Altri libertini: il romanzo ad episodi di Tondelli

Tondelli, visionario della letteratura contemporanea, per primo ha saputo raccontare il disagio giovanile. – Voto UVM: 5/5

È claustrofobico il contesto sociale e culturale che fa da scenario alle vite dei libertini descritti nell’opera prima di Pier Vittorio Tondelli.

Altri libertini è una raccolta di sei racconti o come direbbe l’autore, un vero e proprio romanzo ad episodi. Pubblicato nel 1980 fu dapprima sequestrato per oscenità e poi assolto dal tribunale, venendo giudicato dalla critica odierna come una delle opere migliori dell’ultimissimo decennio.

Ehi, ma ce l’hai, l’hai portata la mia “via di fuga”?

Siamo negli anni delle ribellioni giovanili alle impostazioni del “tardo capitalismo” e in un contesto del genere, governato dal rischio e dall’incertezza, se non hai vie di fuga devi essere in grado di crearle.

E il metodo prediletto dagli anti-eroi tondelliani è la droga: l’unica possibilità di evasione, capace di dilatare l’ormai “squallida” realtà.

“La droga prende bene e subito e comincia dalle gambe e poi sale sale e prende lo stomaco che ti senti come dopo un pranzo di famiglia e poi la testa e finalmente sballi e allora son tutte rose e fiori, davvero, no problem no cry”. (Senso contrario)

Quello descritto dal protagonista del “terzo episodio” del romanzo è un esempio di come il trip prodotto dalla droga, riesca a distorcere gli umori e la reale visione del mondo.

Ma è comunque il viaggio ad essere il vero protagonista di questo “film su carta”: è fuori casa che si realizza l’idillio tondelliano. In particolar modo l’Europa del Nord è la meta più ambita dai nostri personaggi.

“Scopriamo tutt’insieme la birra, il sesso, les trous”. (Viaggio)

Storie di un “verismo allucinato”

Tondelli con questo viaggio ha uno scopo ben preciso, quello di filmare gli altri. E non dimentica proprio nessuno: hippy, lesbiche, filosofi ed eroinomani, femministe, depressi, angosciati, nostalgici, dipendenti, studenti e figli. La sua intenzione è quella di raccontare le loro vite, i loro amori, le loro lacrime ed i loro sorrisi.

“E questi caromio, saranno i personaggi e le figure del nuovo cinema mio, il Rail Cinema, il DRUNK, very-drunk, CINEMA, ok?”. (Autoban)

E nel farlo cerca di immedesimarsi nella loro vita, un po’ come Verga ed altri esponenti del verismo fecero in passato.

Tondelli
Copertina “Altri libertini” di Pier Vittorio Tondelli. Casa editrice: Feltrinelli

Una ribelle umiliazione del corpo

Bisogna però evidenziare il fatto che Tondelli percepiva il corpo come un involucro, cosparso di vergognosa individuazione.

“Non ero proprio complessato ma terribilmente disturbato di avere un corpo”. (Pier Vittorio Tondelli)

E in tutta la raccolta ma ancora di più in Senso contrario, troviamo il tentativo da parte dell’autore di “fondere i corpi”, come ulteriore via di fuga dalla realtà.

In Altri libertini i personaggi vanno per tutto il tempo alla ricerca di loro stessi, utilizzando il loro corpo come un mero strumento: l’uso e il consumo del proprio corpo è una forma di conoscenza.

E lo fanno assumendo alcol e sostanze ma anche dando sfogo ai loro istinti sessuali. Tutti atti di violenza nei confronti di un io che a quanto pare non basta alla vita e che loro evidenziano disprezzando se stessi.

Tondelli: precursore di un espressionismo pop

Evidente è il richiamo che l’autore postmoderno fa alle altre arti, e in particolar modo non passa inosservato l’uso di esclamazioni onomatopeiche da fumetto.

Quindi non c’è da stupirsi se durante la lettura, ad un certo punto, iniziano a capitarci davanti scritte come: WoooWwww, aaaggghhh, BUUUUM!, scrash scrash; che pur non commentando l’azione ne diventano parte integrante.

Ma Tondelli, ideatore così di un espressionismo pop, lascia spazio anche ad un linguaggio più spinto. Così, proprio le bestemmie e il linguaggio grezzo dei protagonisti, diventano lo schiaffo più potente nei confronti di quella letteratura e quella poetica “elitaria” sconosciuta ai suoi libertini.

 

Domenico Leonello

Eleanor Oliphant sta bene, anzi: benissimo

Elaonor Oliphant ha trent’anni e da nove lavora nello stesso ufficio come Grapich Design. È una persona normale con un aspetto normale e che mira alla normalità (se non fosse per quelle cicatrici che le scendono dalla tempia alla gola).

La sua vita è una routine settimanale ben definita: dal lunedì al venerdì lavora presso l’agenzia fino al pomeriggio, nella pausa pranzo va al bar fuori dall’ufficio, dopo aver constatato che portare il pranzo da casa è controproducente visto che gli alimenti si deteriorano prima dell’effettivo consumo), la sera cena con la sua solita pasta al pesto, ma il venerdì sera si concede una pizza margherita acquistata presso il suo rivenditore di fiducia sorseggiando la sua bottiglia di vino (chi ha detto che l’accostamento è sbagliato?), per poi concedersi una bottiglia di vodka che beve in quegli ultimi giorni della settimana.

Una vita caratterizzata da un’estrema solitudine interrotta solamente dalle telefonate della madre, il mercoledì sera, un essere cattivo che le ricorda un passato tristemente doloroso che ancora la nostra protagonista non si è lasciata alle spalle.

«Quando si legge di “mostri”… nomi noti… si dimentica che avevano una famiglia. Non spuntano fuori dal nulla. Non si pensa mai a chi resta ad affrontare i postumi.»

Quella con la madre è una conversazione telefonica che si svolge sempre alla stessa ora e il solito giorno anche perché la madre della protagonista è agli arresti e, dunque, non può concederle che quei 15 minuti di considerazione alla settimana.
Ma lei sta bene, anzi: benissimo.
Tuttavia, di punto in bianco, l’abitudinarietà di Eleanor viene stravolta.
A un concerto incontra l’uomo della sua vita, o almeno così crede, non sa niente di lui eppure si lancia in questa cotta dal sapore molto adolescenziale. Di colpo inizia a prendersi cura di sé, da via a una serie di “ristrutturazione” dai capelli alle scarpe ma allo stesso tempo rompere quella corazza che lentamente si è costruita. Allo stesso tempo, Raymond Gibbons, suo collega della sezione dell’helpdesk e dunque informatico, entra a far parte della sua vita.
L’uomo dai capelli rossicci chiari, una barbetta bionda stopposa, una pelle molto molto rosa, un abbigliamento alquanto opinabile, nerd nel midollo, fissato con i videogiochi, riuscirà con la sua semplicità e genuinità a crearci un rapporto di amicizia molto profondo, è, nel vero senso della parola, il primo essere umano ad essere amico di Eleanor. Pagina dopo pagina questo sarà sempre più coinvolto e rapito dalle vicende tanto da non riuscire a staccarsene.

Al tutto si somma uno stile narrativo riflessivo, fluido, intelligente, che si avvalora della tecnica del “narrare ma non spiegare”, del “fai vedere, ma non limitarti a una mera esposizione”. In un primo momento la storia può deludere, in alcuni casi annoiare, ma lascerà senza fiato per la forza straordinaria che la protagonista continua a dimostrare nei confronti della vita e per la piega che questa storia, nel corso delle pagine, prenderà. Davvero una lettura coinvolgente ed affascinante.

Serena Votano