Nightmare Alley: l’inquietante circo delle illusioni di del Toro

Con ben 4 nominations agli Oscar, Nightmare Alley è un thriller coinvolgente dall’atmosfera unica – Voto UVM 4/5

 

La nuova pellicola di Guillermo Del Toro, rifacimento del film omonimo del 1947, narra una storia semplice.

Un protagonista anonimo, Stan Carlisle (Bradley Cooper), lascia la sua casa senza un avere addosso e viene per caso raccattato dai proprietari di un circo. Questo baraccone sembra inizialmente sospeso nella realtà: non abbiamo alcuna indicazione di dove si trovino i personaggi o quale sia il periodo storico in cui è ambientata la vicenda. Fa da sfondo soltanto un’atmosfera lugubre e triste, a tratti inquietante.

Bradley Cooper in un’immagine promozionale. Fonte: Searchlight Pictures

Come ogni buon film del regista qui l’introspezione la fa da padrone: quasi ogni immagine è una metafora portata visivamente sullo schermo, una visione delle emozioni che prende forma e colore nel mondo. Come sempre Del Toro non riesce a deludere e parla con immagini che riescono a catturare lo spettatore: la resa fotografica rasenta la perfezione, riuscendo a comunicare sempre la giusta emotività della scena attraverso colori e luci. Non a caso una delle nomination di Nightmare Alley agli Academy – oltre a miglior film, costumi e scenografia – è proprio per la fotografia!

Non ci troviamo di fronte ad un approccio che vira sul fantastico come in altri film del regista, ma le azioni stesse dei personaggi sono specchio della loro vera identità e torna qui la tematica tanto cara al regista della fantasia mista alla crudità del reale. In questo il lavoro è ottimo: nonostante ci venga rivelato solo all’ultimo, possiamo già intuire dall’inizio come tutti i personaggi mentano a se stessi e vengano illusi dalle altre persone. Quasi come se la vita intera fosse uno spettacolo di mentalismo.

Anche a livello tecnico il film risulta solidissimo. La camera inquadra sempre quello che deve e le immagini appaiono chiare. Il film risulta in questo riuscito in quanto porta sullo schermo un racconto che, tramite scene cariche di significato e a volte cruente, riesce a narrare una storia coinvolgente.

Stan durante uno spettacolo da mentalista.

La sceneggiatura, inoltre, quasi non sbaglia un colpo, riuscendo ad essere sempre sottile ma anche chiara e coerente. Sono i piccoli gesti dei personaggi a renderli reali (un bacio rubato alla persona sbagliata o un atto di violenza immotivato). Sono tutti segnali che fin dall’inizio il film ci manda come campanelli d’allarme. L’intero intreccio segue, inoltre, lo stesso leitmotiv e risulta un quadro perfetto costruito sempre attorno al tema che ritorna anche nel titolo. Ottimo anche il ritmo della narrazione, che in un crescendo ci porta verso fasi finali ricche di pathos.

Ottime anche le performance degli attori: i personaggi sono tutti espressivi e riescono a raccontarsi benissimo attraverso la propria mimica. Bradley Cooper, nel ruolo di Stan, riesce perfettamente a sembrarti un anima timida ed impacciata, così come Rooney Mara rientra bene nel ruolo della solare e speranzosa Molly. Anche a Cate Blanchett è stato cucito un ruolo da femme fatale, che calza a pennello con la sua espressività da rapace. Oltre ai protagonisti, poi, l’intero cast riesce a spiccare sullo schermo – in particolare David Strahairn e Toni Collette, rispettivamente Pete e Zeena nella storia. Una nota di merito va sicuramente a Willem Dafoe che nonostante il minutaggio risicato riesce a lasciare la sua impronta nel film.

Stan mostra a Molly le sue idee per un nuovo spettacolo

La pellicola, benché sia un’ottima opera, ben costruita sotto ogni punto di vista non riesce – forse – a rimanere impressa, a risaltare se paragonata ad altri lavori del regista. Non esistono purtroppo immagini o sequenze che rimangano più di altre nella mente dopo la visione. Film come Il Labirinto del Fauno rimangono ancora oggi nella memoria collettiva per la loro crudezza e impressività, punte che Nightmare Alley non riesce a toccare.

Inoltre, il messaggio di fondo, non risultando comunque banale, non riesce a spiccare: il rischio è che molti si fermino alla lettura superficiale che vede prevalere la semplice legge del contrappasso. Lettura che si limiterebbe alla visione delle azioni del solo protagonista, mentre – come già detto – gli errori sono sempre gli stessi e sono commessi da tutti i personaggi.

Come giudicare allora Nightmare Alley? Il tratto di Del Toro si nota ed ogni inquadratura, ogni sguardo risultano curati nei minimi dettagli. Il film trasmette ansia, paura e gioia riuscendo a farlo bene in ogni fotogramma. Se si può rinvenire una pecca, sta allora nel messaggio finale: più banale delle previsioni che si potevano fare ad inizio film.

Nonostante tutto La fiera delle illusioni che ci racconta del Toro rimane un ottima pellicola drammatica, da consigliare a chiunque sia un amante del cinema.

 

Matteo Mangano 

8 canzoni moderne da dedicare a chi ami a San Valentino

Oggi è San Valentino, la festa dell’amore. Ogni anno le coppiette di innamorati si scambiano piccoli pensieri per celebrare il sentimento che li lega. C’è chi prepara una cena, chi compra dei fiori o dei cioccolatini, chi magari non fa nulla di speciale, ma vuole far sapere al mondo che è innamorato. Cosa fare in quel caso? Pubblicare una foto sui proprio social può essere una soluzione, però che canzone sceglieremmo come sottofondo?

Ecco a voi una piccola lista delle canzoni più belle uscite negli ultimi anni, selezionate per voi tra miriadi di brani che parlano d’amore.

“Fanne qualcosa di eterno, non lasciarne cadere neanche un solo frammento”

La sensibilità di Michele Bravi traspare dal suo brano Mantieni il bacio ( 2021), pubblicato dopo il lungo periodo di assenza a causa di problemi personali.

Mantieni il bacio è un inno all’amore che salva dalla ferita del mondo. Michele canta di come, in un periodo buio, l’unica cosa che lo ha ancorato alla realtà erano i baci con la persona amata perché era lì che il male smetteva di esistere e c’erano loro due, «soltanto io, soltanto tu». Il cantante dice che l’amore deve essere protetto da tutto e tutti e che si esprime attraverso il bacio, che permane nello spazio e nel tempo.

“Mantieni il bacio
Oltre l’errore del tempo
Fanne qualcosa di eterno”

 

“Come fai a toccare la mia anima dall’esterno?”

Forse i più conosceranno questa canzone, Pov ( 2020), a causa dell’enorme successo ottenuto via TikTok e Instagram Reels.

Questo non è l’unico singolo virale che la popstar statunitense Ariana Grande vanta nella sua discografia, ma è probabilmente la dedica più dolce mai fatta a qualcuno. Nella canzone, Ariana dice di voler capire il “punto di vista” del marito, Dalton Gomez,  per poi farlo proprio. Vuole vedersi come la vede lui, con pregi e difetti perché in questo modo può imparare ad amare se stessa:

“Voglio amarmi (ooh)
nel modo in cui mi ami (ooh)
per tutti i miei pregi e anche i difetti

Mi piacerebbe vedermi dal tuo punto di vista”

 

“L’universo si è mosso a nostro favore, non c’era nulla leggermente fuori posto”

Il gruppo k-pop più famoso al mondo, BTS, ha una moltitudine di canzoni che parlano dell’amore in moltissime forme ma probabilmente Intro: Serendipity ( 2017) è quella che più sembra una poesia per la dolcezza delle parole usate.

La canzone non è pensata per il gruppo ma per il membro Jimin, particolarmente apprezzato per il tono di voce delicato e sensuale. Nella canzone l’incontro con la propria metà viene descritto in due modi: può essere un caso ma allo stesso tempo era destino che i due si conoscessero. In sostanza quindi l’amore è un bellissimo paradosso, perché i due amanti erano destinati ad “incontrarsi accidentalmente“:

Sin dalla creazione dell’universo
Tutto era già stato deciso
Just let me love you (let me love, let me love you)”

 

 

“Il tuo amore è un segreto che spero, sogno, muoio per tenerlo”

La cantautrice statunitense per eccellenza Taylor Swift prende il microfono e incide King of my heart ( 2017), una canzone che narra un sentimento inaspettato sfociato poi in relazione stabile.

L’amore per Joe Alwyn, un attore britannico, è “rinfrescante” per la vita personale della «regina americana», talmente rinfrescante che si è consolidato facilmente. Taylor accetta questo sentimento improvviso e arriva a definire il suo compagno quello “definitivo”. Con lui, sta guarendo da precedenti relazioni disastrose e sta maturando nuove consapevolezze riguardo se stessa:

“E’ questa la fine di tutte le fini?
le mie ossa rotte stanno guarendo
grazie a tutte queste notti passate insieme”

 

“Nessuno raggiunge il tuo livello, non importa quanto ci provi”

Il trio messicano Reik non è molto conosciuto in Italia, ma il cantante colombiano Maluma ci fa ballare ogni anno a suono di hit raggaeton. La canzone nata dalla loro collaborazione, Perfecta (2021), ha un testo semplice e – se si hanno conoscenze basiche della lingua spagnola – è facile da cantare. Il brano ruota attorno alla devozione per la persona amata e alla gratitudine per aver ucciso la propria solitudine imprimendo una direzione alla propria vita.

“Nessuno me lo fa come te,
Hai qualcosa che mi cattura
Nessuno raggiunge il tuo livello, non importa quanto ci provi”

 

“Non so cosa voglio ma so che voglio veramente aggrapparmi a te”

Ovviamente, quando ci si innamora, non si inizia con rose e fiori. Seori, cantante indie coreana classe 1996, canta questa fase nella sua Lovers in the night.

Descrive le sensazioni positive e negative che le fanno desiderare di vestirsi di rosso o di cantare a squarciagola, i desideri e le tentazioni che il cuore prova in quei momenti, pur restando puro.  Seori dice poi di «non voler dare un nome a questo sentimento» che è pesante nel suo petto.

“So che è meglio essere freddi
Meglio chiedersi che sapere
E quindi interpreterò il ruolo”

“Ne prendo un piccolo pezzo e il resto è tuo, mio amore”

Il genere rap non poteva rimanere fuori da questa piccola lista di canzoni d’amore. Own it ( 2019)è una canzone di Stormzy, rapper originario di Londra; partecipano al brano il cantautore inglese Ed Sheeran e il rapper nigeriano Burna Boy.

Il tema centrale della canzone è una ragazza che vuole avere il controllo – in questo caso del cuore del proprio partner – e che quindi «lo possiede».

Quando è stato chiesto il significato della canzone a Stormzy, ha risposto: «A volte la musica sa essere sessista o usa le donne come oggetti. Io non voglio questo.»

“Amavo stare da solo, ma adesso non lo sopporto
Allungo il mio palmo per te così puoi metterci la mano
Ragazza, sei l’unica e non lo capisco
Come illumini la stanza con la tua luce?”

 

“Ti comporti così perché sai che impazzirò, vero?”

She is ( 2016) di Junghyun, membro ormai scomparso degli SHINee, è una delle canzoni più ascoltate durante il giorno di San Valentino. In Corea del Sud è un testo molto apprezzato per la sua sensualità volutamente non esplicita, discreta e incredibilmente romantica.

Il brano ha caratteristiche RnB ed è leggero e gioioso, a tratti civettuolo, a tratti a sfondo sessuale (per quanto un brano k-pop possa esserlo!).

Jonghyun descrive come il suo interesse amoroso lo faccia sentire e come a volte lui e la sua partner si mettano a giocare “al gatto col topo”:

“Mi piace come sembra che tu non sappia niente

Mi piace come ti comporti in modo timido

Mi piace così come è”

 

 

San Valentino è quel giorno in cui ti dedichi alla persona amata. Basta poco: non occorre esagerare con regali costosi o con poesie di tempi ormai lontani, che fanno sempre effetto ma a volte non descrivono dinamiche moderne. Una canzone è un ottimo sostituto e, anche se quella che piace a te o alla tua metà non è tra queste, in rete ne esistono diverse centinaia di migliaia. Tocca a te scoprirla!

Sarah Tandurella

Countdown agli Oscar 2022: le principali nomination

Tenetevi forte cinefili perché sta iniziando il periodo più bello dell’anno: l’avvento degli Academy Awards. Dopo le grandi pellicole uscite nelle sale questi ultimi mesi, non vedevamo l’ora di sapere quali sarebbero stati i protagonisti degli Oscar 2022. Ebbene, l’attesa è finita! Giorno 8 febbraio alle 14 ora italiana, sono state rese note le nomination di quest’anno per le 23 differenti categorie, in vista della premiazione che si terrà il 27 Marzo (in Italia la notte tra il 27 e il 28).

I candidati per i “Big Five”

Premettendo che qualsiasi statuetta è senza dubbio un premio prestigioso  nonché un grande traguardo, ci sono cinque particolari Oscar che  sembrano essere ancora più rilevanti degli altri: stiamo parlando dei cosiddetti Big Five, ovvero le categorie “miglior film”, “migliore sceneggiatura originale”, “miglior regia” e “miglior attore” e “miglior attrice protagonista”.

Per questa cerimonia 2022 risplendono già alcuni grandi film, tra cui Il potere del cane, western dai toni drammatici candidato con Jane  Campion per la miglior regia, per miglior attore protagonista con l’inglese Benedict Cumberbatch (Doctor Strange, Sherlock) e, naturalmente, come miglior film.

Inoltre vediamo spiccare le performance di Javier Bardem Nicole Kidman, entrambi candidati per miglior attore e attrice protagonista per la loro performance in A proposito dei  Ricardo.

Lista dei candidati per il miglior film; fonte: tomshw.it

In particolare, per la categoria miglior film ritroviamo alcune delle pellicole più viste (e discusse) dell’ultimo anno, tra cui Don’t look up, commedia satirica, candidata anche per la miglior sceneggiatura originale con Adam McKay e David Sirota, e Una famiglia vincente, film biografico che racconta la storia delle campionesse del tennis Venus e  Serena Williams. Quest’ultimo è in gara anche con Zach Baylin per la miglior sceneggiatura originale e con Will Smith per miglior attore protagonista, per la sua interpretazione del padre delle campionesse, Richard Williams.

Altri film candidati nei Big five, sono Tick tick… Boom per l’interpretazione di Andrew Garlfield, il nuovo West side story del maestro Steven Spielberg, per miglior film e regia e Licorice Pizza, scritto e diretto da Paul Thomas Anderson per miglior regia e sceneggiatura originale.

Ma agli Oscar presenzierà anche una delle coppie più dolci di Hollywood: stiamo parlando del già citato Javier Bardem e Penelope Cruz,  anch’essa candidata come miglior attrice per Madres Paralelas di Pedro Almodóvar .

Un po’ d’Italia agli Oscar

Dopo essersi distinta nel calcio agli Europei 2021 ed in molti altri sport alle Olimpiadi, nonché nella musica all’Eurovision, l’Italia ritorna da “protagonista” anche agli Oscar!

Il bel paese infatti non veniva candidato nella categoria “miglior film in lingua straniera” dal 2014, anno in cui oltretutto vinse con il capolavoro La Grande bellezza di Paolo Sorrentino. Ed è proprio lui che ci riporta in gara per questa statuetta con E’ stata la mano  di Dio, pellicola autobiografica, che ha già trionfato al Festival del cinema di Venezia vincendo diversi premi.

Paolo Sorrentino con il giovane Filippo Scotti e Toni Servillo, grandi interpreti in “E’ stata la mano di Dio”. Fonte: Il Fatto Quotidiano

Ad ogni modo il made in Italy agli Academy Awards 2022 non si ferma qui! Il gioiellino firmato Disney-Pixar, Luca, diretto da Enrico Casarosa è in lizza per il miglior film d’animazione.

Ma non finisce qui

Ritroviamo il nuovo Dune di Denis Villeneuve in gara per ben 10 statuette, tra cui – oltre a miglior film – per il miglior suono, costumi, make-up, sceneggiatura non originale  ed effetti speciali. Per quest’ultima categoria, inoltre sono stati candidati anche due degli ultimi film del MCU – Shang Chi e la leggenda dei dieci anelli e Spiderman: No Way Home – e No time to die, l’ultimo film di 007.

Da sinistra a destra: “Shang Chi”, “No Way Home” e “Free Guy”: tre dei film candidati per i migliori effetti speciali; fonte: bullfrag.com

Nella categoria miglior attore non protagonista ritroviamo grandi stelle del cinema, come il premio oscar J.K. Simmons (Whiplash) per il ruolo di William Frawley in A proposito dei Ricardo, e attori emergenti come Troy Kotsur nei panni di Frank Rossi ne I segni del cuore.

Anche per la miglior attrice non protagonista sono state candidate nuove stelle in ascesa come Ariana DeBose (West Side Story) e grandi star di Hollywood quali la già premio oscar Judi Dench per la sua performance in Belfast e Kirsten Dunst per il ruolo di Rose Gordon ne Il potere del cane .

Grandi esclusi

Ogni anno, per ogni premiazione, succede sempre che alcune grandi pellicole risultino tagliate fuori da molte o tutte le categorie degli Academy Awards, vuoi per una certa indifferenza da parte del pubblico nelle sale vuoi per la predilezione di film che trattano particolari tematiche.

Grandi esclusi in quest’edizione degli Oscar si possono considerare Ultima Notte a Soho, thriller avvincente con le strabilianti interpretazioni delle protagoniste Anya Taylor-Joy e Thomasin McKenzie, e The French Dispatch, nuovo film scritto e diretto da Wes Anderson (Grand Budapest Hotel).

Presentatore cercasi

Quest’anno, per la prima volta dal 2018, ci sarà un presentatore fisso per la cerimonia degli Academy. Negli ultimi anni, invece, erano state solo le varie celebrità (già vincitrici in passato) a condurre il gioco annunciando i premi e consegnando la preziosa statuetta.

L’unico problema è trovare qualcuno effettivamente disposto a fare il presentatore: questo ruolo sembra essere poco apprezzato dai più. Le proposte sono state molte, tra cui anche il giovane Tom Holland – come trapelava da qualche indiscrezione – ma ancora nessun nome certo.

Jimmy Kimmel, ultimo presentatore fisso agli Oscar 2018; fonte: psicofilm.it

Chiunque sarà a condurre, in ogni caso, gli Academy Awards sono sempre un evento unico per gli amanti del cinema: l’occasione giusta per celebrare questa grande arte, presentare nuovi capolavori e scoprire talenti sconosciuti. Quindi senza altri indugi, mettiamoci comodi e godiamoci questa nuova stagione degli Oscar.

Per ora non abbiamo nient’altro da aggiungere, se non invitarvi a rimanere con noi di UniVersoMe per scoprire di più sui film che hanno ottime possibilità di portarsi a casa qualche statuetta. Stay tuned!

Ilaria Denaro

Room di Lenny Abrahamson: fuori dalla “caverna”

In una leggenda molto famosa di Platone, viene raccontata la storia di alcuni uomini prigionieri dentro una caverna, con gambe e collo incatenati. Quella condizione li porterà a vivere per ore, giorni, anni rinchiusi tra quelle mura senza riuscire mai a scoprire il mondo, a vedere la luce.

Ma cosa potrebbe succedere se anche solo uno di quegli uomini riuscisse ad evadere? Forse inizierebbe a scoprire di cosa siano fatte le foglie, che colori abbiano i fiori o cosa significherebbe avere un amico …

Nella Stanza

Tratto da una storia vera

Diretto da Lenny Abrahamson, Room è un film non molto recente, che risale al 2015. La pellicola è l’adattamento cinematografico del romanzo Stanza, letto, armadio, specchio del 2010, scritto da Emma Donoghue. Non è un caso che il titolo del romanzo sia una serie di parole che faranno da cornice ad alcune scene importanti del film.

Il romanzo – come il film – non è frutto di fantasie o storie immaginate, ma è tratto da una pagina di cronaca nera che prende il nome di caso Fritzl. Questo caso nasconde una storia sconvolgente, proprio come Room, caratterizzata da violenze e maltrattamenti ad opera di una mente molto perversa e malata.

La storia di Room ruota appunto attorno alla “stanza” in cui vivono Joy e Jack, una mamma con il suo bambino. Questo piccolo spazio diventa per loro l’intero mondo. Come se non esistesse nient’altro.

Jack (Jacob Tremblay) ha cinque anni ed è il frutto di uno stupro. I suoi capelli sono molto lunghi ed è un bambino molto dolce. Non conosce il mondo, ha sempre vissuto in quella stanza. Secondo il piccolo, oltre quelle quattro mura, l’armadio, la porta e qualche altro oggetto, non esiste nient’altro. Ed ogni mattina si appresta – da buon ometto – a dare il buongiorno all’intera stanza

“Buongiorno pianta, buongiorno armadio, buongiorno lucernario”

Una bella scena che mostra il rispetto e la gratitudine che Jack prova nei confronti di qualsiasi entità presente. Joy (Brie Larson), invece, conosce bene il mondo. È la mamma del bimbo, che ama follemente. Da sette anni è stata rapita da un uomo, Old Nick (Sean Bridgers), che tiene prigionieri lei e il figlio in una piccolissima stanza nel giardino.

Spinta da questa situazione insostenibile, da forti emozioni e dal desiderio di tenere al sicuro il proprio bambino, Joy tenterà di trovare una soluzione per entrambi e scappare da lì.

“Joy: -Ti piacerà.
Jack: – Cosa?
Joy: – Il mondo.”

Qualcosa andrà storto o riusciranno a fuggire dalla stanza per sempre?

Gli anticorpi che servono per la libertà.

Il film fu una vera e propria sorpresa per tutti ed è stato vincitore del Premio del Pubblico a Toronto. Room racconta di spazi interiori e delle profonde ragioni intime che legano i due protagonisti nella piccola stanza e contribuiscono alla loro co-costruzione sempre continua nel corso della sceneggiatura.

“Jack ora ascoltami: questa è la nostra occasione.”

I due protagonisti di Room guardano il lucernario

Quando la stanza si spopola e la soluzione risulta efficace, si pensa subito di poter scalare ogni vetta come se non ci fossero ferite nascoste, date dai sette anni di reclusione. Una volta assaporata la libertà, però, il peso delle catene si farà sempre più forte lasciando un senso di stordimento e depressione caratteristico di chi vive in una situazione del genere. Le ferite subite negli anni inizieranno a sanguinare in un colpo solo e la situazione sembrerà degenerare, come se fosse una guida spericolata in stato di ebbrezza in cui si perde il controllo.

Jack: – Siamo su un altro pianeta?
Joy: – E’ lo stesso, ma in un posto diverso.”

Per i due protagonisti sarà come rinascere una seconda volta, ma vivere per la prima volta il mondo reale e l’affetto di chi li aspettava da anni. Jack ne rimarrà sin da subito affascinato e finalmente può godere della sua libertà, trovare nuovi amici e giocare con veri giochi.

“Sono nel mondo da 37 ore e ho visto finestre, tantissime macchine, uccelli e nonno e nonna.”

Libertà

In due tempi

Room si aggiudica un posto di tutto rilievo all’interno del panorama cinematografico. Ascrivibile al filone del cinema post-traumatico e drammatico, ha tutte le carte in regola per rivelarsi un ottimo film strappalacrime, ma anche molto educativo. Sensibile alle tematiche più delicate, la pellicola si divide in due fasi. Una prima fase in cui troviamo la presentazione della storia e del problema e una seconda in cui scopriremo la doppia prospettiva di Joy e Jack.

La meraviglia negli occhi di Jack segnerà la fine di questa pellicola impeccabile con una sceneggiatura da dieci e lode.

Annina Monteleone

Cobra Kai: un filo che unisce il vecchio al nuovo

«Karate Kid è un gran film! È la storia di un giovane entusiasta appassionato di karatè, i cui i sogni e le speranze lo porteranno a disputare il campionato di karate di All Valley…anche se purtroppo perde l’ultimo round con quel tipo sfigato! Ma impara una lezione importane su come accettare la sconfitta. Quando guardo Karate Kid faccio il tifo per il Karate Kid, Johnny Lawrence, appartenete al Cobra Kai». Queste sono le parole che disse il formidabile Barney Stinson, parlando dell’antagonista di Karate Kid, e – cari lettori lasciate che vi dica una cosa – aveva proprio ragione il nostro leggenda- non muovetevi- dario Barney.

Negli anni ’80 tutti facevano il tifo per il protagonista, criticando i Cobra Kay come i cattivi per eccellenza, vedendo nel film la contrapposizione tra il classico bravo ragazzo e il tipico bulletto della scuola. Dai ammettiamolo per chi tifate anche voi?

 

I due protagonisti a confronto. Fonte: Netflix

Cobra Kai è una serie tv del 2018, disponibile su Netflix dal 2020, sequel/spin-off della trilogia di The Karate Kid e allo stesso tempo un omaggio a quello che divenne un simbolo degli anni ’80. La storia è ambientata ai giorni nostri, esattamente 34 anni dopo quel fatidico scontro tra Daniel La Russo (Ralph Macchio) e Johnny Lawrence (William Zabka), che vide Johnny sconfitto e umiliato e segnò il suo declino

Il “cattivo” di All Valley adesso è un uomo di mezza età, fallito e che vive con inerzia le sue giornate, tutte uguali fra di loro. Dai primi minuti della serie possiamo notare la sofferenza nascosta nei suoi occhi (da qui si può notare la bravura dell’attore che mostra il malessere del proprio personaggio): Johnny è ancora tormentato  da quella sconfitta, ma i fan più accaniti di Karate Kid sanno che non è uno che si arrende facilmente. Infatti, col duro lavoro e quel sogno di “fanciullino” che si porta ancora dietro, aprirà un nuovo dojo (palestra) di Karate “Cobra Kai”, con un solo allievo di nome Miguel Diaz (Xolo Mariduena). Sarà proprio quest’ultimo a rinvigorire in Johnny un desiderio di rivalsa, proiettato in un primo momento verso Daniel La Russo.

Con l’avanzare del tempo, però, Johnny capirà che tutto ciò è in realtà un’occasione di riscatto personale attraverso il suo amore puro per il karate.

Johnny e Miguel in una scena della serie


Nella serie ritorna anche Daniel La Russo: non poteva mancare “il buono”, sempre dipinto come il pacifista, “figlio adottivo” del mitico maestro Myagi, e due volte campione dell’All Valley Karate, una vera celebrità. Amato e visto da tutti come l’eroe imbattibile, si farà spesso prendere dall’invidia e dalla rabbia, tanto che andrà contro Johnny per la riapertura del nuovo dojo, scadendo in gesti banali e infantili poiché accecato dalla vendetta.

Ma riavvolgiamo il nastro. Come ricorderete, Johnny dopo l’umiliante sconfitta consegna il premio al proprio avversario congratulandosi con lui e andando contro il proprio sensei (insegnante) e i compagni di karate. Perché allora tutto questo desiderio di vendetta? Ricordavamo un Daniel La Russo diverso: forse col passare degli anni si sarà dimenticato degli insegnamenti del proprio maestro, tradendo la filosofia del karate perché troppo preso dalla fama. In lui tuttavia rinascerà l’amore per il karate, un po’ grazie anche alla sua “nemesi”. Aprirà  un nuovo dojo, il “Myagi Dog”, in onore del suo maestro ormai scomparso da pochi anni.

Lo stesso legame allievo-maestro si riscontra anche nella vicenda del suo rivale Johnny, che sfoga i suoi problemi di rabbia con alcool e risse. Ma i fantasmi del suo passato non avranno la meglio, in quanto ha ancora cuciti addosso gli insegnamenti di John Kreese.

“Non esistono cattivi allievi, ma solo cattivi insegnanti.”

 

Il vecchio e il nuovo 

Questo odio tra i due ormai maestri si trasferirà nella classe dei loro allievi, creando una vera e propria faida fatta di risse e competizione, il tutto per affermare il dojo più forte.

La serie non mostra solo la “vecchia classe” anni 80, ma anche quella dei post- millenials: due generazioni completamente diverse fra di loro che andranno a creare divertenti scambi d’opinione, sorrette da espressioni come “ai miei tempi”.

Johnny con i ragazzi

Cobra Kai è una serie abbastanza fluida, che riprende i mitici anni ’80, soprattutto per coloro che sono cresciuti con capigliature eccentriche, outifit stravaganti ma sempre alla moda, e una musica che ha creato leggende. Dall’altre parte vediamo i nuovi giovani che vivono sui social e con grosse difficoltà nel comunicare con i propri genitori, perché talmente insicuri da confondere una richiesta d’aiuto con un atto di debolezza.

Il karate è il vero e proprio protagonista e come un filo unisce il vecchio col nuovo, facendo assopire le insicurezze e aprendo nuove prospettive.

                                                      Alessia Orsa 

Con gli stessi Brividi di Mahmood e Blanco

Arrivavano al Festival di Sanremo da favoriti, ma nessuno si aspettava un risultato così unanime e plebiscitario. L’affetto li ha travolti, sin dal primo giorno: un’ondata di amore per i due vincitori di quest’edizione del Festival di Sanremo, Mahmood e Blanco. Il duo che non ti aspettavi ha funzionato sin dal primo momento. Per Alessandro Mahmud si tratta di una riconferma dopo la vittoria con “Soldi” nel 2019; Riccardo Fabbriconi (vero nome di Blanco), invece, è il più giovane cantante maschio di sempre a vincere il Festival, a soli 18 anni.

La loro Brividi è balzata da subito ai primi posti di tutte le classifiche, sbancando anche per quanto riguarda gli ascolti in streaming, segnando il record italiano assoluto di ascolti nelle prime 24 ore su Spotify ed entrando nella top 10 mondiale. Una canzone che potremmo definire “trasversale”,  in grado di conquistare la Generazione Z, ma anche un pubblico più adulto, restio – molto spesso – ad aprirsi a questo genere musicale che –  erroneamente – viene liquidato come “solo autotune”.

Entrambi hanno invece dimostrato di saper usare le proprie voci con delicatezza e passione, dando voce ad un’idea di amore universale, un amore che non ha bisogno di etichette, un amore che vuole essere libero dagli schemi imposti dalla società.

Mahmood e Blanco, i nuovi vincitori di Sanremo. Fonte: t_info.it

Parole a nudo

“La tua paura cos’è?
Un mare dove non tocchi mai”

Insicurezza, paura di non farcela, un corollario di dolore che spezza in due quella fase dell’innamoramento considerata prematuramente eterna. Il brano arriva subito al punto: non esistono segreti quando si tratta di chi apre il cuore e scrive di getto. Mahmood questo lo rende subito evidente con la sua penna, in un testo struggente che sussurra un grande terremoto interiore, quello che Blanco poi decide di raccontare sdraiato sui mille coriandoli dell’Ariston, quasi come se il dolore lo lasciasse disteso lì di fronte a milioni di persone.

“Nudo con i brividi”

Poi, l’impossibilità di parlare, perché i sentimenti grandi a volte non si sanno raccontare e non si trovano mai le parole. La sfacciata voglia di regalare l’intero mondo coperto di perle e diamanti solo a quella persona, nonostante la continua e imperterrita insicurezza di sapersi tremendamente ai bordi, con la paura di non essere visti dall’altro con gli stessi occhi.

“A volte non so esprimermi
E ti vorrei amare, ma sbaglio sempre
E ti vorrei rubare un cielo di perle”

I due vincitori di Sanremo, Fonte: tuttogossipnews.it

Seguono parole, come se fossero le descrizioni di immagini perfette di un ricordo o forse di qualcosa che sta per sfumarsi.

“Tu, che mi svegli il mattino
Tu, che sporchi il letto di vino
Tu, che mi mordi la pelle
Con i tuoi occhi da vipera
E tu, sei il contrario di un angelo
E tu, sei come un pugile all’angolo
E tu scappi da qui, mi lasci così.”

Due voci e un panorama idilliaco

Spesso succede che a causa dell’immaturità una relazione tentenni o non riesca più a camminare e rimaniamo in ginocchio a guardare tutto ciò che si è costruito annichilirsi e crollare.

Nonostante il testo di Brividi nasca da un sogno “su una bici di diamanti”, sembra quasi che a pochi centimetri di inchiostro, diventi subito qualcosa di più grande e complesso: una sorta di elogio all’amore libero. Un sentimento contrastante mette da parte ogni cosa e diventa protagonista: la sensazione di voler regalare il mondo ma portandosi dietro un bagaglio di insicurezze.

“Vivo dentro una prigione
Provo a restarti vicino
Ma scusa se poi mando tutto a puttane”

Un chiaro esempio di come nonostante sia finita tragicamente questa storia d’amore, si abbia comunque ancora la forza di confessare le proprie colpe come se fosse una remissione dei peccati. Brividi si trasforma così in una poesia, in qualcosa di più candido che riesce ad adattarsi bene ad un’esperienza vissuta da ognuno di noi.

Alcune cose non si possono spiegare a parole, è vero, ma la musica ci è di grande aiuto.
Per questo, grazie Mahmood e grazie Blanco. Ci avete regalato un pezzo di storia di cui tutti avevamo bisogno.

Annina Monteleone

Chiara Gambuzza

 

 

Maneskin: dalla strada fino al tetto del mondo

Dopo un’annata di record e premi, ieri sera alla prima serata di Sanremo 2022 hanno fatto ritorno i Maneskin, aprendo il Festival con il loro stile, infiammando il palco di quell’Ariston che ha dato il via alla loro ascesa. “I pischelli de Roma” sono tornati con la loro grinta, il loro anticonformismo e la voglia di rompere gli schemi, esibendosi sulle note di Zitti e Buoni e Coraline, emozionandoci e rendendoci fieri di essere italiani. 

I Maneskin trionfanti a Sanremo 2021. Fonte: dilei

Bohemian Rhapsody con la sua favola bhoeme ci aveva incantato; come dimenticarsi poi di Brown Sugar, Purple Rain, Dream on, All You Need Is Love? Sono tutte canzoni che hanno fatto la storia e creato leggende. Chi non vorrebbe tornare indietro nel tempo e partecipare a un concerto di Jimi Hendrix, Elvis, Bee Gees,Led Zeppelin, Pink Floyd o partecipare al festival di Woodstock, il primo grande raduno rock della storia? 

Il rock aveva raggiunto il proprio apice tra colori psichedelici e rivolte a suon di chitarra. La trasgressione era la prima regola per infrangere l’ordinario. Ma signori e signore, vi sbagliate se credete che il rock è morto, perché non lo è. Piuttosto in Italia, negli ultimi anni, è stato poco considerato. Abbiamo band come Lacuna Coil,  Afterhours e tanti altri, gruppi che hanno avuto successo anche al di fuori del nostro Paese.

Ma solo un gruppo italiano finora è riuscito a raggiungere la fama mondiale e si tratta dei Maneskin, che con la loro grinta giovanile sono arrivati sul tetto del mondo.

I Maneskin in un’illustrazione di @rdmdesign. Fonte: Instagram

Ma da dove inizia la loro storia? I Maneskin sono una rock band fondata nel 2015, il cui nome in danese vuol dire “chiaro di luna”. Come ogni artista che si rispetti, il gruppo romano comincia a esibirsi  per le strade della città eterna, dilettando i passanti con la propria musica (chissà quanti hanno avuto l’onore di vedere i quattro ragazzi, quando ancora erano dei “normali” adolescenti!). Dopo qualche anno, decidono di partecipare ai provini dell’undicesima edizione di X-Factor (2017), superando le selezioni e classificandosi al secondo posto (niente vittoria per questa volta!). Da lì in poi per il gruppo inizierà la propria scalata. La band, infatti, dopo pochi mesi apparirà in televisione e nelle radio. 

Da Sanremo all’ Eurovision

 Sono la band del momento: da Sanremo fino agli Stati Uniti, la loro musica sta raggiungendo un sacco di record. Dopo la vittoria al 71° Festival della Canzone Italiana col brano Zitti e Buoni, i Maneskin sembrano non fermarsi arrivando primi in tutte le classifiche. Il successo planetario arriva però con l’ Eurovision, dove si aggiudicano il primo posto. Da lì in poi per la band romana inizierà il “sogno rock”.

I Maneskin trionfanti all’Eurovision Song Contest 2021. Fonte: metalskunk.com

Il sogno italiano” in America

Damiano e i suoi compagni finora hanno venduto più di due milioni di singoli: un successo eccezionale che li ha portati negli Stati Uniti come special guest al concerto dei Rolling Stones, dando loro l’onore di stare accanto a delle leggende. Ma non è finita mica qui!

La band è stata ospite di show americani come The Ellen De Generes Shows, Saturday Night Live e nel “salotto” più famoso degli States ( Jimmy Fallon infatti li ha voluti al suo talk-show). I Maneskin si sono candidati agli American Music Award 2021, dove si sono esibiti sulle note di Beggin– conquistando la prima posizione nella classifica US Rock Airplay e rimanendo al primo posto per 10 settimane. Hanno portato a casa sei dischi di diamante, centotrentatre dischi di platino, trentaquattro dischi d’oro, 4 miliardi e 300 milioni di streaming. E per ultimo, ma non meno importante, è stata annunciata la loro partecipazione al Coachella: saranno la prima band rock italiana a suonare al famoso festival californiano.

 

I Maneskin assieme a Mick Jagger. Fonte: Cosmopolitan

I Maneskin vanno riconosciuti non solo per la loro musica e il loro talento, ma anche per come espongono la loro arte. Infatti i ragazzi nei loro show portano ciò che in Italia pochi osano, l’essere alternativi con la provocazione, ma sempre rispettando il prossimo. Un po’ come fece la mitica Loredana Bertè, che nel lontano 1986 si presentò al festival di Sanremo con col pancione finto , esibendosi con la sua grinta da rockettara. Molti la giudicarono per l’errore commesso, ma per lei fu una sorta di performance a favore dei diritti delle donne. La stessa cosa vale per i Maneskin, che con il loro stile provocano il pubblico, andando ad abbattere le barriere di un tradizionalismo che l’Italia si porta ancora dietro. 

“E farà male il dubbio di non essere nessuno, sarai qualcuno se resterai diverso dagli altri”

                                                                                                     Alessia Orsa

Fighting Demons: un altro pezzo dell’anima di Juice WRLD

Album ricco di dettagli e collaborazioni valide, con brani  che fanno riflettere seppur slegati tra loro- Voto UVM: 3/5

 

Le volontà di Juice WRLD, nome d’arte di Jarad Anthony Higgins, scomparso nel 2019 a seguito di un’overdose, risultano adempiute dai suoi familiari e collaboratori. Il 10 dicembre è uscito Fighting Demons, il secondo album postumo del rapper.

A differenza del primo album postumo, Legends Never Die, a cui il rapper aveva iniziato a lavorare, Fighting Demons è una raccolta di rime incise nel corso della sua carriera, decollata nel 2018 con il singolo Lucid Dreams. E’ un’analisi lucida fatta da Juice WRLD su se stesso; il rapporto con le droghe e quello con la fama sono i principali temi dell’album.

Fighting Demons

L’album contiene 18 brani con collaborazioni che attirano l’orecchio del grande pubblico internazionale. Spiccano infatti il featuring con Justin Bieber e quello con Suga del gruppo k-pop BTS. Una terza collaborazione lo vede protagonista con Polo G e Trippie Road, altri due nomi di spicco nel panorama rap.

Nell’album sono poi presenti tre tracce “speciali”, le cosiddette speaks. Si tratta di spezzoni tratti da interviste. Nel primo a parlare non è Juice WRLD, ma il rapper di fama internazionale Eminem. Nel secondo è Higgins stesso. Il terzo non è uno spezzone di un’intervista, ma una sorta di free-style.

La cover dell’album “Fighting Demons”. Fonte: Interscope Records

Alcune tracce contenute nell’album

L’8 dicembre 2019, il rapper si trovava su un jet privato partito da L.A. e con destinazione Chicago. A bordo erano presenti armi e droghe, per cui il pilota ha denunciato tutto alle autorità competenti che aspettavano il mezzo all’aeroporto di destinazione. Una volta atterrati, il rapper ha cominciato ad avere delle convulsioni e coloro che erano a bordo hanno subito reso noto agli agenti che Higgins aveva ingerito varie pillole, tra cui presumibilmente Percocet, un antidolorifico a base di ossicodone e paracetamolo. Nonostante il tempestivo trasporto in ospedale, il rapper è deceduto una volta arrivato, all’età di 21 anni.

Juice WRLD ha scritto delle rime proprio riguardo la sostanza che se l’è portato via, il Percocet. In Burn, il brano che apre l’album, Juice canta:

 

Prego Dio per un po’ d’acqua per ingoiare questi Percs

I pray to God for some water to wash down these Percs

 

In realtà l’intero album è costellato dalla presenza continua di droghe, come in Henny e Vicodin. In Already Dead il rapper canta:

 

Sono di nuovo amico con le droghe (yeah)

But I′m friends with the drugs again (yeah)

 

Le droghe però non sono le uniche protagoniste. Sempre in Already Dead, Higgins sottolinea come i fan e la musica siano le uniche cose capaci di tenerlo attaccato alla vita e che lotta con loro e grazie a loro.

Tutti i brani contenuti in Fighting Demons sono tentativi di esorcizzare i demoni di Juice WRLD, per cui sono particolarmente schietti e pregni di dolore. Nonostante la loro bellezza,  risultano però slegati tra loro: hanno in comune il solo fatto di essere rime inedite e mai pubblicate.

Somme finali

Nella sua breve carriera artistica, Juice WRLD si è distinto per aver creato un nuovo stile che mette insieme rap, emo e pop-punk. Ciò che caratterizza la sua produzione è la sincerità giovanile con cui descrive determinate situazioni senza essere artificioso ma sempre genuino.

Higgins dimostrava una particolare sensibilità nel farsi scorrere la vita davanti come se fosse un film. Nel suo specifico caso, succedeva attraverso l’uso di sostanze stupefacenti che hanno portato la sua esistenza di fronte ad un bivio, tra i pensieri suicidi e il desiderio di vivere per sempre attraverso la sua arte.

Juice WRLD durante un’esibizione live. Fonte: adnkronos

Forse è  per questo che è facile apprezzare l’album. Chiunque si può identificare in queste situazioni. Chissà quante volte sarà successo di avere pensieri strani e di voler abbandonare tutto e tutti oppure voler combattere per un qualcosa di superfluo come un voto universitario.

A volte ci perdiamo nei nostri stessi pensieri e questi poi ci inghiottiscono. Alcuni riescono ad uscirne immediatamente, altri ci mettono più tempo e altri ancora non ce la fanno. Juice WRLD ha fatto parte di tutte queste categorie: ha lottato, a volte ne è uscito, altre volte no. Ha combattuto i suoi demoni e li ha esorcizzati con le sue rime. L’album che ci lascia è la prova di questa battaglia.

Sarah Tandurella

 

 

Gemello ci fa riscoprire la bellezza della quiete


Il nuovo progetto musicale di Gemello si presenta come un capolavoro del rap che riesce a raggiungere un grande pubblico  – Voto UVM: 4/5

 

Siamo sempre stati abituati a vivere di corsa, quasi come se fosse una sfida contro il tempo. Come se dovessimo esaurire tutte le cose da fare nell’arco di 24h. Poi il lockdown ha cambiato tutto. Ci ha insegnato a correre un po’ meno per sentire di più. Sentire l’odore del caffè la mattina, il sorriso della vicina mentre stende il bucato, cercare tutti gli svaghi solo dentro casa e – per i più fortunati – in terrazza. Ci ha insegnato a riscoprire la bellezza di un abbraccio, di una carezza o semplicemente di una stretta di mano. Ma ci ha aiutati anche ad amare l’amore e ad apprezzare la quiete.

A tre anni di distanza dall’ultimo album, Gemello ci regala un nuovo disco intitolato proprio La Quiete, lanciato su Spotify il 21 gennaio. Il sentimento dominante è quello dell’amore, in un album completamente rap che lascia spazio però ad un progetto musicale in continua crescita.

“Con questo album ho deciso di sperimentare un po’ di più e mettermi in gioco davvero per la prima volta con più ritornelli cantati, basi diverse e strofe meno serrate.  Abbiamo registrato il disco in una casa a picco sul mare al Circeo davanti al faro.” (Gemello in un’intervista a Cromosomi)

Nonostante le diverse produzioni musicali e le classifiche scalate su Spotify, Andrea D’Ambrogio in arte Gemello non risulta ancora molto conosciuto. Classe 1984 e artista a tutto tondo, impegnato nella musica ma anche nell’arte in quanto pittore, si laurea presso l’Accademia di Belle Arti di Roma e nel 2000 inizia ad esplorare il mondo del rap.

La bellissima cover realizzata interamente da Gemello per l’EP “Indiana” (2017). Fonte: Spotify

 

Il suo profilo è molto interessante perché non sceglie una delle due vie dell’arte, ma si dedica ad entrambe fondendole e portando avanti i suoi progetti con grande determinazione. Presenta nel corso dei vari anni degli album (l’ultimo è UNtitled del 2019), ma anche dei dipinti in varie aziende e costruisce con grandi sacrifici la propria carriera.

Una pioggia di parole

Per le sue diverse collaborazioni musicali, Gemello ha realizzato diversi feat con artisti differenti fra di loro, tra cui Gazzelle, Carl Brave, Gemitaiz e tanti altri.

Un Pezzo di Universo, primo brano del nuovo album, vede la collaborazione di Coez e di Gemitaiz. Il testo mostra un punto di snodo tra due mood: quello malinconico e quello nostalgico, è uno specchio in cui le emozioni si riflettono ed emerge e un amore malinconico, quasi velenoso.

“Sei un salto dal sesto piano”

O ancora

“Pensieri killer che nascono”

Sono tutte frasi che rappresentano un chiaro esempio di sentimenti indomabili e relazioni tossiche, capaci di suscitare forti emozioni anche dopo averle interrotte. Forse il titolo dell’album lascia spazio ad una considerazione sempre più profonda del senso del silenzio e del desiderio di pace interiore. Un singolo totalmente malinconico ma ben armonizzato, in cui pensieri ossessivi si riversano in una pioggia di parole.

“La Quiete”: cover. Fonte: Spotify

Una ramificazione interiore

“Di strillare? Di scordare? Di lasciarti andare via?
Dentro le fiamme del sole, dentro le nuvole, tra le persone
Ma queste strade parlano di noi
Quasi le sento mormorare a bassa voce, ehi”

Questo è un piccolo estratto di Flashback. Più che un testo di una canzone, questa volta sembra che Gemello stia scrivendo una lettera. Questi inconfondibili e mai banali flussi di parole sembrano delle vere e proprie cascate che si distaccano da ogni concezione comune. Le diramazioni interiori sono tante ma anche molto diverse fra loro.

Come se niente fosse è invece un feat con Altarboy. È un brano che segue le orme di Flashback e per l’ennesima volta fa da sfondo la pioggia.

“Tutte le volte che guardo, che penso, che sogno
Cristo, incredibile
Perché questo giorno non finisce mai?
Perché la pioggia fa rumore quanto te ne vai.”

La dipendenza affettiva per quanto tossica invade tutti i testi, lasciando spazio ad un inganno vissuto molto più male del previsto.

Gemello indossa una t-shirt con un suo dipinto . Fonte: Diregiovani.it

E adesso?

Gemello, in un’intervista a Cromosomi dice

“Sono un osservatore, ho bisogno d’immagazzinare vita, emozioni ed immagini per riversarle poi nei dischi”

L’autenticità è uno dei suoi pezzi forti. La Quiete, in tutte le sue sfaccettature, mostra un artista cambiato, più maturo e sempre in evoluzione. Nonostante la sua “faccia da duro”, Gemello nasconde un animo buono, pieno di dolcezza e di ferite nascoste.

“Mi piaceva l’idea di questo finale un po’ lungo, riflessivo. Oltre a quello sento pure che è un periodo di vita dove ho messo un punto, e quindi dovrò ancora tornare in giro ad assorbire emozioni, guardare piogge o gatti che si nascondono.”

È così che l’artista parla del brano che chiude questo nuovo album. E adesso? è un testo che lascia spazio a molte interpretazioni con un finale che ci immerge in un mood quasi visionario.

“Giro di notte dentro a una nuvola di sigaretta
Ho perso tempo, ci siamo stretti, sì, ma tu andavi di fretta”

Come in una scena da film drammatico, sembra che gli addii abbiano sempre un sapore amaro per tutti. Se è vero che ognuno di noi fa i conti con la solitudine, è anche vero che è essa stessa a fortificarci e darci la possibilità di apprezzare e ponderare il prossimo passo. Un cambio di rotta non è mai un errore perché spesso ci apre panorami più profondi.

A parte qualche traccia decisamente poco riuscita ( è il caso di Rebecca è un fulmine), il nuovo album di Gemello ci permette di fare un viaggio introspettivo nell’animo e nella mente di un artista sempre in cambiamento. E noi, come lui e tanti altri artisti, speriamo di ritornare presto nelle piazze o negli stadi a cantare e scoprire tutte le storie che hanno da raccontarci, attraverso brani musicali sempre unici e alternativi.

Bob Marley diceva «La musica può rendere gli uomini liberi». Che sia un incoraggiamento oltre che un buon auspicio per tutti quanti.

Annina Monteleone

L’arte di narrare una storia: omaggio a Kobe Bryant

«Gli eroi vanno e vengono ma le leggende sono per sempre» si legge sulla locandina della nuova serie tv firmata Netflix, in uscita ad Agosto 2022, dal titolo The Black Mamba. Dopo il successo di The Last Dance, serie tv prodotta dalla piattaforma streaming per celebrare Michael Jordan nell’ultimo anno con i Chicago Bulls, Netflix si rituffa nel mondo del basket con un’altra leggenda dell’NBA: Kobe Bryant.

L’uscita – a due anni dalla scomparsa di Kobe e della figlia Gianna, insieme ad altre sette persone, in un tragico incidente avvenuto il 26 Gennaio 2020 – permetterà a tutti di immergersi nel mondo di un professionista del gioco.

Kobe Bryant e la figlia Gianna. Fonte: SportFair

La serie racconterà in un arco di dieci episodi i vent’anni di carriera di Bryant con la maglia dei Lakers, ripercorrerà tutti i successi del campione NBA, dai suoi esordi ai tre storici titoli consecutivi, al rapporto con la figlia Gianna, di cui era allenatore; un modo per riscoprire la carriera e le sfide di Black Mamba, attraverso i racconti degli ex compagni e dei suoi avversari.

Black Mamba, che darà il titolo alla serie è il soprannome che Kobe stesso scelse durante gli anni più bui della sua vita privata e della sua carriera. Un soprannome che lo aiutò a scindere il Kobe fuori dal campo di gioco dal Kobe professionista del basket alias Black Mamba appunto, un letale e rapido serpente, l’animale alle cui caratteristiche si ispirava per sviluppare il proprio stile di gioco, metafora di dedizione e talento per raccontare il suo approccio mentale alla pallacanestro.

Kobe Bryant. Fonte: The Indian Express.com

Moltissimi sono altri contenuti presenti in rete che ci permettono uno sguardo lucido su quei luminosi venti anni di carriera fino al ritiro nel 2016. Tra tutti, il libro autobiografico scritto da Kobe stesso è sicuramente una via privilegiata per guardare il mondo del basket dal punto di vista di un campione che padroneggiava perfettamente il gioco della pallacanestro.

The Mamba Mentality è il nome dato all’autobiografia edita Rizzoli e uscita in Italia nel Novembre 2018. Un resoconto minuzioso dell’approccio mentale di Kobe Bryant alla pratica sportiva, una riflessione sull’importanza di alimentare il talento con dedizione e  perseveranza. L’autobiografia vanta la presenza delle bellissime fotografie di Andrew D. Bernstein, da tempo fotografo ufficiale dei Los Angeles Lakers che seguì Kobe sin dall’inizio: la sua prima foto risale al 1996, quando il campione aveva 18 anni. Bernstein definì così il libro e la loro collaborazione durante un’intervista:

“Questo libro ,è una collaborazione davvero unica tra un atleta e un fotografo. Non credo ci sia mai stato un altro atleta in uno dei quattro maggiori sport professionistici americani che abbia speso 20 anni e tutta la sua intera carriera con la stessa squadra, fotografato attraverso l’occhio di uno stesso fotografo.”

L’opera è la dimostrazione di come l’amore per qualcosa – in questo caso uno sport – possano essere espressi con mezzi sempre diversi. Ma soprattutto racconta della strada percorsa da Kobe per raggiungere i suoi obiettivi: duri allenamenti, continuo studio del proprio modo di giocare e degli avversari attraverso filmati, cura e attenzione per ogni dettaglio.

“The Mamba Mentality”: copertina. Fonte: Rizzoli

Ossessione e dedizione costante al basket sono gli ingredienti di questo approccio alla pallacanestro, una mentalità che ha permesso a Bryant di conquistare cinque titoli, due medaglie d’oro olimpiche, due premi come miglior giocatore della lega nelle Finals, due premi consecutivi come miglior marcatore della stagione e il secondo numero massimo di punti mai segnato in un incontro NBA, fino all’ultima partita della sua carriera, dove segnò ben 60 punti.

Ma l’amore per il Basket ha portato Bryant a sperimentare nuovi modi per raccontare della pallacanestro. Lo stesso Kobe scriverà infatti:

“Questo sport mi ha dato ogni opportunità che avessi mai potuto desiderare, e lungo la strada ho imparato moltissimo. E non solo sul campo. Senza il basket non conoscerei la creatività né la scrittura […] questo sport in pratica mi ha insegnato l’arte di narrare una storia.”

La necessità di narrare lo ha condotto infatti nel 2015 ad annunciare il suo ritiro dal mondo della pallacanestro con un articolo pubblicato sulle pagine del The Player’s Tribune, dal titolo : Dear Basket, una vera e propria dichiarazione d’amore al basket, dall’infanzia al momento del ritiro. Dear Basket diventerà un cortometraggio con la voce di Kobe e le animazioni e la regia di Glen Keane.

Il corto, realizzato con un tratto a matita, ricorda i bozzetti Disney. Un’opera sicuramente dal taglio sentimentale che venne premiata nel 2018 con l’Oscar come miglior cortometraggio animato.

Dal cortometraggio “Dear Basket”. Fonte: lascimmiapensa.com

Per tutti questi motivi, la vicenda di Black Mamba ha effettivamente del leggendario per tutto il mondo del basket e a distanza di due anni dalla morte, la sua carriera e la sua presenza vengono restituite ai suoi tifosi sotto altre vesti, sotto forma di racconti, grazie alla necessità di narrare, grazie all’aiuto di quella complessa arte che è il tessere una storia.

                                                                                                                                                                    Martina Violante