Abbatti lo stereotipo – Il polentone al Sud

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Dopo aver affrontato i cliché degli studenti conterranei, come non parlare degli stereotipi che noi meridionali affibbiamo agli ospiti nordici? C’è chi fa la vacanzina al Sud, chi ci studia, chi ci lavora… insomma, anche il meridione è invaso dagli amici “di su”.

Proviamo a sfatare i quattro miti che narrano dei polentoni!?

1- Ci si vede per un “ape”?

“ Ape cosa?” – Ci si vede per mangiare focaccia, o un arancino, o una granita, non per un “ape” ( che poi è aperitivo). Il buon polentone, alle prime armi, “osa” fare una proposta tale al Sud; ma quando l’amico terrone lo porta ad assaggiare qualche chilo di focaccia, è subito magia: già dal giorno dopo, suggerirà una focacciata.

2 – Scopre l’esistenza del sole ( e del caldo).

Anche a Novembre e a Dicembre, e per tutto il resto dell’anno (tranne nel fine settimana, ovviamente). In realtà, è proprio difficile spazzare via la nebbia di questo stereotipo, ma vi possiamo assicurare che i polentoni sono così stufi del caldo afoso delle loro terre, da essere felici delle nubi invernali padane. Alla fine dei conti, quindi, conoscono fin troppo bene il sole.

 

3 – Puntualità.

Nello scorso pezzo, abbiamo parlato del tipico ritardo dei meridionali; per i polentoni esiste il problema opposto.

Se dicono “ci vediamo alle 18”, loro sono puntualissimi, anzi, sono capaci di presentarsi all’appuntamento anche 5 minuti prima, ignari del fatto che dovranno attendere l’amico del Sud ALMENO mezz’ora.

Ma dopo un paio di volte in cui l’attesa sembra infinita, è il polentone stesso a presentarsi molto dopo l’orario prefissato.

 

4 – Alle 19 ha già cenato.

Probabilmente, lo fa il primo giorno che arriva, ma non appena vede la gente attorno a lui cenare non prima delle 20:30, silenziosamente cucina ad un orario intermedio, così da non sembrare il tipico nordico e, nel frattempo, non soffrire troppo la fame.

 

Bene polentoni, avete: cibo buonissimo, il mare, qualche clacson che suona a caso ( sicuramente per salutare l’amico nella macchina accanto), qualche parola in dialetto da imparare…insomma, con un buono spirito di adattamento, potete farcela!

 

Jessica Cardullo

Abbatti lo stereotipo- Il terrone fuori sede

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Chi non ha un amico che studia lontano dalla sua calda e amata terra natia?

Dalle regioni più vicine fino ai freddi centri trafficati del nord, lo studente meridionale si insinua nella vita universitaria dei romani, dei polentoni ( chi più ne ha, più ne metta) regalando assaggi della terronia e creando, spesso, degli stereotipi che oggi, una volta per tutte, abbatteremo.

 

Ecco a voi i quattro cliché del terrone fuori sede:

  1. Le valigie piene di cibo. Leggende narrano che, per gli aeroporti italiani, viaggino solitarie e profumate, valigie cariche di braciole, di cannoli, di arancini ( o arancine, così nessuno si arrabbia). Probabilmente qualcuna ce ne sarà in circolazione, ma demitizziamo questi racconti: la verità è che il vero terrone, rientrando a casa per le vacanze, si rimpinza di questo cibo fino a scoppiare e, tornando su, il frigo è in dieta e le valigie sono solo piene di quei maglioni pesanti che al sud nessuno mai oserebbe indossare.
  2. La nonna al telefono, prima di salutare, dice: “ Hai mangiato?”. Beh sì, lo chiedono, ma non prima di aver fatto una serie di domande che la rassicurano sulla tua incolumità. Il questionario della nonna si struttura in: “ Hai chiuso la porta a chiave?”, “ Hai spento il gas?”, “Non è che cammini in strade buie ed isolate?” ed infine “ Hai mangiato, vero? Quando torni ti faccio mangiare io!”. Mi sembra doveroso, però, precisare che la telefonata è rigorosamente in dialetto .
  3. Uscire è transitivo. Touché. Regola grammaticale completamente introdotta da noi meridionali e che, con molta, troppa difficoltà, abbandoniamo. Ed ogni volta che il povero studente fuori sede prepara, per lui e per il coinquilino, il caffè ed urla “ È uscito il caffè”, le orecchie di un polentone sanguinano. Difficile sfatare questo mito, ma i terroni imparano in fretta: “uscire” come transitivo è off-limits.
  1. Ritardatari cronici. “ Fra un PAIO di minuti sono pronto” quel “paio” meridionale che va da una decina di minuti all’ora spaccata. Il terrone soggetto a questo pregiudizio, però, ormai è puntuale come un milanese, addirittura arriva in anticipo e, asserendosi paladino della giustizia sociale, sfata ogni cliché sulla non puntualità dei terroni.N.B.: il genere femminile, chiaramente, si astiene dallo smentire il mito della non puntualità.

     

     

    Terroni fuori sede, siete vittime di altri stereotipi? Scriveteci e li sfateremo tutti ( o almeno, ci proviamo).

     

    Jessica Cardullo