“Verso il diritto di non soffrire?”: Il deputato Trizzino alla conferenza sull’eutanasia

Sabato 27 novembre, nell’Aula Magna del Padiglione F del Policlinico si è tenuto un importante dibattito riguardante l’eutanasia il suicidio assistito.

L’evento dal titolo “Verso il diritto di NON SOFFRIRE?” è stato organizzato dall’Associazione Universitaria Ares con il patrocinio di UniMe.

Lo stesso permetteva il riconoscimento di 0,25 CFU a tutti gli studenti partecipanti.

Le tematiche

I temi affrontati sono stati innumerevoli: si è parlato del Referendum sull’Eutanasia, della sentenza Cappato, degli aspetti penali e di quelli deontologici di queste pratiche e di molto altro ancora. L’obiettivo dell’incontro era quello di porre al centro del dibattito una tematica scottante che chiede a gran voce una soluzione in tempi brevi, ma che purtroppo continua a essere “rimbalzata” dai palazzi del governo.

Marco Cappato: uno dei volti al centro del dibattito.

L’intervento fondamentale in apertura è stato quello dell’onorevole Giorgio Trizzino, eletto alla camera dei deputati nel 2018 con il Movimento 5 Stelle (partito che ha abbandonato lo scorso marzo). Trizzino è stato in prima linea nei reparti e si è interessato personalmente delle pratiche legate al suicidio assistito. L’intervento del deputato si è focalizzato nel chiarire i punti fondamentali da cui partire per poter dibattere di queste tematiche: le definizioni di suicidio assistito, eutanasia e cure palliative. L’onorevole Trizzino ha infatti sottolineato l’errore molto diffuso che vede queste tre pratiche come un unicum.

Il deputato ha iniziato il discorso rimarcando l’importanza delle parole, che, a detta sua, troppo spesso assumono significati diversi da quelli reali, soprattutto nel mondo di internet. Ha poi lanciato un accusa contro l’ignoranza che indebolisce e sterilizza il dibattito riguardo queste tematiche. In molti infatti, a detta dell’onorevole, si lanciano nella discussione pur essendo poco informati sui fatti e che facendo spesso confusione nel distinguere i singoli casi. Lo stesso Trizzino nel suo intervento ha infatti cercato di chiarire meglio le differenze tra le diverse pratiche, parlando dell’eutanasia come di “un’azione o omissione volontaria da parte di un terzo che procura la morte di un malato per alleviarne le sofferenze”. Ha poi specificato come invece il suicidio assistito, sussista “quando un malato si auto-somministra un farmaco con l’aiuto di un soggetto terzo (spesso un medico o un infermiere)”.

L’onorevole ha quindi sottolineato come l’astensione o sospensione di trattamenti non siano eutanasia, e come questo valga anche per la rinuncia all’accanimento terapeutico.

L’onorevole Giorgio Trizzino. Fonte: il Fatto Quotidiano.

Ha poi chiarito l’ultimo concetto, quello inerente alle cure palliative, di cui egli stesso si è occupato lungo il suo percorso lavorativo. Il deputato ha chiarito come questo tipo di cure siano un approccio integrato che mira ad “aiutare il malato in fase avanzata al fine di prevenire dolori e altri problemi, non solo fisici ma anche psicosociali e spirituali”.

In questo senso possono considerarsi cure palliative le terapie specifiche, ma anche alcuni tipi di riabilitazione, sostegno psicologico e quello religioso, tutte pratiche che mirano ad aiutare i pazienti e le loro famiglie.

Il caso Cappato

Poi, attraverso un’introduzione del famigerato caso Cappato, Trizzino si è espresso sul pessimo trattamento che viene riservato a queste tematiche dai suoi colleghi in parlamento, parlando di un vero e proprio “ostruzionismo” della discussione che ne esaspera la situazione.

L’onorevole Trizzino ha poi concluso così il suo intervento.

Il parlamento non ha il coraggio di affrontare questi temi, voi lo avete e io vi ringrazio per questo. Il parlamento non può però sottrarsi a questo obbligo soprattutto se incentivato dalla corte costituzionale”.

Uno degli interventi durante la conferenza.

Il dibattito

In seguito i vari docenti si sono susseguiti in diversi interventi mirati sulle singole materie di interesse.

Il Professore Stefano Agosta, ordinario di Diritto costituzionale è intervenuto sul quesito referendario, provando ad intercettare gli scenari futuri che si profilano per il prossimo anno. Il professore Agosta ha dunque chiarito che l’eventuale abrogazione, prevista dal referendum, colpirebbe solo una parte dell’articolo 579 e che in ogni caso la corte costituzionale potrebbe comunque rifiutare l’abrogazione.
 La Professoressa Marianna Gensabella si è invece occupata degli aspetti etici e morali che sono al centro di una discussione di questo tipo.

La Professoressa Tiziana Vitarelli ha parlato dell’approccio penalistico, sfruttando la vicenda Cappato e dj Fabo come caso di studio.

Il Professore Vincenzo Adamo ha fatto riferimento alla sua lunga esperienza da medico oncologo per riportare la differenza che ha potuto cogliere tra la scelta suicidaria e quella dell’eutanasia in un paziente oncologico affetto da depressione.

Il Professore Alessio Asmundo ha infine trattato gli aspetti deontologici e medico legali di queste pratiche, avvolti da altrettante problematiche e punti oscuri.

Le parole dell’Associazione Ares

Giovanni Savoca e Gabriele Portaro, studenti portavoce di Ares, hanno così commentato il loro evento:

È davvero bello e sorprendere vedere tanti ragazzi impegnarsi in prima persona per la realizzazione di un progetto di questo tipo . In un periodo come quello che abbiamo appena trascorso , in cui la socialità è stata messa da parte a causa della Covid , riuscire a creare un gruppo forte e interessato alle tematiche attuali non è per nulla scontato . Oggi abbiamo dimostrato come da parte dei giovani ci sia sempre un maggior interesse verso tematiche attuali , maggior interesse che si dimostra tramite la nostra partecipazione, impegno e disponibilità al dialogo e all’ascolto . oggi abbiamo avuto l’opportunità di conoscere i punti di vista e le opinioni di diversi esperti .
Alla luce di ciò auspichiamo che si trattino sempre più spesso tematiche così attuali rendono partecipi i giovani favorendone il confronto e la crescita.

Antonio Ardizzone

Vaccinazione anti Covid-19: il via alle preadesioni

Sta per partire la campagna per la vaccinazione anti Covid-19.

L’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “G. Martino”, fa sapere con una nota che è possibile trovare sul sito coronavirus.it una sezione dedicata alle preadesioni da parte del personale che opera nelle aziende sanitarie a qualsiasi titolo.

La vaccinazione non è obbligatoria, ma si auspica la massima adesione del personale sanitario, in modo da trasmettere e rafforzare il messaggio a tutta la popolazione dell’importanza della vaccinazione per vincere la battaglia contro il Coronavirus.

Saranno istituite, presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Messina, specifiche aree ambulatoriali per la somministrazione del vaccino alla quale potrà affluire inizialmente ed esclusivamente dietro prenotazione il personale che, a qualsiasi titolo, opera al suo interno. È stata prevista una seconda fase di richiamo.

Come prenotarsi?

Per potersi prenotare bisogna registrarsi attraverso il seguente link: https://testcovid.costruiresalute.it/tamponi/scheda_prenotazione_vaccino.php

Nella scheda che apparirà bisognerà inserire:

  • I propri dati anagrafici
  • Residenza e domicilio
  • Numero di telefono cellulare ed email
  • L’ASP territoriale di afferenza (ASP Messina) e la struttura di afferenza (A.O. Universitaria Policlinico di Messina “G. Martino” – Messina (ME)), individuando la propria categoria di appartenenza tra quelle elencate.

Categorie di appartenenza:

  • Personale dipendente
  • Personale dipendente assunto ex Covid
  • Personale esternalizzato (tutti i servizi resi all’Azienda con personale esterno che opera sistematicamente all’interno dell’azienda)
  • Studenti iscritti al Corso di Laurea in Medicina e Odontoiatria
  • Studenti iscritti ai Corsi di Medicina Generale
  • Studenti specializzandi
  • Studenti iscritti ai CdL e CdLM delle professioni sanitarie
  • Altro personale che gravita in azienda a qualsiasi titolo

Dopo aver attivato il salvataggio dei dati, per completare la procedura è necessario inserire il codice che verrà inviato sia al numero di telefono inserito che all’indirizzo email indicato.

Ornella Venuti

#Ottobrerosa: la realtà del Policlinico attraverso le parole del Prof. Altavilla

A conclusione del mese della prevenzione e della campagna #Ottobrerosa, abbiamo avuto il piacere di intervistare il professore Giuseppe Altavilla, docente di Oncologia Medica e direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oncologia Medica con Hospice del Policlinico Universitario “G. Martino”.

Partiamo proprio dal concept di #Ottobrerosa inteso come mese di prevenzione e screening per il tumore al seno. Quante donne si sottopongono autonomamente a test di screening e giungono poi alla sua osservazione?

Facciamo una premessa di massima: per screening intendiamo uno strumento che lo Stato offre ad una popolazione a rischio per una determinata malattia ad alto impatto sociale ed è effettuato con metodologie che devono essere efficaci e diffuse. Il cancro della mammella rientra sicuramente tra queste patologie. Tenete presente che nel 2020, secondo “I Numeri del Cancro”  si aspettano circa 56 mila nuove diagnosi con 123000 decessi: l’impatto epidemiologico è particolarmente elevato. Fare quindi uno screening significa guidare la popolazione a maggior rischio di incidenza di cancro della mammella, individuata in questo momento nelle donne tra i 50 e i 69 anni, a fare un accertamento che oggi è rappresentato dalla mammografia. Questo è l’unico esame di screening realmente valido per cercare di detectare delle neoplasie che siano ancora inapparenti.

Fatta questa premessa, diciamo che lo screening è un’attività di pertinenza dell’ASP; questa infatti segue una politica di screening: manda delle lettere d’invito alle donne e da degli appuntamenti per fare una mammografia. C’è da aggiungere anche che in Sicilia, la campagna di screening è attualmente inefficace perché la percentuale di donne che si sottopone all’esame diagnostico è inferiore a quella necessaria affinché lo screening sia funzionale nel ridurre la mortalità.

Da noi (come ospedale e centro specialistico) vengono a fare dell’altro. Abbiamo un ambulatorio di senologia che visita circa 20-25 pazienti al giorno dove giungono anche donne a fare prevenzione e che non hanno alcuna patologia, ma è una cosa diversa dallo screening. La verità è che se ci fosse uno screening realmente efficace nelle nostre zone, noi non avremmo l’evidenza in clinica di tumori di una certa dimensione, li avremmo molto più piccoli, mentre purtroppo continuano a venire da noi donne che spesso hanno tumori di dimensioni maggiori di 2 cm, che a quel punto diagnostichiamo noi.

Reparto di Oncologia Policlinico G. Martino, 2014 – © Serena Piraino

Ci riagganciamo subito al discorso della diagnosi dei tumori in una fase avanzata. Pensa che l’equilibrio, per certi aspetti già precario in Sicilia, possa ulteriormente essere aggravato dalla pandemia in atto?

Assolutamente si, perché le campagne di screening sono state arrestate ad un certo punto di questa emergenza mondiale. La frequenza di visite nei nostri ambulatori si è notevolmente ridotta proprio per paura di questo virus: coloro che si rivolgevano a noi per un certo dubbio diagnostico in questo momento stentano a venire. Questo purtroppo è un dato che si è registrato in tutta la nazione e che pagheremo nei prossimi anni: ci aspettiamo molte più diagnosi di tumori in fase avanzata e non soltanto alla mammella. Il 2020 sarà un anno che inciderà negativamente nella prognosi dei pazienti oncologici.

In questo momento cosa consiglierebbe ad una donna che vorrebbe fare uno screening o una visita senologica: cosa e come può fare?

Quello che posso dire è che gli sforzi che stiamo facendo al Policlinico per mantenere in sicurezza le strutture ci impegnano in maniera continua. Vogliamo mantenere questo stato di sicurezza che dovrebbe tranquillizzare tutte le donne.  Ad esempio stiamo distanziando le visite, cercando di organizzarle in modo da non avere le sale d’attesa affollate. Di certo questo comporta una dilatazione dei tempi e un un notevole sacrificio per il reparto, però lo stiamo facendo per dare una garanzia e un segnale forte.

È necessario che si capisca che di Covid si sta morendo e speriamo che il vaccino arrivi presto e tutto si cominci a risollevare. Ma purtroppo le malattie oncologiche e cardiovascolari, entrambe trascurate quest’anno, avranno ripercussioni notevoli nei prossimi anni.

Quindi bisognerebbe cercare di informarsi sulla presenza di strutture che possono garantire nel migliore dei modi la mancanza di contagio e frequentarle rispettando le regole che le strutture si sono imposte e impongono ai pazienti.

Reparto di Oncologia Policlinico G. Martino, 2014 – © Serena Piraino

Come è cambiata la percezione del tumore alla mammella nel corso degli anni a livello di consapevolezza?

Non possiamo impedire a priori che la noxa patogena causi la cancerogenesi nella cellula tumorale, ma possiamo prevenire andando ad individuare la patologia quando questa non è ancora in una forma avanzata, quindi la consapevolezza è tuttoOnestamente devo dire che la trovo molto aumentata, soprattutto nel gruppo di ragazze e di giovani donne.

Sono oramai docente universitario da circa 40 anni, ed è la prima volta che vengo intervistato da due studentesse relativamente a questo tipo di problema. Qualcosa vorrà pur dire no?

Gli effetti “scientifici” di questa consapevolezza però verranno misurati in termini di efficacia soltanto quando voi giovani donne arriverete alla media età: ci auguriamo che questa corrisponda ad una minore mortalità delle donne del futuro per cancro della mammella. Oggi probabilmente stiamo ancora verificando una consapevolezza probabilmente non troppo matura nelle donne che avrebbero dovuto avere una istruzione adeguata circa 30 anni fa.

Mi piacerebbe che il processo della prevenzione, della diagnosi, della cura, dell’assistenza e, nei casi specifici, anche della terminalità dei tumori (non soltanto della mammella) possa essere in qualche modo reso uniforme. Non si possono incaricare diversi enti e lasciarli sconnessi tra di loro: il processo del malato oncologico dovrebbe essere governato tutto nell’ambito di un dipartimento oncologico provinciale unico. È questa la strada sulla quale bisogna battere moltissimo secondo me. La formazione della rete e di una sua coordinazione reale da parte di chi lavora nell’ambito di questo tipo di patologie è indispensabile.

Pensa che la scuola e l’istruzione in generale possano giocare un ruolo importante da questo punto di vista?

Purtroppo, ogni volta che sono uscito da una conferenza in una scuola media o in un liceo, ero molto deluso. Questo perché secondo me i ragazzi non erano sufficientemente preparati e quell’ora che passavano in aula magna era un modo per scappare dalla classe tra sorrisetti e spintoni.  L’informazione va data da chi è tecnicamente preparato ed io sono sempre stato disponibile nel farmi portavoce, però la scuola deve dare tanto e nell’ambito dei programmi educazionali dovrebbero essere incluse un certo tipo di attività da svolgere in maniera continuativa così da formare anche la coscienza.

Come vivono le pazienti il fatto di avere un carcinoma in una delle parti che le rendono donne? Quanto questo, dal punto di vista psicologico, impatta sulla prognosi e che conseguenze ha sulla terapia?

Se c’è la consapevolezza di cui parlavamo insieme alla certezza che questo tipo di patologia possa essere “presa in carico” – uso questo termine di proposito – da una struttura che da garanzie in temine di qualità ed organizzazione, il problema si supera. La sicurezza che vi possa essere una struttura che possa farsi carico della malata a 360° e darle il meglio che la scienza offre, può dare un miglioramento importante della componente piscologica.

Io talvolta dico a delle pazienti malate di tumore del seno che hanno dei fattori prognostici assolutamente favorevoli (tumore piccolo, l’espressione dei recettori ormonali), che è come se si fossero rotte una gamba. Ci si cura e si guarisce.

Reparto di Oncologia Policlinico G. Martino, 2014 – © Serena Piraino

Lei ha sempre stressato il concetto di umanizzazione delle cure, ma come è nato e quanto è importante offrire una struttura di continuità come l’Hospice o, nel contesto del vostro reparto, di “Una stanza tutta per sé” per mantenere la donna, per quanto sia possibile, tale?

Se avete notato io ho usato il termine “Prendersi carico” piuttosto che “curare” e “malato” piuttosto che “paziente”, che letteralmente vuol dire “colui che sopporta”.

Prendersi cura di un paziente oncologico vuol dire prendersi cura non soltanto dei bisogni fisici, ma anche di quelli psicologici, sociali, spirituali. Sono tutte condizioni che vanno considerate. La tristezza, il peso di una diagnosi di questo genere, va in qualche modo accompagnata dal processo di umanizzazione.

Ho cominciato questo percorso di umanizzazione delle cure in Oncologia nel 2013, dopo avere assistito ad una rappresentazione teatrale in cui una donna malata di cancro veniva ricoverata e nella sua stanza, accanto al suo letto libero, c’erano altri 3 letti. Lei che si era comprata il pigiama “non pigiama” e le pantofole “non pantofole” per cercare di sdrammatizzare la gravità del suo ricovero, improvvisamente aveva il problema di una promiscuità e di un ambiente tetro.

Ho visto il mio reparto di allora, in cui di letti ce ne erano cinque e non c’era neanche il bagno in camera, e ho capito che tutto doveva essere cambiato. Mi sono impegnato in questo percorso – aiutato da tutta una serie di donazioni che mi hanno consentito di avere dei fondi per riformare il reparto – e nella scrittura di un progetto per l’umanizzazione delle cure in Oncologia che ha portato negli ultimi anni ad un florido finanziamento. Grazie a questo, ma anche grazie alla sensibilità di tutti i miei collaboratori, un malato che entra in ospedale , che vede e “sente” un ambiente che non sembra un ospedale, sta sicuramente meglio.

Un’oncologia deve avere la capacità di seguire un paziente in tutte le sue fasi, anche in quella terminale ecco perché oggi abbiamo questo Hospice: per dare una possibilità e una vita sociale in un vero e proprio residence ospedaliero. Per rendere il tutto non semplice sopportazione.

Reparto di Oncologia Policlinico G. Martino, 2014 – © Serena Piraino

Il tutto potrebbe avere un effetto anche sulle cure?

Questo è stato verificato scientificamente con HuCare, un programma italiano che ci ha consentito di misurare la soddisfazione dei pazienti prima e dopo un certo percorso di umanizzazione. Abbiamo verificato come i pazienti immersi in questo genere di ambienti abbiano avuto una compliance molto aumentata. Il calcolo che ha raggiunto la significatività statistica, è un dato oggettivo.

Abbiamo appreso con piacere come accanto all’innovazione scientifica, al potenziamento delle strutture esistenti e all’inaugurazione di nuovi ambienti ci siano – e ci debbano essere – l’amore e la passione per quello che si fa, per i propri pazienti e per l’umanizzazione delle cure. Da questo non si può prescindere.

Barbara Granata e Claudia Di Mento 

 

L’Ospedale pediatrico a Messina: sinergia UniMe, Policlinico e Gaslini

Si è tenuto lunedì 28 settembre nell’Aula Magna del Rettorato l’incontro presenziato dal dott. Paolo Petralia, Direttore Generale dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova e Presidente dell’Associazione Ospedali Pediatrici Italiani  (AOPI), in cui si è discusso il tema: “Una opportunità in più per il futuro: l’Ospedale pediatrico a Messina”. Hanno partecipato il dott. Gianpiero Bonaccorsi, Commissario Straordinario AOU “G. Martino”, il prof. Carmelo Romeo, Direttore Dip. Materno-Infantile del Policlinico di Messina  e il moderatore: il prof. Claudio Romano, docente di Pediatria.

Protagonista dell’incontro il “neonato” DAI Materno Infantile del Policlinico Universitario, che recentemente è entrato a far parte dell’Associazione Ospedali Pediatrici Italiani (AOPI). L’associazione si pone l’obbiettivo di promuovere lo sviluppo culturale, scientifico e gestionale delle strutture assistenziali dedicate alla cura del bambino e del soggetto in età evolutiva. Non solo, rappresenta anche punto di riferimento per le Istituzioni nella pianificazione, programmazione ed organizzazione delle politiche sanitarie pediatriche.

Il DAI Materno Infantile del Policlinico è stato riconosciuto come “Ospedale Pediatrico”, all’interno di una Azienda Ospedaliera Universitaria, e diventerà un punto di riferimento per il territorio, ed in particolare per la Sicilia Occidentale, per quanto riguarda l’assistenza pediatrica specialistica.

In occasione dell’incontro, il Rettore Prof. Salvatore Cuzzocrea, che ha presieduto l’evento, ha affermato:

Il miglioramento di Didattica, Ricerca ed Assistenza ci consentirà di fare sempre più squadra e contribuirà, inoltre, a rendere il nostro Polo pediatrico il punto di riferimento per la Sicilia e la Calabria, ponendo fine a interminabili viaggi della speranza“.

Da sinistra: Dott. Paolo Petralia, il Rettore Prof. Salvatore Cuzzocrea, Dott. Gianpiero Bonaccorsi. – Fonte: Unime.it

La sinergia fra l’Ospedale pediatrico messinese, l’AOPI ed il “Gaslini” consentirà di avere risposte specifiche e veloci per i piccoli pazienti. Con esse anche una struttura a misura di bambino costituita da professionisti competenti, specialisti in pediatria ed in tutte le discipline connesse e strumenti adeguati per le esigenze dei bambini e delle loro famiglie” – ha detto il dott. Petralia.

Lo stesso ha poi sottolineato come l’obiettivo sarà quello di offrire non soltanto le “migliori cure”, ma anche il “modo migliore per essere curati”, ricordando che esiste già una valida collaborazione tra il Gaslini e il Policlinico che vede impegnati in prima linea i medici della Chirurgia Pediatrica.

Si prospettano dunque ulteriori possibilità per accrescere il bagaglio di tecniche e competenze utili a formare le nuove generazioni di medici, potendo assicurare anche continuità nella cura ospedaliera ai piccoli pazienti.

Insomma, si tratta di un traguardo ricco di orgoglio per tutta la comunità accademica, oltre che per la città di Messina tutta.

Georgiana Florea

Convegno Ecm al Policlinico, focus sull’alterazione del microbiota intestinale

Venerdì 2 ottobre, nell’Aula Magna del PalaCongressi del Policlinico, dalle ore 8,30 alle 18,30, si terrà il Convegno Ecm “Il Microbiota nella regolazione redox dei processi infiammatori: prospettive diagnostiche e terapeutiche nelle Sindromi da Sensibilizzazione Centrale”.

L’evento è stato promosso dall’Azienda Ospedaliera Universitaria “G. Martino” e dall’Università di Messina, in collaborazione col Comitato Fibromialgici Uniti (CFU-Italia), organizzazione di volontariato no-profit costituita da pazienti che soffrono di Fibromialgia, Encefalite Mialgica Benigna e Sensibilità Chimica Multipla, e con l’Ateneo di Messina. Responsabile scientifica è la professoressa Daniela Caccamo, associata di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica e dirigente biologa al Policlinico. Sono previsti in apertura i saluti istituzionali dell’Ateneo, del Policlinico, degli Ordini professionali e dell’assessore alle Politiche Sociali del Comune di Messina, avvocata Alessandra Calafiore.

Il programma è stato accreditato dal ministero della Salute con 10 crediti Ecm e il numero dei partecipanti è di cento persone. Il corso si svolgerà in modalità blended, ovvero in presenza per i relatori della sede e per gli accreditati Ecm, e sotto forma di web-conference con i relatori delle sedi esterne e gli uditori (studenti, pazienti, liberi cittadini), che potranno seguire l’evento on-line sulla piattaforma Teams di UniME, previa registrazione all’indirizzo cfuitalia@gmail.com (fino al raggiungimento della capienza della piattaforma). Le iscrizioni sono in corso. Il convegno punta ad aggiornare i professionisti della salute sui processi patologici innescati dall’alterazione del microbiota intestinale.

Il microbiota intestinale è una componente fondamentale del nostro organismo, costituita prevalentemente da molte specie di batteri, oltre a lieviti, parassiti e virus, in numero simile al numero di cellule del corpo umano. Se si altera lo stato di equilibrio (disbiosi) tra le varie componenti il microbiota non è più in grado di sintetizzare sostanze utili all’organismo, di proteggere e stimolare il sistema immunitario ed eliminare i tossici, tutte funzioni essenziali per una buona salute generale dell’organismo. Di conseguenza possono insorgere numerose patologie croniche, caratterizzate da stress ossidativo e infiammazione di basso grado a livello sistemico.

 

Mappa per raggiungere il luogo dell’evento:

Elsa Messina e il SISM in una conferenza sulle mutilazioni genitali Femminili

Sabato 30 marzo 2019. Aula Magna Padiglione NI del Policlino «G. Martino» di Messina. Ore 9.30. Elsa Messina & il SISM (Segretariato Italiano Studenti in Medicina) hanno affrontato una conferenza su un tema delicato: Mutilazioni Genitali Femminili.

Hanno detto un fermo “NO” ad una pratica che, con gli spostamenti migratori, ormai non riguarda solo i Paesi di origine ma anche l’Occidente, l’Europa e quindi l’Italia.

Nonostante i risultati raggiunti dal 2008 ad oggi in molti paesi africani, dell’Asia e del Medio Oriente, anche attraverso il varo di legislazioni nazionali che hanno messo al bando ogni tipo di mutilazione genitale, migliaia di bambine e ragazze ogni anno corrono il rischio di essere sottoposte a questa pratica che lascia segni fisici e psichici spesso indelebili. È un atto violento che causa infezioni, malattie, complicanze durante il parto e in alcuni casi mette a rischio anche la vita.

Una pratica che fino ad appena 25 anni fa, ossia fino alla Conferenza di Vienna del 1993, non era ancora riconosciuta universalmente come una violazione dei diritti umani. Mutilazioni, di cui oggi oltre 200 milioni  sono ancora vittima tante donne e tante bambine in tutto il mondo e che ne stanno soffrendo le drammatiche conseguenze.

La conferenza aperta a tutti gli studenti dell’Ateneo e alla cittadinanza ha riconosciuto 0,25 CFU agli studenti del Dipartimento di Giurisprudenza presso UNIME.

Durante il convegno si sono alternati i seguenti relatori: Prof. Onofrio Triolo, direttore unità operativa complessa di ginecologia e ostetricia; Prof.ssa Carmela Panella, ordinario di diritto internazionale; Prof.ssa Maria Teresa Collica, Ricercatrice e docente di diritto penale; Dott.ssa Serena Scurria,
sssegnista di ricerca presso il dipartimento di Scienze Biomediche, odontoiatriche e delle immagini morfologiche e funzionali; Dott.ssa Costanza Matafù, mediatrice linguistico-culturale. Esperta di violenza di genere nei Paesi Arabi.

Hanno evidenziato che le mutilazioni genitali femminili sono praticate soprattutto in paesi prevalentemente dominati dagli uomini, dove le donne faticano a raggiungere posizioni di spicco e sono generalmente relegate in casa. In questi paesi, il movente religioso e/o culturale si associa alla pressione sociale riguardante la pratica di questa forma di circoncisione femminile. Escluso il motivo religioso, alcuni studiosi, sono propensi a interpretare l’esistenza di queste pratiche come una forma di controllo sociale di donne e ragazze che vivono all’interno di società prevalentemente patriarcali, dove il loro ruolo si riduce a quello di mogli e madri. Spesso queste pratiche vengono giustificate dietro il cosiddetto “relativismo culturale”, secondo il quale è sbagliato imporre idee occidentali volte all’abolizione di queste pratiche strettamente legate alla cultura e alle tradizioni delle popolazioni che le praticano e che solo dai paesi “occidentali” sono definite come violazioni di diritti umani ma sono semplicemente il risultato di:

“Un misto di ignoranza, desiderio di potere e controllo sulla sessualità femminile, uso distorto e malevolo delle scritture e delle interpretazioni religiose fanno di questa pratica una manifestazione dell’odio contro il corpo delle donne e la loro autonomia: dare sostegno a chi le combatte è anche lottare contro una delle forme più orrende di dominio patriarcale che ancora abitano il mondo contemporaneo.”

Gabriella Parasiliti Collazzo

Il Policlinico di Messina si tinge di Lilla!

Venerdì 15 marzo 2019. Policlinico di Messina. Aula Magna. Padiglione F. Ore 15.00. In occasione della Giornata del Fiocchetto Lilla si è tenuto un congresso sui disturbi alimentari. L’importante evento è stato organizzato dall’ U.O. Disturbi Alimentari Asp di Messina, in collaborazione con il Sism (Segretariato Italiano Studenti Medicina) finalizzato ad informare e sensibilizzare il territorio su tutte le sfaccettature legate alla diffusione delle problematiche psicologiche che concernono il rapporto tra gli individui e il cibo.

La dottoressa Teresa Tricomi, Psicologo-Psicoterapeuta del Centro semiresidenziale il Cerchio d’Oro, ci spiega come e da chi è nata l’idea per la realizzazione di una struttura di tale portata:

Il Cerchio d’oro (Dipartimento salute mentale – Messina) è nato nel 2004 a Messina come progetto sperimentale e nel 2007 è diventato un’unità operativa ambulatoriale. Opera per la diagnosi, la cura e la gestione integrata dei Disturbi del Comportamento Climentare (Dca), offrendo un livello di assistenza di tipo ambulatoriale e, dal 2011, grazie alla vincita di un finanziamento regionale, è diventato un centro semiresidenziale. La struttura è coordinata dalla dottoressa Rossana Mangiapane, dirigente medico e psichiatra: è da lei che è nato tutto, da una sua idea. L’equipe presente è formata da circa 10 figure specializzate suddivise così: un medico psichiatra, un nutrizionista, due psicologi, tre tecnici della riabilitazione psichiatrica, due dietisti e un infermiere professionale. Insieme collaboriamo alla diagnosi e alla stesura dei trattamenti individuali specifici per ciascun paziente e per ciascun disturbo. Le terapie comprendono la riabilitazione nutrizionale progressiva, i pasti assistiti, la psicoterapia individuale e di gruppo, le visite mediche e psichiatriche, i gruppi per i familiari, le attività riabilitative, espressive e occupazionali. L’accesso alla nostra struttura è libero e si può effettuare tramite prenotazione telefonica. Attualmente ospitiamo circa 290 pazienti.

Roberta Minasi, presidentessa del Sism Messina, ci spiega su cosa verte l’intero congresso, quale e perché la scelta del tema principale:

Il fiocchetto lilla ha origine in America e rappresenta da più di 30 anni la lotta contro i disturbi del comportamento alimentare. Come ogni anno, abbiamo deciso di celebrare questa giornata tematica nazionale, ma quest’anno un’attenzione particolare verrà rivolta al mondo dei social. Perché questa scelta? I disturbi alimentari, sono considerati una vera e propria epidemia sociale. Internet è sicuramente un grande dono che offre infinite opportunità, ma, oggi della medaglia del “social” vorremmo anche mostrare l’altra faccia, quella “negativa”. Attraverso i social si può accedere a qualsiasi contenuto, ci si può connettere con chiunque. È così che “Questa malattia” si può “trasmettere” da una pagina all’altra dei social più importanti a livello mondiale, da una foto all’altra, da un hashtag all’altro. È come se a rappresentare una nuova scala dei valori, i social suggerissero: “Dieta-fitness-stile di vita sano-perfezione”. È chiaro che ormai i contenuti mediali possano veicolare e stimolare comportamenti rischiosi caratteristici dei disturbi alimentari. Per farvi un esempio pratico cito la DIETA BLUE JEANS che implica l’assunzione massima di 300 kilocalorie al giorno: è un gruppo chiuso di Facebook, dove ci si scambia consigli per raggiungere la fantomatica “perfezione”.”

Durante il convegno, oltre alle varie esposizioni dei relatori presenti, sono state lette delle testimonianze di persone affette da Dca, e sono stati proposti due laboratori interattivi: “La connessione” e “Lettura attenta”. Sono state selezionate 12 persone volontarie dal pubblico, di entrambi i sessi, che si sono sottoposte ad esperimenti sociali aventi il fine comune di dimostrare come oggigiorno non siamo più abituati ad osservare. Siamo poco attenti e non ci accorgiamo di ciò che ci succede intorno. Troppo spesso viviamo con la testa china sul telefono in uno stato di coma perenne. In questo clima diventa impossibile salvare chi ci sta intorno. Spesso, ai nostri occhi, il problema è invisibile, in quanto non ce ne accorgiamo. Ed è per questo che il dottor Giuseppe Rao, in accordo con la dottoressa Rossana Mangiapane, suggeriscono di fare rete. Rete intesa nel senso più totale del termine.

Gabriella Parasiliti Collazzo

Al Policlinico la presentazione di un “Centro Estetico” per le donne del reparto oncologico

Venerdì 8 Marzo alle ore 10:00 nell’aula Saverio d’Aquino al 5° piano del Padiglione H sarà illustrata dal Direttore, prof. Giuseppe Altavilla, un’iniziativa sociale rivolta alle pazienti in cura presso l’UOC di Oncologia Medica con Hospice del Policlinico Universitario “G. Martino”.
L’evento si inserisce nell’ambito del Programma di umanizzazione delle cure, già in atto presso l’Oncologia del Policlinico il cui fine è coniugare la migliore terapia con una globale presa in carico della Persona malata di tumore.
La terapia medica dei tumori può determinare una serie di effetti collaterali che spesso modificano il profilo estetico delle donne che vi si sottopongono. Proprio per rispondere alla esigenza di “bellezza” delle donne che affrontano la battaglia più difficile della loro vita, verrà messo a loro disposizione un “punto di estetica” presso il reparto ove eseguono la terapia.

Alla presentazione dell’iniziativa interverranno il prof. Salvatore Cuzzocrea, Rettore dell’Università di Messina; il Commissario straordinario della A.O.U. Policlinico “G. Martino”, dott. Giuseppe La Ganga; la prof.ssa Giovanna Spatari, Delegata alle Politiche di genere di Ateneo, promotrice dell’idea, e la giornalista Patrizia Casale, organizzatrice dell’evento “Una Mimosa per Te”, patrocinato dalla Città Metropolitana di Messina, che domenica 10 marzo nel salone degli specchi di Palazzo dei Leoni sosterrà la promozione e la diffusione dell’iniziativa.

Gaetano Martino: missione europeista di un siciliano

Gaetano Martino in una foto del 1954

Questo articolo della rubrica “Personaggi” lo dedicheremo a colui che rappresenta uno dei tasselli più importanti della storia di Messina, dell’Italia e dell’Italia all’estero: Gaetano Martino. 

Il nome non vi sarà sicuramente nuovo, e scommetto che la prima cosa a cui lo collegate è proprio il Policlinico Universitario G. Martino. Mentre qualcuno che si interessa di politica, vivendo con enfasi quella dello Stretto, potrebbe invece collegarlo ad Alberta Stagno D’Alcontres e Antonio Martino, suoi genitori: a suo padre, sindaco di Messina prima e dopo il terremoto del 1908, si deve la rimessa in piedi della città. È proprio dal padre che Gaetano eredita la vena politica che lo porterà a ricoprire cariche importanti. Tuttavia, prima di addentrarci negli affari pubblici, voglio parlare della sua carriera da fisiologo e del suo importante contributo alla medicina. 

Laureatosi in medicina all’Università di Roma, nella quale ricoprirà le cariche di professore alla cattedra di Fisiologia umana e di Magnifico Rettore, Martino si dedica alla ricerca scientifica tra Berlino e Parigi, e allAteneo peloritano, sarà professore di Fisiologia umana e Chimica biologica, e Rettore per ben 13 anni. Sulle orme del maestro Amantea, viene considerato il maggiore fisiologo al mondo, grazie anche al suo “Trattato di fisiologia umana”. Subito dopo la pubblicazione di quest’ultimo, ha inizio l’intensa e proficua attività politica del Martino che, nelle file del Partito Liberale Italiano, viene eletto Deputato e poi Presidente alla camera. Il primo passo mosso in politica, e prima della nomina a Presidente del partito Liberale, è da percepire nella gestione del dibattito, da lui tenuta, per l’annessione dell’Italia al Patto Atlantico.

Nel ’54 e per appena sette mesi, sarà Ministro della pubblica istruzione e precursore di importanti provvedimenti legislativi quali la nota “Legge Martino-Romita”. A questo periodo risale anche la carica a Ministro degli Esteri: In meno di due anni, Martino riuscì a liberare l’Italia dal pesante carico ereditario del Fascimo, guidando la delegazione italiana alla firma dei Trattati di Roma, riuscendo a far riannettere Trieste all’Italia e facendo ammettere quest’ultima all’ONU. Il nome di Gaetano Martino sarà infatti ricordato per il primo discorso di un ministro italiano all’Assemblea ONU, e per il suo farsi precursore dell’integrazione economico-politica dell’Europa. Dopo il fallimentare tentativo di istituzione della Comunità Europea di Difesa ( C.E.D) nasce per mano sua la Unione Europea Occidentale ( U.E.O), sicuramente meno compiuta e perfetta della precedente, ma rappresentante la prima tappa di una nuova politica europeistica. Martino aveva compreso, infatti, che l’unità politica si sarebbe raggiunta tramite una manovra fortemente economica, ed al fine di inculcare la sua idea agli altri cinque paesi, indisse la  Conferenza di Messina, tenutasi a Messina nel ’55, al fine di impartire forte segnale di ripresa dell’integrazione, soprattutto economica, riuscendo ad ottenere l’assenso di massima al suo piano.

Dalla Conferenza di Messina, la missione europeista di Martino è proseguita con slancio ed impegni crescenti, anche nelle vesti di Presidente del Parlamento Europeo, Capo della delegazione parlamentare e di Presidente Generale del Corpo Nazionale dei Giovani Esploratori.

Rimarrà impegnato in politica fino alla morte, datata il 21 Luglio 1967. 

Oggi, nei pressi del Municipio di Messina, è a lui dedicata una statua.

Erika Santoddì

Image credits:

By Unknown – Italian magazine Epoca, N. 214, year V, page 73, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=49869541

Epatite C. In Italia ti curi solo se sei grave

Sofosbuvir_bottle_with_pill_on_Gray-1940x1566Nuova Delhi,India. Dopo averla inizialmente rigettata, il 12 maggio scorso l’ufficio brevetti indiano ha accolto la richiesta per la concessione del brevetto sulla componente di base del farmaco Sofosbuvir alla Gilead Sciences, per la cura dell’Epatite C. Immediata la risposta di Medici Senza Frontiere attraverso le parole della sua esperta di salute pubblica: Questa decisione – ha detto Silvia Mancini- è una cattiva notizia per le persone affette da Epatite C”. L’India fino ad oggi è stato il maggior produttore di versioni generiche della miracolosa molecola di proprietà della Gilead grazie ad una serie di privilegi, concessi dalle grandi compagnie farmaceutiche per produrre farmaci che altrove sono protetti da brevetti. La compagnia americana negli Stati Uniti aveva inizialmente immesso sul mercato il farmaco a prezzi esorbitanti: 84 mila dollari per ciclo di trattamento, una cifra che era stata parzialmente ridotta grazie alle forme generiche sintetizzate in oriente. Insomma potrebbero aumentare ulteriormente le difficoltà per coloro che sono obbligati a convivere con questa patologia.

576px-Hepatitis_C_infection_by_source_(CDC)_-_it.svgL’Epatite C è una malattia infiammatoria del fegato, causata dal virus HCV. Ha una tendenza a cronicizzare e ad evolversi in cirrosi e carcinoma epatico. Le vie di trasmissione principali del virus sono diverse e questo persiste nel fegato di circa l’85% delle persone infette. L’infezione ad oggi può essere trattata con farmaci come l’interferone, la ribavirina ed il sopracitato sofosbuvir. Nome commerciale Sovaldi, il farmaco della Gilead Sciences anche in Italia è al centro di numerose polemiche sollevate da giornali, televisioni ed associazioni come la EpaC Onlus, da anni al sostegno dei malati di epatite.

chart_01Ogni anno in Italia muoiono circa 10 mila persone malate di Epatite C, nel nostro paese per anni ci si è ammalati per colpa di trasfusioni di sangue, per operazioni con strumenti non sterilizzati. Dal 2014 sono disponibili questi farmaci che assicurano nel 90-95% dei casi la guarigione dall’infezione del virus HCV : ma sono medicinali tanto cari che il Ministero della Salute ha deciso di garantire il trattamento solo ai malati gravi. Il rischio è che non somministrandolo a tutti i non curati si aggravino, infatti solo coloro i quali hanno una perdita di elasticità del fegato catalogata in stadi definiti F3 ed F4 hanno diritto ad accedere gratuitamente a questo incredibile prodotto, cioè quelli con una compromissione della funzionalità molto grave. Un ciclo di trattamento costa al Sistema Sanitario Nazionale ben 20 mila euro, ma non per questo può essere giustificata una simile prassi, dove i pazienti “meno gravi” devono aspettare fin tanto che le loro condizioni peggiorino.

L’Epatite C – ci spiega il Prof. Giovanni Raimondo Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Epatologia Clinica e Biomolecolare presso la A.O.U. Policlinico di Messina è stata molto diffusa in Italia in passato, quindi è ovvio che sia alto il numero dei malati cronici. Ciò che è stato stabilito dall’AIFA (Agenzia italiana del farmaco) è di curare prima i pazienti con la malattia avanzata, per poi passare a pazienti in stadi meno avanzati come quelli in stadio F2. Questi ultimi pazienti dovranno certamente essere curati, ma il grado della loro malattia non impone un trattamento immediato. Benché io – come tutti i miei colleghi – vorrei trattare subito tutti i pazienti, capisco che, dati i costi delle terapie specificamente dirette contro il virus C, sia necessaria una regolamentazione che renda sostenibile la spesa per il nostro Sistema Sanitario Nazionale che tutti noi dobbiamo salvaguardare.” 

Nessuno può fermare la voglia di guarire da una infezione virale e da una malattia cronica progressiva, tant’è che fino ad ora alcuni dei pazienti meno gravi sono ricorsi all’acquisto del farmaco generico in India o in Egitto. Sappiamo che dopo i trattamenti anti-epatite c, sarà la volta dei nuovi portentosi medicinali utilizzabili in campo oncologico, le “bombe intelligenti”. Se questa è la dinamica che dobbiamo aspettarci, avremo farmaci salvavita sempre più cari e sempre più difficili da avere per noi. È quindi una situazione senza via d’uscita?

Nell’attendere una svolta politica concreta nei confronti delle condizioni imposte da certe case farmaceutiche non possiamo che accodarci all’appello al governo di Ivan Gardini, Presidente dell’ EpaC  Onlus: È tempo di passare dal “se curare” al “quando curare”. È tempo che i pazienti possano programmare le loro terapie con i medici curanti , avere un riferimento temporale e scegliere l’ospedale che ha meno liste d’attesa. Ognuno di noi ha il diritto di curarsi e poter programmare la propria vita. Questo abbiamo chiesto alle Autorità e questo continueremo a chiedere finché non lo otterremo.

Alessio Gugliotta