Immaginare una Messina del futuro

Troppe volte abbiamo ripetuto ora per rassegnazione, ora per scherno la frase «a Messina non c’è nenti» senza riflettere sul suo senso profondo. Profondo perché connotato da un forte atteggiamento di immobilismo: verità innegabile che Messina non presenta le stesse opportunità di altre città europee o connazionali, ma anche segno di accettazione passiva di uno status quo che è diventato fin troppo comodo per il messinese.

Eppure, recenti notizie sembrerebbero portare una certa aria di cambiamento. Si sta muovendo davvero qualcosa o sarà l’ennesimo buco nell’acqua? Prima di scoprirlo, proviamo ad immaginare quel che potrebbe essere una Messina del futuro, proiettata nell’arco temporale che va da qui al 2034.


Il Ponte sullo Stretto

Fonte: WeBuild

Favorevoli o contrari, convinti della buona riuscita di questo progetto o meno, i recenti passi avanti del Ministero delle Infrastrutture nel progetto del Ponte sullo Stretto hanno contribuito a scrivere la – già millenaria – storia di quest’opera gigantesca, destinata ad essere il più lungo ponte sospeso del mondo (come riportato dal Wall Street Journal).

Assieme all’impalcato che svetterà sulla punta della Sicilia orientale è prevista la costruzione di una sede ferroviaria a doppio binario, nonché di altre opere di collegamento quale una stazione metropolitana di Messina con tre fermate ferroviarie in sotterraneo (Papardo, Annunziata, Europa).

Una vera e propria rivoluzione che colpirà il tessuto urbano dello Stretto per un ammontare del 40% del finanziamento dell’intero progetto.

Rigenerazione del Waterfront

Anche uno dei punti più suggestivi della città costiera è destinato a cambiare volto attraverso un piano di riqualificazione dell’ex Fiera internazionale di Messina seguito dall’architetto Giovanni Lazzari, ex presidente dell’Ordine degli architetti.

Fonte: Gazzetta del Sud

La ex Fiera, in questo momento in demolizione, diverrà infatti un Parco urbano e naturale continuazione della passeggiata a mare. La realizzazione del parco verrà preceduta da una riqualificazione con messa in sicurezza della corrispettiva zona dell’ex Fiera che consisterà in intervento di manutenzione e di restauro, la cui gara è ancora in corso.

Lo scopo ulteriore dell’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto sarebbe di portare all’unisono l’intero waterfront della città con degli interventi di riqualificazione architettonica e paesaggistica dei compendi edilizi e delle aree demaniali esistenti tra il torrente Boccetta ed il torrente Giostra, sulla base di una progettazione che si trova nelle fasi finali di aggiudicazione.

MaXXI Med

La cultura che scende da Roma e si colora di blu e d’azzurro, i colori del Faro. Le Torri Morandi, testimonianza di una remota architettura industriale, diverranno quel ponte figurativo tra l’Italia insulare e continentale che accoglierà un polo museale incentrato sull’arte contemporanea denominato “Polo della Creatività del Mediterraneo”, sede distaccata del MAXXI Med di Roma.

Il museo MAXXI di Roma e le Torri Morandi a destra

L’area della riserva di Capo Peloro, già luogo di numerose manifestazioni culturali (si pensi al Festival degli Aquiloni e ai diversi concerti estivi ospitati proprio dove sorgeva la vecchia zona Sea Flight), sarà protagonista assieme ai Laghi di Ganzirri di un progetto quadriennale di riqualificazione che prevede non solo la manutenzione ordinaria a cadenza mensile, ma anche continui lavori di spazzamento e pulizia manuale dei fondali e delle sponde. Un progetto, quindi, volto a dare nuova vita alla bellezza naturale della zona.

Restyling del Viale San Martino e della linea tranviaria

Abbiamo già parlato delle opere di collegamento che verranno realizzate in concomitanza col ponte, ma anche il manto stradale cittadino avrà un aspetto tutto nuovo.

Per migliorare la viabilità cittadina, infatti, il Consiglio comunale ha deciso di partire dalla totale pedonalizzazione del Viale San Martino, che quindi verrà portato ad un unico livello; seguirà la riqualificazione della linea tranviaria inaugurata nel 2003 e che da quel momento non è mai stata oggetto di grandi innovazioni.

Rendering del Viale San Martino pedonalizzato e livellato. Fonte: LetteraEmme

L’intero impianto sarà per questo motivo soggetto ad un’opera di “restyling”, con il rifacimento dei due capolinea, Bonino e Annunziata, e delle pensiline. Proposto anche il passaggio al binario unico, che però è in attesa di un parere del Ministero delle Infrastrutture.

Lo scopo principale dell’opera sarà ridurre i disservizi causati dagli innumerevoli ritardi delle vetture e dovuti, in parte, al percorso tranviario ricco di curve e semafori che ne ostacolano la circolazione. Anche per questo l’ATM Messina sta continuando a dotarsi di nuove vetture che suppliscano ad eventuali malfunzionamenti di quelle più vecchie.

Riqualificazione Messina
Il parco Aldo Moro. Fonte: Gazzetta del Sud

La stessa Cortina del porto potrebbe cambiare grazie all’abbattimento delle barriere per favorire l’accesso al mare. Potremmo vedere più interventi dedicati all’ampliamento del verde pubblico, come quello che di recente ha interessato il parco Aldo Moro.

Servizi di sharing

Da ultimo (ma non meno importante), l’intensificazione dei servizi di sharing potrebbe scrivere la storia di una città più verde e più sostenibile. Da qualche giorno circola la notizia dell’arrivo di mille nuovi mezzi dalla società Verde Mercurio, la prima a fornire il servizio cittadino già dallo scorso ottobre.

A Verde Mercurio si aggiungeranno altre tre aziende: Voy Technology, Toogo e Vento.


Non possiamo ancora definire con chiarezza che piega prenderanno i progetti appena elencati, né quelli che verranno presentati in futuro. Dopotutto, la storia di Messina è una storia di occasioni mancate. È la cosiddetta “città dei rendering”, di progetti che solo in piccola percentuale vengono poi realizzati.

Se il cambiamento infrastrutturale sfugge dai poteri dalla cittadinanza messinese, lo stesso non vale per l’atteggiamento psicologico di fatalismo e immobilismo che spesso ci definisce. In fin dei conti, riuscire anche solo ad immaginare una Messina del futuro ci spinge a non ignorare più il grande potenziale che cela il bel territorio peloritano.

Valeria Bonaccorso

Guerra Russia-Ucraina: il punto sulla situazione

Il conflitto tra Russia e Ucraina, iniziato il 24 Febbraio, non accenna a placarsi. Dopo il periodo di apparente stasi, durante le stagioni estive, la tensione è di nuovo altissima a causa degli ultimi avvenimenti. Nel mese di settembre, infatti, le milizie ucraine hanno quasi totalmente ribaltato la situazione, sfondando il muro delle truppe sovietiche in alcune zone precedentemente occupate. Questo ha spinto i vertici del Cremlino a minacciare l’uso di armi nucleari tattiche.

 

L’attacco al ponte tra la Russia e la Crimea

Nel mese di ottobre, seppur appena cominciato, la situazione non fa altro che aggravarsi. Lo scorso 8 ottobre, a seguito di una violentissima esplosione, è crollata una parte del ponte che collega la Russia alla Crimea. Ad oggi vi sono ancora molti dubbi riguardanti le cause e i mandanti dell’attentato. L’autorità antiterrorismo russa ha comunicato che il crollo sarebbe stato conseguente all’esplosione di un camion che trasportava carburante.

Più che cercare di capire chi sia il possibile mandante o interrogarsi sulle difficoltà logistiche dovute al crollo dell’unica strada che collega Russia e Crimea – difficoltà quasi inesistenti dato che è stata completamente riparata in un giorno – occorre comprendere fino in fondo la gravità di un attacco di questo tipo.

Il ponte di Kerč, dopo la sua costruzione nel 2014, è divenuto di fatto il simbolo dell’annessione della Crimea. Particolarmente emblematica fu l’inaugurazione del segmento del trasporto su gomma compiuta da Putin alla guida di un camion nel maggio del 2018.

L’Ucraina non ha rivendicato l’attacco anche se il presidente Volodymyr Zelensky si è mostrato “non troppo dispiaciuto” dell’accaduto. Queste le sue dichiarazioni:

«Oggi è stata una bella giornata, per lo più soleggiata sul nostro territorio. In Crimea era nuvoloso, ma faceva caldo»

Il Ponte subito dopo l’esplosione. Fonte: adnkronos.com

La risposta della Russia: missili su Kiev

Come pronosticabile la replica da parte delle autorità sovietiche è stata repentina ed è stata sia verbale che, purtroppo, militare.

«Questo è un atto terroristico e un sabotaggio commesso dal regime criminale di Kiev. Non ci sono dubbi e non c’erano. Tutti i rapporti e le conclusioni sono chiari. La risposta della Russia a questo crimine può essere solo la distruzione diretta dei terroristi. Questo è ciò che i cittadini russi stanno aspettando»

Sono state queste le parole del vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev. Un’uscita che ha lasciato poco spazio ai fraintendimenti e che si è rivelata in seguito tutt’altro che una semplice e innocua minaccia. Dopo circa un giorno dall’esplosione del ponte, infatti, la Russia ha effettuato un attacco missilistico su tutto il territorio ucraino. L’offensiva ha causato diversi morti e altrettanti feriti e che ha destabilizzato notevolmente i cittadini, soprattutto a Kiev. La capitale infatti, dopo mesi di stabilità, è stata la città più colpita.

Si è dimostrato particolarmente scosso dall’attacco anche Zelensky che nelle ore successive ha diffuso un messaggio, carico di frustrazione e ira, tramite Telegram. Questo il testo:

«Vogliono spazzarci via dalla faccia della terra. distruggi la nostra gente che dorme a casa a Zaporizhzhia. Uccidi le persone che vanno a lavorare a Dnipro e Kiev. L’allarme aereo sta continuando a suonare in tutta l’Ucraina. Ci sono missili che colpiscono. Purtroppo ci sono morti e feriti.»

Immagine di un missile caduto su Kiev. Fonte: lastampa.it

Le reazioni degli altri Paesi: convocato un G7 straordinario

Non solo il presidente ucraino, anche gli altri capi di Stato delle forze occidentali sembrano essere preoccupati per i possibili sviluppi legati al conflitto. In particolare, il presidente Joe Biden nei giorni scorsi si era esposto abbastanza duramente riguardo alla possibilità di un’escalation nucleare, da lui definita “un’apocalisse“. Al fine di smorzare la situazione è intervenuto il segretario di stato degli Usa, Antony Blinken, che si è mostrato aperto ad una possibile soluzione diplomatica chiarendo, però, che:

«Mosca sta andando nella direzione opposta. Quando la Russia dimostrerà seriamente di essere disposta a intraprendere la strada del dialogo noi ci saremo.»

Intanto nella giornata di ieri si è tenuto, in modo virtuale, un vertice speciale del G7, in cui le nazioni partecipanti hanno ribadito la volontà di dare appoggio all’Ucraina e di colpire la Russia tramite l’imposizione di ulteriori sanzioni economiche. Collegato anche Zelensky che prima dell’incontro ha dialogato privatamente con Mario Draghi.

Francesco Pullella

Che fine ha fatto il Ponte sullo Stretto?

Da tanti anni si discute di una possibile costruzione di un ponte sullo Stretto di Messina. Esso non è stato edificato, non tanto per la non volontà di farlo, quanto per le molte problematiche legate alla sua realizzazione.

Queste problematiche si sono moltiplicate e diversificate nel corso della storia.

Le prime idee di un ponte sullo Stretto

 Gli antichi romani furono i primi a pensare ad un ponte sullo Stretto. Ma l’idea era più quella di un ponte di barche, perché all’epoca non c’erano i mezzi per costruire il ponte. Questo però avrebbe impedito il transito di altre barche sullo Stretto. A ciò si aggiungevano l’irregolarità dei fondali marini e la presenza di venti in una zona sismica. Costruire il ponte era quindi impossibile.

Ponte di barche sullo stretto di Messina – Fonte: Strettoweb.com

Successivamente, anche il Re delle due Sicilie Ferdinando II di Borbone, attorno al 1840, pensò alla realizzazione di un ponte, ma a causa degli alti costi rinunciò al progetto.

Dall’Unità d’Italia fino alla Seconda Guerra Mondiale

Nel 1870 era nata l’idea di un possibile allacciamento sottomarino, della lunghezza di ventidue chilometri, proposto dall’ingegnere Carlo Alberto Navone. Il progetto prevedeva di entrare in galleria a Contesse, scendere a centocinquanta metri, sottopassare Messina e Ganzirri, giungere a Punta Pezzo e risalire a Torre Cavallo.

Mappa dell’allacciamento sottomarino – Fonte: Siciliaintreno.org

Nel periodo precedente i due conflitti mondiali ci fu un evento catastrofico che sconvolse le due città di Messina e Reggio Calabria: il terremoto del 1908. Questo causò enormi danni; nonostante ciò nel dopoguerra il discorso del ponte non era ancora chiuso.

I danni causati dal terremoto del 1908 – Fonte: Focus.it

Il progetto nel Dopoguerra

Nessuna delle proposte fatte durante le due guerre mondiali fu realmente presa in considerazione. Nel 1952 il progetto del ponte fu rilanciato dall’ACAI, l’Associazione dei Costruttori Italiani in Acciaio, che incaricò l’ingegnere David Steinman di redigere un progetto. L’ipotetico ponte avrebbe dovuto scavalcare lo Stretto in tre balzi con due piloni, alti duecentoventi metri sopra il livello dell’acqua e per centoventi metri sotto il mare, con ascensori di controllo dal basso verso l’alto. La costruzione richiedeva il lavoro di dodicimila operai e una spesa intorno ai cento miliardi di lire. Furono allora avviati studi geofisici e ambientali con lo scopo di realizzare un collegamento stabile tra la Sicilia e il continente.

L’ingegnere David Steinman – Fonte: Lindahall.org

Il nuovo millennio. La fase berlusconiana e il coinvolgimento della mafia.

Nel 2001, i due principali candidati alla guida del governo, Silvio Berlusconi e Francesco Rutelli, annunciarono il loro sostegno a una possibile costruzione del ponte. Nell’Ottobre del 2005, l’associazione temporanea di impresa Eurolink S.c.p.a vinse la gara d’appalto per la costruzione del ponte. Ma il 4 Novembre dello stesso anno, la DIA (Direzione Investigativa Antimafia) informò il Parlamento italiano del tentativo di Cosa Nostra di interferire sulla realizzazione del ponte. Fu avviata l’inchiesta.

Nel 2007 il secondo governo Prodi avrebbe voluto ritirare l’appalto, ma il Ministro dei trasporti Alessandro Bianchi e il Ministro delle infrastrutture Antonio di Pietro, assieme al centrodestra, si opposero e accorparono la Società “Stretto di Messina” all’Anas. Il motivo risiedeva nella volontà di evitare il pagamento delle penali per la mancata esecuzione dei lavori.

Nel 2008 il quarto governo Berlusconi volle riprendere il progetto. I lavori avrebbero avuto inizio nel 2010, per terminare nel 2016; ma nel 2011 l’Unione Europea non ha incluso il ponte tra le opere destinate ad avere finanziamenti economici.

Nel 2012 è stata completata a Villa San Giovanni la prima opera propedeutica al ponte, che consiste nella variante della linea ferroviaria Cannitello-Villa San Giovanni.

Nel 2013 la Società “Stretto di Messina” è stata liquidata.

Gli sviluppi più recenti hanno condotto -l’anno scorso- alla nascita dell’intergruppo parlamentarePonte sullo Stretto. Rilancio e sviluppo italiano che parte dal Sud“, composto principalmente dalle forze politiche Italia Viva, Forza Italia e Lega.

Un’ipotetica immagine del Ponte sullo Stretto – Fonte: ilsole24ore.com

Farlo o non farlo?

Rimane dunque sempre in discussione il discorso legato alla realizzazione o meno  del ponte.

Tanti affermano che esso sia un progetto futuristico, che si realizzerà. Tanti altri sono scettici sulla sua costruzione. Molti affermano che il Ponte sullo Stretto sia inutile, dato il viavai di navi da Reggio Calabria a Messina.

Il ponte, per ora, resta un mistero.

La domanda che ci siamo posti circa due anni fa è ancora attuale: perché abbiamo paura del Ponte sullo Stretto?

 

Roberto Fortugno

 

Immagine in evidenza

Fonte: ilsole24ore.com

 

 

Perché abbiamo paura del Ponte sullo Stretto?

Paura: stato emotivo consistente in un senso di insicurezza, di smarrimento e di ansia di fronte a un pericolo reale o immaginario o dinanzi a cosa o a fatto che sia o si creda dannoso […]

Questa è parte della definizione di paura tratta dall’enciclopedia Treccani; come potete notare, non sono esclusi i pericoli immaginari, elemento che rende valido il titolo di questo articolo. Perché – ad oggi – siamo ancora sul piano dell’immaginazione.

Fare un bilancio dei pro e contro sulla realizzazione di un’infrastruttura così imponente potrebbe sembrare una sfida ardua per chiunque: basti pensare ai numerosi aspetti da tenere in considerazione, che richiederebbero certamente un approccio multidisciplinare. Approccio che, per ovvi motivi, non sono in grado di adottare e che – in questi casi – è affidato, tra le altre possibilità, a una VIA (Valutazione dell’Impatto Ambientale) per comprendere a fondo quale sarà l’effetto a breve e lungo termine della realizzazione di una nuova opera pubblica nel contesto in cui sarà edificata.

La valutazione di impatto ambientale (VIA) è una procedura amministrativa di supporto per l’autorità competente (come Ministero dell’Ambiente o Regione) finalizzata ad individuare, descrivere e valutare gli impatti ambientali di un’opera, il cui progetto è sottoposto ad approvazione o autorizzazione (DL 152/06 – art. 5, lettera b) – Fonte: tuttoambiente.com

Mi sono chiesto, da cittadino messinese, cosa mi spaventasse realmente di questa gigantesca opera edilizia; già in questa definizione ho trovato alcune risposte.  Ma andiamo per ordine: ricostruire le complesse vicende che hanno portato alla progettazione e – ad oggi – mancata realizzazione del Ponte non basterebbe un articolo ben approfondito. In breve, dopo oltre 20 anni di progetti, annunci e gare d’appalto, con il Dpcm del 15 aprile 2013, Stretto di Messina S.p.A. ovvero la società concessionaria costituita nel 1981 (in attuazione della Legge 1158/71) “per la progettazione, la realizzazione e l’esercizio dell’attraversamento stabile stradale e ferroviario tra la Sicilia e il Continente”, viene posta in liquidazione con la nomina di un Commissario Liquidatore. Da quella data in avanti nessuna società ha avuto l’incarico di “occuparsi” del ponte, nonostante vari proclami politici.

Il tema è tornato prepotentemente attuale in vista della gigantesca iniezione di liquidità (seppur in parte con modalità di prestito) che arriverà nei prossimi anni dall’Europa, con il tanto faticosamente raggiunto accordo sul Recovery Fund: l’UE stessa ci chiede di rendere più efficiente l’amministrazione del nostro Paese. Ed è proprio questo il punto cruciale: come ci “comportiamo” in Italia quando si tratta di grandi opere pubbliche?

L’ormai celebre foto scattata ai principali leader europei con la Presidente della Commissione Europea

Ammetto di aver cercato tanti esempi a riguardo, provando anche a chiudere un occhio sulle macroscopiche differenze tra nord e sud; sta anche a voi, cari lettori, documentarvi in tal senso. La mia impressione è però certamente negativa, tra progetti finanziati ma mai realizzati e strutture abbandonate all’incuria. Anche il fattore tempo non sembra giocare a nostro favore, con ritardi su ritardi accavallati a proroghe, rinvii e tutti i sinonimi che più vi aggradano.

Introduco a questo punto la “questione ambientale”: giusto qualche settimana fa, pubblicavamo un articolo su flora e fauna dello Stretto, dopo una piacevole chiacchierata con la prof.ssa Nancy Spanò, delegata UniMe alle politiche ambientali. Cosa accadrebbe alla biodiversità, unica nel suo genere, del nostro mare? E alla buona qualità delle acque, oggetto dello studio coordinato proprio dalla professoressa? Difficile negare un “intoppo” di questo tipo, in un mondo che è sempre stato poco attento all’ambiente e che a fatica cerca di cambiare rotta. Anche mettendo da parte il mio sostegno incondizionato alle green policies, il problema, oggettivamente, permane.

Fondali dello Stretto

Come districarsi dunque in questa annosa questione? Si tratta, come sempre, di una bilancia rischio-beneficio. Tuttavia questo non significa aver risolto i dubbi con facilità; piuttosto, è necessario soppesare entrambi i lati della bilancia metaforica per comprendere quale sarebbe la scelta migliore. Sicuramente non un gioco da ragazzi.

Ma qual è l’altro lato della bilancia? Facile intuire che stiamo per parlare di economia. Una delle prime “preoccupazioni” delle civiltà più antiche di cui ci sono pervenute testimonianze è stata certamente la vicinanza a fonti di sostentamento per stabilirsi in una determinata zona. Il problema immediatamente successivo è stato collegare aree diverse, qualora le risorse fossero non sufficienti o comunque non successivamente diversificate. Non a caso, le zone più impervie sono sempre state le meno popolate. Le comuni strade, che hanno reso celebri civiltà come l’antica Roma, sono state la chiave per il progresso, sia dal punto di vista commerciale che culturale, mettendo in contatto realtà diverse (non sempre con intento propriamente pacifico).

Via Appia, Roma – Fonte: Wikipedia

Basti pensare a quanto oggi questo concetto sia esasperato dalle moderne tecnologie, che permettono di collegare in un attimo – seppur in forma digitale – qualsiasi luogo o persona nel globo terrestre. Dunque, di per sé la condizione di “isolamento”, che fisicamente si incarna nella insularità della regione Sicilia, non può che essere storicamente connessa a una difficoltà nell’accedere (e ancora oggi vi invito a dare un’occhiata ai prezzi dei voli aerei, emergenza a parte) alla nostra terra. Difficoltà oggettiva, tanto per le merci quanto per le persone. È innegabile che un’opera come il ponte ovvierebbe a questo enorme problema di connessione, con benefici a cascata su tantissimi settori economici. Connessione come sinonimo di progresso: anche se c’è chi nega questo binomio, lo scenario che stiamo vivendo nel terzo millennio è nettamente orientato in questa direzione.

Arrivati a questo punto abbiamo compreso come siano presenti una quantità non indifferente di complessi punti di vista, ai quali siamo costantemente esposti; risultato: paralisi. Ed è questo che è accaduto fino ad oggi. Così il ponte diventa la terza figura mitologica dello Stretto, aggiungendosi ai mostri Scilla e Cariddi: un colosso di circa 3 km, che si erge sospeso tra fattibilità e inconsistenza tra le sponde di Sicilia e Calabria.

Ulisse fra Scilla e Cariddi, Johann Heinrich Füssli- Fonte: Wikipedia

Rimane una sensazione: è possibile limitare al minimo i contro per fare rendere al massimo i pro. Sensazione del tutto personale, per carità, e giocata solo su due elementi, ambiente ed economia, quando la partita è molto più ampia (proprio mentre scrivo questa frase penso al noto rischio sismico dello Stretto). Ma da ottimista e fiducioso nei progressi di scienza e tecnica, la sensazione potrebbe essere non troppo lontana dalla realtà. Mi direte: sì, tutto molto bello, ma poi?

Poi ci sono i fatti. E questi raccontano un Paese che, il più delle volte, è incapace di reggere il peso delle grandi opere. Ed è proprio qui che ritorna la famosa paura, vocabolo presentato in apertura di articolo; ecco che la risposta al quesito nel titolo mi appare chiara: se mi chiedessero quale dei miei discendenti (se mio figlio, nipote o bisnipote) riuscirà a viaggiare sul ponte ad opera compiuta, se fosse deciso di realizzarla oggi, non sarei mai in grado di rispondere. E così via, a tanti altri dubbi non riuscirei a controbattere con convinzione: sicurezza della struttura, materiali, ingerenza delle mafie, inchieste, processi, ammanchi e tangenti.

Tutto ciò gravita nella mia mente intorno al concetto grande opera all’italiana.

Ed è così che l’ottimismo sbandierato poco sopra cede il passo alla paura.

Emanuele Chiara

Immagine in evidenza: ilsole24ore.com