Torino, il Museo della Rai: un viaggio nella storia della radio e della televisione

 A pochi passi dalla Mole Antonelliana, nel cuore della città di Torino, sorge un luogo che racconta oltre un secolo di evoluzione dei mezzi di comunicazione: il Museo della Radio e della Televisione della Rai. Situato all’interno del Centro di Produzione Rai di via Giuseppe Verdi 16, il museo offre un percorso immersivo tra apparecchiature storiche, documenti e testimonianze che ripercorrono la storia della radio e della televisione italiana.

URI, EIAR, RAI: un breve viaggio in pillole (radiofoniche)

Torino on air. La città piemontese si affaccia al mondo della radio nel 1924, anno della fondazione dell‘Unione Radiofonica italiana (URI), la prima società italiana a trasmettere programmi radiofonici. Qualche anno dopo, nel 1927, l’URI si trasforma in EIAR (Ente italiano per le Audizioni Radiofoniche) e verrà utilizzata, durante il regime fascista, soprattutto per la propaganda, con programmi controllati dal governo.

Nel 1932, l’EIAR acquisisce il teatro di Torino di via Verdi che, rinnovato in base alle esigenze radiofoniche, è la sede per gli auditori delle stazioni settentrionali. Qui, dopo la fusione dell’orchestra di Milano con quella piemontese, si terranno i primi concerti del nuovo complesso sinfonico.

Si formano compagnie di prosa, orchestre di musica leggera e compagnie di rivista. Cresce l’orgoglio di fare radio a Torino e gli uomini di cultura credono nella radio e la sostengono.

Negli anni, si sviluppa un grande patrimonio culturale, storico, tecnologico e umano che ruota intorno alla radio.

Nel 1934, nasce la RAI (Radio audizioni italiane), sotto il controllo dello Stato e con una missione più ampia: quella di educare e informare un’Italia in piena ricostruzione.

 

Il centro di produzione Rai “Piero Angela”

Piero Angela , torinese di nascita, è il personaggio televisivo per eccellenza da ricondurre alla storia della radio e della televisione e alla città torinese.

Cresciuto professionalmente a Torino, è diventato un mito italiano della televisione. Avviata la sua carriera giornalistica in Rai proprio nella redazione di Torino, come cronista radiofonico, è diventato conduttore e divulgatore scientifico di grande successo.

Il 1º ottobre 2024, durante il 76º Prix Italia (il più antico concorso internazionale dedicato alle migliori produzioni radiofoniche, televisive e multimediali), il Centro è stato intitolato proprio a Piero Angela. Nei giorni del Prix, inoltre, l’artista di strada Piskv ha realizzato un murale permanente che ritrae Piero Angela, utilizzando la facciata della palazzina posta a destra dell’ingresso del Centro di Produzione.

 

La nascita del Museo

Il primo progetto per la creazione di un Museo della Radio risale al 1939. Gli eventi bellici interruppero il progetto, che fu ripreso tra il 1965 e il 1968 da una commissione di esperti, tra i quali l’ingegner Banfi, già direttore tecnico dell’EIAR.

Nel 1984, in occasione della mostra “La Radio, storia di sessant’anni: 1924-1984”, grazie all’opera di Romeo Scribani, funzionario Rai e primo curatore del Museo, gli oggetti e i documenti raccolti trovarono una sistemazione provvisoria presso il Centro di Produzione della Rai di Torino e venne presentata per la prima volta al pubblico.

La vera e propria inaugurazione del Museo risale al 1993: la raccolta fu ordinata, restaurata e ampliata e trovò una sede espositiva permanente nella sala Enrico Marchesi, presso l’attuale Centro di Produzione Rai nella città piemontese.

Abbracciamo il presente, Valorizziamo il passato, Ci apriamo al futuro

Questa la vision con cui il direttore Alberto Allegranza ha ideato, a inizio 2020, l’attuale Museo.

 

Un percorso tra passato e futuro

L’affascinante Museo storico della radio racconta una storia senza precedenti, che ha creato modo di comunicare innovativo, sia in radio che in televisione.
Quasi ottocento oggetti originali e funzionanti, pezzi storici e singolari della radiofonia, dalla preistoria di Marconi, alla radio moderna.
Inaugurato ufficialmente nel 1993, il Museo della Radio e della Televisione si è trasformato nel tempo in uno spazio multimediale e interattivo. Il percorso espositivo si snoda attraverso tre sezioni principali:
  • Le origini della comunicazione a distanza. Qui si possono ammirare strumenti pionieristici come il telegrafo, il telefono, l’Araldo telefonico, le onde hertziane e il detector di Marconi, simbolo delle prime trasmissioni via etere;
  • l’epoca d’oro della radio. Dagli eleganti apparecchi radiofonici degli anni Trenta alle radio pubblicitarie del Novecento, questa sezione racconta il ruolo centrale della radio nella società italiana;

 

Modelli di microfoni utilizzati in radio e in televisione dagli anni '50
Modelli di microfoni utilizzati in radio e in televisione dagli anni ’50
  • l’evoluzione della televisione. Dalla televisione meccanica di Baird del 1928 fino ai moderni schermi digitali, passando per il bianco e nero e l’introduzione del colore.
I vari modelli della tv
Sviluppo della tv elettronica, prima in bianco e nero, poi a colori, fino alla transizione al digitale

Interattività e pezzi storici

Oltre ai reperti d’epoca, il museo permette ai visitatori di vivere un’esperienza interattiva unica.
Un’area speciale consente di mettersi nei panni di conduttori, cameraman o cantanti, utilizzando attrezzature originali ancora funzionanti. Un banco regia completo di mixer audio e mixer video, una cinepresa con cui il visitatore-regista può improvvisarsi cameramen professionista, uno studio televisivo che fa sognare i visitatori di trovarsi in tv, anche solo per cinque minuti.
Si procede con oggetti e costumi di alcune vecchie trasmissioni come la cabina di Rischiatutto o fotografie del programma Arrivi e Partenze.
Tra i reperti esposti spiccano costumi di scena appartenuti a icone della televisione italiana come Raffaella Carrà, Mike Bongiorno e Mina.
Alla fine del percorso è possibile immergersi in un angolo  speciale che fa tornare bambini: la sezione dedicata a L’Albero Azzurro e La Melevisione, i due programmi televisivi per bambini più longevi della televisione italiana.
Basta qualche passo e si arriva dritti nel magico mondo del Fantabosco, dove spiccano le indimenticabili e iconiche figure di Tonio Cartonio, Lupo Lucio e Strega Varana.
Collezione degli elementi di scena de La Melevisione
Collezione degli elementi di scena de La Melevisione

Sembra quasi di sentire la voce del pupazzo Dodò e le risate dei bambini risuonare tra i colori del suo nido! Il visitatore entra in contatto diretto con il racconto di un programma che ha fatto della creatività e dell’educazione televisiva il suo punto di forza.

Il programma televisivo italiano Rai per bambini L'albero azzurro, trasmesso sin dalla prima edizione dal Centro di produzione Rai di Torino
Il programma televisivo italiano Rai per bambini L’albero azzurro, trasmesso sin dalla prima edizione dal Centro di produzione Rai di Torino
Un museo per tutti, con ingresso gratuito. Un’occasione imperdibile per chiunque voglia scoprire da vicino la storia della radio e della televisione in Italia. Un viaggio tra immagini, cimeli storici ed esperienze impressi nella memoria della storia dei media italiani.
Il Museo della Radio e della Televisione rappresenta un luogo in cui passato e futuro si incontrano. Racconta l’evoluzione di due mezzi che hanno rivoluzionato il modo di informare e intrattenere il pubblico, un modo del tutto innovativo e antenato del nostro progresso tecnologico.
Elisa Guarnera

L’ennesima accusa di censura alla Rai : il caso Scurati

Dopo la vicenda sulla par condicio della settimana scorsa, è arrivata l’ennesima accusa di censura alla Rai. Sabato infatti sarebbe dovuto andare in onda su Rai 3 un monologo dello scrittore Antonio Scurati in occasione del 25 Aprile. Tuttavia, nel corso della trasmissione “Chesarà” condotta da Serena Bortone, la presentatrice ne ha annunciato la cancellazione da parte della rete. Il testo è stato comunque letto dalla Bortone e in questi giorni è diventato un argomento di dibattito molto acceso nell’opinione pubblica.

Scurati è uno scrittore e giornalista, vincitore del premio Strega 2019 per il libro “M. Il figlio del secolo”, primo capitolo di una trilogia su Benito Mussolini. Nel corso di quello che sarebbe dovuto essere il suo intervento, ha definito il governo «gruppo dirigente post-fascista». Ha poi accusato la premier Meloni di voler «riscrivere la storia» e di non aver mai preso esplicitamente le distanze dall’esperienza neofascista.

Fonte : Flickr

Le motivazioni della Rai accusata di censura

La Rai si è difesa sostenendo che il motivo della cancellazione risiederebbe in alcune divergenze sul cachet di Scurati. Secondo i dirigenti Rai, lo scrittore avrebbe chiesto 1800 euro, ritenuti dalla rete (e dalla stessa Meloni, che ne ha parlato sui social) eccessivi. In realtà, secondo la versione di Scurati e Bortone lo scrittore aveva trovato un accordo sul compenso. Questo lascerebbe quindi spazio alla sola tesi dei «motivi editoriali», peraltro corroborata dalla pubblicazione da parte di Repubblica di una comunicazione interna alla Rai: viene infatti riportata la suddetta formula per motivare l’annullamento dell’intervento di Scurati.

Dal canto suo Bortone ha affermato in diretta di aver «inviato messaggi ed email senza ricevere spiegazioni» per cui alla fine si sarebbe rivolta allo stesso Scurati. Lo scrittore, confermato l’annullamento, ha così deciso di dare il testo alla presentatrice affinché lo leggesse, senza ricevere quindi alcun cachet.

(Wikimedia)

Le vaghe posizioni della maggioranza

Fratelli d’Italia, con cui Meloni ha vinto le elezioni e di cui è presidente e fondatrice, deriva dall’esperienza di Alleanza Nazionale. In quest’ultimo è a sua volta confluito l’MSI, il Movimento Sociale Italiano, ritenuto da alcune ali della politica l’erede diretto del Partito Fascista.

Inoltre, secondo i critici dell’attuale governo, i suoi membri – compresa la Premier Meloni – si sarebbero ben guardati dal dichiararsi “anti-fascisti”, ricorrendo ad altre definizioni più vaghe. Nella sua lettera per il 25 Aprile 2023, affidata al Corriere della Sera, la premier scriveva:

Da molti anni infatti, e come ogni osservatore onesto riconosce, i partiti che rappresentano la destra in Parlamento hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo.

Secondo molti commentatori gli esponenti dell’attuale maggioranza avrebbero quindi difficoltà a porsi in una posizione di netto contrasto all’ideologia fascista, utilizzando il termine “anti-fascista”. Tra i più restii vi è il presidente del Senato La Russa. Durante un evento commemorativo della Shoah a Milano aveva evitato di definirsi “antifascista” alla richiesta di un giornalista. Inoltre, dopo le commemorazioni del 25 Aprile 2023 si era recato a Praga per ricordare il martirio di Jan Palach, studente cecoslovacco datosi fuoco per protesta contro il regime sovietico. Questo gesto fu ritenuto una provocazione basata sulla frequente equiparazione, fatta da parte della maggioranza, fra regimi nazifascisti e comunista. Il presidente della Camera Fontana, del partito Lega, aveva invece dichiarato di essere antifascista e di dispiacersi che questo concetto «non sia stato pienamente metabolizzato».

La risposta di Meloni

Meloni ha definito la polemica un caso montato dalla sinistra e per smarcarsi dalle accuse ha pubblicato il testo integrale di Scurati su Facebook. Ha inoltre specificato che la sua cancellazione da Rai 3 non sarebbe dovuta a censura, aggiungendo:

Chi è sempre stato ostracizzato e censurato dal servizio pubblico non chiederà mai la censura di nessuno.

Fonte: Wikimedia Commons

Tuttavia, la premier ha anche sottolineato la responsabilità del compenso ritenuto eccessivo nella rimozione dell’intervento di Scurati da parte della Rai. Lo scrittore dunque ha deciso di affidare la sua risposta a Meloni in un suo articolo su Repubblica. In quest’ultimo accusa  la Presidente di «attaccare personalmente e duramente con dichiarazioni denigratorie un privato cittadino e scrittore suo connazionale tradotto e letto in tutto il mondo».

Francesco D’Anna

Inaugurato il Master in Istituzioni Parlamentari e Assembleari. Le parole di Barbara Floridia, Presidente della Commissione vigilanza Rai

L’11 Marzo presso la sede centrale dell’Università degli Studi di Messina si è tenuta l’inaugurazione del Master in istituzioni parlamentari e assembleari con la partecipazione di Barbara Floridia, senatrice della Repubblica e Presidente della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizio radiotelevisivi.

Nel dare il via all’incontro ha preso la parola il Prorettore Vicario Giuseppe Giordano, professore ordinario di Storia della filosofia del Dipartimento di civiltà antiche e moderne, che ha evidenziato l’importanza di questo Master come luogo in cui poter formare persone consapevoli del funzionamento a garanzia delle libertà democratiche.

Le dichiarazioni del Direttore del Master

Subito dopo ha preso la parola il Prof. Giovanni Moschella, ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico e direttore del Master in istituzioni parlamentari ed assembleari, il quale ha condiviso una riflessione sulla crisi che la rappresentanza politica sta vivendo in questo periodo storico; crisi della rappresentanza che coincide con quella delle istituzioni. Sintomo e allo stesso tempo causa di questa crisi, sono i numerosi tentativi di riforma volte ad una semplificazione delle forme di rappresentanza che hanno determinato un impatto negativo sulla funzionalità e sul prestigio delle istituzioni. Il professore ordinario ha poi continuato sottolineando il valore, dal punto di vista sistemico e generale, di un Master che abbia come obiettivo la riscoperta della funzione determinante del sistema democratico.

Il Prof. Moschella, direttore del Master, durante il suo intervento

L’inaugurazione è proseguita con l’intervento del Professore Alessandro Morelli, ordinario di istituzioni di diritto pubblico e direttore del Centro studi in diritto parlamentare delle assemblee elettive. Il Prof. Morelli ha esposto l’importanza del centro studi come luogo in cui è possibile divulgare sia in ambito accademico che istituzionale la discussione critica a livello statale e sub statale.

Floridia: «Nessuno può censurare la libera espressione degli artisti»

La Senatrice Barbara Floridia è stata relatrice d’eccezione dell’incontro, al cui termine ha risposto alle nostre domande:

C’è chi ha parlato di Daspo per gli artisti che “osassero” portare la politica a Sanremo. Lei in passato ha affermato che la politica dovrebbe stare fuori dalla televisione di Stato. Ma come dove finisce la repressione della propaganda e dove inizia la censura della libera espressione?

La censura non può esistere e finché sarò Presidente (della Commissione, ndr) non lo permetterò. È stata un’idea malsana probabilmente di un parlamentare ma non importa. Ciò che importa è garantire ciò che ad oggi è garantito: che ciascun artista e ospite del servizio pubblico sia libero di esprimere il proprio pensiero. L’importante è tutelare la dignità delle persone. Detto ciò nessuno, neanche il CdA, può bloccare e censurare ciò che un artista vuol dire liberamente.

La vigilanza Rai

L’istituzione del master è la principale iniziativa del centro ad oggi e la presenza della Presidente Floridia consente di aprire gli studi con un tema di grande importanza, quello della vigilanza Rai, attuale concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo. Il Prof. Morelli ha poi esposto la storia della commissione partendo da una sentenza del 1969 della Corte Costituzionale che ha enfatizzato l’importanza del pluralismo come pietra angolare dell’ordine democratico.

Successivamente ha preso la parola il Professore Giacomo D’Amico, ordinario di diritto costituzionale, che ha marcato l’importanza dal punto di vista sia storico che costituzionale della Commissione di vigilanza. Essa affonda le proprie radici molto prima del 1975, già il 3 Aprile del 1947, quandocun decreto legislativo del capo provvisorio di stato prevede l’istituzione della commissione di parlamentari avente compito dell’alta vigilanza per assicurare l’indipendenza politica del servizio pubblico.

La Commisssione di Vigilanza Rai oggi

Ad oggi la commissione ha un ruolo significativo di indirizzo. L’attività di vigilanza che rappresenta un corollario dei poteri di indirizzo della commissione, che vigila sul rispetto delle direttive impartite dall’organo. Normalmente la commissione è affidata ad un parlamentare di opposizione, per via del suo ruolo critico e ad oggi è composta da 21 senatori e 21 deputati.

La lectio magistralis della Presidente Floridia

Floridia ha preso parola per ultima per evidenziare la grande opportunità offerta dalla nostra Università di un Master in istituzioni parlamentari, essendo la nostra democrazia retta da varie e complesse strutture.

L’importanza, inoltre, del servizio pubblico di dare un indirizzo e, soprattutto, di vigilare l’informazione che passa tramite i mezzi radio-televisivi, diventa uno snodo fondamentale per arrivare a fare una riflessione sui nuovi mezzi digitali. La Presidente porta avanti la necessità di rinnovare le norme della Commissione e, in primis, ciò che deve regolare.
Infatti, l’informazione ormai non passa più solamente attraverso la radio o la televisione, ma anche e, potremmo dire, principalmente tramite le piattaforme digitali. La Presidente Floridia spiega che viviamo in “infodemia”, una fase in cui il flusso delle informazioni è eccessivo.

La vera democrazia, quindi, non sta nel raccogliere più informazioni possibili, ma nel discernere quelle vere da quelle false. Questo, ovviamente, diventa molto difficile da attuare sul vastissimo mare che è internet. Il servizio pubblico, quindi, è debole al momento sui vari social, essendo queste piattaforme dispersive, private e per lo più straniere. «Se la vigilanza dell’informazione resterà relegata alla televisione, allora la politica non avrà compiuto il suo dovere – dichiara- ed è proprio ciò di cui si sta discutendo in queste settimane nel Parlamento Europeo». 

Giuseppe Calì

Isabel Pancaldo

Rai, dopo INPS e INAIL arriva la trasformazione voluta dal Governo

Si prospettano grandi cambiamenti tra le mura di Palazzo Chigi, diverse le trasformazioni che vanno dal riordino di INPS (Istituto nazionale previdenza sociale) e l’INAIL (Istituto nazionale per l’assicurazione contro infortuni sul lavoro) alla nomina dei vertici Rai e sembrano incidere anche su Sanremo. Ma andiamo con ordine, così da chiarire per bene ogni punto.

Il Consiglio dei Ministri, durante una riunione molto rapida, ha deciso che sia l’Inps che l’Inail saranno commissariate. Con il decadimento, i loro presidenti verranno sostituiti da due persone che il Governo nominerà per un periodo di transizione.

Nel decreto legge approvato è prevista la revisione della governance, con l’abolizione della figura del vicepresidente e una modifica della disciplina del direttore generale, che sarà in carica per 4 anni.

Per le fondazioni lirico-sinfoniche, si prevede il divieto di ricevere incarichi, cariche e collaborazioni per coloro che hanno compiuto il 70mo anno di età.

Ed è grazie a questa norma che il Governo Meloni avrà la possibilità di nominare un nuovo amministratore delegato alla Rai

La Decisione del CDM

Giovedì quattro maggio, il Consiglio dei ministri ha deciso che Inps e Inail cambieranno regolamento interno, e nel periodo di adattamento saranno guidate da un commissario straordinario. Non ci sono state spiegazioni ufficiali sul perchè commissionare i due enti pubblici previdenziali.  Il mandato di Pasquale Tridico, presidente dell’INPS, sarebbe scaduto tra poche settimane, mentre quello del presidente di Inail, Franco Bettoni, sarebbe terminato ad ottobre.

Tuttavia, come riporta IlPost, Tridico era entrato in carica in qualità di commissario nel maggio 2019, ma solo ad aprile 2020 divenne a tutti gli effetti presidente. Per questo, Tridico avrebbe potuto chiedere che venisse rispettata la durata effettiva del suo mandato, fino ad aprile del 2024.

Ad ogni modo, la guida dell’Inps dovrebbe andare a Fratelli d’Italia, mentre l’Inail resterebbe alla Lega.

Le modifiche, soprattutto due, sono l’abolizione della carica del vicepresidente e la modifica dei poteri del presidente, il quale potrà proporre direttamente il direttore generale del relativo istituto, che resterà inoltre in carica quattro anni anziché cinque.

Le repliche

Non sono mancate le reazioni negative, di seguito alcuni commenti.

Tridico, in un’intervista al Fatto quotidiano, ha detto di averlo appreso dalla stampa: «Non ho ancora ricevuto nemmeno una chiamata di cortesia da parte del governo. Sostituire la mia carica è un segnale di una gravità istituzionale enorme che dimostra l’intento politico che c’è dietro, un attacco all’ente e alla sua autonomia, ma anche al sistema di welfare che esso rappresenta». In questo modo «si insinua il dubbio che queste istituzioni non siano indipendenti e se ne mina l’autonomia».

Nunzia Catalfo, ex ministra del Lavoro e coordinatrice del Comitato per le politiche del lavoro del Movimento 5 stelle dice: «La decisione è immotivata e costituisce un pericoloso precedente per la vita e il funzionamento di organi fondamentali dello Stato», «Durante la pandemia, la crisi più difficile che l’Italia ha vissuto dal secondo dopoguerra, i presidenti Pasquale Tridico e Franco Bettoni hanno lavorato in modo costante e proficuo con il governo».

«Il decreto legge approvato dal governo Meloni è un marchingegno costruito solo per mettere le mani subito su Rai, Inps e Inail. È una indecenza, una forzatura gravissima e senza precedenti che non può essere avallata in alcun modo». Scrive su Twitter il responsabile economico del Pd Antonio Misani.

Cosa si intende commissionare INAIL e INPS?

Il commissariamento di un ente pubblico, solitamente, avviene per motivi di urgenza che comportano un cattivo funzionamento, come problemi finanziari e gravi inefficienze nella sua gestione. In questo caso il Governo ha stabilito alcune importanti modifiche nella gestione societaria dei due istituti, rendendo necessari diversi cambi ai loro vertici e giustificando i commissariamenti.

Non è la prima volta che un governo utilizza questi metodi come espediente per nominare un presidente più vicino alle sue istanze politiche. E lo fa, in questo caso, perché non può nominare nuovi presidenti.

Diversamente da altri enti pubblici, infatti, l’Inps e l’Inail non sono sottoposti allo spoils system (il sistema che permette a un nuovo governo di cambiare alcuni funzionari pubblici, sostituendoli con persone di fiducia o con cui c’è più sintonia dal punto di vista politico).

I possibili sostituti di Fuortes alla Rai

L’amministratore delegato Rai Carlo Fuortes ha infatti rassegnato le dimissioni.

«Non ci sono più le condizioni per proseguire nel progetto editoriale di rinnovamento che avevamo intrapreso nel 2021. Non posso, pur di arrivare all’approvazione in CdA dei nuovi piani di produzione, accettare il compromesso di condividere cambiamenti  di linea editoriale e una programmazione che non considero nell’interesse della Rai».

  • Una scelta, la sua, del tutto prevedibile e adesso spiegheremo il perché. In primo luogo dobbiamo ricollegarci al decreto legge delle fondazioni lirico-sinfoniche, voluto dal governo per uno scopo preciso, ovvero modificare l’assetto del Teatro San Carlo di Napoli. Il sovrintendente effettivo, Stéphane Lissner, ha compiuto 70 anni quest’anno e dunque dovrà lasciare il suo ruolo. Pertanto l’idea del governo proporrebbe la nomina in quel ruolo di Fuortes. E in questo modo la sua sostituzione con volti vicini alla Meloni. Roberto Sergio e Giampaolo Rossi, i nomi indicati con maggiore insistenza come palpabili sostituti nei ruoli di amministratore delegato e direttore generale.

Amadeus rischia di perdere la conduzione del prossimo Festival?

Con le trasformazioni interne alla Rai, secondo La Stampa, sarebbe quasi sicura la sostituzione della conduzione dello show L’Eredità, di Flavio Insinna, con Pino Insegno, speaker ufficiale di Fratelli d’Italia.

Potrebbe poi essere a rischio il compito di direttore artistico di Amadeus, date le numerose critiche suscitate dalle esibizioni di Fedez e Rosa Chemical, nonché di Blanco (benché la Procura d’Imperia abbia chiesto l’archiviazione delle accuese a suo carico) all’ultimo Sanremo.
Ci pensa Fiorello a ironizzare, difendendolo «Amadeus, fagliela vedere! Vai lì e chiedi ‘O tutto o niente’. Tu non puoi dimezzare Amadeus: che dimezzi? È così: prendere o lasciare!».

Anche Fabio Fazio, storico conduttore di Che Tempo Che Fa, potrebbe dire addio al suo posto in Rai dopo 20 anni, per passare a Discovery, sul canale Nove. Con lo scadere del contratto a giugno, infatti, sono state sospese le trattative per il rinnovo. Intoccabili sembrano essere le posizioni di Bianca Berlinguer e Lucia Annunziata.

Quanto alla direzione dell’Intrattenimento, Stefano Coletta dovrebbe lasciarla a Marcello Ciannamea della Lega.

Bisognerà attendere la presentazione dei palinsesti Rai 2023/2024 per avere una risposta definitiva e scoprire il futuro dei programmi e dei rispettivi presentatori.

Serena Previti

Workshop nazionale sul giornalismo scientifico in universitá di messina con giornalisti VIP RAI il 13 gennaio 2023

Nuovo evento d’eccellenza con Giornalisti Vip a Messina: il workshop nazionale, aperto al pubblico, intitolato “Il Giornalismo Scientifico ai giorni nostri” si terrà il 13 gennaio 2023, ore 9, all’Università di Messina nella Sala Accademia Peloritana dei Pericolanti (Piazza Pugliatti 1).

L’evento è organizzato dal Prof. Salvatore Magazù del Mift (Dipartimento Scienze Matematiche Informatiche Fisiche della Terra), da Byto, società di comunicazione nazionale del giornalista e portavoce parlamentare Antonio Ivan Bellantoni, dal giornalista di Ansa e Corriere.it Gianluca Rossellini e dall’Accademia Peloritana dei Pericolanti. Per l’occasione, interverranno con una Lectio Magistralis tre Giornalisti Rai noti al grande pubblico: Marco Frittella, Direttore Editoriale Rai Libri e già Conduttore Tg1 e “Unomattina”; Barbara Carfagna, Conduttrice Tg1 e Autrice-Conduttrice “Codice: la vita è digitale” su Rai Uno; Romolo Sticchi, Inviato Speciale Tg3 e Curatore “Pixel” su Rai Tre.

Ricco il parterre dei relatori: Carmelo Picciotto (Presidente Confcommercio Messina); Giuseppe Ruggeri (Medico e Giornalista); Giovanni Pioggia (Ingegnere Responsabile Irib-Cnr Messina); Dimitri Salonia (Artista e Divulgatore Scientifico); Mariateresa Caccamo (Ricercatrice Mift); Prof. Salvatore Magazù; Gianluca Rossellini; Antonio Ivan Bellantoni. L’evento è organizzato in collaborazione con Università di Messina, Ansa, Aif (Associazione per l’Insegnamento della Fisica), Ristorante Salotto Fellini, Fipe (Federazione Italiana Pubblici Servizi), Lisciotto Viaggi, Cisfa (Consorzio Interuniversitario Scienze Fisiche Applicate), Società Italiana di Fisica, Motostore D’Arrigo Honda, Confcommercio Messina, Caronte&Tourist, Residence Cine Apollo, Gruppo Lem Tipografia, Fondazione Salonia (che donerà all’Università un’Opera pittorica sul tema dell’evento) e Ristorante Il Siciliano.

I Giornalisti Rai Frittella, Carfagna e Sticchi riceveranno una Targa al Merito Professionale durante l’evento, che avrà come tema dominante “il giornalismo scientifico quale protagonista assoluto nella produzione culturale e nello sviluppo economico della nostra società, specie in un’epoca segnata dall’aumento di fake news su argomenti cruciali per scelte individuali e collettive legati al mondo della ricerca”.

Esterno Notte: la morte che cambiò l’Italia

Nell’era in cui non tolleriamo gli spoiler, la serie tv di Bellocchio tiene incollato lo spettatore davanti ad una storia di cui tutti conosciamo il triste finale. Un capolavoro senza eguali – Voto UVM: 5/5

 

Era la mattina del 9 Maggio del 1978 a Roma. Le macchine sfrecciavano per le vie della Città Eterna, i bambini e i ragazzi correvano a scuola sfidando il tempo per non arrivare in ritardo, nei bar si sentiva il profumo del caffè e dei cornetti caldi, una giornata come le altre. In una delle innumerevoli vie della città, era parcheggiata una Renault 4 rossa targata Roma N57686. Nel cofano di quella macchina c’era il corpo dell’onorevole Aldo Moro. La sua salma fu estratta dagli artificieri: era ripiegato e irrigidito, presentava i tipici segni della morte. Fu trovato con un abito scuro, lo stesso del rapimento, ma macchiato di sangue. Da quel momento in poi la monotonia di Roma fu spezzata: scoppiò il caos.

Non tutti conoscono bene questa storia. La serie Esterno Notte, firmata dal regista Marco Bellocchio, ha riacceso l’attenzione su un caso che dovrebbe essere studiato sui libri di scuola, una pagina della nostra storia che non dev’essere dimenticata.

Esterno Notte (2022)

Marco Bellocchio riporta Aldo Moro in tv, in modo prepotente, ci fa vedere quella politica nascosta e marcia che ha lasciato un uomo alla deriva, ci porta indietro nel tempo, nel 1978, l’anno che rivoluzionò l’Italia: il delitto Moro, i tre Papi, l’economia in ripresa, la graduale ascesa dell’Europa. Un decennio noto come gli “anni di piombo”: lotte popolari, e terrorismo. Tutti combattevano per un ideale, chi con la disobbedienza civile e chi con le armi. Anche lui, Aldo Moro, voleva porre un cambiamento, ma fu uno di quelli che per le sue idee e azioni fu strappato alla vita.

La serie si apre su uno scenario di disordini provocati dagli estremisti, che portano distruzione nelle strade romane, si incamminano infuriati sotto la sede centrale di Democrazia Cristiana. All’interno c’è Aldo Moro. Ma i nemici dell’onorevole non sono solo fuori, ma anche all’interno dell’edificio.

Fonte: the vision
 Fonte: The Apartment, Kavac Film, Rai Fiction, Arte France Cinéma, Lucky Red

La regia di Bellocchio è spettacolare nel mettere in mostra questo scenario apocalittico. Le scene rispecchiano alla perfezione i sentimenti e la sensazioni che tutti provarono per il delitto di Moro. Guardando le immagini ci chiediamo come sia potuto succedere tutto ciò.

Tre appuntamenti per tre serate: la prima parte è narrata dal punto di vista dei membri della DC, la seconda dalle brigate rosse, e la terza dalla famiglia di Aldo Moro. Una trinità: tutti messi di fronte al dramma personale e collettivo.

Una delle immagini più potenti e tristi dell’intero film, è quella di Moro che impersona Gesù. Abbandonato, lasciato solo con la croce, mentre i suoi colleghi della Democrazia Cristiana lo osservano soddisfatti e nei loro sguardi prende forma un sorriso nascosto. Nessuno fa niente per aiutarlo, rimangono inermi.

fonte: primo piano
Fonte: The Apartment, Kavac Film, Rai Fiction, Arte France Cinéma, Lucky Red

Esterno Notte è una serie che fa male perché proviamo tenerezza -verso Aldo Moro – e rabbia: ci sentiamo privati di nuovo di un uomo che avrebbe potuto cambiare l’Italia. Bellocchio, regista tra gli altri de Il traditore, è riuscito un’altra volta a mettere a nudo i nostri sentimenti e l’Italia del ’78.

Un Aldo Moro inedito

Un cast spettacolare, che ha reso il lungometraggio memorabile. Gli attori sono già noti al pubblico. Abbiamo Toni Servillo nel ruolo di Paolo VI: il suo è un lavoro sublime.  Margherita Buy, interpreta Eleonora Moro, la moglie del martire, uno splendido e magnifico Fausto Russo Alessi nei panni di Francesco Cossiga, Daniela Marra in quelli di Adriana Faranda, l’ex brigatista italiana, e Davide Mancini nel ruolo di Mario Moretti, un ex brigatista. Last but not least, Aldo Moro interpretato da un Fabrizio Gifuni, che è riuscito a farci provare dolore verso un uomo abbandonato.

Fabrizio Gifuni (Aldo Moro) in una scena del film. Fonte: The Apartment, Kavac Film, Rai Fiction, Arte France Cinéma, Lucky Red

Quello di Gifuni è un Moro inedito, lontano dalla flemma tipicamente democristiana, un po’ incazzato con un sistema che lo lascia solo e lo condanna ingiustamente a morte. Tuttavia ci sbagliamo se pensiamo che questa è una serie su Moro: è una serie invece in cui si sente la sua assenza, un’assenza che pesa su un’ Italia che – a parte pochissime eccezioni – non ha conosciuto più nella propria classe politica uomini della stessa statura morale.

Verità storica o libera interpretazione?

Dalle accuse della figlia Maria Fida alle proteste di qualche parlamentare, tante sono state le critiche suscitate dalla serie, che presenterebbe effettivamente in più punti inesattezze storiche. Se Esterno Notte suscita così tante polemiche per la sua rielaborazione un po’ troppo “libera” di un fatto realmente accaduto, è perché va a stuzzicare una ferita ancora aperta nella coscienza collettiva degli italiani. Ma possiamo pretendere verità storica dal cinema o da una serie tv? Spesso l’arte, soprattutto quella con la A maiuscola- e di Arte  con la A maiuscola si tratta in questo caso – “piega” la realtà ai suoi fini espressivi. Non confondiamo Esterno Notte con un documentario, è piuttosto un’opera cinematografica. Lo stesso regista ci avverte:

«Per chi volesse una verità storica, non sono io la persona adatta»

Bellocchio ha torto. In Esterno Notte tuttavia la storia c’è e parla ancora a un presente che chiede giustizia di fronte a un mistero, di fronte a quel corpo di Moro nel cofano della Renault rossa, l’agnello immolato sull’altare dell’ideologia e della ragion di Stato.

Fonte: The Apartment, Kavac Film, Rai Fiction, Arte France Cinéma, Lucky Red

Perché verità storica non è solo un’istantanea che ricalca in maniera esatta il mero fatto, ma anche interpretazione del passato alla luce di ciò che viene dopo, nell’ottica delle conseguenze di un evento tragico che ha cambiato per sempre le sorti della politica italiana.

Allora ben venga la condanna di una classe politica inetta che ha fatto del suo Presidente di partito un martire, perché così è avvenuto nella retorica successiva a quei giorni terribili. Ben venga il ritratto di un Governo che si è reso complice anche solo col silenzio inerte di un atto terroristico perché, come diceva Pasolini, «il peccato non è fare il male, ma non fare il bene».

Il tassello mancante nella storia di Aldo Moro

Troppo indulgente con i terroristi o con altre forze implicate nel rapimento? No. Quella di Bellocchio è un’interpretazione: in quanto tale ritaglia solo un pezzo di una realtà complessa quale quella del caso Moro. Qui il focus si sposta soprattutto sui compagni di partito, ma la serie va letta come completamento di quel Buongiorno, notte del 2003 che si svolgeva invece nello spazio asfittico dei terroristi che guardavano il proprio ostaggio dallo spioncino.

“Buongiorno, notte”(2003), regia di Marco Bellocchio. Qui la storia è raccontata dal punto di vista dei terroristi, dipinti da Bellocchio in maniera tutt’altro che indulgente

Se nel film del 2003, il terrore negli occhi di Chiara ( Maya Sansa), la terrorista “pentita”, la coscienza risvegliata delle BR, era un grido sublime sulle note dei Pink Floyd, qui il sublime non c’è.

Tutta la vicenda assume invece i contorni del grottesco (soprattutto in personaggi come Cossiga), dell’assurdo, del kafkiano. Il presidente della DC è effettivamente processato e condannato dalle BR per una colpa incomprensibile. Davanti a questo teatro dell’insensato si rivolta lo stesso Moro nella sua bellissima confessione col sacerdote accorso per somministragli i sacramenti poco prima della fine.

Ma asfittica come il film è anche l’atmosfera della serie, non negli spazi ma nei tempi: lo spettatore è posto sempre davanti allo stesso angosciante spettacolo, ma ripreso da prospettive diverse. La tragedia di Via Fani è vista ora dagli occhi dello stesso Moro, ora del Ministro degli Interni, ora del Papa e via dicendo. Qualcuno disse che l’inferno dev’essere un posto in cui ogni cosa incessabilmente si ripete: la stessa sensazione di impotenza “infernale” ci pervade quando guardiamo Esterno Notte.

Le diverse prospettive convergono nel punto di fuga dell’ultimo episodio, La fine, in cui avviene il tragico epilogo che tutti conosciamo. Ma manca ancora un tassello, un’altra voce narrante. Davanti al corpo di Moro che suscita pietas viene chiamato in causa un altro punto di vista: quello di ognuno di noi.

 

Alessia Orsa

Angelica Rocca

 

Stromboli: incendio divampato sul set di una fiction sulla protezione civile

Mercoledì, durante le riprese di una fiction della Rai sull’isola di Stromboli, è divampato un incendio che si è espanso per circa dieci ettari di macchia mediterranea distruggendo la vegetazione e riducendola a terra bruciata.

I fatti

La notte del 25 maggio non è stata un momento tranquillo per chi si trovava sull’isola di Stromboli: un incendio – prolungato a causa dello scirocco che soffiava – ha tenuto occupati gli abitanti dell’isola nel cercare di respingerlo quanto più possibile per evitare di aggravare il danno già subìto. I Canadair, all’alba, hanno spento l’incendio e avviato un’azione di bonifica.

Le fiamme hanno distrutto un’ampia parte di vegetazione e alcuni fabbricati, da San Vincenzo a Piscità, da Ficogrande a Scari. Carbonizzata la postazione della Coa (Centro operativo avanzato) che monitorava l’attività del vulcano. L’incendio ha seminato terrore non solo nei residenti, ma anche nei turisti che prontamente sono scappati in spiaggia muniti di valigie per lasciare l’isola il prima possibile. È anche arrivata in soccorso la nave Antonello da Messina qualora fosse stato necessario evacuare l’isola. Il sindaco Marco Giorgianni ha commentato l’accaduto:

“Un miracolo che non ci siano stati morti”.

Canadair in azione (Fonte: Sebastianocannavo.it – Instagram: Stromboli Stati D’Animo)

 

Le cause

Ma quali sono state le cause dell’incendio? Da poco più di tre settimane, Stromboli faceva da sfondo ad alcune scene della fiction Rai “Protezione civile“, la quale vede protagonista Ambra Angiolini. Le riprese avrebbero dovuto concludersi nella giornata odierna, ma qualcosa non è andato secondo i piani. A quanto pare, è stato appiccato un piccolo fuoco per girare una scena, ma – a causa dello scirocco – si è espanso per buona parte della vegetazione.

Il responsabile emergenza dei Vigili del fuoco della Regione Sicilia, Salvo Cantale, afferma:

“Nella sceneggiatura che ci hanno inviato dalla produzione per la fiction “Protezione civile”, che si sta girando qui a Stromboli, non ci avevano detto che avrebbero appiccato un piccolo fuoco durante le riprese, invece poi non so chi, ha pensato di farlo, forse perché rassicurato dalla nostra presenza, ma il forte vento di scirocco in pochi minuti ha fatto divampare il fuoco. Nessuno ci aveva detto che lo avrebbero appiccato, altrimenti glielo avremmo impedito.”

Neanche il sindaco di Lipari, Marco Giorgianni, il quale amministra anche l’isola di Stromboli, aveva dato alcuna autorizzazione ad appiccare il fuoco perché quell’area, essendo riserva naturale, è di competenza della forestale.

Il paesaggio a seguito dell’incendio (Fonte: Sebastianocannavo.it – Instagram: Stromboli Stati D’Animo)

Le dichiarazioni della Rai

“La Rai informa di non avere alcuna responsabilità nella produzione esecutiva della serie “Protezione civile” nell’isola di Stromboli. La produzione esecutiva della serie televisiva viene organizzata e realizzata, in modo indipendente dalla Rai, dalla società “11 marzo”. L’attività non vede impegnati personale e mezzi dell’Azienda”.

Così la Rai ha chiarito la sua posizione.

La società di produzione “11 marzo” specifica:

“Tutti i necessari permessi ed autorizzazioni erano stati acquisiti e la realizzazione di ogni scena affidata a professionisti di sicura esperienza e competenza, l’accaduto è dovuto al caso e all’imprevedibilità”.

Come già specificato, però, che non vi era alcun permesso o autorizzazione per appiccare il fuoco. Mentre i carabinieri raccolgono le testimonianze, tra cui quella del regista della fiction, Marco Pontecorvo, la procura di Barcellona Pozzo di Gotto sta già indagando sul caso.

Reazioni e testimonianze degli abitanti

Tra le testimonianze quella della strombolana Rosaria Cincotta:

“Io ho fatto anche la comparsa, il giorno prima abbiamo girato la scena dell’evacuazione al porto. Mercoledì mattina invece sono andati su, nella zona del Timpone, per provare la scena di un principio di incendio. C’erano anche due ragazzi dell’isola che aiutano quelli della produzione. A un certo punto qualcuno ha appiccato il fuoco ma le fiamme si sono rapidamente propagate, proprio per lo scirocco. Gli avevo detto di non farlo, ma loro avevano premura”.

Rosa Oliva, della pro loco “Amo Stromboli“, fa sentire la sua voce:

“Il disastroso incendio che ha interessato gran parte dell’isola di Stromboli, la cui violenza non ha avuto pari neppure rispetto a quelli conseguenti innescati dalle eruzioni vulcaniche, ha evidenziato ancora una volta lo stato di abbandono ed incuria in cui versa il territorio dell’isola. Non esistono valide linee tagliafuoco, i sentieri non vengono mantenuti in agibilità, tranne in pochi casi. Il Corpo Forestale della Regione, a cui è demandata la sicurezza delle aree boschive, non ha un organico sufficiente per garantire il primo intervento”.

Eleonora Bonarrigo

 

Carla: tributo all’indimenticabile étoile

 

 

“Carla” è una sublime combinazione tra danza e cinema, incanto e nostalgia. Una piccola perla del panorama cinematografico italiano – Voto UVM: 5/5

Chi era Carla Fracci?

“La danza è una carriera misteriosa, che rappresenta un mondo imprevedibile ed imprendibile … non basta soltanto il talento, è necessario affiancare alla grande vocazione, la tenacia, la determinazione, la disciplina, la costanza.” –  Carla Fracci

 

Carla Fracci, nome d’arte di Carolina Fracci, nata a Milano il 20 agosto 1936 e deceduta lo scorso 27 maggio, è considerata una delle più grandi ballerine del ventesimo secolo. Nel 1981 il New York Times la definì “prima ballerina assoluta”, colei che scrisse la storia del balletto grazie ai suoi ruoli romantici e drammatici, tra i quali Giselle, forse, il suo ruolo più famoso ed iconico.

Carla è rimasta impressa nell’immaginario comune come “la donna in bianco”, colore della purezza, della pace, della libertà.

Carla Fracci, La Sylphide 1985. Fonte: danzaeffebi.com

Iniziò a studiare danza dal 1946 al Teatro alla Scala dove, da lì a poco, dopo essersi diplomata, divenne danzatrice solista e prima ballerina, prendendo parte anche a numerosi stage a Londra, Parigi e New York.

Regista di alcune delle sue più grandi opere fu il marito, Beppe Menegatti, conosciuto dietro le quinte e allora assistente di Luchino Visconti alla Scala.

“Fra me e Carla è stato così: ammirazione che si è trasformata a poco a poco in sentimento e comunione di intenti.” – Beppe Menegatti

Il tributo della Rai: Carla

Carla è il film tratto dall’autobiografia Passo dopo passo. La mia storia della stessa Carla Fracci.

Il film, una produzione Rai diretta da Emanuele Imbucci, distribuito in anteprima nei cinema dall’8 al 10 novembre 2021 e trasmesso su Rai 1 il 5 dicembre, vede come protagonista la famosa attrice italiana Alessandra Mastronardi, nota per i suoi ruoli di Eva ne I Cesaroni –  grazie alla quale si è fatta conoscere al grande pubblico – e Alice Allevi ne L’Allieva.

Carla Fracci e Alessandra Mastronardi durante le riprese del film. Fonte: fanpage.it

Fin dalle prime immagini si può notare l’incredibile somiglianza tra l’attrice e la ballerina, sarà forse un caso? In realtà fu la stessa Carla Fracci a sceglierla, quando era ancora in vita, dandone consulenza per la realizzazione del film insieme al marito Beppe.

La danza e la semplicità come protagoniste

La storia è ambientata nella Milano dell’immediato dopoguerra.

Carla, figlia di un tranviere dell’ATM e proveniente da una famiglia umile, viene iscritta alla Scuola di Ballo del rinomato Teatro alla Scala ( al cui interno sono girate realmente le scene).

Dopo essere stata scelta come ballerina solista nell’opera Lo spettro della rosa, conosce colui che sarà poi suo marito per il resto della vita, il regista Beppe Visconti, da cui ebbe un figlio. Dopo la maternità, affrontando le critiche sulla decisione di diventare madre – scelta quasi impensabile per una ballerina – ritorna sulle scene con Lo Schiaccianoci.

La vita di Carla viene raccontata egregiamente alternandovi scene reali di opere storiche della stessa Fracci. Un film toccante, completo e accurato, malinconico al punto giusto, e in cui l’arte della danza viene posta al centro, con il dietro quinta in cui viene mostrato il sogno, il desiderio, la passione, la tenacia, il sudore, il dolore e la stanchezza fisica delle ballerine.

“La danza è medicina … La danza aiuta nei momenti tristi e nei momenti felici. Lei c’è sempre.”

Ritratto di Carla Fracci. Fonte: faremusic.it

«L’arma di seduzione più potente per me è la semplicità.» afferma Alessandra Mastronardi. Parole assolutamente vere nel suo caso: bellezza acqua e sapone, dolcezza, compostezza, semplicità e umiltà caratterizzano la personalità dell’attrice che riesce sempre a toccare il cuore del pubblico. Con immensa bravura, il sorriso sempre sul volto, e la capacità costante di mettersi in gioco, riesce anche questa volta a conquistare quasi 4 milioni di telespettatori, secondo i dati auditel Rai.

Donna e attrice eccezionale, sicuramente tra le più amate in Italia, la Mastronardi è quasi sicuramente destinata ad essere ricordata a lungo termine.

Alessandra Mastronardi in un’immagine promozionale del film “Carla”. Fonte: Rai

Film memorabile?

Lo è senza alcun dubbio. Per gli amanti e non dei film biografici, la pellicola racconta con maestria la storia di una delle donne che hanno fatto la storia del nostro Paese.

Carla raffigura l’incontro tra uno stagno e una libellula, che posandosi leggera sulla superficie dell’acqua, rende forte e chiaro il desiderio di volare … In questo caso con delle scarpette da punta, emblema della danza classica.

È così che viene messo un punto alla storia della ballerina più famosa e amata d’Italia.

“A te, étoile per sempre”

Marco Abate

 

 

#Day1: inizia la nostra avventura a Sanremo 2020!

©Cristina Geraci – Sanremo 2020

Dopo la grande odissea Messina-Catania-Genova-Sanremo, inizia la nostra avventura.  Il #Day1 avremmo voluto cominciasse con un caffè, ma nel nostro campo base manca la moka.

Ci mettiamo in marcia per andare a ritirare i pass Rai e per strada incontriamo il cantante della categoria Sanremo Giovani Leo Gassman (spoiler: è passato alle semifinali del festival contro Fadi). Non ci avviciniamo, è circondato da fan in subbuglio e non vorremmo disturbarlo.

Arriviamo a Casa Sanremo, riusciamo a superare la fila interminabile di fotografi e giornalisti impazziti che richiedono il loro pass, grazie a Vincenzo, factotum nel periodo sanremese. Lui preferisce presentarsi come assistente di produzione per iCompany, ma per noi ieri è stato un asso nella manica. Ritiriamo i nostri pass e gustiamo il primo caffè della giornata nella sala lounge di Casa Sanremo. Siamo accerchiati da giornalisti e tecnici, come sottofondo Rai Radio 2 che trasmette in diretta.

Scattiamo le prime foto, registriamo i primi momenti, ed è subito ora di pranzo.
Il primo pomeriggio è dedicato all’inaugurazione di Casa SIAE, casa degli autori a Sanremo. Presenti all’evento il sindaco Alberto Biancheri, il direttore generale SIAE Gaetano Blandini, il presidente SIAE Mogol e Paolo Palumbo, il malato di SLA più giovane d’Europa. Il 22enne sardo, autore Siae, porterà il suo messaggio di speranza con il suo brano “Io sono Paolosul palco dell’Ariston il 5 febbraio, con Kumalibre e Andrea Cutri.

©Cristina Geraci – Inaugurazione Casa SIAE, da sinistra: Alberto Biancheri, Mogol e Gaetano Blandini, Sanremo 2020

Si ritorna a Casa Sanremo, per assistere ai collegamenti in diretta con la Rai. Ad aprire le danze “Detto Fatto”: abbiamo davanti Elisa D’Ospina che intervista Gigi e Ross e il big in gara Riki. Iniziano i primi attacchi al cantante, che durante le prove all’Ariston spoilera con una Instagram Story alcuni secondi de “L’Edera”, la canzone di Nilla Pizzi che canterà nella serata delle cover.

Da Riki si passa a Morgan e Bugo. Morgan si mostra deciso: durante l’intervista spiega che partecipa al festival per vincere (spoiler: si piazza insieme a Bugo in dodicesima posizione nella classifica provvisoria della prima serata). Finito il collegamento con “Detto Fatto” la linea è passata a “La vita in diretta”, dove appare la bellissima Miss Italia, Carolina Stramare.

©Cristina Geraci – Da sinistra: Gigi e Ros, Elisa D’Ospina, Riki e Morgan, Sanremo 2020

Finiscono le dirette, a Casa Sanremo è l’ora dell’aperitivo.
Prosecco e due chiacchiere con il Pancio ed Enzuccio, in trasferta anche loro a Sanremo con RaiPlay.
Il centro di Sanremo si popola, ci spostiamo verso Casa SIAE ed è impossibile non notare come si sia riempita Piazza Colombo.
Seguiamo la prima serata del Festival a Casa SIAE, qui incontriamo i colleghi delle radio universitarie e ci godiamo la fantastica serata.
Apre il festival Fiorello, vestito da Don Matteo. Presenta Amadeus, che scende le scale dell’Ariston con una vistosa giacca il lurex, luccicante durante tutta la serata.
Pronti, via: subito la prima sfida di Sanremo Giovani, gli Eugenio in via di gioia contro Tecla, che passa il turno con il 50,6 % di voti.
Il secondo scontro vede vincitore Leo Gassman, come già anticipato, contro Fadi.

©Cristina Geraci – Sanremo 2020

Nel blu dipinto di blu, felice di stare lassù”, sul palco del teatro Ariston Tiziano Ferro anticipa l’entrata dei big scaldando il pubblico con l’intramontabile Modugno.
Entra Diletta Leotta in giallo sole, presentando il primo big in gara: Irene Grandi con la sua canzone “Finalmente Io”.
Continua Marco Masini con “Il confronto”, risorge come la fenice Rita Pavone, dopo quarantasette anni ritorna in gara con “Niente (Resilienza74)”.

Tra una canzone e l’altra, scende dalle scale dell’Ariston la giornalista Rula Jebral, che salva Amadeus dalla gaffe, facendo entrambi un passo avanti per il Festival della musica italiana.

Achille Lauro colpisce più gli occhi che le orecchie, con il suo body inaspettato e se ne frega, cantando “Me ne frego” con Boss Doms.
Diodato, “Fa rumore”, dentro e fuori dal teatro.
È il turno de Le Vibrazioni, dirige – finalmente – l’orchestra il maestro Beppe Vessicchio: il gruppo canta “Dov’è”, che tutti sono riusciti ad ascoltare anche grazie al linguaggio dei segni.
Senti nell’aria c’è già la nostra canzone d’amore che fa…” un emozionante passo indietro nel tempo grazie agli immancabili Romina Power e Al Bano. Arrivano anche le prime note rap del Festival con Anastasio, “Rosso di rabbia”.

Le lacrime di Tiziano Ferro con la sua interpretazione di “Almeno tu nell’universo”, rimarranno tra le immagini più scolpite di questo 70° Festival: è il primo cantante uomo che interpreta la canzone di Bruno Lauzi, resa celebre e indimenticabile dalla celebre voce di Mia Martini.  È il turno del monologo di Diletta Leotta sulla bellezza: prendendo ispirazione dalla vita della nonna presente in sala, spiega come la bellezza esteriore sfiorisce e la bellezza interiore fiorisce.

C’è spazio anche per il cinema: arrivano sul palco gli attori del film di Gabriele Muccino,“Gli anni più belli”, e cantano insieme “Tu come stai” di Baglioni.

Tra  “Andromeda” di Elodie (testo di Mahmood) e “Sincero” di Bugo Morgan, un secondo monologo, questa volta di Rula Jebral, ci mostra la cruda realtà che riguarda la violenza sulle donne.

Amadeus ha in serbo una novità assoluta, seppur già annunciata: Emma Marrone, già vincitrice del Festival nel 2012, dopo l’esibizione all’Ariston, è accompagnata dal conduttore a Piazza Colombo, con passaggio sul red carpet.

©Cristina Geraci – Emma Marrone si esibisce fuori dall’Ariston,  Sanremo 2020

Le co-conduttrici presentano Alberto Urso, atteso da tantissimi messinesi, che canta “Il sole a Est”, brano dedicato alla nonna: finalmente assistiamo alla performance del nostro concittadino.  Per la 3ª volta ecco Tiziano Ferro, che ritorna con “Accetto Miracoli”.
Riki, dopo le critiche, si esibisce sul palco con “Lo sappiamo entrambi”. Gessica Notaro porta sul palco dell’Ariston la sua storia in musica, emozionando la platea. La riminese, che è ormai un simbolo di forza e reattività di fronte alla violenza contro le donne, era stata sfregiata con l’acido dall’ex fidanzato. Conclude la manche Raphael Gualazzi con “Carioca”.

Si chiude così la prima serata, con la classifica che vede al primo posto Le Vibrazioni, seguiti da Elodie, Diodato, Irene Grandi, Marco Masini, Alberto Urso, Raphael Gualazzi, Anastasio, Achille Lauro, Rita Pavone, Riki e, ultimi, Bugo e Morgan.

Per la prima giornata sanremese è tutto, seguiteci sui nostri canali social per vedere cosa ci aspetta durante la seconda giornata!

Ci aggiorniamo domani – puntuali come sempre – con il resoconto del Day2.

Cristina Geraci

“Prima che la notte”: il ricordo di Giuseppe Fava e Giovanni Falcone

Risultati immagini per strage di capaciIl 23 Maggio del 1992 la mafia uccide il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i 3 uomini della sua scorta (Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro). Il 23 Maggio del 2018, in onore della Festa della Legalità, la Rai presenta “Prima che la notte”.

“Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini. “ Giovanni Falcone

Le idee restano, ma a Palermo è rimasta una ferita aperta. Ventisei anni dopo la strage di Capaci, oggi è il giorno del ricordo, delle celebrazioni, delle iniziative per non disperdere la memoria e gli insegnamenti di chi ha combattuto la mafia, pagando con la vita. Giovanni Falcone e l’amico e collega Paolo Borsellino, nati e cresciuti a contatto diretto con la realtà di questa regione, hanno dedicato la loro vita alla battaglia contro Cosa Nostra, diventando il simbolo di una giustizia concreta che può e deve riuscire a estirpare la radice mafiosa dal nostro Paese.

L’impegno morale del Giudice Falcone e la sua morte così violenta servono più che mai a far comprendere l’importanza della lealtà, dello Stato e della Costituzione, educarci alla legalità. È proprio in onore di questo che la Rai ricorda un’altra vittima della mafia: Giuseppe Fava.

5 Gennaio 1984, da poco sono passate le 21. Pippo esce dalla redazione del giornale e sale sulla sua Renault 5. Arrivato a destinazione non fa in tempo ad aprire lo sportello della macchina che viene freddato con cinque colpi di pistola alla nuca.

Il film racconta proprio di questo giornalista scrittore, nonché direttore del quotidiano Il Giornale del Sud e del mensile I Siciliani, e il suo “pugno di carusi”, un gruppo di ragazzi senza esperienza ma pieni di voglia di raccontare.

“Dovete raccontare quello che vedete divertendovi”

Essere dove accadono le cose, mettersi in gioco e, soprattutto, mettersi in pericolo. In un’epoca in cui il giornalismo doveva farsi spazio tra le pressioni politico-economiche e la voglia di realizzare quella libertà di stampa non ancora completamente attuata, lì ci sta Pippo Fava, non il solito film sulla storia di una morte, ma la storia di una vita .

Frutto di una coproduzione Rai Fiction – IIF, prodotto da Fulvio e Paola Lucisano e scritto da Claudio Fava, Michele Gambino, Monica Zapelli e lo stesso Daniele Vicari, “Prima che la notte” è tratto dall’omonima opera letteraria di Claudio Fava e Michele Gambino (Baldini & Castoldi).

Ancora una volta, come ogni anno ormai da quel fatidico Maggio del 1992, ci ritroviamo a parlare di legalità, giustizia, lotta alla mafia, e non dobbiamo mai stancarci di farlo. Non dobbiamo mai smettere di denunciare, di andare contro la volontà di quelli che si sentono grandi, ma in realtà sono più piccoli degli insetti, non dobbiamo avere paura di farlo, perchè:

“Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola.”

 

Serena Votano