La Cina stringe su Hong Kong, quattro deputati dell’opposizione destituiti

Duro colpo per la democrazia di Hong Kong: nella settimana del 9 novembre quattro deputati democratici dell’opposizione sono stati destituiti con l’accusa di aver praticato un “ostruzionismo” che avrebbe messo a rischio la sicurezza nazionale.

(fonte: ilpost.it)

La motivazione

La colpa dei quattro membri dei parlamento sarebbe di aver richiesto che i governi esteri sanzionassero gli atteggiamenti repressivi delle forze armate di Hong Kong e di Pechino.

L’accusa del “non patriottismo” degli oppositori è stata vista dalla popolazione di Hong Kong (già incredibilmente provata) come una scusa del Comitato Centrale Comunista per sbarazzarsi degli elementi ‘scomodi’ e ‘filo-indipendentisti’ del sistema; un sistema che già da anni risente delle spinte centralizzanti ed autoritarie del governo cinese.

Tuttavia, il tentativo di sfaldare la posizione dei democratici sembra non essere andato a buon fine: a seguito dell’accaduto, i restanti 15 deputati dell’opposizione hanno rassegnato le dimissioni al Legislative Council, l’organo legislativo di Hong Kong composto da 70 seggi di cui ben 29 (un buon numero, se si considera che la metà dei seggi è sempre riservata ad esponenti filo-cinesi) erano stati conquistati dai democratici nelle elezioni del 2016.

Di questi, circa 8 sono stati espulsi già negli scorsi anni per i medesimi motivi.

Da quanto risulta, la governatrice Carrie Lam (fortemente vicina al governo cinese) non prospetta delle elezioni suppletive ed afferma che il LegCo possa perfettamente funzionare anche senza un’opposizione – che, solitamente, nei sistemi democratici rappresenta l’ago della bilancia necessario all’equilibrio dei poteri in campo.

Il provvedimento è stato adottato per via di una risoluzione del C.C.C. che consente di destituire i membri del parlamento ritenuti un pericolo per la sicurezza nazionale senza bisogno di passare da un tribunale.

L’episodio è stato commentato dagli oppositori in protesta:

E’ il giorno più triste, Hong Kong da oggi mostra al mondo che non esiste più il principio Una Cina, Due Sistemi

(Corriere della Sera)

Ma in cosa consiste il principio “Una Cina, Due Sistemi”? Per comprenderlo, è giusto ripercorrere la storia di Hong Kong dai suoi inizi.

(i quattro deputati destituiti – fonte: corriere.it)

Un Paese, Due Sistemi

La regione autonoma è composta dall’isola principale (chiamata appunto Hong Kong), dalla penisola di Kowloon, dai cosiddetti Nuovi Territori e da più di 200 altre isole, di cui la più grande è Lantau. Colonia britannica fino al 1997, passò poi sotto il controllo della Cina pur mantenendo, inizialmente, un forte margine di autonomia in campo economico, amministrativo e giurisdizionale.

Tale autonomia fu sancita dal principio Una Cina, Due Sistemi contenuto nella Dichiarazione congiunta sino-britannica firmata nel 1984: da un lato viene ribadita l’unità nazionale della Cina, dall’altro viene riconosciuta l’autonomia di Hong Kong.

In particolare, la Dichiarazione prevedeva il passaggio di tutti i territori di Hong Kong sotto il potere della Cina a partire dal primo luglio 1997 e l’impegno di quest’ultima a mantenere invariato il sistema economico e politico della città per almeno 50 anni, fino al 2047, per garantire un passaggio tranquillo al sistema comunista cinese.

Tuttavia, la regione autonoma si presenta diversa rispetto alla Cina continentale sotto molti aspetti; questo, assieme agli interventi molesti ed anticipati del regime, ha reso molto difficile l’integrazione dei quasi 7 milioni di abitanti di Hong Kong col resto della popolazione cinese, facendo prospettare più una “colonizzazione” che un’integrazione.

Col passare del tempo, la Cina è riuscita ad infiltrarsi nel sistema economico, politico e giudiziario della regione tramite una serie di atti volti a violarne l’autonomia. Le reazioni non sono mancate.

La protesta degli ombrelli

Nell’estate del 2014 venne approvata una riforma elettorale che prevedeva, a partire dal 2017, la pre-approvazione del Comitato elettorale (un collegio di 1200 persone pesantemente controllato dal governo cinese) di un massimo di tre candidati per il ruolo del Capo dell’esecutivo, che una volta eletto dalla popolazione sarebbe stato formalmente approvato dal governo centrale.

Tale riforma costituiva una forte limitazione della libertà politica ed il malcontento si trasformò presto in reazioni dapprima pacifiche, peraltro comunque represse dalle forze armate tramite l’uso di spray al peperoncino e cannoni ad acqua – da qui l’uso degli emblematici ombrelli, utilizzati come scudi per difendersi dagli attacchi dei poliziotti e che ancora connotano le lotte della popolazione.

Tra i manifestanti, emerse subito la gioventù studentesca rappresentata da Joshua Wong. Ad oggi, allo studente è vietata la possibilità di candidarsi alle elezioni poiché ritenuto pericolo nazionale.

A partire da questa protesta (che terminò con 955 persone arrestate), gli scontri s’intensificarono sempre più fino a giungere alle sedi governative.

Le ultime proteste

A giugno 2019, Hong Kong si è resa protagonista di nuovi scontri civili scoppiati a seguito di una proposta di emendamento a una legge sull’estradizione che, se approvata dal Parlamento locale, avrebbe consentito di processare nella Cina continentale gli accusati di alcuni gravi reati.

Migliaia di persone sono scese in piazza per impedire l’approvazione dell’emendamento che, se strumentalizzato, potrebbe permettere alla Cina di utilizzarlo contro i suoi oppositori.

Infine, da maggio 2020, in piena pandemia di coronavirus, i manifestanti si sono ritrovati in un centro commerciare per richiedere le dimissioni della governatrice Carrie Lam. Anche in questo caso gli scontri sono terminati in una forte repressione degli agenti di polizia, che hanno arrestato più di 200 persone con l’accusa di assembramento.

(fonte: scmp.com)

Pare che gli ultimi avvenimenti non lascino ad Hong Kong spiraglio di democrazia e la fine del sogno capitalista sembra sempre più vicina: ciò non smentisce, però, la tenacia della popolazione a preservare la propria libertà di autodeterminazione.

 

Valeria Bonaccorso 

Gaetano Martino: un messinese che sembriamo aver dimenticato

“L’Italia appartiene a due differenti sistemi storico-politici. Essa è insieme continentale e mediterranea. […] Tra i vantaggi c’è quello di poter collegare le parti diverse e distinte dell’Europa. […] In particolare, noi possiamo congiungere, mediare, collegare i problemi del Mediterraneo.”

Con queste parole lo statista Gaetano Martino descriveva l’immagine geopolitica del suo Paese, che servì per buona parte della sua vita, ora come studioso, ora come Ministro, ora come visionario. Siciliano, nato a Santo Stefano di Briga (ME) il 25 novembre 1900, visse gli anni di grande cambiamento dell’Italia e del mondo, essendone vero e proprio attore. Medico – laureatosi alla Sapienza di Roma – dimostrò fin da subito due grandi amori: uno per la scienza e l’accademia universitaria (fu Rettore prima a Messina e poi alla Sapienza di Roma), l’altro per la politica, in particolare la politica estera.

Salvatore Nucera © – Statua di Gaetano Martino, situata nei pressi di Piazza Unione Europea

Ma cosa rese grande questa persona?  E – soprattutto – in che modo il suo ricordo può essere da esempio nei burrascosi tempi odierni?

Ripercorriamo insieme la sua storia, durante la quale riuscì non solo a portare Messina nel mondo, ma anche il mondo a Messina.

1° Giugno 1955, I ministri degli esteri riuniti a Messina; nell’ordine (da sinistra verso destra): Johan Beijen (Paesi Bassi), Gaetano Martino (Italia), Joseph Bech (Lussemburgo), Antoine Pinay (Francia), Walter Hallstein (Danimarca), Paul-Henry Spaak (Belgio).

È proprio con questo spirito che egli è ricordato come fautore della “Conferenza di Messina”, evento – tenutosi tra l’1 ed il 3 Giugno 1955 – rievocato come occasione di “rilancioper l’Europa. In quegli anni il progetto europeo stava capitolando rovinosamente, vista la mancata creazione della Comunità europea di Difesa per il voto contrario della Francia. Da qui, gli Stati del Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi avvertirono la necessità di convocare d’urgenza una conferenza per gettare le basi di una più fattibile integrazione economica. L’evento si tenne a Messina poiché Martino – allora Ministro degli Esteri – si trovava in Sicilia per partecipare all’appuntamento delle elezioni regionali (tenutesi il 5 giugno 1955).

Joseph Bech filma sotto lo sguardo divertito dei colleghi Paul-Henry Spaak e Johan Beijen durante il loro soggiorno a Messina

Senza dilungarci troppo sui tecnicismi della conferenza, basti qui ricordare due cose: la prima è che è grazie a quell’evento si si approdò ai Trattati di Roma del 1957 (con cui si fondarono la CEE e l’EURATOM); la seconda – che forse non tutti sanno – è che gran parte delle trattative non si svolsero a Palazzo Zanca, bensì sui gradini del Teatro greco di Taormina!

Questo è quanto emerge da fonti ufficiali: il Ministro del Lussemburgo J. Bech ammise che non era stato ancora raggiunto alcun accordo e che serviva una nuova riunione (la quale si svolse proprio a Taormina, dove i ministri si erano recati per villeggiare). Dopo ore di negoziato – tra le due e le cinque del mattino del 3 giugno – i sei riuscirono a trovare un accordo definitivo.

Salvatore Nucera © – Lapide commemorativa della Conferenza di Messina posta sulla facciata destra di Palazzo Zanca

In quell’occasione Gaetano Martino dimostrò le sue abilità politiche. Con parole di stima lo ricordava il Ministro del Belgio P. H. Spaak:

“Martino era effettivamente un uomo del Mezzogiorno, con i suoi entusiasmi, le sue passioni, i suoi eccessi e le sue suscettibilità. […] Le sue convinzioni atlantiche ed europee gli hanno sempre permesso nelle grandi discussioni e nei momenti delle decisioni importanti, di essere dalla parte buona”

Meridionale, europeo e ben conscio dello scacchiere internazionale, Martino diede prova del suo valore in numerose occasioni. Nel 1956 fece da mediatore nella crisi del Suez tra Francia, Regno Unito, Spagna ed Egitto. Tali Stati intendevano estendere il proprio controllo sul quel territorio, che assicurava la via più veloce per collegare l’Europa all’India. Contrariamente al controllo esclusivo del canale, Martino lottò per il riconoscimento di un “principio di libera di navigazione comune” tanto alle forze d’Occidente quanto a quelle del Levante, in coerenza con una prospettiva internazionale in cui l’Italia ha sempre assunto un ruolo cruciale, sia in termini geografici che culturali.

La NATO information service ricorda Gaetano Martino a due mesi dalla scomparsa nell’editoriale del settembre 1967

Quest’opera di mediazione gli valse il titolo di “saggio” dell’Alleanza Atlantica. Quando il confronto-scontro USA-URSS era particolarmente avvertito, egli, insieme ai ministri degli esteri norvegese e canadese, fu autore di un dettagliato reportage sulle politiche di cooperazione internazionale non-militare, fondando le basi per il Comitato Occidentale per il Disarmo.

La sua esperienza fu provvidenziale anche nel suo incarico di delegato ONU per la risoluzione del conflitto tra l’Alto Adige e l’Austria, riuscendo a placare le pretese di estensione nazionali provenienti da Vienna.

Il comitato dei “tre saggi” della NATO; nell’ordine (da sinistra verso destra): Halvard Large (Norvegia), Gaetano Martino, L. B. Perarson (Canada)

Esponente di spicco del Partito Liberale Italiano, nelle istituzioni europee ci si riferisce ancora a lui come “lo spirito di Messina”, ricordando quella conferenza che cambiò le sorti delle generazioni successive. Tuttavia, anch’egli conobbe le brutture che la vita spesso riserva agli uomini di Stato. Nel 1963 – eletto da un anno Presidente del Parlamento Europeo – la Storia gli fece incontrare un altro gigante dei suoi tempi: il Presidente USA John F. Kennedy.

 

L’incontro avvenne un mese prima dell’assassinio del Presidente americano, il quale era divenuto celebre anche per l’essere riuscito a ridurre le tensioni tra USA e Russia, trovando un accordo con il Presidente Nikita Chruščёv sul controllo militare di Cuba.

Martino ricordò la morte di Kennedy con queste parole:

“Io non so se l’atteggiamento assunto da Kennedy al tempo di Cuba sia all’origine della tragica conclusione della sua vita. Certamente è stato proprio quell’atteggiamento a dare l’avvio ad una nuova fase della politica internazionale, la quale, mentre ha visto accrescersi la forza morale dell’Occidente, ha anche permesso all’unanimità […] di intravedere una nuova luce che conforta la comune speranza in un avvenire meno incerto e meno oscuro”.

Scomparso all’età di soli 67 anni, Gaetano Martino pare aver ancora molto da insegnare. Il suo essere visionario lo aveva addirittura portato a concepire un’Università Europea, che vedesse “la cultura come fine e non come mezzo”, affinché l’unità dell’Europa fosse serva della cultura invece che servirsi di essa (il progetto ha avuto un esito positivo, fondando l’European University Institute sito a Fiesole).

Stando alle recenti cronache, il mondo sembra aver dimenticato i principi valoriali da lui professati: solidarietà, multiculturalismo, democrazia. Esempio ne siano i tragici eventi verificatisi in America, le recenti notizie di politica espansionistica turca, le titubanze di alcuni Stati europei nel dare una risposta chiara e netta alla crisi economica.

A noi il dovere di portare alto il ricordo della sua memoria.

Salvatore Nucera

 

Bibliografia

Danielli L., Gaetano Martirio e le trattative del disarmo, Rivista di Studi Politici Internazionali, Vol. 34, No. 4 (Ottobre-Dicembre 1967), pp.528-563.
Danis F., Hofmann H, Robins P., Delorenzi F., Hurring M., Roquet M., Il rilancio europeo: dalla conferenza di Messina ai trattati di Roma, 1955-1956, in Catalogo dell’esposizione elaborato dagli archivi generali della Commissione della Comunità europea.
Martino G., L’università europea, in Rivista di Studi Politici Internazionali, Vol. 29, No. 1 (Gennaio-Marzo 1962), pp. 9-27.
Melchionni M.G., Rivista di Studi Politici Internazionali, Vol. 22, No. 3 (Luglio-Settembre 1955), pp. 496-500.
Melchionni M. G., Gaetano Martino e l’Europa: le testimonianze di Roberto Ducci e Giuseppe Vedovato, Rivista di Studi Politici Internazionali, Vol. 61, No. 3 (243) (Luglio-Settembre 1994), pp. 386-392.
NATO Letter, Death of a wise man, 1967, n.15, 1-[xxxviii], p.27.
Vedovato G., Ricordo di uno statista liberale: il disegno politico di Gaetano Martino, in Rivista di Studi Politici Internazionali, Vol. 44, No. 3 (175), (Luglio-Settembre 1977), pp. 517-519.
Vedovato G., Gaetano Martino: l’Italia e l’Europa, Rivista di Studi Politici Internazionali, Vol. 45, No. 1 (177) (Gennaio-Marzo 1978), pp. 97-1012.
Archivio Storico del Senato, Gaetano Martino