Fedez vs Codacons: episodio 30. L’ennesima querela verso il cantante

“Non ne posso più, sono perseguitato dal Codacons”

Tramite le sue stories di Instagram Federico Lucia, in arte Fedez, ha fatto sapere di essere stato nuovamente querelato dal Codacons. Si tratta dell’ennesimo episodio nella querelle tra il cantante milanese e il “Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori”. Quest’ultimo ha infatti presentato atto formale con cui richiede l’immediato sequestro dei 5 milioni di euro raccolti, anche grazie al cantante, per Scena Unita.

Fedez nelle sue storie Instagram, fonte: rds.it

 

Cos’è Scena Unita

Scena Unita è una tra le associazioni che negli ultimi mesi ha maggiormente sensibilizzato l’opinione pubblica sulla delicata situazione dei lavoratori del mondo dello spettacolo in periodo di pandemia. Con teatri, cinema e fiere necessariamente chiusi per contenere la diffusione del virus e i notevoli ritardi nell’adozione di misure concrete a sostegno di una classe di lavoratori troppo spesso ignorata o tralasciata, spesso gli aiuti sono arrivati da privati. Come si legge dalla loro pagina Instagram, Scena Unita ha raccolto in sette mesi circa 4.780.000 euro grazie al contributo di 154 artisti e più di 100 aziende. Il fondo, gestito da Cesvi in collaborazione con La Musica Che Gira e Music Innovation Hub, ha potuto così sostenere alcune realtà del settore che quasi sicuramente non avrebbero potuto superare gli scorsi, difficili, mesi.

Protesta organizzata dai lavoratori dello spettacoli in Piazza Duomo, fonte: LaRepubblica

La raccolta fondi “come Malika” e lo sfogo di Fedez

<<Riescono a paragonare la nostra raccolta fondi, con cui abbiamo raccolto più di 5 milioni di euro per i lavoratori dello spettacolo, alla raccolta fondi di Malika>>. Nella querela il Codacons compara la raccolta fondi all’increscioso episodio di Malika Chalhy, la ragazza cacciata di casa dopo aver rivelato alla famiglia di essere lesbica. Questa, per via delle sue vicissitudini familiari, aveva impietosito il cuore di molti ed aveva ricevuto una sostanziosa donazione frutto di una raccolta fondi. Peccato però che buona parte dei proventi siano stati spesi dalla stessa nell’acquisto di una Mercedes e di un cane di razza. Vicende diverse ma che hanno in comune un elemento: la raccolta fondi.

<<Fate schifo, sono stufo di essere perseguitato da voi. È incredibile che nessuno faccia niente per controllarvi. So quello che fate, come lo fate. Sono stufo di essere perseguitato anche quando si fa del bene. Hanno il coraggio di rompere i coglioni ad artisti che hanno raccolto milioni per aiutare i lavoratori dello spettacolo. Come è possibile succeda questo? Io ho 30 denunce, devo andare in tribunale 30 volte con questi stronzi che intasano i pubblici uffici. >>

Carlo Rienzi, presidente del Codacons, fonte: infiltrato.it

L’ennesima querela

Negli ultimi anni il Codacons sembra avere avviato una vera e propria guerra di logoramento contro i Ferragnez (nome con cui ci si riferisce alla coppia formata dal cantante e dalla influencer Chiara Ferragni). Una guerra che vede le due parti impegnate nella presentazione di denunce tra le più disparate. L’ultima delle quali circa una presunta pubblicità occulta a favore della Coca-Cola nella canzone “Mille” e nel video del singolo che Fedez canta con Achille Lauro e Orietta Berti. O prima ancora quando il cantante milanese facendo beneficenza a bordo di un’auto, di sua proprietà, ha mostrato il logo della casa produttrice. Come detto, dalla vicenda non è esclusa Chiara Ferragni: per l’ente l’influencer avrebbe compromesso le votazioni durante l’ultimo Sanremo chiedendo dal suo profilo Instagram di votare per il marito durante la serata finale del Festival. O ancora quando la stessa fu denunciata dal Codacons per blasfemia quando apparve raffigurata come una Madonna.

Lo scorso anno, durante il lockdown, era stato Fedez ad accusare il Codacons di aver fatto una comunicazione ambigua, chiedendo fondi per il Covid che poi sarebbero finiti nelle casse dell’associazione, la quale aveva risposto spiegando che anche loro pagavano le conseguenze economiche della pandemia. Accuse nuovamente ribadite nelle ultime storie su Instagram.

Storie Instagram di Fedez, fonte: musicologi.eu

La risposta del Codacons

Allo sfogo del cantante è seguita la replica dell’ente. L’intenzione dell’atto penale del Codacons ” è quello di tutelare le raccolte fondi come quella avviata da Fedez, e garantire trasparenza e correttezza ai donatori circa la destinazione e l’utilizzo dei soldi raccolti”. “L’atto chiama in causa anche i recenti fatti di cronaca, come il caso di Malika che ha tenuto banco sulla stampa per giorni e ha minato la fiducia dei cittadini verso le iniziative di beneficenza, senza minimamente paragonare la raccolta di Fedez a quella della ragazza”. Prosegue “circa gli insulti, l’arroganza e le menzogne contenute nel suo video e la violenza dimostrata nei nostri confronti varranno a Fedez una nuova querela per diffamazione, che il rapper si sarebbe potuto evitare se solo avesse letto (e compreso) l’atto che gli è stato notificato”. Conclude “In favore dell’influencer stanziamo volentieri una piccola somma per pagare un giovane docente di italiano che, da oggi, manderemo a casa di Fedez quando dovrà leggere atti da noi scritti, per essere certi che li legga e li comprenda a fondo”.

 

Cos’è lo stalking giudiziario ?

In seguito alla risposta diffusa dall’ufficio stampa del Codacons, un avvilito Fedez ha fatto sapere che citerà l’associazione per il reato di “stalking giudiziario”. Il reato, presente nel codice penale all’articolo 612 bis, tratta dei cosiddetti atti persecutori “le cui azioni moleste si sostanziano appunto nella reiterazione di pretese risarcitorie in sede civile, ricorsi amministrativi e persino in denunce-querela prive di fondamento ma strumentali esclusivamente a porre il destinatario in uno stato di angoscia o di prostrazione e a vessarlo”. Una fattispecie dai contorni ben chiari e in cui sembra possibile ricomprendere anche questa insensata diatriba tra l’ente e il cantante.

Filippo Giletto

Jolanda Insana: la poetessa con la voglia di “sciarriarsi”

Pupara sono

e faccio teatrino con due soli pupi

lei e lei

lei si chiama vita

e lei si chiama morte

la prima lei percosìdire ha i coglioni

la seconda è una fessicella

e quando avviene che compenetrazione succede

la vita muore addirittura di piacere

 

Comincia così la fortunata storia della poesia di Jolanda Insana, l’ eccentrica poetessa messinese che nel 1977 pubblicò la sua prima raccolta, dal titolo Sciarra amara. In questa prima poesia la poetessa è la pupara, “mastra di trame e telai”, che inscena e orchestra la perpetua “sciarra” tra la vita e la morte.

Già da queste poche righe si evince il carattere solenne e allo stesso tempo divertente della poesia di Jolanda, in cui si mescolano il dramma della vita e temi esistenziali, raccontati con elementi ironici e popolari, tipici appunto del “teatrino” dei pupi. Basti pensare al termine sciarra (litigio), tanto caro alla tradizione dialettale messinese, che in questo contesto assume un’importanza fondamentale, dietro alla quale si nasconde il senso della poesia di Jolanda.

Noi di UniVersoMe abbiamo avuto modo di “conoscerla” in occasione della presentazione del libro «Pupara sono». Per la poesia di Jolanda Insana, nuova collezione di inediti, disegni, scritti rari e interventi critici sulla poetessa, della quale purtroppo oggi poco o nulla si ritrova nelle librerie.

©Giulia Greco – Libreria Colapesce, Messina 2020

La raccolta, presentata presso la libreria Colapesce (Messina), ci ha fatti avvicinare a un mondo – quello della poesia contemporanea – che oggi difficilmente viene riscoperto. Ma, soprattutto, ci siamo profondamente e inaspettatamente divertiti.

Chi era dunque Jolanda Insana?

Breve biografia

Nata a Messina nel 1937, Jolanda si trasferì con la famiglia a Monforte San Giorgio nel 1941 per sfuggire alle macerie in cui riversava la città dello Stretto a causa dei bombardamenti della guerra, tema che ritroviamo nelle sue opere.

Sin dalla giovane età, la poetessa ha mostrato uno spiccato interesse per il corpo della parola, attraverso la scoperta di vocaboli meno utilizzati e la ricerca di parole nuove. Questa passione l’ha condotta a intraprendere gli studi in filologia classica, continuati anche la dopo la laurea conseguita nel 1960 presso l’Università di Messina, con una tesi su un testo in dialetto dorico (IV-V secolo a. C.).

Jolanda Insana – Fonte: scenario

Nel 1968 si è trasferita a Roma, città nella quale morì nel 2016, dove ha insegnato lettere alle scuole superiori. Oltre all’insegnamento e alla poesia, Jolanda si è dedicata ache alla traduzione di autori classici, sia greci che latini, e alla prosa.

Il linguaggio e l’importanza della parola

Il linguaggio poetico di Jolanda è un intarsio di elementi di ogni genere: le forme arcaiche si mischiano con quelle popolari della filastrocca e della litania; il tono solenne dell’epigramma e dell’oratoria è accompagnato dallo sberleffo o addirittura anche dall’offesa verbale.

La contaminazione di diversi generi è il frutto più maturo della sua formazione e della ricerca di una sperimentazione espressiva che smonta e ricompone i versi e le parole. La poetessa gioca con la parola, attraverso la deformazione aggettivi e verbi e l’utilizzo di figure retoriche, assonanze e allitterazioni, per mettere in risalto la musicalità, poiché affermava che «le parole sono prima di tutto suono».

©Giulia Greco – Piccola raccolta di poesie donata ai presenti durante la presentazione, Messina 2020

Pertanto, amava recitare le sue poesie: la dimensione orale si contrappone a quella scritta, libresca, “morta“.

Solo attraverso le parole, che lei “curava e raccoglieva come l’erba di muro”, si può dare nuova vita ai luoghi, alle persone e al tempo: ogni tempo vive la sua morte, ma il poeta ha il compito di scuotere la collettività, di suscitare emozioni in chi ascolta.

Non a caso, per leggere alcuni inediti durante la presentazione, sono state scelte un’attrice e una fan di Jolanda di nome Venera, personaggio che – in una sua poesia sul terremoto del 1908 – rappresenta la città di Messina morente.

Non a caso il libro nasce dallo sforzo di non spegnere la voce della poetessa e di riappropriarci di un “linguaggio dello Stretto”, a metà tra una promessa e uno scongiuro.

Il tema della “sciarra” e la sensibilità politica

Entrambi sono temi centrali della sua collezione di esordio (Sciarra amara, pubblicata all’età di 40 anni) .

In questo caso, la sciarra non ha un significato negativo: anzi, è vista come una forza sia umana che naturale, in grado di contrapporsi all’immobilità della morte.

La lite inscenata tra la vita e la morte è perpetua e “nessun compare ci metterà la parola per farla tacere”. La vita è in continua lotta non solo con la morte ma con tutto ciò che sa di morte, come la malattia fisica e l’ancora più permeante malattia del potere.

La “sciarra” inscenata da Jolanda è dunque un atto di resistenza, una continua rivoluzione contro la macchina che perpetua il male, le ingiustizie e le diseguaglianze.

©Giulia Greco – Il giornalista Tonino Cafeo (destra) e l’autore Giuseppe Lo Castro (sinistra), con il quale abbiamo avuto una piacevole chiacchierata al termine della presentazione, Messina 2020

Da qui si evince il carattere anticonformista della poetessa messinese, donna eccentrica e provocatrice, fortemente sensibile alle tematiche politiche del nostro tempo. Ne La stortura (che le valse il premio Viareggio per la poesia nel 2002) e in Cronologia delle lesioni, la poetessa parla infatti di argomenti come i migranti e il femminicidio.

All’incessante lotta esterna si accompagna il conflitto interno con sé stessi, per respingere la tentazione di lasciarsi andare e cedere al cinismo e al nichilismo, da lei rifiutati con forza.

Molto suggestiva è infine la sciarra tra la Terra e Luna, recitata al Festival delle letterature di Roma del 2009.

La Luna, stanca della scelleratezza degli esseri umani, scaglia un’ invettiva contro l’ “immonda Terra” che si sfoga e piange per banalità, non avendo cura dei “morti di fame, gli appestati, gli scheletri ambulanti, i barconi dei migranti”.

Il testo di questa poesia è stato pubblicato in un libro che Jolanda ha consegnato una settimana prima di morire di un male inguaribile. Dunque, contrariamente a quanto ci si potesse aspettare, Jolanda non ha ceduto all’impotenza della morte: fino all’ultimo, ha avuto la forza e la voglia di sbraitar contando.

“la vita ha profumo di vita

così dolce

che scolla i santi

dalla croce”

Emanuele Chiara, Mario Antonio Spiritosanto

 

Bibliografia:

«Pupara sono». Per la poesia di Jolanda Insana, a cura di Giuseppe Lo Castro e Gianfranco Ferraro

http://ww2.unime.it/mantichora/wp-content/uploads/2019/04/BROCCIO-128-141.pdf

https://www.elle.com/it/magazine/storie-di-donne/a28349897/jolanda-insana-poetessa/

http://www.progettoblio.com/files/d9-10.pdf

http://www.italian-poetry.org/jolanda-insana/

Biemmi Elisabetta, «Corpo a corpo con leparole». La poesia di Jolanda Insana. , su tesi.cab.unipd.it