Ghost in the Shell: un remake come tanti o qualcosa di più?

L’idea di un remake live action di Ghost in the Shell (in sala dal 30 marzo), manga e poi anime tra i più riusciti degli anni 90, rappresenta, a film ancora non visto, una sfida quasi arrogante nei confronti di un’opera d’arte conclamata.
Il rischio tangibile che la profondità dell’anime di Mamoru Oshii potesse svanire dietro i seni di Scarlett Johansson (su cui pure torneremo) non si esaurisce di fronte alla resa grandiosa di un’animazione che è stata magnificamente ri-tradotta sul grande schermo.

Se da un lato persino il Titanic di Cameron deve molto del suo stile visivo al film di Oshii, dall’altro questo GITS chiude di fatto un cerchio, portando al cinema qualcosa che finora vi era rimasto essenzialmente escluso e che eppure così tanto aveva influenzato registi come i Wachowski ed il già citato Cameron. Per realizzare l’impresa, i tecnici della Dreamworks hanno attinto dagli autori di cui sopra, oltre che dall’illustre predecessore Ridley Scott e non solo: sin dalle primissime inquadrature appare chiaro come GITS sia un film che propone in veste commerciale colori delle più recenti avanguardie cinematografiche d’autore, Noé e Winding Refn in primis.

Eccellente il lavoro del direttore della fotografia Jess Hall, già sul set di Wally Pfister (ex cinematographer di Christopher Nolan) per Transcendence e frutto di una ricerca apposita per una mdp in grado di avvicinarsi il più possibile alla cel animation di Oshii.

Nonostante la relativa esperienza del regista Rupert Sanders, ci troviamo di fronte ad una sapiente ricostruzione del mondo di Oshii, mondo in cui è bello vedere qualcosa di più che semplici ricostruzioni delle scene più celebri dell’anime come il salto nel vuoto iniziale, l’inseguimento del camion della spazzatura o la scena della barca. E di questo siamo grati, perché il qualcosa in più arriva e non senza nuovi significati suoi precipui, con effetti speciali finalmente in grado di trasmettere emozioni e livelli di interpretazione, oltre il mero intrattenimento.

La cultura orientale viene stritolata, ingollata e digerita in forma nuova dalla tecnologia futuribile mostrata nel film. La vita quotidiana è arricchita da streaming cerebrali, enormi sistemi olografici alti quanto e più dei grattacieli e una certa estetica anni 80, umido riferimento a vicoli e veicoli di Blade Runner, che però combacia armoniosamente con la palpitante CGI contemporanea.

Impossibile sentirsi soli in un ambiente simile, tranne per il maggiore Mira Killian (Johansson): un prototipo di cyborg costituito da un corpo interamente artificiale in cui è stata installata una mente umana, un ghost e che promette di aprire le porte verso una nuova frontiera dell’umanità. Contro tale prospettiva un misterioso terrorista (Michael Pitt) sta scagliandosi con inaudita ferocia e abilità.
Compito della Sezione 9, servizio di sicurezza capeggiato da Daisuke Aramaki (Takeshi Kitano), è fermare il terrorista con l’aiuto del maggiore e dell’agente Batou (Pilou Asbæk).

Si complica la trama rispetto all’originale, che preferiva un intreccio semplificato con dialoghi dalla maggior pregnanza filosofica ed esistenziale alle numerose scene d’azione e ai dialoghi didascalici marcatamente occidentali che riempiono il film di Sanders, oltre al pastiche che è stato composto prendendo elementi anche dal sequel (sempre diretto da Oshii nel 2004), Innocence.
Fuggendo la mania della fedeltà, la trama di GITS riesce a catturare lo spettatore, a patto che si sforzi appunto di dimenticare l’originale. La pellicola si presenta radicalmente divisa in due partinella prima riesce ad accrescere sequenza dopo sequenza l’interesse di chi osserva per la bellezza del grande Waste Land futuribile, dove i fantasmi culturali del passato aleggiano insieme a spot pubblicitari e ai fumi della metropoli.
Dal momento in cui il villain di Pitt si rivela, invece, inizia lo straniamento rispetto al film di Oshii, che qui non si vuole criticare per l’eccessiva libertà nelle direzioni fatte prendere al plot in sé, quanto per quella che è la conclusione filosofica, esasperata dal finale manieristico, che tradisce la natura stessa di Ghost in the Shell.
Alla fusione tra un’intelligenza artificiale che vuole farsi umana e dunque mortale con un’umana che ha fatto di tutto per non essere più tale, Sanders preferisce omettere la fusione e relegare l’identità del maggiore alla nostalgia di un passato perduto. Passato umano e luddista. Reazionaria rivolta contro il mondo moderno che schifa la tecnologia vista esclusivamente come opprimente tecnocrazia e celebra l’identità umana, mancando quell’appuntamento con la rete, assoluto informatico – hegeliano delle coscienze già in veste industrial nel Tetsuo di Tsukamoto, cui così magistralmente il film di Oshii consegnava la propria chiusura, aprendo ad interrogativi, paure e opinioni tanto discutibili quanto prolifiche. La necessità di rendere GITS un prodotto hollywoodiano rovina così tutto il potenziale dibattito che la cultura nipponica, di posizione storicamente progressista per quel che riguarda l’etica (fanta)scientifica, aveva trasmesso ai fan dell’anime: il ruolo della tecnologia viene ridotto considerevolmente e limitato allo scopo di un abbraccio tra una madre e la figlia perduta.


La scelta di Scarlett Johansson, paventata da molti e accusata di white washing (polemica inutile che sta, almeno secondo la Paramount, causando il flop al botteghino), risulta in realtà vincente dal punto di vista recitativo e coreografico, ma l’implicita attenzione pubblicitaria verso la bellezza della diva, poi censurata da Sanders con una banale tuta di latex che sostituisce squallidamente il nudo integrale mostrato da Oshii, fagocita l’insensatezza del corpo umano trasmessa originariamente, togliendo a quel gesto così espressivo della spoliazione del maggiore la sua fredda estemporaneità.
Il “non visto”, secondo il classico meccanismo di oggettivazione del corpo femminile che Hollywood attua da sempre, ha come è noto l’effetto opposto, focalizza cioè l’attenzione sulla sensualità. Nel caso di GITS ciò è fuori luogo, data la netta sensazione di asessualità che trasmetteva il cyborg di Oshii e la controparte villain, cui viene peraltro dato un aspetto maschile (nell’originale era femminile), col risultato di recuperare un’identità di genere puramente finalizzata allo stereotipo. Insomma, Scarlett Johansson l’avremmo preferita davvero nuda, chi per un motivo chi per un altro.

All’insegna dello stereotipo anche il ruolo di Juliette Binoche, nei panni della creatrice del maggiore con una stima viscerale verso la propria creatura e una forma di venerazione per il superomismo cibernetico.

Da notare invece il ruolo di Kitano, che al momento di entrare in azione sfodera un enorme revolver “old school”, con buona pace di mitra compattabili e pelli sintetiche in grado di rendere invisibili. Cocktail d’azione incredibilmente credibile, sporcato di noir e gradevolmente vicino al personaggio di un altro celebre anime, Toshimi Konakawa in Paprika del compianto Satoshi Kon. Ma il richiamo principale è ovviamente alla filmografia dello stesso Kitano.
Tirando le somme, Ghost in the Shell di Rupert Sanders è un remake che merita di essere visto nonostante difetti, fanservice ed eccessi che paiono ad un esame più attento come il canto del cigno non solo dei suoi personaggi cupi ed alla ricerca di un sé perduto, ma di un’industria cinematografica tutta (Hollywood) in piena crisi creativa se non ancora economica, furto maldestro da un Oriente che avanza sotto il punto di vista artistico ed espressivo, rinnovandosi a discapito di un Occidente granitico e sterile che perde la capacità di fondere arte e popolarità – dovendo spesso sacrificare una delle due – e quindi di intendere il cinema per ciò che sempre è stato: arte popolare.

Andrea Donato

Ai tempi dell’università (a)Social: Facebook

“Ma io uso di più Facebook… Non ti preoccupare, caro lettore. Arriverà anche il tuo momento, basta che aspetti la prossima settimana.”

 

Ci siamo lasciati la scorsa settimana con questa frase che FINALEDISTAGIONEBYSHONDARHIMESLEVATE, lasciandovi sospesi in un limbo di curiosità incontrollabile (leggi: non gliene frega un c***o a nessuno).

 

Prima di Instagram, prima di Snapchat, prima anche di Twitter ma dopo MSN, Dio ha creato il sole, il mare, il cielo e MARK ZUCKENBERG che, contro il volere del serpente, ha inventato FACEBOOK.

 

TA TA TAAAAAAAN. Il più potente mezzo di tentazione al mondo, è a lui che si devono addebitare tutti i 18 e i 4 degli studenti universitari e non.

 

E tu, sì TU, lettore di UniVersoMe… che tipo di studente sei?

Lo Studente su Facebook:

  • Il condivisore compulsivo di link ‘’amo il mio indirizzo universitario e non parlo d’altro’’

 

Qui, lo scenario è diverso. Ci stiamo spostando sul social che ha fatto di Zuckerberg l’uomo più odiato del pianeta (cazzo ci metti le storie? Coglione. Cazzo mi togli l’elenco di persone attualmente in linea? Crudele)

 

Su Facebook la situazione è un po’ diversa nella forma, ma non nella sostanza. Il Condivisore compulsivo di link, infatti, nella maggior parte dei casi non è esattamente un estimatore di selfie ed autoscatti. Diciamo che potremmo immaginarlo come un ufficio pubblicitario/ufficio stampa del proprio indirizzo di laurea.

 

Condivide con la stessa frequenza in cui un incontinente sente il bisogno di fare pipì (spero di aver azzeccato il paragone). Con una media di 10/15 condivisioni giornaliere, il condivisore compulsivo non perde un colpo.

 

Convegno scientifico da 0,5 CFU? Postato. Colombo è vivo ed ha fondato una nuova Università intitolata ad Amerigo Vespucci? Postato. Gli alieni credono che frequentare l’Università nuoccia gravemente all’equilibrio dell’Universo? Postato.

 

Insomma, più che personale e privato, il suo profilo sembra l’ufficio informazioni…. INUTILI. Nessuna foto in costume a Formentera dunque, solo saggi filosofici e ricerche sull’ultima pubblicazione di Einstein prima di esalare l’ultimo respiro.

 

Un consiglio, amico mio, prova a comprare uno strumento musicale; una TROMBA, magari…

 

  • L’invisibile

Houdini diceva “nella magia il trucco c’è ma non si vede”.

Ecco, l’utente definito ‘’l’invisibile’’ su Facebook, c’è ma non si vede. È iscritto, ha un mucchio di amici, ha messo mi piace a varie pagine, fa parte di vari gruppi… Ma non si vede. Non fa nulla. È una re- interpretazione moderna del fantasma formaggino.

Lui usa Facebook solo per controllare il gruppo universitario del suo anno. Infatti è sempre informatissimo su tutto. Qualche volta fa un giro pure sulla sua home quindi, caratteristica terribile, sa anche cosa fate voi ma voi non sapete cosa fa lui.

Una tantum, pubblica qualcosa. E là scatta la valanga di mi piace. 100, 200, 300 (che il decadente può pubblicare quante poesie struggenti vuole, otterrà solo il mi piace di sua mamma). Anche se il post è su una scimmia su un monociclo su un filo da equilibristi mentre mangia una banana (post al quale metterei mi piace pure io).

E poi scompare. Latita nell’internet.

C’è, ma non si vede.

  • Il decadente

Ve li ricordate, no? D’Annunzio, Pascoli, Pirandello e Svevo. Ognuno con vicissitudini e poetiche strane, con traumi infantili o  problemi col nido o gli uccelli.. Tutti, però,  accomunati da un enorme, immenso, infinito MAL DI VIVERE che Leopardi hai creato dei mostri (e fanculo li dobbiamo pure studiare..)

 

Il decadente è così, ha il mal di vivere e vuole lasciarne indelebile traccia come prima di lui fecero i suoi illustri predecessori sopracitati. E quale mezzo migliore se non il caro diario di Facebook?

 

Il decadente posta e condivide i suoi personali “Mai Na Gioia – University Edition”. Ogni cosa, sulla sua bacheca, racconta della disperazione di un esame andato male, di un pomeriggio di sole passato in casa a studiare, di una multa presa sul tram perché ha lasciato a casa il MAV (so che sapete di cosa sto parlando) “E come lo fa?” Vi starete sicuramente chiedendo.

 

Pubblica canzoni che Lana Del Rey SCELGO TE e frasi che Bukowski dammi un assist per lo stato.

Ragazzi miei belli, non per stroncare le vostre carriere da poeti degli anni duemila e più, ma a noi, che cazzo ce ne importa a noi?

 

 

 

  • Quelli di UniVersoMe

E poi ci siamo noi. Che ci vorreste cancellare un minuto sì e l’altro pure. Che pure io mi cancellerei, pure io mi sto sulle palle. Siamo degli spammatori accaniti. Non solo: siamo pure degli stalker che ogni due e tre vanno nei profili dei colleghi a controllare se è presente la condivisione.

I redattori e referenti del giornale e gallery/social, condividono ogni proprio articolo o post anche 6 volte al giorno. Prima o poi, per stanchezza, lo leggerai o metterai mi piace. Prendiamo le persone per sfinimento.

Gli speakers del canale radio, però, forse sono ancora peggio. Loro condividono tutto, a profusione: il post la mattina delle rubriche, i video delle dirette, il link della puntata, la foto fatta il giorno della puntata con il link del post-della diretta- della puntata.

La cosa peggiore è che siamo almeno 4 al giorno. Quindi bisogna moltiplicare tutte queste condivisione per 4, con rispettivi compagni taggati come se non ci fosse un domani. Un incubo.

Ah, poi arriva il lunedì. Il lunedì non importa che tu sia nell’area grafica, nella redazione, nella radio o sia Valeria Ruggeri: il lunedì si condivide l’editoriale. PUNTO.

E se non lo condividi, via, subito spedito ad Azkaban.

Come minimo.

Elena Anna Andronico

Vanessa Munaò

NMUN 2017 al nastro di partenza

NMUN (National Model United Nations) è un progetto indirizzato a studenti universitari di tutto il mondo il cui scopo è quello di consentire loro di confrontarsi su tematiche attuali di diritto internazionale, rispettando le regole di procedura che disciplinano le riunioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

La partecipazione al progetto è garantita agli studenti tramite l’intermediazione delle Università: ogni anno è possibile iscrivere una delegazione che andrà a rappresentare uno degli Stati Membri delle Nazioni Unite.
I delegati, immersi in un clima che promuove il rispetto reciproco e il lavoro di squadra, possono toccare con mano la complessità di far coincidere i divergenti e spesso contrastanti interessi degli Stati ma anche l’importanza di risolvere ogni controversia internazionale attraverso lo strumento del dibattito e della mediazione.
La referente del progetto per la nostra Università è la professoressa Marcella Distefano.
Anche quest’anno una delegazione studentesca parteciperà alla simulazione, dopo aver seguito nei mesi passati un corso di preparazione il cui obiettivo è fornire ai partecipanti gli strumenti necessari per poter agire come delegati nelle commissioni ONU, attraverso lo studio di nozioni essenziali sul funzionamento delle Nazioni Unite e i principi di diritto internazionale nondimeno la realtà socio-politico-economica dei paesi che si rappresenteranno.
Dal 9 al 13 aprile otto studenti (Aldo Ponticorvo, Alessandro Sciarrone, Fausto Consolo in qualità di Head Delegate, Giuseppe Parisi, Maria Antonietta Passari, Maria Giovanna Urso, Simone Greco e Umberto De Luca) rappresenteranno la delegazione della Repubblica di Nauru, e prenderanno parte ai lavori delle commissioni GA1, GA2, GA3, HLPF e UNEA che rispettivamente si occupano si disarmo nucleare, materie economiche, temi sociali, sviluppo sostenibile e tutela dell’ambiente.
(ndr. la delegazione messinese, già in viaggio, atterrerà nella Grande Mela intorno alla mezzanotte, ora italiana.)
Arianna De Arcangelis
Umberto De Luca

CUS fermo al palo

Non va oltre lo 0-0 un buon Cus Unime in una delle trasferte più impegnative del campionato di Terza Categoria di Messina. Dinnanzi a una calorosa cornice di pubblico, a Gaggi (ME), alle 16,00 di sabato 1 aprile, il Sig. Garzo dà il via alla diciottesima giornata che vede affrontarsi Kaggi e Cus Unime.

Primo tempo: primi 45 minuti caratterizzati da tanta intensità a centrocampo ed equilibrio. Entrambe le compagini appaiono concentrate e determinate nell’attenzione sin dall’inizio. Il Kaggi prova a fare qualcosa in più del Cus Unime nella prima mezz’ora, ma senza mai riuscire a impensierire alcuna volta l’estremo difensore ospite. Nell’ultimo quarto d’ora della prima frazione di gara il Cus va vicino al vantaggio prima con Vinci che viene fermato sul più bello negli ultimi dieci metri dopo una prodigiosa serpentina e poi con Papale su punizione dal limite, ma la palla termina fuori, per pochi centimetri sopra la traversa.

Secondo tempo: il copione non cambia, anzi è praticamente lo stesso. Il Cus detta i tempi di gioco e il Kaggi prova qualche ripartenza, ma nessuna delle due squadre riesce a concretizzare le azioni create, merito soprattutto di un’elevata attenzione dei reparti difensivi.

Tuttavia il Cus ha da rammaricare con la sfortuna le più nitide occasioni; ci prova prima Creazzo dalla sinistra, ma il suo mancino viene salvato sulla linea da un difensore del Kaggi con un colpo di testa quasi d’istinto. La più grande palla-gol della partita capita sul destro di Di Bella, il bomber universitario, infatti, si procura un interessante calcio di punizione ai limiti dell’area di rigore avversaria e s’incarica lui stesso della battuta, ma il suo missile terra-aria centra in pieno il palo per poi spegnersi sul fondo.

Dopo le rituali sostituzioni e 4 minuti di recupero, arriva il triplice fischio arbitrale. Un pari che non serve a nessuna delle due squadre, ma che forse è il risultato più giusto.

Importante prova di carattere della squadra di Mister Smedile, che in qualche modo ha ben figurato dopo lo scivolone interno dello scorso match. Questa volta a mancare è stata la fortuna e non la prestazione dei giocatori in campo.

Così il Cus muove leggermente la classifica nelle zone alte della classifica, visto che tutte le altre squadre che stanno in testa non hanno disputato le rispettive gare a causa dell’impraticabilità dei terreni di gioco vittime del maltempo.

Domenica prossima, al Bonanno, alle ore 12,00, il Cus Unime ospiterà lo Stromboli, ultima partita prima della lunga sosta di tre settimane.

FORMAZIONE CUS (4-5-1): 1 Zito; 2 Rodà, 4 Iacopino, 5 Monterosso, 3 Insana; 11 Papale, 7 Vinci, 6 Fiorello, 8 Lombardo, 10 Creazzo; 9 Di Bella.

Panchina: 12 Faranda, 13 Costa, 14 Smedile, 15 Cardella, 16 Tiano, 17 Oliva, 18 Russo.

Allenatore: Smedile.

CLASSIFICA:

Ludica Lipari* 34

Cus Unime 33

Sc Sicilia* 33

Real Zancle 33

Arci Grazia 31

Fasport 29

Kaggi 25

Casalvecchio* 24

Stromboli* 23

Città di Antillo 13

Cariddi* 11

Malfa* 10

*una partita in meno

PAGELLE:

Zito 6: Dalle sue parti circolano pochi pericoli, quei palloni che arrivano nel suo territorio li disinnesca senza grossi problemi. Giornata tutto sommato tranquilla nella quale si fa notare per degli occhiali da vista bizzarri. RAY CHARLES

Roda 6: Il solito GMR che gioca senza fronzoli. Dalle sue parti si soffre poco ma difficilmente riparte l’azione in maniera pulita. Leggermente appannato nella ripresa dove soffre leggermente di più ma nel compenso una prestazione sufficiente. SOLDATINO

Iacopino 6.5: Non la sua migliore prestazione e ad essere sinceri qualche buco lo fa anche, ma giocare con una caviglia delle dimensioni di una noce di cocco è un alibi più che sacrosanta. SURVIVOR

Monterosso 7: Migliore in campo in assoluto, gioca con ordine al centro della difesa sbagliando praticamente nulla. Forse siamo arrivati ad una certezza, il suo nuovo ruolo è quello di libero vecchio stampo. BEPPE BERGOMI

Insana 6.5: Un moto perpetuo a sinistra. A inizio partita il mister gli raccomanda di contenere gli avversari dal suo lato e Pipo non se lo fa dire due volte. Tutti gli attacchi avversari si sbattono contro un muro, talvolta potrebbe osare anche di più in sovrapposizione ma per il resto una partita da incorniciare. PICCOLO GRANDE PIPO

Creazzo 6+:Grande, grandissima corsa ma talvolta un po confusionario. Nel primo tempo è sicuramente il più pericoloso del Cus con le sue sgroppate che mettono in apprensione la retroguardia avversaria. In riserva nella ripresa dove commette qualche errore prima del cambio. STREMATO

Papale 5.5: Per caratteristiche potrebbe essere un’arma devastante, anche grazie alle praterie che i suoi avversari lasciano sulla sua corsia. Papo però si limita al compitino quando forse avrebbe potuto osare un po’ di più. Alterna momenti in cui sembra in partita ad altri in cui scompare. SVOGLIATO

Fiorello 6.5: Dopo uno stop di tanti mesi, rieccolo al centro del campo. Paga ogni tanto la condizione fisica approssimativa, commettendo qualche errore (anche gravi) di lucidità ma è quello che dà ordine in mezzo al campo in un primo tempo in cui il Cus sembra padrone. Crollo giustificato nella ripresa prima del cambio. BENTORNATO APU

Lombardo 6-: Gioca un buonissimo primo tempo, con spunti interessanti quando si fa vedere tra le linee. Pecca di cattiveria negli ultimi 20 metri con qualche tiro degno dello 0-0 finale. Anche per lui crollo fisico nella ripresa. PIEDI DI BAMBOLA

Vinci 6.5: Anche per lui rientro dopo uno stop forzato. Primo tempo di ottimo livello con inserimenti costanti e grande grinta. Poco cattivo sotto porta in una circostanza che poteva dare il vantaggio ai cussini. Nonostante il calo fisico comprensibile è tra i pochi che conferma la buona prestazione nel secondo tempo. BENTORNATO MANU

Di Bella 6.5: Atteso a Gaggi come il tacchino nel giorno del ringraziamento, Fafo disputa una partita coraggiosa. Picchiato dal primo minuto, non si risparmia mai ed è sempre pronto a dettare il passaggio ai compagni nonostante i continui falli dei centrali difensivi. Grida vendetta quel palo preso su punizione che avrebbe ammutolito tutta Gaggi. NO FEAR

Tiano 6-: Sostituisce Fiorello ma fatica a trovare la posizione in campo con conseguente sofferenza in fase di non possesso. Periodo un po’ di appannamento, ha bisogno di ritrovare un pizzico di tranquillità. CICLO MESTRUALE

Oliva 6: Entrato forse troppo tardi per dare una mano a Fausto lì davanti, non incide come dovrebbe e non riesce a dare la scossa sperata.

Mister Smedile 6: Le idee ci sono ma un po’ la sfortuna (vedi forfait di Iamonte) e un po’ la settimana storta, finiscono per portare un pareggio a casa che sa più di beffa. TARANTOLATO

Mirko Burrascano 

Abbatti Lo Stereotipo- Gli studenti di Farmacia

Passano le settimane e i nostri viaggi tra i vari dipartimenti continua. Vento in poppa, noi, paladini della giustizia, non ci fermiamo mai.  Con le nostre tutine in silicone e i mantelli che si trascinano tutta la lordìa dei marciapiedi, prendiamo a pugni gli stereotipi di tutto il mondo abbattendoli per sempre.

E oggi, studenti e studentesse di ogni dove, abbattiamo gli stereotipi sugli Studenti in Farmacia.

 

  • Sei un po’ in ritardo, dunque? Farmacia è 3 anni.

‘’Veramente sarebbero 5 gli anni, Farmacia è una magistrale, sono assolutamente in corso.’’

“SE VABBE’.”

Ma se vabbè cosa, ignorante e troglodita? Allora, ve lo diciamo chiaro e tondo una volta per tutte: FARMACIA È CINQUE, C-I-N-Q-U-E, five, cinq, cinco, vyf (detto in africano antico, secondo google traduttore) ANNI. Ci sono, ovviamente, i corsi di specializzazione, i master, i dottorati e tutto quanto ma sono cinque lunghi, temibili, estenuanti anni.

Chiaro il concetto? Noi lo facciamo per voi, prima che uno studente in farmacia vi stacca gli occhi e decide di vedere cosa succede se prova ad adeguarli alla funzione di supposta.

 

  • Ma quindi la tua più grande aspirazione è fare il commesso?

E la tua più grande aspirazione, invece, è alitare in giro senza un motivo apparente? Ora, analizziamo la cosa per bene. Se la mia più grande aspirazione fosse fare il commesso, fermo restando che è pur sempre un lavoro e quindi, come tale, santo e benedetto; SECONDO IL TUO CERVELLINO DA SCIMMIA RIMBAMBITA, avrei studiato tutto questo tempo?

Per dire, eh.

Con tutto il rispetto, avrei mandato a 18 anni il curriculum da Zara e bon. Fine.

Avete idea delle conoscenze che bisogna avere per gestire e lavorare in una farmacia? Per potere vendere determinati prodotti, sì anche cosmetici, o determinati farmaci? (veramente nemmeno io l’avevo, ecco la bellezza DELL’INFORMAZIONE, scimmiette adorate)

Avete idea che bisogna conoscere le molecole che compongono ognuno di essi, le loro funzioni e i loro effetti collaterali o di interazione, prima di venderli ad un cristiano?!

O pensate che ci si limita a dare scatole ad muzzum? E certo, no? Tanto, se ti do il viagra per combattere la diarrea è la stessa cosa.

 

  • Aaah, ma quindi sei ricco, hai una farmacia!

Beh, no, non si ha per forza una farmacia. E quando si dice questo, ‘’no, non ho una farmacia’’, il seguito del discorso è il punto 2.

Sicchè, l’ebete di turno, dalla sua genuina ignoranza, chiede ‘’e cosa ci fai allora, con la laurea?’’

Coriandoli. Sono un appassionato del carnevale quindi mi diletto a prendere lauree a caso così da poter trasformare libri, tesi e pergamene in coriandoli.

CI FARO’ ALTRO, NO? Avete mai sentito parlare di informatore farmaceutico? Dei rappresentati? O di farmacia clinica? Avete presente quelle grandi strutture dove dentro ci stanno le persone malate che hanno bisogno di farmaci? Pensate, forse, che c’è un grande Dio che li sparge a ondate dal cielo? Oppure, i ricercatori? La formula ‘’studi condotti sui topi’’, non vuol dire che sono i topi a sperimentare nuove molecole, giusto per essere chiari.

(ma anche se avessi una farmacia e fossi ricco sfondato, mi chiedo quanto devo aspettare prima che ti fai i c***i tuoi)

  • Perciò ve lo insegnano a leggere la scrittura dei medici?

Ovvio. C’è una materia che si chiama ‘’Medichese’’ e, allegato, il vocabolario medichese- italiano e italiano- medichese.

Questa domanda è proprio la battuta dell’anno. Decine e decine di simpaticoni pensano che sia il modo più simpatico per rompere il ghiaccio. Perché è, per noi tutti, TERRIBILMENTE DIVERTENTE passare ore a decifrare la scrittura di quei colleghi COSI’ PIGRI da non avere nemmeno la decenza di scrivere un minimo per bene.

No, loro si stancano, sono di fretta e quindi fanno 4 segni. E bisogna capirli. E, NO, non lo insegna nessuno a decifrarli, se non il sudore freddo che scorre dietro il collo le prime volte, con il terrore di dare al paziente l’augumentin invece che il losartan.

 

  • Un giorno, quindi, potrai passarmi i farmaci ‘’BUONI’’ sotto banco?

Quel giorno ti passerò un farmaco tanto buono che non ti sveglierai mai più.

 

Elena Anna Andronico

Le onde gravitazionali: questi miti!

Eistein aveva predetto l’esistenza di queste onde sin dal secolo scorso, purtroppo non aveva l’adeguata strumentazione per poterle captare. Sono state rilevate per la prima volta solo il 14 settembre 2015 e annunciate l’11 febbraio del 2016 da LIGO, negli USA, che ha misurato le onde gravitazionali causate dalla collisione di due buchi neri.

 

 

Altri fenomeni fisici per introdurre le onde gravitazionali

 

 

Possiamo definire genericamente e banalmente un’onda come la propagazione di energia nello spazio. Un sasso che cade in un lago, cede la sua energia cinetica alle molecole di acqua, queste, a loro volta, la trasferiscono alle molecole vicine, generando quel fenomeno che in termini macroscopici prende il nome di onda.

 

 

Un’ onda elettromagnetica è un fenomeno simile. La luce emanata da una lampadina o dal sole non sono altro che un fascio di queste specifiche onde.

 

Come possiamo vedere, a seconda della lunghezza dell’onda elettromagnetica, possiamo identificare: onde radio, microonde, raggi X…ecc

Attraverso le onde elettromagnetiche gli esperti  riescono a determinare le sostanze di cui sono fatti i pianeti e le stelle senza mai doverci mettere piede. Infatti uno specifico elemento, colpito da un fascio elettromagnetico, emette un’onda con una lunghezza specifica per quella determinata sostanza. Questo significa che se è oro, il materiale compito, questo emetterà un’onda elettromagnetica specifica per l’oro. Stesso discorso per ossigeno, piombo, azoto, carbonio, e tutti gli elementi della tavola periodica.

 

 

Onde gravitazionali

 

Le onde gravitazionali sono una scoperta incredibile ed importantissima per il futuro della Scienza. Dobbiamo immaginare l’intero Universo formato da 4 dimensioni: 3 per lo spazio (lunghezza, larghezza e profondità) e il tempo. Questo sistema a 4 dimensioni viene chiamato spaziotempo. Come possiamo vedere dall’immagine, qualsiasi corpo con massa m, devia il piano spaziotempo. Se avviene lo spostamento di grandi quantità di massa, si generano le onde gravitazionali.

 

E’ un fenomeno fisico molto simile alle onde generate dal sasso che cade nel lago. In entrambi abbiamo la propagazione di energia sotto forma di onda. Qualsiasi corpo, anche noi stessi, distorce lo spaziotempo circostante, quindi, attraverso un suo brusco spostamento, otteniamo la formazione di un’onda gravitazionale. Tuttavia è impossibile misurare l’onda gravitazionale generata da una mano in movimento o da un qualsiasi corpo sulla terra. Questo perché le onde gravitazionali di questi corpi hanno una lunghezza d’onda troppo bassa per poterle misurare. Ecco perché misuriamo le onde gravitazionali generate dalle collisioni di corpi celesti provvisti di masse infinite, se confrontate alla Terra.

 

La scoperta delle onde gravitazionali è un evento memorabile che scriverà e cambierà nettamente la storia dell’astronomia e della Scienza. Quello che abbiamo scoperto non è un semplice elemento da aggiungere alla sfera del conoscibile, come se fossero 10 semplici pagine da aggiungere al libro di Scienza delle superiori. Le onde gravitazionali sono un nuovo modo per osservare e studiare l’universo e i suoi fenomeni.

L’immagine sopra riprende il Professor Farnsworth, celeberrimo personaggio della nota serie Futurama, mentre osserva l’Universo con un particolare telescopio. Tale strumento permette, a chi lo utilizza, di annusare l’odore proveniente da una specifica zona dell’universo. Questo è ovviamente impossibile nel mondo reale, tuttavia, con le onde gravitazionali, è come se gli scienziati avessero acquisito un senso in più, una modalità in più per relazionarsi con l’Universo. Adesso uno scienziato avrà la possibilità di studiare una specifica zona dell’universo non sono con le onde elettromagnetiche, ma anche con le onde gravitazionali e magari confrontare i dati ricavati da entrambi i tipi di onde. Quindi pensate alle milioni di scoperte che si potranno fare nel prossimo futuro, le bellezze che potremo scoprire grazie a questo nuovo modo di studiare lo spazio. Insomma ancora non potremo annusare l’odore di Marte o di Giove, ma poco ci manca.

Francesco Calò

Apri gli occhi

Curioso.

Curioso è essere cullato da un’alta marea di voci che sembrano chiamare il mio nome.

“ Nico, Nico….” – era un loop di suoni familiari che continuavano ad invocarmi e, in quel frastuono, c’era sicuramente qualche sconosciuto.

Mi sentivo sballottare da una parte e poi dall’altra: erano secondi, o forse minuti, o addirittura ore – non saprei dirlo con esattezza – ma so con convinzione che nella mia testa c’era una distinta confusione che avrei voluto si placasse.

Così, dissi fra me e me “ urla, Nico” e lo feci o almeno, così mi parse di fare.

In effetti, il rumore attorno a me era perpetuo, non smetteva, ed io piano piano realizzavo di essere disteso sulle bianche sfumature di un letto a rotelle.

Più sovrastante di tutte le voci, era lo strofinio continuo che percepivo sulla mia mano destra – credo – di un’energia inaudita.

Mi concentravo su quella sensazione e le voci erano ormai diventate una colonna sonora che imperturbabile cullava il disordine fra sogno e realtà.

Era questo il punto: cos’era? Un illusione? O stava accadendo davvero?

La domanda trovò subito una risposta nel mio spirito che osservava il mio corpo disteso su quello che, ora, mi appariva nitido come un lettino d’ospedale.

Un groviglio di pensieri martellava la mia testa.  

Finalmente riuscivo chiaramente a vedere cosa avevo intorno: le lacrime di mia madre, la mano della mia ragazza sopra la mia, le urla di mio padre ed i dottori che correvano con quella barella d’appresso, su cui io giacevo indisturbato.

Il caos, lo sgomento e la paura sembravano essersi impossessati di tutta quella gente, tranne che di me: avvertivo un’inspiegabile sensazione di pace.

Ricordo che d’un tratto arrivò Daniele e fu allora che ritornò il ricordo della sera precedente.

Il venerdì, io e Dani andavamo sempre in quel pub, vicino la piazza centrale, e quella sera passammo anche a prendere Peppe. Peppe…fu allora che pensai “Dov’è? Perché non è lì? Dov’è il mio amico?”

Quella quiete apparente in cui galleggiavo, aveva lasciato il posto al fracasso dei ricordi: un bicchiere di tequila, poi un altro e un altro ancora.. mi metto alla guida…le luci, l’autostrada…sbando. Il buio.

E Peppe dov’è?

Quasi come se la mia anima si staccasse leggiadra dal mio corpo, cominciai a gironzolare per l’ospedale guidato da un sesto senso non indifferente che mi portò in un’altra stanza: il mio amico era inerme, attorniato dai suoi familiari che piangevano cascate.

“Non poteva essere vero. Non succede mai che una volta esageri e muore qualcuno. Era un incubo.” – era la solfa che mi ripetevo per convincermi che non avevo distrutto la vita del mio amico, quella della sua famiglia e anche la mia.

Proprio in quel momento, in preda alla disperazione più totale, vidi in lontananza una luce soffusa e subito dopo un bagliore cosi forte da farmi chiudere gli occhi.

È li che pensai “ è finita.”

 

Curioso.

Curioso è svegliarsi da un incubo che altro non è che la conseguenza di una stupida azione sbagliata.

Curioso è dover continuare a vivere, quando il senso di irresponsabilità ha ucciso il tuo amico.

Curioso è aprire gli occhi ogni mattina e chiedersi “Perché l’ho fatto?”

Curioso è sentirsi vittima dei propri sbagli.

Curioso è credere di essere onnipotenti alla guida di una macchina.

 

Jessica Cardullo

Roboante CUS

 

Nella quindicesima giornata del campionato di Terza Categoria di Messina, il Cus Unime viene ospitato dal Malfa, fanalino di coda della classifica, nell’isola di Salina. Match importante per gli universitari che non possono permettersi di perdere il passo delle compagini dell’alta classifica. La partita viene diretta dal Sig. Muscherà di Messina con inizio alle ore 10,30.

Il viaggio all’alba in aliscafo è sempre traumatico per chi deve andare a disputare 90 minuti di grande intensità, tuttavia i ragazzi del Cus mantengono alta la concentrazione consapevoli dell’importanza fondamentale della posta in palio in questa partita.

Primo tempo: partenza forte del Cus che passa subito in vantaggio grazie a una conclusione di Insana da fuori area con la complicità di un’incertezza dell’estremo difensore eoliano. Al ventesimo, però, il Malfa trova il pari con un tocco sotto misura sugli sviluppi di un calcio d’angolo ad opera di Di Losa. Prima del termine della prima frazione di gara, nuovo vantaggio Cus firmato Oliva. Il nuovo acquisto della formazione dell’Università di Messina, riesce a controllare e domesticare una sporca palla all’interno dell’area di rigore e avversaria e conclude a rete con un preciso destro sotto la traversa. 2 a 1 e duplice fischio del direttore di gara.

Secondo tempo: dagli spogliatoi, per i primi 15 minuti esce una sola squadra ed è il Malfa. I padroni di casa riescono a trovare prima il pari con De Losa A. e subito dopo il vantaggio con Pirera che sfrutta una sciagurata uscita di un incerto Faranda. La tensione inevitabilmente aumenta. Tra il secondo e il terzo gol il Cus fallisce la sua probabile terza rete con Tiano, il quale si fa respingere il rigore da Di Cosa D..

Nella parte finale della partita il Cus Unime tira fuori l’orgoglio e rifila ben tre reti in trenta minuti ai padroni di casa. Reti di Stassi (sinistro a giro sul secondo palo dal limite dell’area), Papale (su meraviglioso assist di tacco di Stassi, che gli spiana un’autostrada verso il gol) e Iacopino, che trasforma il rigore della vittoria. Nel finale da segnalare il rigore fallito da parte di Martino per il Malfa, che centra il palo invece di rendere meno amaro l’ennesimo scivolone casalingo e l’espulsione (dubbia) di Stassi, che sarà costretto a saltare la prossima sfida contro la Sc Sicilia, in un derby messinese che promette emozioni.

Nonostante una partita non perfetta dal punto di vista del gioco a causa delle oggettive difficoltà del campo “Tre Pietre” di Malfa e del difficile viaggio in aliscafo, il Cus Unime si aggiudica 3 punti e torna a suonare la carica per il vertice della classifica, che oggi, a 7 giornate dal termine, dista appena un punto.

Prossima partita, dunque, al Marullo di Bisconte, Camaro, sabato 11 marzo alle 16,30 contro la Sc Sicilia: sfida che varrà tanto se non tantissimo per le sorti di questo fantastico campionato.

Formazione Cus (4-3-3): Faranda1; Rodà 2, Iacopino 4, Occhipinti 5, Cardella 3; Lombardo 8, Tiano 10, Monterosso 6; Insana 11, Oliva 9, Papale 7.

Panchina: Zito, D’Agostino, Costa, Al Hunaiti, Stassi.

Allenatore: Smedile.

PAGELLE:

Faranda voto 4: Assente dal campo da 2 anni, ne aspetterà altri 2 per ripresentarsi nuovamente. Legge malissimo ogni traiettoria possibile e ogni qualvolta la palla raggiunge la sua area di rigore, mister e compagni vengono assaliti da brividi lungo la schiena. La sua mossa migliore è quella di chiedere il cambio per il bene comune. “ANCHE QUESTO DIMOSTRA CHE SONO IL MIGLIORE

Roda’ voto 6: Dopo essersi esibito sull’aliscafo in versione “lap dance” , da bravo pastore si accorge subito che le reti del campo sono basse e che senza palloni avremmo vinto a tavolino. Nonostante i propositi non fossero dei migliori, svolge una partita pulita e senza “maschiate” da ricordare. ONESTO

Iacopino voto 7: Appena arrivato a Malfa gli avversari lo salutano col bacio, scambiandolo per un pastore di Alicudi. In campo la situazione è ben diversa, il capitano picchia e detta legge come suo solito, impreziosendo la sua prestazione con il sigillo finale. YATI

Occhipinti voto 5: Direttamente dal paese del commissario Montalbano, dove millanta di essersi allenato in questo periodo di ritiro spirituale, il buon Occhi si presenta a Malfa in condizioni psicofisiche da dimenticare. Parecchie volte in apnea nel primo tempo, la combina grossa regalando il calcio d’angolo dal quale nasce l’1a1. Finge palesemente un infortunio, per poter meditare sul profondo senso della vita osservando il mare. SAGGIO

Cardella voto 5: Ha l’alibi sacrosanto di giocare fuori ruolo, ha l’alibi meno sacrosanto di pesare più dello chef Cannavacciuolo, pur essendo a dieta dal 2008. In campo si trova spesso spaesato, talvolta poco aiutato da Papale in fase difensiva. E se il male minore fosse stato Costa? MISTERO

Lombardo voto 5.5: Arriva all’appuntamento carico a mille con almeno 8 hashtag per abbellire le sue storie. In campo perde un po di smalto anche a causa delle condizioni della partita che non favoriscono le sue geometrie. Poco importa, Picciolo si scatena con la macchina fotografica e lo immortala in tutto il suo splendore, garantendogli anche per oggi i suoi molteplici likes. #Calciopassione

Tiano voto 6: Partita non alla sua altezza, penalizzato anche lui dal contesto e dai pochi spazi a sua disposizione. Come ogni partita timbra il cartellino alla voce risse sfiorate. Poco freddo dagli undici metri e da la’ si spegne la luce. Mezzo voto in più perché in questo momento si starà inginocchiando sui ceci per punirsi. EMO

Monterosso voto 5.5: Arrivato a Malfa con gli occhi di chi è di nuovo, alla veneranda età di 40 anni, in gita scolastica. La sua partita non è però di quelle da ricordare negli annali, alcuni errori in fase di impostazione e molta macchinosita’. ER MOVIOLA

Insana voto 6.5: Si presenta a Malfa con un colorito che ricorda la Mozzarella di Battipaglia e un timbro dello 090 sul collo che non preannunciano nulla di buono. Tuttavia è tra quelli che si distinguono per sacrificio e qualità. CASPER

Papale voto 6.5 – Nel primo tempo si nota solo per le sue scarpe color evidenziatore che acciecano i gabbiani vicini. Sale in cattedra nel secondo tempo, prima bruciando i guantoni del portieri avversario, poi facendo assist e goal decisivi per il risultato finale. Dai suoi piedi sembra poter nascere sempre qualcosa. TIRO DEL DRAGONE

Oliva voto 6,5: Dopo aver stabilito il record di Travel Gum masticate, Peppe scende in campo con molta generosità e risulta determinate sia per il goal siglato , sia per aver tenuto su da solo un reparto contro i Pastori Malfesi. AGNELLO SACRIFICALE

Stassi voto 7: E’ l’arma spaccapartita e risulta devastante per qualità e mezzi tecnici. Fondamentale nella rimonta, entra in tutte le occasioni da goal. Peccato per la solita ingenua espulsione che gli farà saltare il Big Match contro l’Sc Sicilia. MIMMO BERARDI

D’Agostino voto 3: Inaccettabile puzzare di Negroni alle 6 di mattina sull’aliscafo. Sbiascica come se non ci fosse un domani, viene coinvolto spesso da sbalzi di umore che destabilizzano i compagni. Tenetelo d’occhio, questo è un potenziale Serial Killer. CRIMINAL MINDS

Zito voto 6

Osama voto 6

Mister Smedile voto 6: Tante defezioni lo condizionano nello schierare l’11 migliore ma lui ci mette del suo schierando un centrocampista ciccione a terzino sinistro. Poi ti giri in panchina e vedi D’Agostino che parla da solo e quel Costa che grida vendetta. Forse non aveva altre scelte. GIUSTIFICATO A META’

Mirko Burrascano

Dal Doodle di Google alla Giornata dei Giusti: scopriamo insieme il 6 marzo 2017

 

 

 

 

 

 

Il problema non è fare la cosa giusta. È sapere quale sia la cosa giusta.

(Lyndon Baines Johnson)

 

Esistono ben 1052 siti in tutto il mondo considerati Patrimonio dell’Umanità (secondo l’UNESCO). Tra questi, uno, oggi 6 marzo 2017, viene ricordato dal Doodle di Google: Il Parco Nazionale di Komodo.

Con un piccolo test, il doodle, mette alla prova le nostre conoscenze riguardo, per l’appunto, un animale molto particolare: il Komodo.

I Draghi di Komodo sono delle lucertole originarie dell’Indonesia e sono cento volte più grandi delle lucertole più piccole che esistono: possono raggiungere i tre metri di lunghezza e hanno una coda lunga tanto quanto il corpo.

Oggi, 37 anni fa, fu inaugurato il parco che ospita, appunto, questi antichi animali e li protegge. Ma non illudetevi: sono antipatici, un po’ aggressivi e mangiano cadaveri. Insomma, non esattamente tra le specie più simpatiche del regno animale.

6 Marzo 2017. Tra due giorni, l’8 marzo (ndr), è la festa della donna. Il 4 marzo è stato il compleanno di Lucio Dalla. Il primo del mese il suo anniversario di morte.

Ogni giorno c’è un santo, un onomastico, un compleanno, un anniversario o una ricorrenza.

6 Marzo 2017. Vorrei che l’abbiate, per sempre, ben impressa in mente questa data. Correva il 10 maggio del 2012 quando, essa, divenne importante. Il 10 maggio 2012 il Parlamento Europeo ha approvato, con 388 firme, la proposta di Gariwo di istituire, il 6 marzo, una Giornata europea dedicata ai Giusti per tutti i genocidi. Dal 6 marzo 2013 celebriamo quindi l’esempio dei Giusti per diffondere ovunque i valori della responsabilità, della tolleranza, della solidarietà.

Le persone Giuste, umane. Chi sono i Giusti? Sono quelle persone che, nonostante il momento storico che stanno vivendo, si ribellano in nome della giustizia. È dedicata a quelle persone che hanno combattuto contro le ingiustizie, ingiustizie dettate dalla religione, dalla politica, dall’essere umano che non sempre sa rispettare gli altri esseri umani.

Sono quelle persone che non hanno seguito la massa solo perché fosse più sicuro farlo, che hanno deciso di proteggere i più deboli, anche al costo delle loro stesse vite.

Gariwo: è l’acronimo di Gardens of the Righteous Worldwide, l’ONLUS che ha proposto ed ha ottenuto questa giornata. Ha sede a Milano e riconosce collaborazioni internazionali.

Dal 1999 lavora per far conoscere i Giusti: pensano che la memoria del Bene sia un potente strumento educativo e serva a prevenire genocidi e crimini contro l’Umanità.

Come si muovono? Bonificando e creando parchi, che loro stessi chiamano i Giardini dei Giusti.

Ogni anno, dal 2012, la Giornata dei Giusti esalta un tema che abbia sempre, come obiettivo principale, quello di spronare tutti noi ad affiancare la giustizia, anche se può fare paura, anche andando contro agli ideali della massa.

Quest’anno, 2017, il tema scelto per la cerimonia, al Monte Stella, è: “I Giusti del dialogo: l’incontro delle diversità per superare l’odio”. Tantissime figure parteciperanno alla riunione mondiale che verterà intorno ad esso.

Figure che, probabilmente, la maggior parte di noi, io stessa, disconosceva fino a questo momento: Raif Badawi, ad esempio, un blogger saudita condannato a mille frustate e arrestato per aver espresso le sue idee di laicità dello stato, per essersi ribellato all’idea di Religione che gli stati musulmani impongono.

E, ancora, Lassana Bathily, giovane ragazzo nero, originario del Mali, che ha salvato gli Ebrei durante l’attacco al supermercato Kasher, mettendosi contro i terroristi Islamici, rischiando la sua stessa vita. Pinar Selek, sociologa turca (e queste, QUESTE, sono le donne da cui dovremmo prendere esempio e che dovremmo festeggiare l’8 marzo) attivista per la pace e i diritti umani, che fu arrestata solo perché dichiara a gran voce che tutti, TUTTI, siamo uguali a questo mondo. Mohamed Naceur, guida turistica che ha salvato gli italiani al Bardo.

Ogni regione, città, nazione può, a proprio modo e libertà (soprattutto), celebrare la Giornata dei Giusti: in Sicilia, la città di Palermo è attiva a riguardo, con manifestazioni in tutto il territorio. Ancora, l’Università di Catania. Agrigento: L’Accademia di Studi Mediterranei di Agrigento, in collaborazione con il Parco Valle dei Templi di Agrigento, con la Prefettura di Agrigento, l’Ufficio Scolastico Provinciale di Agrigento, celebrerà la “Giornata Europea dei Giusti”, al Teatro “Pirandello” e nella Valle dei Templi.

E noi? Siamo dei Giusti, o vogliamo ricordarli? Vogliamo rendere partecipe il nostro territorio messinese, le nostre scuole, la nostra università, di questa giornata? Vogliamo fare parte dei Giusti?

Perché, sinceramente, ci comportiamo da tali? Possiamo dire di essere dei bravi esseri umani?

È facile essere buoni. Difficile è essere giusti.

Elena Anna Andronico

Abbatti lo Stereotipo- Gli studenti di Chimica

Nelle sperdute periferie delle città risiedono dei poli universitari molto particolari (o, per lo meno, nella nostra periferia): i poli scientifici.

Ma non scientifici a caso, proprio scientifici scientifici. Proprio quelli che ti riportano all’era delle medie: matematica, fisica, chimica. Lì, camminano degli zombies nerd, che ripetono a bassa voce e tra sé, formule, radici, calcoli.

In mezzo a questa fauna, alcuni spiccano: hanno i capelli elettrizzati e in aria, sono sporchi in faccia, hanno i camici strappati.

Sono gli studenti in Chimica. Ta ta taaaan. Studiano in padiglioni sotterranei dove ci sono i loro laboratori segreti e, in combutta con i professori, sintetizzano droghe e sostanze che un giorno permetteranno loro di conquistare il mondo.

Ma, c’è sempre un ma, come sempre è arrivata, là dove nessun altro arriva, la rubrica di UniVersoMe Abbatti lo Stereotipo. Abbiamo preso, quindi, un esemplare abbastanza normale: altezza media, donna, bionda, non troppo intelligente (si scherza) e le abbiamo chiesto di aiutarci nell’impresa di sfatare gli stereotipi sul suo corso di laurea.

E quindi? Ci ha detto di . Per cui, ecco a voi, signori, io e la mia amica Chimica che abbattiamo i 5 stereotipi sugli studenti in chimica!

  1. Sono tutti drogati: iniziamo dal nocciolo della questione. Perché, si sa, appena il ragazzo carino di fronte a te, con cui stai prendendo una birra per la prima volta e ti sembra proprio un ammmooooreeee, ti dice che fa chimica, scatta il pensiero:’’ è un cocainomane. Chissà cosa mi ha messo dentro la birra. Aiuto’’.

Per il mondo, Bob Marley è il prototipo dello studente di chimica. Tutti fattoni, don’t worry be happy e ohi maria ti amo. Ma no ragazzi, no no. Intanto, non tutti si sfondano di crocodile sintetizzata nei laboratori universitari e poi, la vera domanda è: ma perché tu che fai giurisprudenza/medicina/agraria/sto cazzo non fumi? Da te i fattoni non ci sono? Questo stereotipo non sta proprio in piedi. Alcuni si rilassano in un modo, altri in un altro.

Ebbasta.

  1. Sono tutti geni pazzi: eeeeeh, ciuffo rosso naso all’insù camice bianco e stivaletti da schiaaaanto!

Cartoon Network docet. Chi non hai mai guardato il laboratorio segreto di Dexter? È per colpa di questo cartone che ci immaginiamo gli studenti in chimica così fiiighi come occhialini sexy e ciuffo rosso Dexter. Ho investigato. Ho buttato giù le librerie di vari amici, ho spostato sedie, cercato bottoni, scomparti segreti. Niente. Nessun laboratorio nascosto. Nessuna sorella stramba, altissima e stupida. Nessun bambino di 12 anni loro nemesi. Gli unici laboratori in cui vanno sono sempre quelli universitari dove ci sono, a malapena, mezza beuta e due palloncini per le feste.

Non sono geni. Non inventano cose strane. Sono un po’ noiosi. Quasi quasi alcuni non capiscono una ceppa di niente e parlano mezzo a rallentatore perché soffrono di disattenzione. Niente pazzia, visioni, invenzioni fuori dal normale. Un po’ di esaurimento da sessione. Che peccato. Una delusione, in realtà.

  1.  Si sentono in Breaking Bad: ovvia conseguenza dei primi due punti. Sono dei geni pazzi e fattoni, non possono che non sentirsi parte di questa serie Tv. Beh, no. È come se io andassi in giro per il Policlinico di Messina a provarci con tutti i neurochirurghi o i chirurghi plastici del policlinico (mi fa giustamente notare la mia amica Alessandra, ndr).

È chiaro che io non sono dentro grey’s anatomy e loro non sono dentro breaking bad. Non travisiamo: diciamo che per loro, questa serie tv, è l’apoteosi di quello che vorrebbero essere (e che probabilmente non saranno mai). Anche se, ad onor del vero, molti preferirebbero e si sentono di più proprio dentro Dexter che dentro Breaking Bad e tanti saluti.

  1. Si sentono Onnipotenti: PERCHE’ IO SO COME FUNZIONA LA VITA, IL MONDO, L’UNIVERSO. Siamo solo atomi, orbite, molecole. NOI CONOSCIAMO E STUDIAMO L’ESSENZA DELLA VITA, LA MATERIA.

Ecco, applauso. Dopo i 10 minuti di megalomania pouf, tornano a sbavare davanti alla play station. C’è poco da sentirsi onnipotenti nel sapere che siamo fatti di acqua e altri 4 elementi. Si puliscono il sedere con la carta igienica con la stampa della tavola periodica.

  1. Sono sporchi: sono dei selfisti anonimi anche loro e i loro selfie li ritraggono in laboratorio con gli occhialoni e i camici bianchi. No, non bianchi: grigi e bucati e schifosi. Ma questo non vuol dire che sono tutti sporchi o che sono sempre sporchi. Si sporcano a lavoro e cazzomene di pulire il camice, ma quando tornano a casa si fanno la doccia pure loro. Giurin giurello, fanno profumo. Ricordatevi pure voi di fare la doccia ogni tanto, soprattutto quando avete in programma di prendere un mezzo pubblico AD ESEMPIO.

Un abbraccio

Elena Anna Andronico

Alessandra Frisone