ages di Shankman.

 

Nel 2008 scatta la scintilla che offre l’opportunità di accendere artisticamente la sua carriera: viene provinato e selezionato per ricoprire il ruolo di Walter White nella pluripremiata serie tv cult Breaking Bad.

Fonte: Wikisphoto

Come l’ha definita lo stesso Cranston, vestire i panni del professore di chimica malato di cancro è stata una “life-changing experience“, un’esperienza che gli ha cambiato la vita.

Cinque entusiasmanti stagioni (2008/2013), ormai consegnate ai posteri della settima arte, che gli hanno donato, il life-time role (ruolo della vita), concepito dalla penna e dalla mente geniali di Vince Gilligan, storico autore e produttore della serie.

Fonte: Fox

“Say my name”, “I am the one who knocks”, “Stay out of my territory”, “I won”, “I did it for me” sono solo alcune delle citazioni incastonate come diamanti in scene brillanti e mozzafiato hanno reso Breaking Bad la serie culto degli ultimi anni.

Walter White è uno dei personaggi più riusciti, complessi, affascinanti, emotivamente potenti, evoluti e profondi della storia della TV, per il quale l’interprete hollywoodiano ha ricevuto molteplici premi tra i quali quattro Emmy ed un Golden Globe.

Come Vince Gilligan spesso ha dichiarato nessuno sarebbe potuto “essere” W.White meglio di lui, nessuno sarebbe potuto essere un padre dolcissimo e premuroso nella sfera domestica e parallelamente divenire di stagione in stagione lo spietato re della metanfetamina (Blue Sky), meglio di lui.

Penserete legittimamente, solo se avete letto l’articolo con perspicacia, che possa essere difficile affrancare una carriera attoriale da un ruolo così ingombrante.

Non per Bryan Cranston, che presto mostra al mondo del cinema il suo talento camaleontico in Argo, pellicola diretta da B.Affleck vincitrice del miglior film agli Oscar del 2012. In The Infiltrator veste i panni di una spia-infiltrata nel mondo dei narcos. E ancora, interpreta magistralmente lo sceneggiatore baffuto Dalton Trumbo nell’omonimo biopic che gli vale la candidatura come miglior attore agli Oscar del 2016.

L’amore per la recitazione di Bryan Cranston non ha confini e lo spinge a modellare il suo talento artistico anche per i rinomati palcoscenici teatrali di Broadway nei quali si esibisce in All the way e Network, entrambe performance premiate con il Tony Award, celebre premio dedicato al mondo del teatro.

Chissà cosa avrà in serbo il futuro per l’attore americano, intanto gli auguriamo buon compleanno e mille altri intensi giorni da Walter White.

Caro Bryan, “You are the one who knocks”!

Antonio Mulone

Viceversa e… viceversa

Fonte: Shockwave Magazine – Cover album

Il 14 febbraio è uscito il quarto album in studio di Francesco Gabbani dal titolo “Viceversa” come l’omonimo singolo che ha permesso all’artista di classificarsi secondo al 70° Festival di Sanremo.

L’album prodotto da BMG RIGHTS AND MANAGEMENT contiene 9 tracce tra cui il successo sanremese “Viceversa”, il brano dal ritmo estivo “E’ un’altra cosa rilasciato come singolo a maggio, e il brano Duemiladiciannove” lanciato per volontà del cantautore sui social a novembre.

Andiamo a scoprire più da vicino l’ultima fatica discografica del cantautore carrarese che dopo una lunga gavetta nel mondo della musica è emerso da cinque anni a questa parte nel panorama del pop italiano.

Fonte: Gogo Magazine – esibizione a Sanremo 2020

Sicuramente l’ascolto della title track “Viceversa”, che anche se recentissima si prepara ad essere annoverata tra le ballate romantiche della musica italiana, ci induce a pensare ad un cambio di rotta del cantautore, sia a livello di testo che di musica.

Gli arrangiamenti del brano portano la firma di Matthew Sheeran (fratello di Ed Sheeran). A livello sonoro in questa traccia non sono presenti sintetizzatori (spesso utilizzati da Gabbani nei precedenti dischi “Eternamente ora, 2016”  e “Magellano, 2017” ) ma abbiamo il classico accompagnamento al piano nella prima strofa e il predominio del basso nella seconda. La novità che potrebbe trarci in inganno e far pensare ad un cambio di stile di Gabbani è visibile a livello testuale. Il cantautore qui abbandona la critica sociale, l’ironia e “la profonda leggerezza” che lo contraddistinguono nei testi per mostrare, attraverso una canzone d’amore, una versione più introspettiva di sé giocando all’interno del verso tra concetti, parole e loro contrari: “up con un po’ di down, silenzio rotto per un grande sound”.

Fonte: Wikipedia.org – videoclip brano Viceversa

 

Ad aprire l’album troviamo il pezzo “Einstein”. In questo brano, come è tipico nella cifra stilistica di Gabbani, ciò che non viene trascurata è l’orecchiabilità. Sono presenti variazioni di strofe, tuttavia troviamo un sound semplice. In questo caso il titolo sta sul pezzo: Gabbani riprende la “teoria della relatività” del fisico Einstein per affermare che nella vita è quasi impossibile avere punti fermi e costanti ed aspirare alla coerenza. Nel ritornello l’artista simpaticamente immagina un dialogo tra lui e Einstein stesso che quasi come in una apparizione religiosa compare sul muro della sua stanza ad interrogarlo: “Einstein che mi dice tutto è relativo, il tuo punto fermo non è alcun motivo”. Notevoli i riferimenti all’attualità, a personaggi, film e programmi televisivi che sono diventati trend topic nella vita di tutti i giorni lanciati nel testo quasi come nonsense.

Rimanendo sempre nel “Gabbani style”, non poteva certamente mancare il brano quasi da pista, quello tra i papabili a diventare uno dei tormentoni dell’estate 2020. Stiamo parlando de “Il sudore ci appiccica”. Brano in cui non a caso l’artista cita all’inizio di ogni strofa – a mo’ di preposizione semplice – il diminutivo del suo nome. Sicuramente è uno dei pezzi più forti dell’album.

Non vi svelo altro. Ascoltatelo!

Cinesi è il quarto brano dell’album. Il testo, a differenza di quello che si può immaginare, non fa alcun riferimento a Mao, comunismo, contraffazione o ancor di più a Corona Virus. Il titolo non ci azzecca niente col pezzo, l’artista stesso ha affermato che è stato affibbiato alla canzone in via sperimentale al momento della registrazione. Cinesi parla del coraggio di una coppia di rimanere autentica e in pace con sé stessa in una società in cui il vestito catalizza ancora l’attenzione, una società in cui ancora ciò che conta è l’immagine che di noi stessi riusciamo a proiettare agli altri e l’essere sempre in tendenza nonostante tutto cambi ma in fondo rimane sempre uguale.

A Cinesi segue Shambola, anche questo possibile pezzo da pista. Dal ritornello latineggiante che farebbe subito muovere il bacino anche ai più pigri, il brano è uno dei più radiofonici dell’intero album e al pari de “Il sudore ci appiccica” sembra prestarsi benissimo a diventare hit estiva.

Fonte:La Voce Apuana – videoclip del singolo Duemiladiciannove

Seguono Duemiladiciannove, in cui l’artista ironizza su ciò che ha fatto tendenza nell’anno appena concluso con un originale videoclip pieno di personaggi anche trash, e poi “E’ un’altra cosa” tormentone estivo del 2019.

Fonte: Nuove Canzoni – singolo E’ un’altra cosa

Il Gabbani più cantautore lo si intravede in Bomba Pacifista, che presenta un testo criptico alla Battiato, al quale l’artista sembra spesso ispirarsi.  Chiude l’album la romantica Cancellami, diversa dalle altre, ma che a tratti pare riprendere le origini della sua carriera, ovvero l’album d’esordio Greitist Iz (2014) .

Insomma, in Viceversa non manca proprio nulla.

Ogni brano presenta strofe, ritornelli e bridge sempre orecchiabili ma mai banali, quasi come se il cantautore si ispirasse a Rino Gaetano. Nove tracce con testi profondi e attuali, in cui Gabbani abbandona la critica sociale dei precedenti album per raccontare una versione più introspettiva di sé (si chiama anche in causa in qualche brano).

Un racconto, attraverso questi nove brani, di come egli stesso si pone in rapporto con la collettività: questo sembra essere il filo conduttore di Viceversa.

Ilenia Rocca

 

 

L’amore al cinema: i 5(+1) film da non perdere a San Valentino

Rose rosse e cioccolatini? Pellicole sdolcinate e immancabili happy ending con fiori d’arancio?

Quando si tratta d’amore qualsiasi cineasta ha qualcosa da dire e il romanticismo in tutte le sue forme si insinua nelle trame più disparate … persino in un film horror!

Insomma, ce n’è di materiale per stilare una lista lunga 10 km, ma noi di Universome ci siamo calati nella difficile impresa di scegliere per voi solo 5 film che parlano d’amore anche in modo profondo e inaspettato.

1) One day (Lone Scherfig, 2011)

«Qualsiasi cosa accada domani, viviamo oggi… non lo dimenticare mai.»

Emma (Anne Hathaway) e Dexter ( Jim Sturgess)
Fonte: mymovies.it

Iniziamo con un film relativamente recente, ma che ormai può considerarsi un classico: One day vanta due protagonisti del calibro di Jim Sturgess e Anne Hathaway e non racconta una storia d’amore, ma quella di un incontro che si ripete nel tempo.

Emma e Dexter sono due giovani appena laureati che il 15 luglio del 1988 passano una notte indimenticabile insieme senza finire a letto. Le loro strade da qui si dividono – lei diventa una precisa insegnante e lui uno showman dalla vita sregolata – per incrociarsi però ogni 15 luglio. Diventeranno grandi amici o qualcos’altro era rimasto in sospeso?

 

2) William Shakespeare’s Romeo + Juliet (Baz Luhrmann, 1996)

 «Il mio unico amore spunta dal mio unico odio…»

Leonardo Di Caprio e Clare Danes nella celebre scena dell’incontro
Fonte: paroleacolori.com

Eros e thanatos, la passione fulminea che non lascia scampo, Cupido che si fa beffe mirando sul nemico: quella di Romeo e Giulietta, i due amanti uniti anche nella morte, è una storia che non stanca mai! Bellissima e piena di pathos questa rilettura di Luhrmann in chiave moderna che riporta quasi per intero i dialoghi shakespeariani e vi trasporta in un’improbabile Verona beach teatro di sparatorie da gangster movie. Notevoli gli sguardi di Leonardo Di Caprio e Claire Danes nella scena dell’incontro dietro l’acquario. E pensare che i due bravissimi attori nella realtà si odiavano!

3) Se mi lasci ti cancello (Michel Gondry, 2004)

«Almeno torna indietro e inventati un addio. Facciamo finta che ci sia stato.»

Clementine ( Kate Winslet) e Joel (Jim Carrey) in un “ricordo surreale”
Fonte: repubblica.it

Di un bel po’ d’anni fa, ma mai come ora attuale, Se mi lasci ti cancello è un film per niente banale. A partire dal titolo originale tradotto ingiustamente in Italia che in inglese è in realtà: Eternal Sunshine of the spotless mind (L’infinita letizia della mente candida). A metà strada tra film di fantascienza e melodramma, piena di poesia soprattutto nella scelta delle ambientazioni, ma mai sdolcinata, la pellicola racconta la storia di Clementine (Kate Winslet) e Joel (Jim Carrey) che si rivolgono alla scienza per cancellare dalla mente i ricordi di una relazione finita.

Perché vederlo? Forse perché Clementine e Joel sono un po’ come tutti noi che cerchiamo di dare finali diversi e non sappiamo lasciar fare alla vita, mettendo spesso a tacere la voce del cuore. Ma … chi avrà l’ultima parola?

 4) Notting Hill (Roger Michell, 1999)

   «E’ stato bello conoscerla. Surreale, ma bello!»

Anna ( Julia Roberts) e William ( Hugh Grant)
Fonte: cinematographe.it

Se siete invece per la leggerezza e preferite che a raccontarvi l’amore sia una commedia non perdetevi allora questo cult degli anni ’90. Il fascino tutto inglese di Hugh Grant nei panni di un timido e impacciato libraio di Londra e quello accattivante della Roberts nella parte di un’attrice americana di successo sono gli ingredienti principali di una favola moderna, in cui a far da contorno sono scenari pittoreschi del quartiere londinese, ma anche dialoghi divertenti e personaggi bizzarri. Insomma, se avete voglia di romanticismo condito da risate Notting Hill la sera di San Valentino è proprio quel che ci vuole!

5) Colazione da Tiffany (Blake Edwards, 1961)

Paul: «Io ti amo e tu mi appartieni!»

Holly: «Oh no! Nessuno appartiene a un altro.»

Holly ( Audrey Hepburn) e Paul ( George Peppard) in un negozio di New York
Fonte: culturaeculture.it

 

Sempre per gli amanti della commedia e per quelli che hanno voglia di rispolverare gli scaffali della storia del cinema, Colazione da Tiffany è sicuramente il must dei must. Il breve romanzo di Truman Capote si presta alla riscrittura cinematografica di Edwards che lo trasforma in una delle storie d’amore più belle ed esemplari di tutti i tempi: quella di Holly Golightly (un’indimenticabile Audrey Hepburn), eccentrica e ribelle e del suo vicino e  “amico”, l’introverso scrittore Paul Borjack (George Peppard).

A far da sottofondo le note della dolcissima Moon River: non potrete fare a meno di commuovervi!

5+1) Mine vaganti (Ferzan Ozpetek, 2010)

«Gli amori impossibili non finiscono mai, sono quelli che durano per sempre.»

Il bacio tra Tommaso (Riccardo Scamarcio) e Marco ( Carmine Recano)
Fonte: tumblr.png

Ultimo, ma non meno importante, Mine Vaganti non è un classico film d’amore, piuttosto un dramma corale. Allora perché ve lo proponiamo?

La vicenda di Tommaso ( Riccardo Scamarcio) e Antonio ( Alessandro Preziosi) , due fratelli gay che tentano di ribellarsi alla propria famiglia borghese è in realtà il pretesto per far raccontare al regista italo-turco tutti i tipi d’amore: quello omosessuale, quello non corrisposto, quello extraconiugale, quello irrealizzabile che però dura tutta la vita e, non ultimo, quello familiare.

Con questa rassegna, quindi, auguriamo buon San Valentino non solo ai fidanzati, ma a tutti gli amanti… anche del cinema!

              Angelica Rocca

Parasite, Bong Joon-ho è da Oscar

Locandina del film – Fonte: ansa.it

Vincitore della palma d’oro al festival di Cannes 2019, con oltre cento milioni di dollari di incasso mondiale, il film sudcoreano è stato un successo commerciale, ma ha ricevuto anche il consenso della critica. Infatti, la pellicola è stata la 1ª in assoluto non in lingua inglese ad essere premiata come miglior film agli Oscar. Parasite si è inoltre aggiudicato altre 3 statuette: miglior film straniero, miglior regia e miglior sceneggiatura originale.

È un film eclettico, una satira sociale, una commedia, un action movie, un film aperto come il cinema del regista Bong Joon-ho, che ha sempre spaziato tra i vari  generi cinematografici. Autore di bellissimi film come Memorie di un assassino, The Host e Snowpiercer, che nel 2013 fece parlare di possibili candidature agli Oscar.

La pellicola tratta del conflitto sociale tra poveri e ricchi, attraverso le vicende della famiglia dei Kim, poveri ma intelligenti, furbi e pericolosissimi e la famiglia dei Park, ricchi ma ingenui e sempliciotti. Entrambe le famiglie  sono composte da padre, madre e due figli, un maschio e una femmina.

Il regista, in modo brusco e incessante, rappresenta la condizione di povertà nella quale riversa la famiglia Kim, riprendendo in maniera grezza i bassifondi di Seul e gli alloggi seminterrati presenti, mostrandoci in particolare quello della povera famiglia, costretta a vivere di sussidio di disoccupazione. La pellicola subisce una svolta attraverso un escamotage narrativo, un Deus ex Machina, rappresentato da Min, il quale offre a Ki-woo, figlio della famiglia Kim, di impartire lezioni private di inglese al posto suo alla figlia primogenita della ricca famiglia Park.

 

Ki-woo e la figlia dei Park durante una lezione di inglese – Fonte: mymovies.it

Attraverso i movimenti sinuosi della sua camera, Bong Joon-ho mostra la differenza tra la bassa e l’alta Seul, composta da villette e abitazioni lussuose, poste tanto in alto da obbligare Ki-woo ad affrontare un percorso in salita che gli permetterà di raggiungere la fantasmagorica reggia della famiglia Park, che avrà un ruolo chiave durante tutto lo svolgimento della storia.

Il susseguirsi delle vicende porterà ad un attacco parassitario nei confronti della ricca famiglia dei Park, la quale verrà  astutamente raggirata dagli stratagemmi ingegnosi da parte dei Kim, che si dimostreranno più truffaldini  e menzogneri del Keyser Soze de I soliti sospetti di Bryan Singer, uno dei manipolatori più importanti della storia del cinema.

I Kim che recitano dei dialoghi – Fonte: cinemamonamouritalia.org

Tutti gli attori ci regalano delle magnifiche performance, calandosi perfettamente nei panni dei rispettivi personaggi, ma risulta doveroso evidenziare la magistrale interpretazione di  Song Kang-ho, Ki-Taek nel film e capofamiglia dei Kim, il quale era già presente nei tre film del regista sudcoreano precedentemente citati.

Da copione i protagonisti principali in questo capolavoro cinematografico sono otto, quattro per famiglia, però, quasi in maniera subordinata (ed è che qui stai il genio del regista), possiamo definirne un nono: la casa.

 La lussuosa casa dei Park – Fonte: iodonna.it

Ebbene sì, anche se non esplicitamente elencato, l’edificio dell’architetto Namgoong, rappresenta uno dei personaggi più importanti della storia, un edificio che dà l’idea del divario sociale, che a tratti, evidenziato dalla grande vastità della casa nella quale le camere sono disposte lontane l’una dalle altre, sottolinea la scarsa idea di famiglia unita che volevano rappresentare i Park.

Non possiamo infine non parlare della scelta musicale adottata dallo stesso regista, una scelta alquanto bizzarra ed a tratti ironica, della quale però vorremmo preservare l’identità, con la speranza di suscitare in voi  un po’ di curiosità che questo film realmente merita.

Vi lasciamo con una frase significativa pronunciata da Ki-Taek, che racchiude in sé la magnifica e dirompente energia di questo film: “Dobbiamo prendere il loro posto, i ricchi sono davvero fessi“.

Giuseppe Currenti, Davide Riganello