Irradiazione protonica: possibile svolta con la terapia laser

Terapia protonica (protonterapia), una tecnologia innovativa e in evoluzione costante, ma con difficoltà legate agli enormi costi. Recentemente però, grazie alle nuove scoperte (protonlaserterapia) potrebbe diventare una delle nuove e più potenti armi contro il cancro.

INDICE

Cos’è la protonterapia?

Cosa sono i protoni e come funziona?

Quali malattie si possono trattare?

Nuove scoperte e prospettive future

Approccio terapeutico

 

Cos’è la protonterapia?

La protonterapia è una metodica di radioterapia esterna, che sfrutta i protoni per irradiare un tessuto malato (come una massa tumorale), al fine di danneggiare il DNA delle cellule e “uccidere quelle bersaglio”, portando a guarigione il paziente.

Cosa sono i protoni e come funziona?

I protoni sono particelle pesanti subatomiche dotati di carica positiva, facenti parte degli adroni (nello specifico dei barioni, contenti un numero dispari di quark). È proprio questa caratteristica che li rende adatti alla radioterapia. Infatti, grazie alla loro massa, posseggono una bassa dispersione laterale nell’attraversamento dei tessuti e, inoltre, la dose erogata al tessuto è massima solamente negli ultimi millimetri del tragitto della particella (questo punto è chiamato picco di Bragg, Fig 1).

(Fig. 1) Fonte: http://www.informa.airicerca.org/

Questo consente di evitare che il fascio si diffonda ai tessuti sani e rimanendo localizzato sul bersaglio, garantisce la massima efficacia terapeutica con bassi effetti collaterali, permettendo di utilizzare delle dosi più cospicue per una migliore prognosi ( a differenza dei raggi x o radioterapia tradizionale, dove non si possono utilizzare dosi più elevate senza il rischio di compromettere i tessuti sani a causa della dose d’uscita).

Fonte https://linearbeam.com/protonterapia/
Fonte https://linearbeam.com/protonterapia/

Quali malattie si possono trattare?

I tumori che ad oggi si possono trattare sono tutti quelli in cui attualmente si utilizza la radioterapia convenzionale.  Essa è indicata nei casi di tumori radio-indotti (sorti in pazienti già trattati con radioterapia convenzionale), nei tumori vicino a organi nobili (come il cervello) e contro tutti i tumori solidi pediatrici.

Nello specifico, secondo la US National Library of Medicine i tumori che possono essere trattati sono:

  • Tumori cerebrali, cordomi e condrosarcoma della base cranica;
  • Melanomi oculari;
  • Tumore dei seni paranasali;
  • Tumore delle ghiandole salivari;
  • Melanomi mucosa delle alte vie respiratorie;
  • Linfomi;
  • Tumore al pancreas e del fegato;
  • Tumore alla prostata, cordoni e contro sarcoma sacrali, tumori del retto;
  • Sarcomi le parti molli.

Nuove scoperte e prospettive future

Uno dei principali problemi della terapia protonica è che richiede grandi acceleratori di particelle e costi elevati. Proprio per questo motivo, gli studiosi, hanno analizzato l’impiego di metodiche alternative, come i sistemi laser, per ovviare al problema.
Un team di ricerca presso l’HZDR (Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf), ha testato con successo l’irradiazione con protoni laser sugli animali.
La Dott.ssa Beyreuther ha spiegato che è frutto di un intenso lavoro ed avanzamento delle tecnologie: “Lavoriamo al progetto da 15 anni, ma solo negli ultimi tempi siamo riusciti ad ottenere, finalmente, miglioramenti cruciali, soprattutto grazie ad una migliore comprensione dell’interazione dei flash laser. Ora possiamo adattarli per creare impulsi di protoni che hanno energia sufficiente e sono anche abbastanza stabili“.

Fonte: HZDR / Juniks

Approccio terapeutico

Il nuovo approccio si basa su due principi:

  • Laser ad alta potenza;
  • Enorme intensità che permetterebbe la somministrazione della dose di radiazioni nell’arco di un milionesimo di secondo.

Elke Beyreuther ha infatti affermato: “È importante un laser ad alta potenza per generare forti impulsi di luce di estrema brevità, che vengono poi sparati su una sottile lamina di plastica o metallo. In seguito, l’intensità di questi lampi emette fasci di elettroni, creando un forte campo elettrico che può raggruppare i protoni in impulsi ed accelerarli ad alte energia. Ci sono indicazioni che una somministrazione di una dose così rapida aiuta a risparmiare il tessuto circostante sano anche meglio di prima. Vogliamo quindi condurre studi preclinici per studiare quando e come questo metodo di irradiazione rapida dovrebbe essere utilizzato per ottenere un vantaggio nella terapia del cancro“.

Livio Milazzo

Bibliografia

Irradiazione protonica: la nuova frontiera per combattere il cancro (everyeye.it)

Tumour irradiation in mice with a laser-accelerated proton beam | Nature Physics

Wikipedia, l’enciclopedia libera

Linearbeam

 

Immunoterapia: la nuova frontiera contro il cancro

Cosa si intende per tumore? Se cerchiamo in un qualsiasi dizionario troveremo la classica definizione: processo morboso di un organo caratterizzato da un aumento del suo volume. Ma questo non ci basta; infatti, una neoplasia è caratterizzata dall’aberrante ed eccessiva crescita delle cellule che compongono un tessuto e può avere una natura benigna o maligna. In quest’ultimo caso viene anche definita cancro, proprio per le sue proprietà infiltrative ed invasive dei tessuti limitrofi ma anche distanti, ed in questo caso parliamo di metastasi.

Le patologie neoplastiche sono tristemente note per la loro aggressività e soprattutto per le difficoltà che incontra la terapia nel combatterle. Chemioterapia e radioterapia, insieme all’approccio chirurgico sono le metodiche utilizzate nella maggior parte dei casi, ma non sono scevre di effetti collaterali.

Numerosi studi, però, stanno rivoluzionando la prognosi delle malattie neoplastiche. È stato dimostrato che i tumori hanno uno stretto rapporto con il sistema immunitario, il quale è in grado di condizionare la crescita e la malignità delle neoplasie.

Purtroppo, le cellule tumorali sono in grado di sopprimere la risposta immunitaria, causando lo “spegnimento” dei linfociti, fondamentali difensori del corpo umano.

I linfociti sono cellule del sistema immunitario in grado, attraverso vari meccanismi, di sconfiggere patogeni e garantire un corretto equilibrio tra tutte le cellule del nostro organismo. Essi hanno anche il compito di riconoscere ed eliminare cellule che hanno subito delle alterazioni, evitando la nascita di un tumore. Questo sistema di vigilanza, però, può essere eluso ed è uno dei tanti meccanismi che utilizzano le cellule neoplastiche per la loro sopravvivenza.


Abbiamo detto, quindi, che le cellule tumorali sono in grado di sp
egnere il sistema immunitario, evitando che quest’ultimo le attacchi. È possibile evitare ciò?

Proprio quest’anno il premio Nobel per la medicina è stato assegnato a due ricercatori impegnati nello studio dell’immunoterapia anticancro: James P. Allison e Tasuku Honjo. Entrambi hanno cercato di chiarire quali fossero i freni del sistema immunitario attivati dal cancro. Ci sono riusciti, individuando numerose proteine espresse sia dalle cellule tumorali che dai linfociti T che, se attivate, possono rendere anergiche le cellule immunitarie. Dette proteine vengono definitecheckpoint immunitari”, ovvero tappe fondamentali della regolazione della tolleranza immunologica. In poche parole servono per distinguere una cellula propria (self) da una estranea (non self).

Alcune delle proteine “freno” implicate nella inibizione della risposta immunitaria.

Andando avanti si sono chiesti se fosse possibile inattivare queste proteine, facilitando l’azione dei linfociti. Cio è possibile grazie all’uso degli anticorpi monoclonali.

Ma cosa sono gli anticorpi? Sono proteine adibite a varie funzioni di difesa, capaci di legare degli antigeni, cioè determinate porzioni di un agente estraneo presente nell’ospite.

Rappresentazione schematica della struttura di un anticorpo.

Se gli anticorpi vengono prodotti naturalmente dal nostro organismo, invece, gli anticorpi monoclonali vengono sintetizzati in laboratorio grazie all’ingegneria genetica, in particolare sfruttando la tecnica dell’ibridoma.

Utilizzando degli anticorpi monoclonali diretti contro le proteine “freno” la loro azione viene annullata, causando l’eliminazione da parte dei linfociti T delle cellule neoplastiche.

Ed è questo lo scopo dell’immunoterapia: potenziare il sistema immunitario dell’ospite affinché possa combattere il tumore in maniera mirata e precisa.

I risultati sono notevoli; nella maggior parte degli studi clinici i pazienti vedono un miglioramento della loro patologia, con effetti positivi maggiori soprattutto in soggetti affetti da tumori immunogenici, ovvero quelli che più facilmente evocano una risposta immunitaria. Tra questi possiamo citare il melanoma, una neoplasia molto aggressiva che origina dalla cute.

Ma l’immunoterapia offre altre opzioni; gli anticorpi monoclonali possono essere utilizzati per veicolare farmaci, tossine o isotopi radioattivi capaci sconfiggere le cellule neoplastiche. In questo modo, la molecola trasportata dall’anticorpo riesce ad uccidere in maniera specifica le cellule tumorali alle quali si lega.

Un’altra applicazione dell’immunoterapia anticancro è quella della immunizzazione attiva. Essa consiste nel somministrare al paziente degli antigeni tumorali, in modo da sensibilizzare il sistema immunitario verso determinate caratteristiche del tumore. Ciò porterebbe alla regressione del cancro, in quanto i linfociti T, riconoscendo le cellule tumorali sarebbero in grado di ucciderle.

Se tali intuizioni fossero corrette si assisterebbe alla nascita di veri e proprio vaccini anticancro.

Uno studio ha dimostrato che solo il 20% dei pazienti affetti da melanoma maligno presenta una regressione del tumore. I motivi ancora non si conoscono ma numerosi ricercatori si muovono in questa direzione.

Per quanto riguarda i nuovi farmaci antitumorali ne esistono vari, ed ognuno è specifico nella sua funzione. Si tratta di anticorpi monoclonali diretti verso precisi bersagli proteici (tra i quali i già citati “freni del sistema immunitario“). Trastuzumab, ad esempio, viene utilizzato nel cancro della mammella; Nivolumab, anticorpo monoclonale che inibisce il checkpoint immunitario PD1, viene usato nel trattamento del melanoma maligno.

Meccanismo d’azione di Trastuzumab

Se da un lato, però, l’immunoterapia presenta una notevole quantità di aspetti positivi (bassa tossicità dei farmaci, maggiore efficacia…) dall’altro i costi elevati sono un vero e proprio peso che grava sulla sanità pubblica. 

Di certo viviamo in un epoca in cui la ricerca e la medicina stanno facendo passi da gigante; ma riusciremo mai a parlare del cancro come una malattia rara? Se consideriamo i recenti studi e quelli in corso abbiamo ottime possibilità.

Carlo Giuffrida

Ettore Castronovo: una vita donata alla ricerca

Ettore Castronovo, radiologo e scienziato messinese, è conosciuto per le sue ricerche sull’impiego dei raggi x nella lotta ai tumori.

Primogenito di tre fratelli, nasce a Gesso il 21 gennaio del 1894. Frequenta la facoltà di medicina presso l’università di Roma, ma abbandona gli studi per partire come volontario nella fanteria allo scoppio della prima guerra mondiale.
Nel 1917 completa gli studi di medicina a Padova e dopo essere stato nominato ufficiale medico, parte con le truppe italiane in Francia.
L’anno successivo inizia la sua attività come radiologo presso l’ospedale militare di Messina. La sua permanenza nella città dello Stretto non dura molto, infatti tre anni dopo torna a Padova per lavorare come assistente universitario.
L’anno successivo si stabilisce definitivamente a Messina, dove inizia ad occuparsi di ricerca nel campo della radioterapia oncologica. Dirige per cinque anni il servizio radiologico dell’ospedale Puglisi Allegra ed istituisce il primo laboratorio di Radiodiagnostica e Radioterapia dei tumori della città.
Nel giugno del 1927 ottiene l’incarico della direzione dell’Istituto di Radiologia dell’Università di Messina e nonostante i gravosi impegni accademici, prosegue senza sosta la sua attività di ricerca presso l’ospedale Piemonte. È per lui il periodo più fruttuoso come ricercatore, diviene conosciuto a livello internazionale per le sue pubblicazioni su delle innovative applicazioni della radioterapia nella cura del cancro, campo che a quel tempo era poco sviluppato.

Grazie al grande contributo da lui dato nella ricerca in campo radiologico ed oncologico, dal 1946 al 1950 diviene vicepresidente della Società Italiana di Radiologia Medica e nel 1947 viene nominato presidente della Lega Italiana per la Lotta ai Tumori. In questa prospettiva il professore Castronovo diviene promotore di importanti innovazioni per la realtà oncologica siciliana. Il suo sogno, in occasione della costruzione del Policlinico di Messina è di trasformare l’Ospedale Piemonte in un Istituto oncologico di riferimento per tutta la Sicilia che si occupi sia della cura degli ammalati che della ricerca scientifica.

Nel 1948 a causa della reiterata esposizione alle radiazioni subisce l’amputazione di due dita della mano sinistra. Nonostante l’accaduto, nei successivi 6 anni continua a lavorare senza sosta sia nell’ambito della ricerca che in quello accademico. Le successive esposizioni riducono le sue mani a due monconi piagate :le stesse mani che sono scolpite sulla tomba del professore nel cimitero monumentale di Messina . Due mani di marmo bianco che squarciano un blocco di granito nero, simbolo del lavoro instancabile nella lotta contro il cancro di un uomo straordinario.

Il professore Castronovo si spegne nel 1954 a causa dello stesso male contro il quale aveva lottato per tutta la vita. Il suo operato rimane fonte di ispirazione per tutti i medici messinesi.

Renata Cuzzola