Grande successo dell’iniziativa benefica del CUS UniMe e del Cug: “Un calcio al razzismo”

Martedì 7 Maggio 2019. Aula Pugliatti del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Messina. Si è svolto il Convegno “Multiculturalismo e sport: la valorizzazione delle differenze” per celebrare la V edizione della manifestazione “Un calcio al razzismo – Uniti con lo sport”, organizzata dall’Ateneo peloritano, dal Comitato Unico di Garanzia – CUG ed dal CUS UniMe. I promotori dell’iniziativa sono stati affiancati da diverse realtà associative messinesi, quali l’US ACLI di Messina, l’Associazione BIOS, l’Associazione Panathlon Club e Messina nel Pallone.

Il convegno ha avuto il via con l’intervento di Carlo Giannetto, promotore dell’iniziativa, docente del Dipartimento di Economia e Vice Presidente del Comitato Unico di Garanzia, che dell’iniziativa è l’ideatore. Il tavolo dei relatori, coordinati dalla prof.ssa Concetta Parrinello, Presidente del Comitato Unico di Garanzia, era composto dai proff. Maria Catena Quattropani, docente di Psicologia clinica; Francesco Rende, docente di Diritto sportivo; Giuseppe Avena, docente di Statistica sociale; Antonella Cava, sociologa e docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi; Giovanna Spatari, Delegata alle Politiche di Genere; Daniele Bruschetta, Delegato alle attività sportive e Fabio Trimarchi, Coordinatore del CdS in Scienze Motorie Sport e Salute; sono intervenuti anche il dott. Antonino Micali, Presidente del Cus UniMe ASD; il dott. Antonino Scimone, Presidente US ACLI di Messina e la dott.ssa Giulia Colavecchio, vicepresidente dell’Associazione Bios. Le conclusioni sono state affidate al prof. Ludovico Magaudda, presidente del Panathlon Club Messina e coordinatore del CdSM in Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattate.

Sono stati posti alcuni punti di riflessione sul fenomeno delle “differenze” nelle sue varie sfaccettature e si è posto l’accento sul modo in cui lo sport, in tutta la sua essenza, può valorizzare le differenze, trasformandole in importanti risorse per la società. L’obiettivo è, infatti, proprio quello di promuovere, attraverso lo sport, l’inclusione e l’integrazione dei migranti di prima e seconda generazione sul territorio italiano e di contrastare la discriminazione razziale e l’intolleranza valorizzando la diversità come risorsa. Un’opportunità per meditare su stereotipi e pregiudizi identitari e diffondere una società inclusiva, rispettosa del valore della pluralità e della diversità, che dello sport ne faccia uno strumento di confronto e condivisione.

Come lo stesso Antonino Scimone, presidente US ACLI, dichiara – abbiamo tutti delle diversità ed è profondamente triste farle emergere oggigiorno. Chi è uguale a chi?! Siamo tutti diversi. Nessuno è uguale all’altro. Ogni essere umano è unico: rispettarne la diversità equivale a difendere la propria e l’altrui libertà. La militanza all’interno delle Acli mi porta ad essere attento a questi problemi, a far emergere, a soffermarmi sui valori invece che sulle diversità.

L’iniziativa si è conclusa con il torneo di calcio a 5 che si è svolto nei giorni di martedì 7 e mercoledì 8 maggio, alle 15:00, presso la Cittadella sportiva universitaria. Anche per la V edizione, come nelle precedenti, al torneo hanno partecipato 10 squadre composte da studenti universitari, giovani migranti, giornalisti e rappresentanti di organizzazioni no profit.

 

Gabriella Parasiliti Collazzo

La società dell’odio

Analizzando la nostra società possiamo di sicuro sentirci fortunati. Anni di evoluzione scientifica e tecnologica stanno dando i loro frutti. Tutti noi abbiamo avuto possibilità che solo 50 anni fa erano destinate a pochi eletti e ogni giorno abbiamo un’infinità di risorse a portata di mano o, se vogliamo, a portata di click.

Eppure, anche una società così evoluta e sviluppata come la nostra non è perfetta. Viviamo in una società libera? Una società aperta e tollerante? Una società in cui amore e rispetto altrui sono valori alla base di ogni idea e comportamento? Certo che no. La nostra è al contrario una società fondata sull’odio, sulla lotta contro il diverso, una società che piuttosto che analizzare e cercare di capire le idee differenti dalle proprie preferisce attaccarle, magari senza nemmeno conoscerle. Ci si basa sulla convinzione che ciò che è diverso dal nostro pensiero deve necessariamente essere sbagliato.

L’ultimo caso di odio scellerato è quello di qualche giorno fa a Macerata. Accade tutto dopo l’orrendo ritrovamento del corpo di Pamela Mastropietro, probabilmente morta di overdose e fatta a pezzi dal ragazzo nigeriano che era con lei, forse lo stesso che le ha procurato la dose fatale. Luca Traini sente la storia alla radio, una, due, tre volte e decide di agire. Va a casa, prende la sua pistola, si mette alla guida e dà il via al suo raid razzista, una sorta di “caccia all’uomo nero”. Spara all’impazzata, seminando il panico  nella città di Macerata. Sei gli extracomunitari feriti, nessuno dei quali in pericolo di vita. È sicuramente la messa in pratica di uno degli odi più diffuso in Italia nei nostri giorni, quello verso lo straniero. Un razzismo promosso in primis da alcuni esponenti politici, che vi fondano addirittura le loro campagne elettorali, con la sicurezza che basti l’odio del diverso a fomentare gli elettori.  «Immigrato nigeriano, permesso di soggiorno scaduto, spacciatore di droga. È questa la “risorsa” fermata per l’omicidio di una povera ragazza di 18 anni, tagliata a pezzi e abbandonata per strada. Cosa ci faceva ancora in Italia questo verme? Non scappava dalla guerra, la guerra ce l’ha portata in Italia. La sinistra ha le mani sporche di sangue. Altra morte di Stato. Espulsioni, espulsioni, controlli e ancora espulsioni! ». Questo il pensiero di Matteo Salvini, esponente della Lega Nord, che aveva commentato l’omicidio prima della reazione furibonda del Traini e che è stato accusato dalla Presidente della Camera Laura Boldrini di essere il “maestro dell’odio”.

Ma questa non è che la punta dell’iceberg di un fenomeno ormai diffuso a qualsiasi livello. Viviamo in una società che il 27 Gennaio commemora le vittime dell’olocausto, che disapprova l’antisemitismo e l’odio promossi e messi in atto da Hitler e anche la stessa che sui social si scatena con frasi del tipo “Rimandiamoli a casa”, “L’Italia agli Italiani” e così via.

Il razzismo non è l’unica forma d’odio, né la più diffusa. “Omofobia”, “sessismo”, “mobbing”, “bullismo”, sono tutti termini che al giorno d’oggi leggiamo sempre più spesso sui quotidiani.

I social, ormai così importanti e presenti nella vita di tutti noi, sono l’emblema dell’odio. Vi sfido a scorrere nelle vostre bacheche e riuscire per più di 30 secondi a non trovare un post, una foto o un video i cui commenti non contengano litigi di ogni genere. Che sia per una squadra di calcio, per una fede religiosa o per un futilissimo motivo poco importa. Ciò che conta è criticare aspramente ed insultare tutto quello che non rispecchia il proprio pensiero.

Ci sono soluzioni a tutto questo? Viviamo in una società destinata all’oblio? Non possiamo rispondere con sicurezza a tutte queste domande. Certo è che dovremmo rivalutare l’importanza dell’educazione civica, dedicarle più ore di insegnamento nelle scuole, promuoverla tramite incontri dedicati anche ai meno giovani. Così facendo si potrebbe provare a scacciare questo sentimento d’odio tanto fortemente radicato in tutti noi.

Nelson Mandela affermava: «Nessuno nasce odiando qualcun altro per il colore della pelle, il suo ambiente sociale o la sua religione. Le persone odiano perché hanno imparato a odiare, e se possono imparare a odiare possono anche imparare ad amare, perché l’amore arriva in modo più naturale nel cuore umano che il suo opposto. » Ecco, prendiamo spunto dal suo pensiero, creiamo un nuovo indirizzo scolastico, diventiamone tutti insegnanti e diffondiamo la materia più importante di tutte: l’amore.

                                                                                                                                

Ivan Brancati