Varsavia, la più grande protesta del popolo polacco dalla fine del comunismo

Andrzej Duda, Presidente della Repubblica polacca in carica dal 2015, ha firmato una legge che prevede di indagare, tramite una commissione, se i partiti dell’opposizione abbiano permesso alla Polonia di essere influenzata dalla Russia. La legge verrà revisionata dal Tribunale Costituzionale, nonostante sia già entrata in vigore. Il popolo polacco reagisce contro le decisioni del governo e scende in piazza a protestare. Ma vediamo insieme nel dettaglio. 

Cosa prevede la legge?

La legge vieta a chiunque prenda decisioni, sotto influenza russa, di ricoprire carice pubbliche per 10 anni. I politici di opposizione, ma anche il Dipartimento di Stato Americano e la Commissione Europea, hanno criticato questa mossa, in quanto la legge non rispetta la Costituzione.

Secondo l’opposizione questa legge è stata ideata in vista delle elezioni politiche, che si terranno in autunno prossimo per estromettere Donald Tusk. Non a caso, è stata soprannominata dai media Lex Tusk (Legge Tusk).

La legge è contro Tusk ma possiamo essere tutti presi di mira da questa legge, perché non esiteranno a usarla contro chiunque.

Queste le parole dell’avvocato e attivista per i diritti, Sylwia Gregorczyk-Abram, prima della manifestazione.

Chi è Donald Tusk, un avversario pericoloso?

Tusk è stato primo ministro dal 2007 al 2014 ed ex presidente del Consiglio Europeo dal 2014 al 2019. Adesso è il leader del maggiore partito di opposizione, “Piattaforma Civica(partito di Centro, liberale europeista).

Quest’ultimo ha accusato i parlamentari del partito politico “Diritto e Giustizia”, guidato dal primo ministro Mateusz Morawiecki, di «volersi sbarazzare dell’avversario più pericoloso».

Il partito è salito al potere nel 2015 e in questi anni ha intaccato le norme democratiche, attaccato la magistratura indipendente e lanciato campagne contro la comunità LGBTQ+ e i diritti riproduttivi. Il deputato Marcin Kierwinski, esponente del partito “Piattaforma Civica”, ha dichiarato che:

In un normale Paese democratico, un Presidente non firmerebbe mai una legge così staliniana.  

Migliaia di persone scendono in piazza per protesta

Voglio che il governo inizi ad avere paura il 4 giugno e che le persone vedano che hanno potere e possono cambiare le cose.

A Varsavia, guidati da Tusk, migliaia di persone – mettendo in mostra i colori della bandiera polacca (il bianco e il rosso), quelli dell’Unione Europea e quelli del Solidarnosc (il sindacato dei lavoratori) – hanno deciso di protestare contro il carovita, la corruzione ed le elezioni libere.

Non a caso, la manifestazione si è svolta nel 34° anniversario dalle prime elezioni democratiche, che hanno portato al crollo del regime comunista in Polonia. É stata definita come la più grande manifestazione del Paese dalla fine del comunismo, nel 1989. I manifestanti hanno marciato con striscioni con su scritto «Polonia Europea libera- Unione Europea sì, PiS no». Alcuni avevano maschere del leader del partito al potere, Jaroslaw Kaczynski, con su scritto “vergogna”.

Il partito “Diritto e Giustizia” ha pubblicato un video di propaganda, in cui si vedono alcune immagini del campo di concentramento nazista di Auschwitz (Polonia). Queste immagini sono state associate alla marcia di protesta dell’opposizione; la cosa non ha giovato a loro favore, piuttosto, ha attirato nuove critiche e alimentato ancor di più le proteste.

protesta
Tusk, al centro con i manifestanti. Fonte: Il Post

 

Anche Lech Walesa, ex leader del sindacato Solidarnosc e Premio Nobel per la pace, ha preso parte alla manifestazione. Ha indossato una maglietta con su scritto “Costituzione”, queste le sue parole:

La prima cosa da fare per iniziare la strada verso la vittoria è fare i conti per sapere quanti siamo.

Leck Walesa prende parte alla manifestazione. Fonte: The Guardian

 

L’attuale primo ministro, Mateusz Morawiecki, ha paragonato le proteste a un “circo” e ha affermato che:

Fa un po’ ridere quanto le vecchie volpi, che sono in politica da anni, organizzino una marcia antigovernativa e la presentino come una protesta civica spontanea.

Gabriella Pino

Bruxelles trattiene i fondi europei destinati alla Polonia. Decisione storica dell’UE

Da diversi mesi circolavano degli attriti tra l’UE e la Polonia, iniziati a settembre 2021 con l‘ammenda da parte della Corte di Giustizia pari a 500 mila euro per ogni giorno che avrebbe tenuto aperta la miniera e le centrali di carbone a Turow, nei pressi del confine con la Repubblica Ceca, poiché viola gli standard ambientali europei. È la prima volta nella storia che la Commissione utilizza questo strumento a sua disposizione, creando così un precedente che si allinea con altre irregolarità commesse dalla Polonia.

 

(fonte: la Repubblica)

I dettagli della decisione

Secondo quanto stabilito dalla Corte di Giustizia europea, la Polonia avrebbe dovuto pagare il primo mese di multe – in tutto 15 milioni di euro più gli interessi per un periodo che va dal 20 settembre 2021 al 19 ottobre 2021 – entro 60 giorni. Varsavia però, da allora, non ha chiuso né la miniera né versato un centesimo alla Commissione europea, poiché il governo ha ritenuto che tali risorse fossero indispensabili per fornire energia al Paese, soddisfano infatti il 7% della domanda domestica. Questo ha provocato un importante aumento della multa che ha raggiunto circa 60 milioni di euro, e può aumentare ancora se la Polonia non decide di chiudere gli impianti. Nonostante un portavoce della Commissione europea abbia dichiarato che decurteranno entro dieci giorni lavorativi la prima rata, da Varsavia il portavoce del governo Piotr Müller fa sapere che presenteranno ricorso utilizzando:

tutti i mezzi legali

ricordando inoltre che il 3 febbraio era stato firmato un accordo tra Varsavia e Praga per porre fine alla loro disputa (la Polonia dovrà versare 45 milioni di euro come risarcimento). Questo accordo amichevole comporterà l’interruzione del procedimento dinanzi alla Corte di Giustizia, che deve ancora emettere un’ordinanza per chiudere il caso.

Altri casi emblematici in contrasto con l’Unione Europea

La Polonia si era resa già protagonista in negativo agli occhi della Commissione Europea in un caso separato. La Commissione europea aveva infatti aperto una procedura d’infrazione per le così dette “LGBT-free zones”, ossia le aeree del paese libere dalle persone LGBT istituite da vari enti locali, limitando la libertà d’espressione e il diritto a manifestare per il pride, provocando una pesante discriminazione nei territori. La procedura consisteva nel rimuovere dei fondi destinati alle regioni di Cracovia, Rzeszow e Lublino, ed infatti ha ottenuto il suo obiettivo poiché queste ultime hanno revocato le disposizioni. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nell’informativa aveva rincarato la dose dichiarando che l’Unione Europea è fondata:

sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze

 

(Marcia per l’uguaglianza a sostegno dei diritti delle comunità LGBT. Fonte: euractiv.it)

 

Un altro caso decisamente grave risale ad ottobre 2021, quando la Corte di Giustizia europea decise di condannare la Polonia a una multa di un milione di euro al giorno per non aver sospeso l’attività della Sezione disciplinare della Corte Suprema polacca, cioè un organo che secondo la Corte limita l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici, e che quindi non garantisce il rispetto dello stato di diritto in Polonia. Questo atteggiamento decisamente anti-europeo infatti, mina i valori dell’Unione che si basano su una forte collaborazione e coesione tra gli Stati membri, e ha posto seri dubbi in merito all’adesione della Polonia all’UE. Al momento questa multa ha raggiunto circa 100 milioni di euro: non è chiaro se e quando la Commissione intenderà iniziare a riscuoterla trattenendo ulteriori fondi che spettano alla Polonia.

L’importanza dei fondi e l’equilibrio instabile della Polonia

La Polonia è uno dei paesi più poveri dell’Unione, e come tale uno dei maggiori beneficiari dei fondi del bilancio europeo: fra il 2021 e il 2027 infatti dovrebbe ricevere in tutto circa 78 miliardi di euro, fondamentali per alcuni settori della propria economia e per la gestione delle tratte migratorie. Per l’analista del New York Times George Riekeles:

Nel lungo termine questa situazione non è sostenibile. La Polonia sarà costretta a prendere una decisione politica.

Si spera che questa situazione possa migliorare, anche perché lo scenario politico europeo non naviga in acque tranquille. Da molto tempo la Russia minaccia di invadere l’Ucraina e più i giorni passano, più le trattative si fanno sempre più difficili. In merito alla situazione il presidente polacco Duda ha dichiarato:

Ciò di cui ha bisogno la Polonia in questo momento è la calma. Davanti a tutte le minacce esistenti sulla scena internazionale servono un dialogo pacato e l’unità

La Polonia, dal canto suo, si trova paradossalmente in una posizione di equilibrio instabile. Geograficamente vicina alle zone minacciate dal conflitto e guidata da una classe politica sempre più vicina alle posizioni di Vladimir Putin corre il rischio di vestire i panni, suo malgrado, di attore principale negli equilibri della nuova “cortina di ferro”.  Urge dunque un dialogo costruttivo con l’Unione Europea e soprattutto un’azione che metta da parte gli interessi politici per ristabilire l’equilibrio dello scacchiere politico europeo.

 

Federico Ferrara

 

 

 

Polonia, nuove proteste sulla legge contro l’aborto. ONG e manifestanti scendono in piazza

In Polonia un’altra donna è stata vittima della legge anti-aborto introdotta nel gennaio 2021. Agnieszka T (così ribattezzata dalle testate giornalistiche per motivi di privacy) aveva 37 anni ed era incinta di due gemelli quando, in seguito a forti dolori addominali, il 21 novembre si è ricoverata in un ospedale di Częstochowa. Da quel momento un triste susseguirsi di episodi di mala sanità e l’applicazione di una legge senza senso hanno portato alla morte dei due bambini e della donna.

La ricostruzione dei fatti

Secondo la ricostruzione fornita dalla famiglia della vittima, la gravidanza di Agnieszka si è svolta in maniera assolutamente tranquilla per tutto il primo trimestre. Il ricovero si è però reso necessario in seguito a forti dolori addominali e al rapido peggioramento della salute della donna. Una volta in ospedale, successivamente alla constatazione dell’avvenuta cessazione del battito cardiaco di uno dei due gemelli, i medici si sono rifiutati di agire citando la controversa legge del gennaio del 2021. Questa impedisce di fatto ai medici di intervenire sulle pazienti in stato interessato al di fuori dei casi di gravidanze causate da stupro o incesto e pericolo di vita per la donna. Astensione che deve avvenire anche in caso di malformazione del feto, e così è stato. La donna è rimasta con in grembo il feto morto per oltre una settimana, quando anche il battito del gemello si è interrotto. Solo allora è stata programmato l’intervento di interruzione della gravidanza, non prima che passassero altri due giorni. Dal giorno dell’operazione è iniziato un secondo calvario per la donna, costretta in ospedale per i postumi dell’intervento ma in progressivo e rapido peggioramento di salute sia mentale che fisico. La triste vicenda di Agnieszka si è conclusa con la sua morte per setticemia avvenuta nei giorni scorsi. La ricostruzione degli eventi è stata fornita dai familiari che hanno documentato gli ultimi giorni della vittima con alcuni video successivamente pubblicati su Facebook. La struttura ospedaliera dal canto suo non ha ancora fornito una versione ufficiale, limitandosi fino ad adesso a dire tramite i suoi rappresentanti di avere “fatto di tutto per salvarla”.

Non la prima e nemmeno l’ultima

Come Agnieszka anche Izabela, 30 anni, è morta di setticemia a settembre in seguito al rifiuto di praticarle l’aborto da parte della struttura dove la giovane si era recata alla rottura delle acque alla 22esima settimana. Caso prontamente bollato come uno di “negligenza medica” e a cui ha fatto seguito una semplice multa nei confronti dell’ospedale ma che ha causato la mobilitazione di migliaia di polacchi e polacche scesi in strada a manifestare. Sia nel caso di Izabela che in quello di Agnieszka i destinatari delle proteste però non sono state le strutture sanitare. “L’attuale governo ha le mani insanguinate”, così scrive sempre su Facebook uno dei familiari di Agnieszka e non è l’unico a condividere tale pensiero.

Conferenza stampa di Kaczyński, presidente di Diritto e Giustizia dopo la vittoria all’elezioni, fonte: TheNewYorkTimes

Diritto, giustizia e radici ultra cristiane

A capo delle proteste attualmente in corso contro il governo di Morawiecki vi sono le ONG impegnate sul fronte dei diritti umani. Secondo i dati forniti da queste ultime in Polonia ci sono circa 200 000 aborti eseguiti illegalmente o all’estero, in Paesi come Slovacchia, Repubblica Ceca, Germania e Ucraina. Un numero enorme se confrontato con i dati ufficiali diffusi dal governo ed a sostegno della campagna antiabortista sostenuta dal partito Diritto e Giustizia. È stato proprio quest’ultimo, di destra conservatrice e ultra cattolico, a varare la controversa legge del gennaio 2021, fondandone i principi sulla base di ideologie e ragionamenti considerati vetusti e anacronistici da tutto il mondo occidentale. Tra questi risaltano quelli aventi implicazioni religiose: la Polonia è un Paese in cui le radici cristiani hanno un forte impatto sulle istituzioni ed infatti già nel 2016 si parlava di vietare l’aborto per garantire il diritto del nascituro ad essere battezzato. Diritto che secondo le frange più conservatrici deve essere garantito non solo ai bambini sani ma anche a quelli affetti da malformazioni congenite e/o vittime di stupri proponendo, di fatto, di vietare l’aborto anche in queste ultime casistiche.

Manifestanti in piazza, fonte: CNN

 

Filippo Giletto

 

Una Conferenza internazionale per il Mediterraneo. Draghi: “Proteggere i più deboli con corridoi umanitari”

«Proteggere i più deboli anche attraverso la promozione di corridoi umanitari dai Paesi più vulnerabili e rafforzare i flussi legali, che sono una risorsa e non una minaccia per le nostre società», ha affermato il Presidente del Consiglio Mario Draghi nel corso della settima edizione della Conferenza Rome MED – Mediterranean Dialogues, promossa a partire dal 2015 dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dall’ISPI.

“Un’agenda positiva” per il Mediterraneo

Dal 2 al 4 dicembre 2021 si svolge a Roma in modalità ibrida – con partecipazioni sia fisiche che virtuali, anche attraverso lo streaming –la Conferenza nata per discutere del futuro del partenariato euro-mediterraneo, del ruolo della Nato e dell’Unione Europea nel Mediterraneo. Ed è proprio sul ruolo centrale di quest’ultimo che il Premier, nel proprio intervento, ha ribadito la necessità di un coinvolgimento dell’Unione Europea:

Il Mediterraneo non sia solo il confine meridionale dell’Europa, ma il suo centro culturale ed economico. Serve un maggiore coinvolgimento di tutti i Paesi europei, anche nel Mediterraneo.

Il Rome MED si basa su quattro pilastri: prosperità condivisa, sicurezza condivisa, migrazione e società civile e cultura. Tra gli oltre 50 ministri partecipanti: il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio, nonché i maggiori esponenti dell’Unione Europea (come l’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Josep Borrell) e delle Nazioni Unite; si aggiungano il Vice Segretario Generale della NATO Mircea Geoana ed alcune tra le personalità più influenti del Golfo Persico.

Oltre che il ruolo del Mediterraneo, saranno oggetto della conferenza anche i flussi migratori, le elezioni democratiche in Libia, le risorse naturali, la situazione nelle regioni del Maghreb (Africa nord-occidentale che si affaccia sul Mediterraneo) e del Sahel (Africa centrale), il Golfo Persico come perno degli equilibri mediorientali, nonché le tensioni tra Israele e Palestina – la richiesta del Premier Draghi, in questo caso, è di dare nuovo impulso agli sforzi internazionali a favore del processo di pace.

Flussi migratori e il ruolo della Libia

«L’Italia sostiene con convinzione il processo di transizione politica e pacificazione della Libia», ha affermato Draghi nel suo intervento, «Siamo ormai vicini alle elezioni del 24 dicembre: un appuntamento cruciale per i cittadini libici e per il futuro della democrazia nel Paese. Il mio appello a tutti gli attori politici è che le elezioni siano libere, eque, credibili e inclusive».

(fonte: repubblica.it)

La Libia rappresenta uno dei principali attori del Mediterraneo nell’ambito delle missioni di ricerca e soccorso dei naufraghi in mare e della gestione dei flussi migratori. La sua situazione delicata la pone spesso in dibattito con i principali interlocutori dell’Unione, ma soprattutto con le ONG che si occupano del salvataggio dei migranti in mare. Ad oggi, la Libia non ha ancora ratificato la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati (1951) e sui relativi diritti che dallo status ne derivano. La controversa posizione nell’ambito del rispetto dei diritti umani sembrerebbe poi porla in contrasto con l’art. 3 della CEDU sul divieto di tortura e trattamenti disumani, cui gli Stati dell’Unione sono obbligate a sottoporsi. Dall’impossibilità d’individuare la Libia come zona di sbarco sicuro ne derivano contrasti tra le ONG che rifiutano la giurisdizione di quest’ultima e gli Stati Europei che si affacciano sul Mediterraneo (come Italia, Malta).

Le parole di Draghi sul Golfo Persico

«Nel Golfo Persico, dopo anni di polarizzazione, assistiamo con interesse a nuove dinamiche cooperative. Come Italia abbiamo investito molto sulle opportunità in tal senso offerte dall’EXPO Dubai. Con l’Iran manteniamo un dialogo esigente, ma costruttivo, anche per quanto riguarda la non proliferazione del nucleare. Il nostro impegno in Iraq è rilevante. Contribuiamo al processo di graduale espansione della missione NATO, di cui assumeremo il comando per un anno a partire dal prossimo maggio». In questa zona del Medio Oriente, Russia e Turchia hanno giocato principalmente la carta militare, mentre Pechino ha rafforzato la sua presenza economica, diventando un partner chiave per molti paesi della regione.

Un dialogo difficile con l’Unione

Tra i punti principali dell’intervento del Presidente del Consiglio, anche l’esigenza di una collaborazione tra i Paesi del Mediterraneo che non si limiti ai rapporti bilaterali, né si esaurisca nella gestione delle crisi; ma anche una politica energetica condivisa per favorire lo sviluppo sostenibile. Tuttavia, il tragitto per un aperto dialogo con l’Unione per le questioni di principale interesse del bacino Mediterraneo (soprattutto sulla questione dei flussi migratori) sembra aspro e tortuoso: sono ancora innumerevoli le tensioni avvertiti ai confini con l’Europa dell’Est, ove ancora migliaia di persone sono bloccate al confine tra Polonia e Bielorussia nel tentativo di emigrare verso il territorio dell’Unione. Intanto, la Russia continua ad operare pressioni militari sull’Ucraina.

(fonte: ilvaloreitaliano.it)

Alcuni giorni fa, al forum dell’Unione per il Mediterraneo (UpM) di Barcellona, l’Alto Rappresentante dell’Unione Josep Borrell aveva affermato:

Il Mediterraneo non può essere solo sinonimo di migrazioni, bensì anche uno strumento di cooperazione in quanto rappresenta la porta d’ingresso dell’Africa. Oggi nel Mediterraneo ci sono troppi conflitti e instabilità politica, a volte sembra più una frontiera che separa due mondi con enormi differenze economiche e sociali che non un nesso di unione.

Nella giornata di ieri sono stati infine approfonditi temi strategici come il ruolo dei giovani e delle donne e il loro contributo alla crescita sociale ed economica, il peso economico delle infrastrutture, la complessità della questione migratoria, il ruolo strategico della cyber security, e il contributo della società civile nelle società mediterranee.

Valeria Bonaccorso

 

Migliaia di persone al confine polacco-bielorusso: a rischio stabilità UE

Hanno ormai raggiunto quota 4mila i migranti al il confine tra la Polonia e la Bielorussia. Nei primissimi giorni di novembre erano circa 800 le persone che avevano raggiunto il punto, nella speranza è quella di spostarsi dalla Bielorussia e raggiungere vari Paesi dell’Unione Europea (Germania, Lituania, Estonia). Dietro la vicenda, già di per sé delicata, sembra esserci qualcosa di più: dietro alla casualità, pare che il governo bielorusso si stia muovendo per sfruttare la situazione nel proprio interesse. La motivazione dietro sarebbe da ricondurre a un tentativo di attacco all’Unione.

Il coinvolgimento del governo, ormai, sembrerebbe certo: sul web sono circolati molti video che mostrano i soldati bielorussi mentre scortano migliaia di profughi al confine, precisamente verso la foresta che delimita la regione polacca della Podlaskie.

Mariausz Blaszczak, il ministro della Difesa polacco, ha ordinato lo schieramento di 12mila uomini dell’esercito al confine, accusando la Biellorussia di star utilizzando i migranti come mezzo per attaccare il Paese. La risposta da Minsk non tarda ad arrivare: Varsavia viene accusata per l’atteggiamento disumano e indifferente con il quale sta trattando i rifugiati, provenienti prevalentemente dal Medio Oriente (Iraq, Siria, Afghanistan).

Sul posto si è recato anche il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, per mostrare solidarietà a polizia, guardie e soldati che si trovano al confine. La possibilità di un eventuale dispiegamento di forze armate viene valutata anche dalla Lituania. La NATO ha espresso solidarietà nei confronti della Polonia. Nel frattempo, a subirne le conseguenze più gravi, sono i migranti.

I migranti al confine (fonte tgcom24.mediaset.it)

Migliaia di persone strumentalizzate per interessi politici

La relazione tra Polonia, più in generale Unione Europea, e Bielorussia è assai complicata. Il regime autoritario di Alexander Lukashenko, avversario politico dell’UE, starebbe tentando di mettere le due forze politiche in difficoltà. A quanto pare, però, non sarebbe solo la Bielorussia a giovare dello sfruttamento dei migranti.

Secondo Politico, un giornale americano, i partiti polacchi di maggioranza di estrema destra, starebbero accusando l’opposizione di pensare più alla tutela degli interessi dei migranti che a quella dei polacchi. Il tema dell’immigrazione è molto forte tra l’elettorato nazionale e, come succede quando l’ondata dei flussi migratori aumenta, i partiti nazionalisti di tutta Europa sono pronti a utilizzarla per accrescere il loro consenso politico.

Negli ultimi giorni, anche molti canali di informazione polacchi si sono piegati a una narrativa che dipinge gli immigrati come pericolosi. Il notiziario statale, TVP Info, ha mandato in onda un servizio dal titolo “L’opposizione appoggia i migranti e Lukashenko”, additando i partiti all’opposizione come i principali colpevoli dell’aumento dei flussi migratori. Anche il talk show televisivo polacco, Wiadomości, ha mostrato una scena di una serie tv Netflix, “Snabba cash”, in cui si vedono due stranieri intenti a sparare colpi di mitragliatrice in pieno centro. La scena è stata riportata come un fatto realmente accaduto in Svezia.

Il muro anti migranti della Polonia

Il consenso per il partito di estrema destra, Diritto e Giustizia, secondo un sondaggio, sarebbe sceso al 32,5%, di dieci punti, dalle elezioni politiche del 2019. Questo potrebbe essere un valido motivo, per il partito, per strumentalizzare la vita di migliaia di innocenti. Non è la prima volta che la Polonia rifiuta di accogliere i migranti. È successa la stessa cosa anche nel 2015. Nell’agosto del 2021, il Parlamento ha approvato la costruzione di un muro anti-migranti. Per la sua costruzione sono necessari oltre 350 milioni di euro, che lo Stato ha chiesto anche all’Unione Europea. Nonostante le continue pressioni, però, a ottobre la Commissione europea ha dichiarato che non finanzierà in alcun modo l’iniziativa.

La costruzione del muro anti migranti (fonte it.euronews.com)

La preoccupazione dei soggetti coinvolti

Ad essere preoccupati sono in molti. Il premier polacco Morawiecki, ha scritto via Twitter:

“Sigillare il confine è nel nostro interesse nazionale. Ma oggi sono in gioco la stabilità e la sicurezza dell’intera Ue”

A parlare, intanto, anche il ministro dell’Interno tedesco, Horst Seehofer, che, rivolgendosi all’Ue, afferma l’impossibilità della Polonia o della Germania di gestire la crisi da sole:

“Dobbiamo aiutare il governo polacco a proteggere la sua frontiera esterna. Questo sarebbe compito della Commissione europea, faccio appello perché agisca”.

A pronunciarsi è stato anche Charles Michel, il presidente del Consiglio europeo, che ha definito inaccettabile la strumentalizzazione da parte del governo polacco. Ursula von der Leyen fa appello agli Stati membri, affinché vengano estese le già previste sanzioni nei confronti del governo bielorusso, dopo un confronto con i primi ministri di Lettonia, Lituania e Polonia. Ma la preoccupazione maggiore è, sicuramente, per le migliaia di migranti. Il loro alto numero potrebbe creare situazioni rischiose, come i fuochi improvvisati che vengono accesi da chi cerca di scaldarsi. C’è chi chiede anche aiuto all’esercito polacco, senza però ricevere risposta. Queste persone, costrette in uno strano limbo, si preparano a sopravvivere al freddo intenso, aggrappandosi alla speranza in un futuro migliore.

Beatrice Galati

La Polonia mette in dubbio il primato del diritto europeo sulla Costituzione. Ecco cosa potrebbe succedere

Polonia, migliaia di sovranisti scendono in piazza con lo slogan ”Io resto Ue”. Fonte: Sky TG24

Varsavia, Cracovia, Poznań: l’intera Polonia pullula di manifestanti nelle piazze dopo che la Corte costituzionale polacca ha emesso una sentenza che mette fortemente in dubbio il primato del diritto europeo sulle leggi nazionali, minando di fatto uno dei principi fondanti dell’Unione e sollevando interrogativi circa la stessa adesione della Polonia all’Ue.

Manifestazioni pro-Ue in tutto il Paese

Le iniziative pro-Ue si sono svolte tra sabato e domenica in 120 località del Paese con cento cortei e la partecipazione di migliaia di cittadini, ma resta il rischio legato ai focolai nazionalisti che potrebbero essere alimentati in Italia così come in altri Paesi esteri che contestano l’ingerenza di Bruxelles.

A sostenere la protesta di domenica 10 ottobre c’erano diversi partiti e organizzazioni, fra cui Piattaforma civica, guidata dall’ex presidente del Consiglio europeo e maggiore leader dell’opposizione Donald Tusk, in nome di una Polonia ”indipendente, europea, democratica, che si attiene alle leggi e onesta”.

https://youtu.be/0n5eIixfexs

La Corte di Varsavia rigetta i trattati Ue

Tutto è cominciato alla fine della scorsa settimana quando la più alta corte polacca, capeggiata dalla giudice Julia Przylebska, ha decretato che alcuni articoli del Trattato sull’Unione europea sono incompatibili con la Costituzione dello Stato polacco e che le istituzioni dell’Unione “agiscono oltre l’ambito delle loro competenze”.

Al centro del contenzioso vi si colloca nello specifico la riforma sulla magistratura voluta dal partito al governo Diritto e giustizia (Psi), conservatore ed euroscettico, del leader Jaroslaw Kaczynski. Tale riforma prevede un nuovo sistema di disciplina dei giudici che secondo l’Ue mina l’indipendenza del sistema giudiziario stesso.

Lo Stato polacco e il primato del diritto costituzionale

Mentre le preoccupazioni dell’Unione Europea sono alte, a Varsavia il governo del Primo ministro Mateusz Morawiecki ha accolto favorevolmente la decisione della Corte che conferma “il primato del diritto costituzionale sulle altre fonti del diritto”: secondo il portavoce Piotr Muller, la sentenza si riferisce alle competenze dello Stato polacco non trasferite agli organi Ue.

Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki. Fonte: Formiche.net

Ma l’Unione Europea non è chiaramente d’accordo, e infatti la vicepresidente della Commissione europea, Vera Jourova, ha oggi dichiarato nel suo intervento al Forum 2000:

“Il principio dello stato di diritto è che nessuno è sopra la legge, per questo noi siamo ferrei su questo. Lo stato di diritto – ha spiegato – è anche la limitazione dei poteri, principio alla base degli Stati membri. Ora, dopo la decisione della Corte costituzionale polacca, devo dire che se non confermiamo il principio nell’Ue che regole uguali sono rispettate allo stesso modo in ogni parte dell’Europa, tutta l’Europa comincerà a collassare”.

Alle origini dell’Unione europea, i principi

25 marzo 1957: a Roma nasce la Comunità economica europea. Fonte: Secolo d’Italia

Dal 1957, la costruzione europea si basa sul principio del primato del diritto europeo, il cui ordine giuridico comunitario è stato riconosciuto nel 1963 e 1964 dalla Corte di giustizia.

Entrando volontariamente nell’Unione Europea, qualsiasi Paese deve formulare e negoziare politiche e leggi con gli altri membri. La costruzione giuridica dell’Unione crollerebbe nel momento in cui uno Stato membro decidesse all’improvviso di rifiutare di rispettare e applicare una legge europea in nome di un principio interno o introducendo una legge nazionale.

In poche parole, l’individualismo nazionalista finirebbe col sovrastare quel patto politico fondamentale di fiducia reciproca alla base del successo europeo. In Polonia, membro dell’Ue dal 2004, è accaduto proprio questo.

Von der Leyen: ”Il diritto europeo prevale”

La presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, si dichiara

«profondamente preoccupata» per la sentenza della Corte costituzionale polacca e ha garantito che la Commissione userà «tutti i poteri che abbiamo in base ai trattati per assicurare» il primato del diritto Ue su quelli nazionali, incluse «le disposizioni costituzionali. È quello che tutti gli Stati membri dell’Ue hanno sottoscritto come membri dell’Unione».

Fonte: Europa Today

La presidente ha poi sottolineato: «L’Ue è una comunità di leggi e di valori: è questo che tiene l’Unione insieme e che ci rende forti». Conclude poi evidenziando l’impegno della Commissione nell’assicurare la protezione dei diritti cittadini polacchi e dei benefici derivanti dall’appartenenza Ue.

Le destre europee in difesa di Varsavia

In seguito alla sentenza, per i giudici polacchi ci sono tre opzioni: cambiare la costituzione, cambiare i Trattati o uscire dall’Unione europea.

Il premier polacco si è premurato di confermare la volontà di restare nell’Ue ma questo non è bastato a placare le formazioni politiche a sostegno di tale decisione: da tempo il premier ungherese Victor Orbán contesta le decisioni di Bruxelles, l’estrema destra francese di Marine Le Pen ha difeso la Polonia che «esercita il suo diritto legittimo e inalienabile alla sovranità» e in Italia Giorgia Meloni sostiene che «si può stare in Europa anche a testa alta, non solo in ginocchio come vorrebbe la sinistra».

Giorgia Meloni dalla parte della Polonia. Fonte: Il Fatto Quotidiano

Possibili sanzioni alla Polonia

In seguito alla decisione della Corte polacca, la Commissione europea – preoccupata sull’integrità dello stato di diritto polacco – è restia ad approvare i finanziamenti per il piano di risanamento. Il Recovery Fund per la Polonia è infatti vincolato al rispetto dello stato di diritto polacco, indebolito già da diverso tempo rispetto agli standard europei.

Le somme del Next Generation Ue ammonterebbero a 58,7 miliardi di euro fra prestiti e sussidi. Ma il via libera di Bruxelles non è stato ancora dato e, date le condizioni, ora più che mai è inimmaginabile:

“l’Ue e gli Stati membri devono intraprendere un’azione legale, politica e finanziaria urgente e chiarire che questi principi fondamentali non sono aperti a negoziati o al gioco”, sostiene Eve Geddie, direttrice della sede europea di Amnesty International.

Gaia Cautela