Messina nel 1780: il quartiere “Palazzo Reale”

Nell’ultimo mese dell’anno passato abbiamo avuto il piacere di intervistare -per la rubrica #NextGenerationMe-  il giovane architetto Luciano Giannone, autore del volume “Messina nel 1780: viaggio in una capitale scomparsa”.

Da quell’esperienza abbiamo pensato di “viaggiare nel tempo” insieme a lui, per scoprire nel dettaglio come si presentava la città dello Stretto in uno dei suoi periodi di massimo splendore, prima del funesto terremoto del 1783. Accompagnati dall’autore è quello di mostrarci, attraverso minuziose e fedeli ricostruzioni, le architetture e i  quartieri nel periodo d’oro del Rinascimento e poi del Barocco.

Il nostro viaggio inizia dal quartiere “Palazzo Reale“.

Mappa del quartiere “Palazzo Reale” – Fonte: “Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa”  ©Luciano Giannone, 2021

Dov’è il Palazzo Reale?

Spero di non essere stata l’unica studentessa fuori sede a pormi questa domanda: quando, una delle prime volte che visitai Messina mi ritrovai alla fermata del tram “Palazzo Reale”, mi chiesi subito dove fosse per poterlo vedere, per poi scoprire che si un Palazzo Reale c’era, ma prima del 1783, quando, in seguito al terremoto, il palazzo crollò per non essere più ricostruito.

Sin da tempi remoti la struttura ha avuto il ruolo di fortezza e di Palazzo Reale; danneggiata nel corso della guerra del Vespro, venne ricostruita da Federico III di Sicilia, che la abbellì con decori in pietra nera e in stile gotico, in particolare nella facciata ovest, rimasta pressoché integra fino al 1783 e rappresentata dal Saint-Non come una teoria di larghe finestre ad arco trilobato alternate da paraste.

Nel 1567 la città stava attraversando una sensibile fioritura in campo artistico ed economico, nonché un travolgente sviluppo urbanistico e architettonico; l’architetto della città era Andrea Calamech, il quale ricevette l’incarico di ristrutturare il palazzo dal viceré Garcia di Toledo. Camalech aveva il compito di trasformare l’austera fortezza in un’architettura civile, mantenendone però l’impostazione planimetrica e seguendo le indicazioni della committenza.

Descrizione del palazzo

La facciata, di cui esistono numerose e minuziose rappresentazioni, era costituita da quattro livelli: nel corpo principale, ultimato nel 1649 per opera dell’Architetto Giovanni Antonio Ponzello, si scorgono dodici finestre per i primi due piani, separate dal portale principale a dai due laterali, mentre nel piano piano nobile le finestre sono quattordici, balaustrate e concluse da timpani triangolari e ad arco alternati.

Il piano attico è costituito da finestre quadrate più piccole e concluso da un fregio appoggiato a mensoloni. Il portale centrale, disegnato dal Calamech, era composto da marmi bianchi e neri. Nel secondo ordine un arco spezzato era sorretto da due cariatidi, probabilmente raffiguranti vittorie alate, e al centro dell’arco vi era lo stemma del regno.

Nella parte laterale vi erano due torri relativamente ai prospetti est e ovest: solamente il prospetto nord venne completato, poiché rappresentava la vista privilegiata di cui doveva godere il palazzo, ovvero dal mare.

Ricostruzione virtuale del Palazzo Reale, visto dal mare – Fonte: “Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa”  ©Luciano Giannone, 2021

Monumento a Don Giovanni d’Austria

Nel 1572 il Senato messinese commissionò a Calamech la costruzione di una statua celebrativa della vittoria della Lega Santa nella battaglia di Lepanto del 1571 e del suo condottiero, Don Giovanni d’Austria .

Nella statua di bronzo Don Giovanni, in armatura di guerra, è rappresentato nell’atto di calpestare Alì Pascià, comandante degli ottomani; nella mano destra tiene il bastone a tre fasci simbolo della triplice alleanza e nel basamento di marmo sono affissi quattro rilievi in bronzo: un cartiglio celebrativo, la raffigurazione dei due schieramenti, le fasi finali dello scontro e il ritorno della flotta nel porto di Messina.

La statua era originariamente posta al centro del piano del Palazzo Reale. Dopo il terremoto del 1908 il monumento venne collocato nella Piazzetta dell’Annunziata del Guarini, sua sede attuale, e ad oggi rappresenta l’unica opera superstite di Calamech a Messina.

Fontana di Piazza Palazzo Reale

Una prima fontana nella Piazza Palazzo Reale fu fatta edificare nel 1612, presso la chiesa del Piliero, ma venne distrutta durante il combattimento tra le fazioni dei Merli e dei Malvizzi; venne ricostruita nel medesimo posto dall’ordine dei Trinitari Scalzi, per poi essere distrutta nel terremoto.

Ne conosciamo la struttura poiché è ben rappresentata nell’incisione del De Ghendt (“Vue de la place de Messine avec une partie du Port e du Palais des Vice-Roi” 1785 ca). Poggiata su scalini, il corpo principale era costruito da una grande nicchia affiancata da due coppie di pilastri; al centro della composizione vi era un altro pilastro dentro il quale erano scolpite tre nicchie decorate da pesci dalle cui bocche sgorgava l’acqua che si raccoglieva in piccole vasche.

Le principali chiese del quartiere

Il quartiere presentava numerose chiese, delle quali faremo una rapida rassegna.

La Chiesa e il monastero di San Girolamo, edificati con magnificenza nel 1542 dalla ricostruzione delle piccole chiese intitolate a San Girolamo e Sant’Aloe, furono distrutte dal terremoto del 1783. Il portale del convento sopravvisse fino alla successiva catastrofe del 1908, che distrusse le parti residuali del complesso, ad eccezione di alcune murature tuttora presenti all’interno dell’isolato 279A.

La Chiesa di San Carlo fu costruita in seguito al ritrovamento di un’icona della Vergine Maria con il bambin Gesù; fu intitolata al Santo dopo l’acquisizione della struttura (1684) da parte di Padri Trinitari Scalzi. In seguito alla distruzione del 1783, l’edificio fu ricostruito, ma non ebbe molto fortuna: nel 1849 fu incendiato durante i moti, nel 1866 fu espropriato da parte dello Stato, divenendo un ufficio delle poste, e nel 1908 crollò definitivamente.

La Chiesa della Candelora, di origine antica, venne così denominata nel 1507. Al suo interno sorgeva la tela raffigurante la Purificazione ad opera di Girolamo d’Alibrandi, squarciata dai bombardamenti del 1848. La struttura fu demolita due anni dopo.

La via Austria con le chiese di San Giuseppe e San Carlo e la Statua di Don Giovanni d’Austria – Fonte: “Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa”  ©Luciano Giannone, 2021

Alla prossima!

Terminata la nostra prima tappa, vi diamo appuntamento alla prossima puntata, in cui “visiteremo” il cuore della città di Messina: il quartiere Duomo.

 

Marta Cloe Scuderi

Fonti:

Luciano Giannone, Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa, Giambra Editori, Terme Vigliatore (ME), 2021.

Un angolo di Lombardia a Messina: il Quartiere Lombardo

©Andrea Rapisarda – Case Feltrinelli, Messina 2019

Posto in pieno centro, il Quartiere Lombardo nasconde una storia che in pochi conoscono, residenti e non della città dello stretto.

Una storia ricca di solidarietà e senso di unità nazionale, valori che al giorno d’oggi sembrano degli echi lontani che risuonano da una fonte ormai quasi esaurita.

Il nome infatti, così come i nomi delle vie che lo percorrono (Brescia, Cremona, Bergamo, Como), testimonia quanto sia stato importante l’apporto delle città lombarde nella ricostruzione di Messina dopo il disastroso terremoto del 28 dicembre 1908.

Fonte: storia della Croce Rossa

All’indomani della tragedia, si assistette a un’impressionante mobilitazione nazionale e internazionale, per provvedere alle immediate necessità della popolazione sopravvissuta.

Il clima di fervente solidarietà è espresso al meglio da un articolo del quotidiano Alinari: “sul vasto campo seminato di macerie e di cadaveri vedemmo piangere i fratelli di tutto il mondo, qui convenuti in nome di un sentimento che affratella uomini di diverse razze e di diverse parti. E fra questa gente noi ricordiamo oggi […] i buoni e generosi fratelli lombardi i quali […] vollero dare il primo esempio della resurrezione delle città distrutte”.

Questo “primo esempio” non è altro che il Quartiere Lombardo, in assoluto il primo post terremoto ad essere costruito in muratura e rispettando le norme antisismiche in quella che molti definirono la “città provvisoria” o “città di legno”, essendo costituita essenzialmente da baracche.

Rinascita urbanistica

Alla data dell’inaugurazione del quartiere (28 dicembre 1910), tra le macerie ancora in vista, gli edifici “si contavano ancora sulle dita di una mano”.

Case Lombarde e via Milano – Fonte: solnet.it

I cittadini, perso il patrimonio storico-monumentale-architettonico e con esso la loro stessa “messinesità”, avevano un disperato bisogno di una miccia che desse inizio a quel processo di rinascita edilizia in grado di restituire un volto alla città e alla comunità che essa ospitava.

Questa rinascita partì proprio dal quel nucleo di 23 edifici a due piani, tra i quali spiccava l’Orfanotrofio Lombardo, costruiti su un’area di 21.620 mq a ridosso del torrente Zaera (viale Europa).

In tutta la Lombardia, in particolar modo a Milano, si assisteva a una vera e propria gara di solidarietà, che coinvolse tanto le istituzioni quanto i privati cittadini, incoraggiati dal Corriere della Sera, che seguiva attentamente la mobilitazione, pubblicando ogni giorno la “lista dei sottoscrittori” con i nomi di coloro che decidevano di spendersi per la causa.

I protagonisti veri e propri dell’edificazione del quartiere furono:

  • L’Opera Pia Lombarda: con la donazione di 1.600.000 lire vennero costruite le 23 “Case Lombarde”, l’Orfanotrofio, l’asilo Carlo Castiglioni, intitolato al benefattore medaglia di bronzo al valore.
  • Il Comitato Lombardo: costituito dal senatore Ettore Ponti (ex sindaco di Milano), dal commissario Rusconi (industriale lombardo), dagli ingegneri Nava e Broggi che progettarono gli edifici. Si stima che il Comitato donò circa la metà dell’intero contributo materiale e finanziario nazionale pubblico e privato.

Anche il futuro santo Don Luigi Orione accorse immediatamente a Messina (e vi rimase dal 1909 al 1912) per soccorrere i superstiti e ricostruire un’identità religiosa ai margini del quartiere. Egli stesso celebrava messe in una delle prime chiese-baracche, Maria SS. Consolata, che divenne ben presto punto di riferimento della comunità locale.

 

Orfanotrofio Lombardo – Fonte: solnet.it

I materiali per edificare il quartiere furono forniti dalle società Ferrobenton S.p.A. e Fratelli Feltrinelli Legnami, entrambe fondate dal padre del noto editore Giangiacomo Feltrinelli.

Rinascita culturale

“Il Quartiere Lombardo fu la grata

dietro la quale

era rinchiuso il mondo.

Case senza radici

e senza storia

piccoli cubi di lardo salato

salso di mare

vento africano..”

Così recitano i versi del giornalista e poeta Giuseppe Longo (Messina 1910 – Roma 1995), che volle rendere omaggio in una raccolta omonima al quartiere dove visse all’indomani del terremoto.

In una città pervasa da un senso di sradicamento socio-culturale, il quartiere fu casa ospitale e centro di aggregazione per alcune delle più importanti personalità del mondo culturale italiano.

Numerosi movimenti d’avanguardia sorsero tra le Case Lombarde: dai futuristi messinesi (Jannelli, Vann’Antò, Vasari) tanto apprezzati dal padre del futurismo italiano Marinetti; ai poeti simbolisti, ai quali si deve la prima rivista simbolista d’Italia “Le Parvenze” (Calabrò, Camagna, Toscano, Restori).

Fino ad arrivare al premio Nobel Salvatore Quasimodo, all’intellettuale Giorgio La Pira, al poeta Tommaso Cannizzaro, al cronista Mario La Rosa e ancora al giurista Salvatore Pugliatti.

Il Quartiere Lombardo è stato quindi al centro della rinascita non soltanto strutturale, ma soprattutto intellettuale, di una Messina devastata dal terremoto.

 

Il Quartiere oggi

©Andrea Rapisarda – dettaglio Quartiere Lombardo, Messina 2019

Sebbene dei 23 edifici originali oggi siano solo 12 i superstiti, la città non ha mai dimenticato l’impegno profuso dai compatrioti lombardi.

Attualmente, il Quartiere si estende tra il viale Europa, via Salandra, via Catania e il Viale San Martino.

©Andrea Rapisarda – Quartiere Lombardo, Messina 2019

In via Brescia troviamo l’Istituto Don Bosco, che ha preso il posto dell’Orfanotrofio Lombardo nel 1930, oggi scuola e oratorio per centinaia di bambini e ragazzi. Due targhe commemorative, prima collocate nelle pareti dell’Orfanotrofio, sono state poste all’esterno della struttura nel 2008.

©Andrea Rapisarda – Quartiere Lombardo, Messina 2019

Immediatamente accanto è sito l’Istituto Don Orione, oggi casa di accoglienza, cinema-teatro e sede di uno storico cineforum, nonché una statua del santo.

©Andrea Rapisarda – Quartiere Lombardo, Messina 2019

Sul lato opposto  del viale Europa sorgono le Case Feltrinelli, donate dai fratelli omonimi, che recano una targa con parole di ringraziamento scritte da Cannizzaro.

In questo complesso intreccio di personaggi, istituzioni ed edifici, possiamo dunque ancora oggi ritrovare tutti i protagonisti di questa meravigliosa storia, semplicemente passeggiando per l’affollato centro messinese.

©Andrea Rapisarda – Quartiere Lombardo, Messina 2019

Le vicende del Quartiere Lombardo prendono così nuovamente vita, nella sempre più concreta convinzione che l’Italia abbia bisogno, ora più che mai, di reali esempi di solidarietà tra Nord e Sud, per superare ogni differenza, diffidenza e disparità.

 

Emanuele Chiara

 

Bibliografia

Sergio Di Giacomo, “Il Quartiere Lombardo, la nobile Milano e la Lombardia per la risurrezione di Messina dal terremoto del 1908” e la bibliografia in esso citata.

Teatro dei Naviganti: una speranza verde per il Fondo Pugliatti

Forse non in molti sanno che a Messina esiste una realtà teatrale chiamata Teatro dei Naviganti: un’associazione culturale nata nel 1996, fondata dagli attori Domenico Cucinotta e Mariapia Rizzo.
Cominciata l’avventura come teatro “nomade” (spintosi in tournée fin oltreoceano) il gruppo ha via via sentito il bisogno di avere uno spazio teatrale proprio: “volevamo essere anche noi un porto di approdo per le altre compagnie”, racconta Domenico Cucinotta. Ed è così che dal 2000, il gruppo teatrale sceglie come sede i Magazzini del Sale, in Via Del Santo, parte del quartiere Fondo Pugliatti: un quartiere che, tra abusivismo e rifiuti, si trova in stato di abbandono totale. Il Teatro dei Naviganti, oltre al raggiungimento degli obiettivi di ricerca teatrale, non ha mai perso di vista le sue finalità pedagogiche e sociali.
Non a caso, con il tempo, il teatro è stato integrato nel quartiere e, grazie all’entusiasmo degli abitanti, si è venuto a creare un clima di vera e propria collaborazione.

Un’unione di forze che, nel pomeriggio di Domenica 17 Aprile, ha generato un evento che potremmo definire di “svago artistico”.
Il palcoscenico? Il parcheggio della Via del Santo.
Ad aprire il tutto è stato un momento di gioiosa animazione per bambini con il versatile giocoliere del quartiere Mario Taviano.
A seguire, il fulcro dell’evento: una performance di danza contemporaneaFuori-dentro, dentro-fuori”, curata da Giovanni Scarcella, Giorgia di Giovanni e Mariapia Rizzo. I ballerini, infatti, dopo una studiata e toccante improvvisazione nel parcheggio, hanno attirato e coinvolto gli spettatori, conducendoli fin dentro i Magazzini del Sale dove si è svolta la seconda parte della performance, quasi a sottolineare l’unione tra teatro e territorio.

Abbiamo scelto il parcheggio come luogo simbolo dell’abbandono”, ci viene spiegato.
In effetti, il parcheggio è ormai da tempo utilizzato come discarica di amianto, elettrodomestici e cimitero di macchine carbonizzate.
Con l’evento, gli abitanti hanno voluto evidenziare lo stato di degrado del luogo, lanciando, allo stesso tempo, un’iniziativa: realizzare uno spazio verde, “”- come la chiama Domenico Cucinotta- con l’aiuto di chiunque vorrà contribuire. A contornare il tutto, poi, due cantori del luogo, musicisti, trampolieri, rapper e ballerini di breakdance: un momento di artisticità “made in Fondo Pugliatti” che, si spera, esploda concretamente nella speranza verde dei suoi abitanti.

 

Martina Galletta