“Touch Look Dance”: l’Università di Messina e il Centro Multiculturale Officina insieme per la prevenzione del tumore al seno

L’Università di Messina ha ospitato il management del Centro Multiculturale Officina nell’ambito del corso “Benessere psicologico e salute mentale nelle organizzazioni“, tenuto dal prof. Alessandro De Carlo all’interno del Corso di Laurea Magistrale in Psicologia Clinica e della Salute nel Ciclo di Vita. Questa iniziativa è nata dalla volontà di superare la canonica lezione dai connotati teorici fatta dal docente agli studenti, andando dunque a favorire la pratica del settore. Ne è conseguita una stretta collaborazione tra gli studenti e il management del Centro Officina per la realizzazione di diverse simulazioni di progetti di marketing sociale, con il fine di sviluppare e diffondere idee e concetti prosociali.

Il progetto “Touch Look Dance”: in cosa consiste?

Tra i due progetti selezionati durante la simulazione abbiamo quello denominato “Touch Look Dance”, il cui tema centrale è la prevenzione del tumore al seno. Il progetto verrà realizzato tramite la collaborazione attiva degli studenti e della Fondazione Siciliana per l’Oncologia E.T.S. Inoltre, la direzione artistica del Centro Multiculturale Officina ha già fissato sul calendario la serata della Giornata Internazionale della Donna (8 marzo) per proporre il tema della prevenzione, un dettaglio non di poco conto se si considera l’importanza che la tematica riveste nei confronti della donna. Per quanto riguarda il format, invece, alla base ci sarà la classica serata incentrata sul divertimento, a partire dalle 22.30, con l’aggiunta di dettagli in linea con gli obiettivi di prevenzione del progetto. Una sfida importante è quella di portare temi rilevanti senza stravolgere i contesti ma aggiungendo valore. In questa prospettiva, nel corso della serata, saranno i dettagli a fare la differenza (magliette a tema ecc.). “Un modo nuovo e diverso per portare all’interno di un Club tematiche di grande rilevanza, con lo scopo di indirizzare verso giusti valori una giornata, come lo è la giornata dedicata alla donna, troppo spesso sottovalutata.” Ha fatto sapere il Centro Multiculturale Officina tramite un post di Facebook.

“Sinergia tra divertimento, prevenzione e sensibilizzazione”: la voce degli studenti sul progetto

La peculiarità del progetto risiede certamente nell’unire concetti apparentemente diversi tra loro, come il divertimento e la sensibilizzazione, per il raggiungimento di un unico risultato: la prevenzione e la cura.

La studentessa Giulia Tavilla, a nome del gruppo di studenti che ha lavorato attivamente sul progetto, richiama questa unione come obiettivo della serata:  “L’idea è quella di far andare a braccetto divertimento, prevenzione e sensibilizzazione, di far capire che si possono mettere in atto entrambe, senza che una escluda l’altra. Siamo fieri di potervi presentare un lavoro che ci ha permesso di andare oltre alla semplice simulazione d’aula e di provare a fare qualcosa di concreto”. Non manca, inoltre, la piena soddisfazione per il lavoro svolto in collaborazione con il Centro, ma anche la vicinanza di idee con la Fondazione siciliana per l’oncologia che ha permesso la nascita del progetto: “Abbiamo avuto modo di confrontarci con la realtà del centro multiculturale Officina e scelto la Fondazione sentendoci sin da subito vicini al loro lavoro”.

Antonino Nicolò

Alzheimer: sarà possibile diagnosticarlo tramite un esame del sangue?

L’Alzheimer è una malattia cronico-degenerativa, caratterizzata da un progressivo impoverimento cognitivo: ad oggi, si stima che il 5% dei cittadini italiani con un’età superiore ai 60 anni, soffre di questa patologia, che comporta enormi difficoltà anche nello svolgere le attività della vita quotidiana.

Durante il decorso di malattia si osserva una progressiva degenerazione neuronale a carico delle aree celebrali. È stato dimostrato come questa degenerazione sia causata dall’accumulo di due proteine tossiche: la beta-amiloide e la tau, con conseguente atrofia delle aree celebrali e compromissione totale.

La sintomatologia dell’Alzheimer

L’esordio di questa malattia è solitamente subdolo, inizialmente non è facile riconoscere i sintomi, che spesso vengono confusi con dimenticanze dovute alla stanchezza o all’eccessivo stress. La patologia è infatti caratterizzata da una progressiva perdita di memoria, che però si manifesta con una sintomatologia talmente sfumata da essere difficilmente riconosciuta e diagnosticata in tempo.

Segno evidente di malattia è invece la progressiva degenerazione delle funzioni cognitive che si manifesta con: perdite di memoria riguardo parole, volti ed eventi recenti o ancora difficoltà prassiche, disturbi comportamentali, alterazione della personalità, disturbi della deambulazione, fino ad un quadro di demenza severa che comporta spesso l’allettamento.

Tali sintomi però sono rilevabili solo quando la patologia è già giunta a uno stadio avanzato, tanto da rendere i trattamenti ad oggi impiegati poco efficaci.

Alzheimer (demenza): disturbi e cause – ISSalute

Come viene trattato clinicamente ad oggi

Anche se non esistono attualmente farmaci in grado di curare la malattia o di arrestarne il decorso, è stato provato da diversi studi come l’utilizzo degli inibitori dell’acetilcolinesterasi all’insorgere della patologia sia particolarmente efficace.

Oltre ai trattamenti farmacologici esistono trattamenti di natura terapeutico-riabilitativa che si sono dimostrati efficaci nel rallentare il deterioramento cognitivo; tuttavia anche in questo caso l’inizio precoce di tali interventi determina maggiori benefici.

Ad oggi è possibile fare diagnosi di Alzheimer ragionando solo in termini di esclusione, con accertamenti medici che aiutano a scartare altre possibili cause, che possono scatenare la stessa sintomatologia. Ad esempio, si utilizzano Tac celebrali e test neuropsicologici, per escludere la presenza di un tumore celebrale, o di qualsivoglia lesione.

La blood biomarker challenge

Per provare a rispondere alle difficoltà diagnostiche e cliniche legate a questa patologia, alcuni istituti di ricerca medica britannici hanno intrapreso una collaborazione per un ambizioso progetto: la sfida dei marcatori sanguigni.

L’obiettivo di questa ricerca è riuscire a individuare nel sangue dei marcatori specifici per la patologia di Alzheimer, così da poter intervenire quando la patologia si trova ancora in una fase iniziale.

Diverse sono le ipotesi dei ricercatori: alcuni di questi esami ricercano nel sangue le tracce delle proteine beta amiloide e tau, altri individuano molecole ad esse connesse o proteine legate alla morte neuronale. Già una parte di questi test, ha mostrato di avere la stessa accuratezza ad oggi garantita dai prelievi di liquido spinale, che fa parte dell’iter diagnostico attuale; tuttavia, servono ulteriori ricerche per assicurarsi che tali esami siano effettivamente in grado di cogliere la giusta combinazione di biomarcatori nel liquido analizzato, a prescindere dalle differenze fisiologiche che caratterizzano ognuno di noi, senza restituire diagnosi errate.

Blood-based biomarker discovery points to early-stage Alzheimer’s test (newatlas.com)

Prospettive future della lotta all’Alzheimer 

La riuscita di questo progetto permetterebbe di accorciare i tempi necessari per dare un nome alla patologia e per intervenire clinicamente: infatti, come già evidenziato, tutti i trattamenti per rallentare il decorso di malattia danno migliori risultati se intrapresi precocemente, quando il danno neurale è ancora contenuto. L’obiettivo di questo progetto da 5 milioni di sterline è di somministrare ai pazienti lo strumento specifico entro 5 anni, ed è quello che ci auguriamo.

Marta Scuderi

Fonti:
  • Neurologia per le professioni sanitarie (Padovani, Borroni, Cotelli);
  • Focus: https://www.focus.it/scienza/salute/il-primo-esame-del-sangue-per-l-alzheimer-potrebbe-essere-pronto-tra-cinque-anni

L’editing genetico: il futuro per malattie su base genetica?

 

Introduzione

Come malattie cardiovascolari annoveriamo: infarto del miocardio, ischemia e scompenso al livello cardiaco. Infarto del miocardio è causato principalmente da un’ostruzione di quello che è il passaggio del sangue all’interno delle arterie non permettendo, quindi, un apporto corretto di ossigeno all’interno di quelli che sono i vasi che andranno ad irrorare il cuore. Può presentarsi in maniera acuta o subacuta, in maniera acuta nel peggiore dei casi si presenta senza i cosiddetti “segnali dall’arme” provocando in maniera istantanea la morte quindi infarto, o in maniera subacuta, quindi la fase subacuta determinata già da un’ischemia (che colpisce le arterie coronarie) protratta nel tempo che grazie alla presenza di segnali che potrebbero permetterne un riconoscimento come, dolori che possono coinvolgere il braccio sinistro e il collo, stanchezza.

Biomarcatori, elettrocardiogramma ed ecocardiogramma.

I biomarcatori che permettono il riconoscimento di infarto sono Troponina, Mioglobina e CK-MB. Gli esami come l’elettrocardiogramma ed ecocardiogramma, i quali ne consentono lo studio dell’organo in maniera differente, una sfrutta principalmente la rilevazione del ritmo anomalo che potrebbe presentarsi, l’altra riproduce l’immagine dell’organo attraverso ultrasuoni.

  1. Introduzione
  2. Biomarcatori, elettrocardiogramma ed ecocardiogramma.
  3. Fattori di rischio
  4. Cosa consigliano i medici?
  5. Cosa sono le placche aterosclerotiche?
  6. Perché Colesterolo “buono” o “cattivo”?
  7. I determinanti di salute e l’editing genetico, dove la scienza sta arrivando?
  8. L’utilizzo della tecnica CRISPR all’interno delle malattie cardiovascolari 

Fattori di rischio

Tra i fattori di rischio, si fa riferimento all’età, in età avanzata si può parlare di un decadimento fisiologico dell’organo in quanto c’è mancata produzione di fattori che permettono l’elasticità del cuore, o ancora la presenza di malattie congenite. Cattive abitudini di vita: fumo, alcol, cibo spazzatura, che promuovono la produzione delle placche arteriosclerotiche, e quindi ostruzione nel passaggio del sangue.

Fattori di rischio: https://www.studiocardiologiconangah.it/abcprevenzione.html

 

Cosa consigliano i medici?

Prevenzione e la promozione della salute, quindi andando a ridurre quelli che sono i fattori nocivi (alcol, fumo, cibo spazzatura, sedentarietà), e aumentare i fattori positivi che aumentando le condizioni favorevoli di vita, quindi uno stile di vita sano: seguire un’alimentazione corretta, sport, eliminare le sostanze nocive. Utile, inoltre, fare screening delle malattie cardiovascolari.

Prevenzione malattie cardiovascolari: https://www.ausl.pr.it/anteprima_opuscolo_cardiovasco_2016_1_1000.jpg?h=f4f5f60aab67f3791235b704bb63ed87713a5db7

Cosa sono le placche aterosclerotiche?
Le placche aterosclerotiche, nascono da continue lesioni all’interno dei vasi, dall’accumulo di colesterolo (LDL) definito “cattivo”, proprio perché invece di essere smaltito si va a depositare all’interno del lume dei vasi sanguigni riducendo il passaggio di sangue. Quindi l’ipercolesteremia può essere legata ad una predisposizione genetica che facilita l’accumulo di colesterolo e anche favorita dagli stili di vita poco sani.

Formazione delle placche all’interno dei vasi: https://www.cardiochirurgia.com/patologie/2016/aterosclerosi-prevenzione-diagnosi-trattamento

Perché Colesterolo “buono” o “cattivo”?

Il colesterolo, si scinde in HDL ed LDL, rispettivamente buono e cattivo. Buono e cattivo in base alla destinazione che “prende” il colesterolo, trasportato attraverso sacche lipoproteiche, il loro trasporto attraverso queste sacche, permettono le normali funzioni del colesterolo buono e l’esterificazione del colesterolo “cattivo”. Nel caso in cui, vi è un disequilibrio, il colesterolo “cattivo” o LDL non viene esterificato, e quindi accumulato. Questo disequilibrio viene favorito dalla genetica, e quindi ne determina l’accumulo.

I determinanti di salute e l’editing genetico, dove la scienza sta arrivando?

I determinanti di salute si suddividono in fattori modificabili (stili di vita), non modificabili la genetica e il sesso. In questa prospettiva, l’editing genetico, per quanto riguarda la predisposizione genetica nell’accumulo di colesterolo, sta contrastando “il fattore genetico” compreso all’interno di quelli che sono i fattori non modificabili. Utilizzando la tecnica Crispr, che agisce al livello del Dna con un meccanismo di taglio e di cucito, grazie all’ausilio dell’enzima Cas9, che taglia la sequenza “non corretta”, e grazie alla creazione in laboratorio della sequenza corretta, la cellula ingloba la sequenza corretta portando al funzionamento del gene stesso. La tecnica Crispr risulta essere una delle tecniche future nella correzione delle sequenze di DNA, di molte malattie. Quindi l’editing genetico, funziona attraverso due tecniche: silenziamento della sequenza scorretta, o grazie all’ausilio dell’enzima Cas9, viene identificata la sequenza e tagliata, per poi reinserire la sequenza corretta creata in laboratorio.

L’Utilizzo della tecnica CRISPR all’interno delle malattie cardiovascolari

Questo principio della tecnica CRISPR è stato applicato da uno studio condotto Verve Therapeutics di Boston, che si occupa della malattie cardiovascolari. Grazie a questa applicazione, i soggetti affetti da ipercolesteremia familiare hanno avuto un significativo abbassamento del cosiddetto colesterolo “cattivo”, ovviamente i benefici sono evidenti, ma i rischi incerti, in quanto si parla di uno studio sperimentale, ma si può sperare che getti le basi per una futura terapia.

Tecnica CRISPR: https://www.cambridge.org/core/services/aop-file-manager/file/582df76221b559de0536a2c2/CRISPR-1.jpg

                                                                                                                                                     Elisa Bentivogli 

Per approfondire

https://www.focus.it/scienza/salute/per-la-prima-volta-e-stato-usato-l-editing-genetico-per-abbassare-il-colesterolo

Malattie cardiovascolari: cosa sono e come prevenirle

https://link.springer.com/article/10.1007/s12013-015-0553-4

https://www.msdmanuals.com/it-it/casa/disturbi-cardiaci-e-dei-vasi-sanguigni/aterosclerosi/aterosclerosi

https://www.nature.com/articles/s41580-019-0190-7

https://www.focus.it/scienza/scienze/editing-genetico-crispr-come-si-fa

https://it.moleculardevices.com/applications/gene-editing-with-crispr-engineering

https://www.gvmnet.it/press-news/news-dalle-strutture/ecg-o-ecocardiogramma-quali-sono-le-differenze#:~:text=Qual%20%C3%A8%20la%20principale%20differenza,quindi%20la%20morfologia%20del%20cuore.

 

Intervista a Monica Calcagni in occasione della Giornata Mondiale dell’Endometriosi: la conoscenza come arma di prevenzione

Leggendo il libro edito da Sperling&Kupfer ”Cose da donne che anche gli uomini dovrebbero sapere” di Monica Calcagni, una frase in particolare ha attratto la mia attenzione: ”Voglio raccontare la medicina per come la conosco e la vivo io, esprimermi in merito alle cose da donne come diretta interessata, e aprire una breccia nel muro che separa medico e paziente”.
Condividendo a pieno il pensiero e seguendo la dottoressa da tempo sui social, in collaborazione con UniVersoMe ho invitato la dottoressa per discutere su delle tematiche che molto mi stanno a cuore, al fine di far conoscere a ragazzi e genitori patologie come l’endometriosi e sensibilizzare gli adolescenti e le famiglie al dialogo interpersonale su ”questioni” che ancora oggi risentono di quel fantomatico velo ”storico” di castità.

  1. Chi è Monica Calcagni
  2. Perché è stata istituita la giornata mondiale dell’endometriosi? E soprattutto, di cosa si tratta?
  3. Fin da bambine ci sentiamo ripetere che è normale avere mestruazioni dolorose. E’ veramente così? 
  4. L’ endometriosi è una patologia congenita o si sviluppa a seguito di un evento scatenante? Quali fattori possono attivare il campanello di allarme nei genitori o nel soggetto stesso?
  5. Secondo la sua esperienza, pensa che l’endometriosi sia una patologia così comune? Generalmente, quale terapia viene somministrata?
  6. L’endometriosi è una patologia prettamente femminile?
  7. Nell’approccio interpersonale, cosa consiglia di non dire a chi ha l’endometriosi? 
  8. Perché secondo lei le patologie legate all’apparato riproduttore non sono soggette al dialogo familiare e scolastico?
  9. Da professionista e madre, cosa sente di dire ai ragazzi e ai genitori che ci seguono? 
  10. Conclusioni

Chi è Monica Calcagni

Monica Calcagni è una dottoressa laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Roma ”Tor Vergata” e specializzata in Ginecologia e Ostetricia presso la medesima. Oltre a svolgere il lavoro per cui ha studiato, è anche una nota influencer che, con i suoi contenuti, ha debuttato sui social come ”ginfluencer”, raggiungendo oltre 250K persone su Instagram fino a 1MLN su TikTok. E se con i social ha raggiunto la popolarità tra i ragazzi, con la pubblicazione del suo libro è riuscita ad entrare nelle case degli italiani. Il suo curriculum è vasto e meritevole di nota, ma oggi preferiamo concentrarci su una patologia poco discussa e che rappresenta ancora un tabù, l’endometriosi. Oscura e non sempre silenziosa, affligge solo in Italia il 10-15% di donne in età fertile e oltre il 40% delle donne che hanno difficoltà a concepire.

 

Dottoressa Monica Calcagni

 

Dottoressa, perché è stata istituita la Giornata Mondiale dell’Endometriosi? E soprattutto, di cosa si tratta?

La Giornata Mondiale dell’Endometriosi è stata istituita al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica su questa patologia che può essere fortemente invalidante e che in Italia colpisce quasi tre milioni di donne. Probabilmente i numeri sono molto più alti, perché la diagnosi può arrivare anche dopo 8-10 anni.
Si tratta di una malattia infiammatoria pelvica che fino a qualche anno fa si pensava fosse dovuta alla localizzazione extra uterina dell’endometrio, il rivestimento interno dell’utero. Studi recenti hanno invece dimostrato che si tratta di un tessuto simile all’endometrio e, pertanto, si comporta più o meno come tale.
La sua localizzazione può avvenire a livello di organi pelvici, come utero e ovaie, ma anche di organi ben più distanti, come l’intestino.
Da non troppo tempo è stata inserita nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), per cui si può avere un’esenzione per poter effettuare un percorso diagnostico-terapeutico. Durante la giornata mondiale dell’endometriosi fioriscono una serie di iniziative finalizzate a sensibilizzare non solo le donne, ma anche gli uomini su questa importante patologia.

Fin da bambine ci sentiamo ripetere che è normale avere mestruazioni dolorose, quasi come se la cultura del dolore prevaricasse su quella della conoscenza. Mi rivolgo a lei, è veramente così? E’ normale avere dolori mestruali talvolta invalidanti e debilitanti?

Veniamo da un’educazione per cui la donna deve soffrire ‘’partorirai con dolore e con dolore avrai le mestruazioni’’. Qualsiasi ragazzina, io stessa quando avevo dolori mestruali, venivo tranquillizzata con la frase ‘’Abbiamo sofferto tutte, prima o poi passerà, aspetta di partorire’’ ma, in realtà, non è così.
Il dolore mestruale non è una cosa normale o che dobbiamo tollerare, piuttosto deve spingere a fare degli accertamenti. Nonostante questo, non significa che dolore mestruale voglia dire necessariamente endometriosi che è, invece, una patologia a volte silenziosa.
Il messaggio che io vorrei arrivasse non è finalizzato soltanto alle ragazze ma anche ai genitori. Non chiudete gli occhi, non evitate di portarle dal ginecologo perché avete paura che così possano essere autorizzate a fare qualcosa che voi non volete facciano. Piuttosto, pensate alla loro salute e fate in modo che possano vivere il rapporto con le mestruazioni in serenità e non come un dramma.

L’endometriosi è una malattia attorno alla quale ruotano svariate teorie. Ma facciamo un po’ di chiarezza. Dottoressa, l’endometriosi è una patologia congenita o si sviluppa a seguito di un evento scatenante? Quali fattori possono attivare il campanello di allarme nei genitori o nel soggetto stesso?

Sull’endometriosi si sa ancora molto poco. E’ recente lo studio che dimostra come la causa dell’endometriosi sia su base genica. Infatti, la probabilità di manifestare la malattia è dovuta alla mutazione di un gene che, inoltre, è stato rintracciato famiglie in cui c’era più di qualche caso di endometriosi. In commercio è possibile trovare un tampone salivare, l’ Endotest, che permette la diagnosi con un buon grado di affidabilità.
Tuttavia, non significa che l’unica causa sia la genetica. Un po’ come in tutte le malattie da una parte ci vuole la predisposizione, dall’altra degli agenti esterni come lo stile di vita, lo stress, lo smog, alterazioni ormonali che possono indurre la manifestazione  della malattia.
Il sospetto si ha quando i dolori mestruali sono invalidanti, quando si ha difficoltà ad avere una gravidanza o quando si soffre di stitichezza. Potenzialmente si potrebbe avere una localizzazione endometriosica a livello dell’intestino e invece non avere sintomi ginecologici. Quindi, fate i controlli a prescindere, perchè la maggior parte delle volte la scoperta dell’endometriosi è puramente casuale.

 

Fonte: wikiversity.org

Mi piace ricordare ai nostri lettori che fin dalla più tenera età ha coltivato il desiderio di essere medico delle mamme e, crescendo, delle donne. Secondo la sua esperienza, pensa che l’endometriosi sia una patologia così comune? Generalmente, quale terapia viene somministrata?

La diagnosi di endometriosi non è semplice. Spesso non si vede con l’ecografia o con risonanza magnetica, a meno che il tessuto non sia localizzato sulle ovaie o sul corpo uterino. L’unico esame che ci dà una diagnosi certa è la laparoscopia, una tecnica chirurgica.
Reputo che l’endometriosi sia una patologia più frequente di quanto si pensi. Sappiamo che colpisce il 10% delle donne in età fertile e quasi tre milioni di donne in Italia, ma bisogna considerare che c’è una grande fetta di donne a cui non viene diagnosticata perché sono asintomatiche e riescono ad avere gravidanze senza problemi.
Nella mia vita professionale ho diagnosticato tante endometriosi e di tante altre c’è il sospetto.
Purtroppo, ad oggi, non disponiamo di terapie che la curano, ma esistono quelle che permettono la gestione dei sintomi, come le terapie ormonali o l’utilizzo di dispositivi intrauterini.
Nelle donne asintomatiche, inoltre, è possibile somministrare anti-infiammatori che permettono di spegnere i focolai di flogosi.

L’endometriosi è una patologia prettamente femminile?

Gli ultimi dati ci dicono che l’endometriosi non è soltanto una patologia femminile ma può colpire anche gli uomini. E’ stato osservato il caso di un uomo con dolore addominale. La massa è stata asportata e, in seguito all’esame istologico, si è visto essere tessuto endometriale. Ci sono degli studi in corso atti a capire quali sono i sintomi che potrebbero manifestare gli uomini con endometriosi, così da trovare terapie finalizzate alla loro gestione. Ancora però bisogna fare molta strada, perchè purtroppo di questa patologia si conosce molto poco.

Nell’approccio interpersonale, cosa consiglia di non dire a chi ha l’endometriosi? Cosa vuole dire alle coppie?

‘’Avrai difficoltà ad avere bambini’’ o ‘’non diventerai mai madre’’.
Esistono quattro stadi dell’endometriosi, da quello più ‘’lieve’’ fino a quelli devastanti, che colpiscono non solo l’apparato riproduttore, ma anche l’intestino o organi lontani dalla pelvi. Questi ultimi portano a fare degli interventi chirurgici anche demolitivi, ma non vale per tutte le donne.
Quindi state tranquille, avere l’endometriosi non vuol dire avere un bollino rosso in fronte che etichetta come sterili o che implica l’intervento con certezza.
Molte donne hanno gravidanze senza alcuna difficoltà, alcune riescono ad avere una gravidanza a seguito di un percorso terapeutico. Altre, purtroppo, non riusciranno a realizzare il loro sogno.
Ai compagni consiglio di supportare le compagne soprattutto dal punto di vista emotivo e psicologico.

Perché secondo lei le patologie legate all’apparato riproduttore non sono soggette al dialogo familiare e scolastico?

E’ un problema di cultura. Si pensa che l’educazione sessuale sia equiparata all’ educazione pornografica, ma si tratta di due cose completamente diverse. Molte volte chi come me parla di sessualità e salute sessuale viene cancellato dai social, ma non ci arrendiamo! Speriamo pian piano che questa cosa venga superata, perché sensibilizzare alla sessualità significa anche prevenzione e conoscenza di patologie importarti come l’endometriosi che, molte volte, viene diagnosticata tardivamente perché appunto non si sospetta di avere.

Da professionista e madre, cosa sente di dire ai ragazzi e ai genitori che ci seguono?

Cari genitori, quello che mi sento di dire è di rispondere in maniera coerente a tutto quello che vi chiedono i ragazzi. Se su alcuni argomenti non siete preparati o non sapete come affrontarli, ammettete la vostra ignoranza e cercate insieme le informazioni. Sono certa che lo apprezzeranno.
Cercate di non sottovalutare i sintomi che vostri figli vi manifestano, non cercate di gestirli con il fai da te e con i rimedi della nonna. Piuttosto, andate da un professionista.
La stessa cosa fate con i vostri ragazzi, perché pian piano stiamo riuscendo a sensibilizzare i genitori sulle patologie femminili, ma ancora c’è un grandissimo tabù sui maschi che troppo poco vanno a fare la visita andrologica.

Conclusioni

“La libertà deriva dalla consapevolezza, la consapevolezza deriva dalla conoscenza, la conoscenza deriva dall’informazione, dallo studio e dalla lettura senza pregiudizi”.

Stefano Nasetti

Redattori UVM

 

Francesca Umina

Spermatozoi in ”carenza”: sarà un mondo di sole femmine?

L’importanza degli spermatozoi  per la determinazione del sesso della prole è significativo, in quanto, i gameti prodotti dalle gonadi maschili (i testicoli), andando a fecondare la cellula uovo (derivata dalle gonadi femminili, le ovaie), permettono mediante un articolato processo genetico di ottenere l’assetto cromosomico XX, fenotipicamente identificato con il sesso femminile, o XY, maschile.

Indice dei contenuti

  1. Spermatogenesi e spermiogenesi
  2. Maturazione dei gameti
  3. Struttura
  4. Ridotta produzione di spermatozoi, possibile causa di infertilità
  5. Conclusioni

Spermatogenesi e spermiogenesi

La gametogenesi è un processo che avviene nelle gonadi, mediante il quale si formano i gameti. Nel caso di quella maschile si parlerà di spermatogenesi. Gli spermatozoi derivano dalle cellule germinali (diploidi) o spermatogoni, che verranno prodotti attraverso un processo meiotico e di differenziamento. Negli individui di sesso femminile, invece, si parla di oogenesi o ovogenesi. Questo porterà alla produzione di cellule uovo che, durante il ciclo ovarico, si preparano ad essere fecondati fino a portare alla nascita del prodotto del concepimento. In caso di mancata fecondazione, l’ovulo viene rilasciato all’esterno della vagina determinando le mestruazioni.

www.chimica-online.it

Maturazione dei gameti

La maturazione dei gameti maschili avviene nei tubuli seminiferi, che sono costituenti del parenchima. Qui ogni cellula del Sertoli si trova ad avvolgere gli spermatozoi in maturazione. La maturazione degli spermatozoi avviene a partire dalla cellula germinale maschile, la quale andrà incontro a mitosi, producendo così due spermatogoni. Dopo un’ulteriore divisione verranno prodotti gli spermatociti primari. Questi ultimi, in un processo a cascata, maturano diventando spermatociti secondari, spermatidi aploidi (in numero pari a 4), fino a diventare spermatozoi.

www.unmedicopertutti.it

Struttura

Gli spermatozoi sono costituiti da una testa, un collo, una porzione intermedia e dalla coda, un vero e proprio flagello che ha come unità funzionale l’assonema costituito da microtubuli. Il flagello permette la motilità dello spermatozoo, funzionale al passaggio all’interno del canale vaginale fino al raggiungimento dell’utero e delle Tube di Falloppio.
Un altro fattore importante per la produzione degli spermatozoi è il sistema ormonale. Tutto parte dall’ipotalamo che, secernendo l’ormone GnRH (Gonadotropin Releasing Hormone), andrà a stimolare l’ipofisi anteriore che produrrà altri ormonichiamti gonadotropine FSH e LH. Il primo stimola le cellule di Sertoli, cellule dei tubuli seminiferi che sostengono le cellule germinali, per l’avvio della spermatogenesi, mentre il secondo stimola le cellule di Leydig, deputate alla produzione di testosterone, il quale è coinvolto nel processo di maturazione degli spermatidi.

it.bee-potent.com

Ridotta produzione di speramatozoi, possibile causa di infertilità

Alcuni studi mettono a confronto analisi di diversi periodi storici facendo emergere come il problema della riduzione di spermatozoi è collegato direttamente all’infertilità maschile. Inoltre, dal duemila ad oggi, si è visto come la produzione di spermatozoi si sia ridotta dell’oltre 50%, testimoniata da una raccolta statistica pubblicata su Oxford Academic.
Quali cause, allora, posso essere prese in considerazione?
Le cause della riduzione spermatica possono essere ricondotte sia a condizioni esterne che interne: per condizioni interne si fa riferimento a problemi genetici, alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi, facendo riferimento all’ipogonadismo che causa una lenta maturazione delle cellule germinali oltre a problemi legati anche al DNA spermatico.
Come fattori esterni si potrebbe far luce su una problematica evidente e tanto dibattuta come il cambiamento climatico, o ancora l’abuso di tabacco e la dipendenza da esso, l’uso di sostanze chimiche pericolose, tutti elementi che inibiscono la produzione e la motilità degli spermatozoi stessi.
Come può allora essere preservata la fertilità maschile? La fertilità maschile può essere valutata mediante lo spermiogramma, che permette l’analisi del contenuto spermatico, mentre può essere preservata migliorando le proprie abitudini e stile di vita, attuando diete sane ed evitando contatti ravvicinati delle gonadi con fonti di calore.
A tal proposito, perchè le gonadi maschili stanno all’esterno del corpo mentre quelle femminili all’interno? Affinchè possa avvenire la produzione degli spermatozoi è necessario che la temperatura sia più bassa rispetto a quella corporea che si aggira in torno ai 37 C°.

Conclusioni

Parlando di cause interne al problema, si potranno risolvere nel momento in cui la ricerca farà il suo percorso prevenendo danni genetici. Anche il cambiamento climatico è un qualcosa che sta ponendo a serio rischio non solo la riduzione della produzione degli spermatozoi e la procreazione, ma anche la salute della popolazione che deve far fronte a problemi, forse, mai esistiti prima di questo momento.
Quindi ciò che ci sentiamo di ricordare è proprio di iniziare da ciò che ci circonda per migliorare la qualità della vita, e soprattutto finanziare la ricerca per un futuro migliore.

Elisa Bentivogli

 

Bibliografia

https://academic.oup.com/humrep/article/13/suppl_1/1/788755?login=false

https://www.metabolismjournal.com/article/S0026-0495(17)30330-X/fulltext

https://academic.oup.com/biolreprod/article/104/3/508/5999903?login=false

https://www.focus.it/scienza/salute/fertilita-maschile-in-calo-il-numero-di-spermatozoi

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/mesh?term=Hypogonadism

https://link.springer.com/article/10.1007/s00120-021-01537-1

 

 

 

Train The Brain: prevenire il declino cognitivo

“Mens sana in corpore sano” dicevano i latini. Niente di più vero! Che l’attività fisica fosse un fattore fondamentale nella neuroprevenzione non lo scopriamo di certo nel 2022.
Da dieci anni viene svolto un progetto (che coinvolge centinaia di soggetti anziani dai 65 agli 89 anni) che ha come primi autori Gaia Scabia di Cnr-Ifc e dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’Università di Pisa e Giovanna Testa del Laboratorio di biologia della Scuola normale superiore e coordinato dal Professore Lamberto Maffei, chiamato Train the Brain“. 

 

Indice dei contenuti

  1. Cosa accade con l’invecchiamento
  2. Come mai le chemochine?
  3. Perché il sistema immunitario?
  4. Lo studio nel modello murino
  5. Risultati dello studio
  6. Conclusioni

Cosa accade con l’invecchiamento

L’interesse di questo progetto è quello di comprendere come i meccanismi molecolari neurobiologici funzionino in relazione all’interazione con l’ambiente, facendo impegnare i soggetti in attività fisiche e mentalmente impegnative. Tutto questo è stato possibile grazie alla collaborazione con Marco Mainardi del Cnr-In Margherita Maffei dell’Istituto di fisiologia clinica (Cnr-Ifc).
Particolarmente rilevante, in questo studio, è stato il monitoraggio della concentrazione nel sangue, nei soggetti aderenti al progetto, di una molecola infiammatoria chiamata CCL11/Eotaxin-1, la quale è in grado di attirare gli eosinofili (un componente leucocitario del sangue) e di attraversare la barriera emato-encefalica (BEE), il nostro filtro biologico protettore dei neuroni.
La capacità di questa proteina, definita come chemochina, di attraversare questo scudo biologico, ha conseguenze negative (se in concentrazioni alte) sulla neurogenesi ippocampale e sulla plasticità sinaptica, processi fondamentali per il mantenimento di una buona salute neurologica.

Fonte: wikipedia.org

Come mai le chemochine?

Le chemochine sono importanti tasselli del grande puzzle che compone il sistema immunitario. La loro secrezione è promossa dalla produzione di altre citochine ad opera dei macrofagi o dei linfociti NK, due guerrieri del nostro sistema immunitario. Giocano un ruolo importantissimo le cellule della microglia, popolazione di macrofagi residente nel nostro cervello che produce citochine. Esse favoriscono il rilascio di chemochine e, di conseguenza, se il livello di produzione è elevato rispetto alle normali concentrazioni fisiologiche, si ha un richiamo di leucociti eccessivamente alto con conseguenti processi infiammatori.

Perché il sistema immunitario?

Ma cosa c’entra il sistema immunitario? In condizioni normali, nel nostro cervello avviene spesso una “sistemazione” delle sinapsi, il collegamento tra un neurone e l’altro che rende possibile elaborare o produrre stimoli. Questo turnover sinaptico deve sempre essere mantenuto in equilibrio affinché non si abbia un danneggiamento delle funzioni cerebrali. Un malfunzionamento a carico di questi processi e un aumento del livello di citochine proinfiammatorie agiscono negativamente sulla normale plasticità cerebrale, promuovendo il declino cognitivo.
L’invecchiamento porta ad un aumento di concentrazione di CCL11 a livello ematico che impatta la buone salute del cervello promuovendo il processo di neurodegenerazione. 

Lo studio nel modello murino

Per poter comprendere al meglio gli eventi molecolari dietro questo processo, il progetto Train the Brain è stato ricreato in laboratorio sfruttando il modello murino, anche denominato topo comune, e una tecnica chiamata environmental enrichment (arricchimento ambientale, EE). Questo metodo consiste nel mettere a disposizione dei soggetti un ambiente stimolante con cui essi possono interagire.
L’interazione con l’ambiente è fondamentale nei processi neurologici: allenarci ci fa sentire meno stressati, raggiungere un traguardo ci fa sentire gioiosi mentre fallire ci butta giù.

Risultati dello studio

In effetti, i risultati erano evidenti e significativi! Sia nei partecipanti umani che nel modello murino, le analisi del sangue riportavano livelli di CCL11 molto più bassi dopo diverse sessioni dello studio rispetto a quanto non lo fossero prima. Infatti, nei topi, l’EE ha indotto una plasticità simil-giovanile nei soggetti adulti, mentre nelle popolazioni arricchite ma con livelli di CCL11 mantenuti alti artificialmente, si è osservato uno svantaggio rispetto alla popolazione allevata a livello standard in ambiente arricchito. I risultati più stupefacenti (comunque non troppo nuovi) furono riscontrati nei topi anziani transgenici per alcuni geni induttori dell’Alzheimer. In questi topi malati fu stimolata una più spinta e accesa neurogenesi grazie all’interazione con questo ambiente arricchito e stimolante.

 

Conclusioni

Tutti i processi che coinvolgono emozioni, stati d’animo, semplice benessere psico-fisico, sono il risultato degli stimoli provenienti dall’esterno. L’invecchiamento neuronale, la neurodegenerazione o, malattie neurodegenerative gravissime, come la demenza fronto-temporale o la malattia di Alzheimer, possono essere prevenute grazie ad una vita sana, un’alimentazione giusta, la lettura o lo studio e ad una costante e corretta attività fisica.

Giovanni Bruno

Bibliografia

https://www.lescienze.it/news/2021/09/17/news/una_possibile_chiave_per_contrastare_il_declino_cognitivo-4965645/

https://ihttp://www.ucp.istc.cnr.it/index.php/2012-05-28-21-15-32/il-centro-primati/11-animals/47-l-arricchimento-ambientale-che-cos-e

it.wikipedia.org/wiki/Chemochine

http://www.ucp.istc.cnr.it/index.php/2012-05-28-21-15-32/il-centro-primati/11-animals/47-l-arricchimento-ambientale-che-cos-e

 

 

I benefici di una camminata: tanta salute in “quattro passi”.   

“Camminare è la miglior medicina” scriveva Ippocrate già  nel IV secolo a.C., regalandoci la metafora  migliore che da tempi remoti accompagna il passaggio dell’uomo sulla Terra. Non a caso si dice che Aristotele intrattenesse i suoi discepoli passeggiando sotto le colonne del  porticato e Kant riuscisse a “ seminare i suoi gravosi pensieri “ in una passeggiata. 

Camminare era ed è l’attività più antica e naturale dell’uomo. 

    1. Benefici di una camminata 
    2. Intensità della camminata e obiettivo giornaliero
    3. Studio sperimentale
    4. Camminata lavorativa
    5. Benefici sul sistema cardiovascolare
    6. Corretto appoggio plantare
    7. Movimento delle braccia 
    8. Conclusione

 

Benefici di una camminata

“Mens sana in corpore sano” scriveva  Giovenale nelle sue Satire ( satire X, 356); a tal proposito, la scienza ha dimostrato che l’attività fisica è in grado di prevenire malattie fisiche e mentali. Per esempio, camminare ad un ritmo di 3–5 m/h (5–8 km/h) consuma energia sufficiente per soddisfare le raccomandazioni per un corretto stile di vita.
Meta-analisi hanno dimostrato che camminare ha vari benefici per la salute, inclusi effetti positivi su fitness, grasso e pressione sanguigna a riposo, controllo della pressione sanguigna,  perdita di peso,  depressione e prevenzione del rischio di malattie cardiovascolari. Inoltre favorisce la socialità, migliora l’umore e aiuta a dormire meglio. 

Intensità della camminata e obiettivo giornaliero

Sarebbero sufficienti 5 minuti di corsa al giorno per ottenere ottimi risultati, ma, come ben sappiamo, la corsa non è per tutti.  Gianfranco Beltrami, docente in Scienze motorie dell’Università di Parma, afferma che “il numero di passi va adattato all’età, alle condizioni di salute, al peso, al livello di allenamento: per un grave obeso o un paziente con problemi cardiovascolari anche 3.000 passi al giorno sono già un risultato apprezzabile. In generale, poi, può essere opportuno spezzare la camminata in due o tre volte nell’arco della giornata.».
Basterebbe una passeggiata di circa 20 minuti dopo pranzo e cena per agevolare digestionebenessere fisico.

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Studio sperimentale

Uno studio statunitense recente ha dimostrato che il “famoso obiettivo giornaliero”, di 10.000 passi, sarebbe per molti un’utopia, dato che la media si attesta tra i 5.000 e i 7.000 passi quotidiani. Sono state perciò misurate le abitudini di cammino di circa 3.500 volontari.
I ricercatori hanno osservato come anche un obiettivo più facile, come 3.000 passi al giorno ad andatura spedita, garantisca i medesimi effetti protettivi sui fattori di rischio cardiovascolari.

Camminata lavorativa

Diventa importante riuscire a non confondere la camminata benefica con la camminata dovuta ad attività ripetitive come avviene in vari settori lavorativi, per esempio nei settori agricoli, edili e persino nei lavori domestici .
Il presidente della Fondazione Centro per la Lotta contro l’infarto, Francesco Prati, afferma: «L’attività fisica lavorativa spesso è fatta di sforzi ripetitivi, posture statiche o il sollevamento di pesi, non riducono la frequenza cardiaca né la pressione, anzi le aumentano con conseguenze negative sul benessere di cuore e vasi; inoltre, sul lavoro, i tempi di recupero dallo sforzo sono inferiori e questo porta un aumento dei livelli di infiammazione >>

Benefici sul sistema cardiovascolare

Un’attività fisica, come una camminata, che prevede l’impegno della muscolatura degli arti inferiori, garantisce un pompaggio diretto dei muscoli sulle vene, così da favorire il ritorno venoso dalla periferia al centro. In particolare, a livello plantare trova luogo la Soletta venosa di Lejars che favorisce l’azione di pompa muscolare e dunque il ritorno del sangue ai distretti superiori. Si tratta però di un “letto” di capillari molto piccoli, contenente una quantità di sangue ridotta.
Lunghi periodi di tempo seduti possono causare un ristagno venoso, è quindi importante sgranchirsi spesso le gambe, o passeggiare a piedi nudi per qualche minuto.

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Corretto appoggio plantare

Ogni persona ha un suo baricentro che garantisce la corretta posizione spaziale dell’organismo. Qualsiasi causa che comporta una alterazione del baricentro viene considerata dannosa per l’organismo. Questo è fortemente vincolato dalla tipologia di appoggio del piede su qualsiasi superficie, per questo motivo è necessario appoggiare correttamente i piedi.
 Esistono due differenti tipi di appoggio:
 

  • appoggio sul tallone, utilizzato dalla maggior parte delle persone senza rendersene conto. Il tallone è la prima zona a toccare il suolo, seguita da avampiede e, per ultimo, dalle dita. Si tratta della modalità più comunemente diffusa, ma non della migliore, in quanto spesso è motivo di dolori alla colonna vertebrale oppure alle articolazioni;
  • appoggio sull’avampiede, è l’avampiede che entra per primo a contatto con il terreno, attivando i muscoli del piede e non gravando sulle ossa del tallone e della caviglia. Tale modalità contribuisce a preservare la salute di tendini, legamenti e articolazioni, potenziando anche la tonicità delle fibre muscolari.

 

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Movimento delle braccia 

Muovere le braccia in maniera giusta durante la camminata è fondamentale per una distribuzione tra lo sforzo degli arti inferiori e parte superiore del corpo.
Le braccia sono in grado di imprimere il ritmo, sia all’attività motoria, che alla respirazione: il loro movimento deve essere fluido e senza tensioni, così da evitare problemi alla schiena, spalle e collo.
Il movimento di braccia e gambe deve procedere in senso alternato: quando l’arto superiore sinistro avanza, quello inferiore rimane indietro e viceversa, allo scopo di imprimere il ritmo in maniera efficace e produttiva.

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Conclusione

Risulta davvero difficile elencare tutti i benefici che una semplice passeggiata  ci regala, ma dal momento che questa impegna corpo e mente  in tutte le sue componenti vitali non è neanche necessario  elencarli poiché  il loro benessere lo si vive e lo si sente e ci rende sereni.

 Bruce  Chatwin: “Io camminando ogni giorno raggiungo uno stato di benessere e mi lascio alle spalle ogni malanno…pensieri migliori li ho avuti mentre camminavo e non ricordo pensieri così gravosi da non poter essere lasciati alle spalle con una camminata.”

       Elena Fortuna

Per approfondire:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3197470/
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6801055/
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6313311/
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7734587/
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4453623/
https://www.atuttasalute.it/il-piede-la-salute-e-la-bellezza-partono-dal-basso/
https://www.corriere.it/salute/muscoli-ossa-articolazioni/21_novembre_23/sul-corriere-salute-benefici-mentali-fisici-sport-piu-naturale-camminare-de005dbe-4ad6-11ec-be32-a40a18c10418.shtml

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Solo in Italia, secondo il Ministero della Salute, le donne affette da endometriosi sono almeno tre milioni, ovvero tra il 10 e il 15% tra quelle in età fertile, e nel 30-40% dei casi la patologia è causa di sub-fertilità o infertilità. Eppure, la maggioranza della popolazione è all’oscuro della sua esistenza. Una limitata consapevolezza della patologia è infatti causa del grave ritardo diagnostico. La diagnosi arriva spesso dopo un percorso lungo e dispendioso, il più delle volte vissuto con gravi ripercussioni psicologiche. Al contrario, una pronta diagnosi e un trattamento tempestivo possono migliorare sensibilmente la condizione e prevenire l’infertilità.

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