Tempeste geomagnetiche: il sistema Sole-Terra tra incanto e tragedia.

Il sistema che porta alla formazione di una tempesta geomagnetica è ricco di dettagli e, con essi, si realizzano alcuni dei fenomeni di cui sempre più spesso sentiamo discutere.

La scoperta da cui tutto prende forma

Secondo alcuni studiosi, una delle caratteristiche peculiari del Sole è il suo campo magnetico, il denominatore comune di molti degli eventi riguardanti la sua attività.
Fu George Hale, nei primi del Novecento, a comprenderne per la prima volta l’esistenza. Egli osservò che il Sole era permeato a tutte le scale da tale campo e che la sua manifestazione più evidente risiedeva nelle macchie solari. Esse erano note per la loro forte attività magnetica e per la diversa emissività termica rispetto alle regioni che le circondano, giungendo alla conclusione che il Sole fosse una stella magnetica
È l’osservazione delle macchie solari che permette di fare previsioni sull’arrivo o meno di una tempesta geomagnetica.

Fonte: conoscenzalconfine.it

Cos’è una macchia solare?

Le macchie solari sono gigantesche strutture magnetiche che appaiono sul disco solare come regioni scure. La loro costituzione è molto particolare.
La parte più interna e più scura è caratterizzata da temperature più basse rispetto a quelle raggiunte nelle regioni più esterne che risultano essere più luminose (6000 K).  Sono varie le situazioni a cui il campo può essere soggetto. Ad esempio, in alcuni casi potrebbe essere influenzato da accumuli di plasma caldo che prendono il nome di “light bridges”, e che si pensa rappresentino segnali di decadimento della macchia. E ancora, potremmo osservare intrusioni di “umbral dots”, anche questi luoghi dove il plasma emerge per poi ricadere in basso.

Il Sole: una fonte di variabilità

Il moto del Sole attorno al suo asse di rotazione non è uniforme. Conosce diverse velocità a seconda di quale punto si consideri. Questo fa sì che il campo magnetico si avvolga con più rapidità attorno all’equatore, raggiungendo un momento in cui, per la forte intensità, il plasma che lo circonda viene “espulso”, formando così una sotto-densità. Il plasma in questa zona avrà una densità più bassa di quello che la ricopre: esso galleggerà sino alla fotosfera. È qui che creerà le macchie solari. Le variazioni che coinvolgono il campo magnetico solare si ripercuotono sull’intero sistema, il quale lega ciò che avviene sul Sole a ciò che potrebbe avvenire sulla Terra.

 

Visualizza immagine di origine
Fonte: focus.it

Oltre le macchie solari: altri cambiamenti osservati

Ulteriore conseguenza delle variazioni è osservabile nella forma della corona solare, che passa dall’essere regolare nei periodi di minima attività solare, all’essere irregolare e abbastanza estesa in quelli di massima. Questa  instabilità porta al rilascio di grandi quantità di energia. È ciò che avviene attraverso i “flares” (brillamenti), seguiti da un eventuale espulsione della massa coronale nello spazio interplanetario.
Questo evento avviene durante un massimo solare, e in prossimità delle macchie solari. Un ciclo solare comincia con un numero minimo di macchie, che aumenteranno sino al massimo, per poi ridiminuire.
Se teniamo conto del numero delle macchie presenti possiamo comprendere quanto sia possibile che si realizzi una nuova espulsione.

 

Visualizza immagine di origine
Fonte: kasi.re.kr 
Fonte:blueplanetheart.it

Verso la formazione della tempesta geomagnetica

Il flusso di particelle cariche prodotto dal Sole (“vento solare”)  riesce ad annullare la “schermata” magnetica della Terra. Penetra nell’atmosfera terrestre e si producono le GIC, le correnti elettriche indotte geomagneticamente.
Queste fluiranno nelle zone con conducibilità elevata e ad alta latitudine.
Ma le conseguenze di una tempesta geomagnetica potrebbero essere talmente dannose che anche i Paesi localizzati a latitudini medio-basse hanno ormai iniziato a seguire gli studi in merito.

Fonte: geoscienze.blogspot.com

Gli impatti sulla natura e sulla quotidianità

L’impatto che la tempesta geomagnetica può avere su alcuni animali interessa il loro senso dell’orientamento.
Lo scorso 19 giugno è stata osservata la scomparsa di alcune centinaia di Columbidi dal Sud del Galles e dal Nord-Est dell’Inghilterra. Non sono mancati coloro che hanno ricondotto tale fenomeno a una tempesta geomagnetica.
Una situazione simile si ebbe nel 2015, quando due tempeste disorientarono alcuni cetacei del Mare del Nord, facendoli arenare.

Recente è poi la notizia di una tempesta abbattutasi sull’America Latina lo scorso 29 ottobre, causando un potente black-out radio. Per il giorno seguente era stata annunciata la cosiddetta “tempesta di Halloween”, che si sarebbe abbattuta sull’Europa alla velocità di 1.260 km/s.

Visualizza immagine di origine
Fonte: meteoweb.eu

Visualizza immagine di origine
Fonte: meteo.com

Le grandi tempeste geomagnetiche del passato

Nel 1859 la tempesta di Carrington portò a un guasto dei telegrafi durato 14 ore e alla produzione di un’aurora boreale che fu visibile in aree inusuali, come a Roma e a Cuba.
Altra tempesta molto forte fu quella del 1989, in Québec: la popolazione restò al buio per giorni.
Ancora, nella notte tra il 18 e il 19 settembre 1941, si registrò una delle tempeste geomagnetiche più violente a basse latitudini. Nel clima teso della Seconda Guerra Mondiale, in cielo apparvero aurore in diversi luoghi del mondo. Molte navi, illuminate dalle aurore, furono scoperte, e si pensa che per tale motivo un sommergibile tedesco riuscì ad affondare la nave canadese SC44 Corvette HMC Levis.

 

Riproduzione artistica delle macchie solari sull’Illinois State Journal,21 settembre 1941. Fonte: blueplanetheart.it

L’aurora boreale

L’ aurora boreale, australe o polare,  è un fenomeno ottico dell’atmosfera terrestre. Esso è caratterizzato principalmente da bande luminose di diverse forme e colori rapidamente mutevoli, che suscitano nello spettatore stupore e meraviglia. Si formano dall’interazione tra le particelle cariche di origine solare con gli strati più esterni dell’atmosfera; una tempesta geomagnetica rappresenta quindi il momento perfetto per la loro comparsa.
Alcuni studiosi pensano che proprio la presenza di un’aurora boreale sia stato uno dei motivi per cui il Titanic affondò.

«Non c’era la Luna, ma l’aurora boreale risplendeva come raggi lunari sparati all’impazzata dall’orizzonte settentrionale»

Queste furono le parole scritte da James Bisset, ufficiale della RMS Carpathia, una delle navi giunte in aiuto.
La ricercatrice Mila Zinkova  ritiene inoltre che la tempesta di cui si discute potrebbe aver interferito con la bussola della nave.

Visualizza immagine di origine
Fonte: viagginews.com

Conclusioni

Oggi si sta provando ad approfondire il più possibile le dinamiche delle tempeste geomagnetiche, a tutte le latitudini. Si sta capendo come a esserne coinvolto sia tutto il mondo. Studiarne più a fondo gli effetti rappresenta il solo modo per proteggere la Terra.

 

Giada Gangemi

«Sei guarito dal Covid? Ci serve il tuo plasma!». L’appello dell’ospedale Papardo

(fonte: blogsicilia.it)

Si cercano, sempre di più, ex positivi al Covid per le donazioni di plasma iperimmune utile a guarire nuovi contagiati. Di questo tipo di trametto e dei pareri contrastanti al riguardo ne abbiamo già parlato qui. In ogni caso, tra gli otto centri di raccolta del plasma già attivi in Sicilia, vi è l’ospedale Papardo, dal quale, negli scorsi giorni, è stato lanciato un nuovo appello. Si cercano persone guarite del coronavirus, ma da almeno 14 giorni, poiché maggiore è la probabilità che questi soggetti possiedano l’ “iperimmunità” necessaria alla cura di altri positivi. La procedura – detta plasmafaresi – richiede circa 50 minuti ed è aperta a tutti coloro che rientrano nella fascia di età compresa tra i 18 e i 65 anni. La cura attraverso le trasfusioni di plasma iperimmune sta dando comunque risultati non trascurabili nella lotta al coronavirus, soprattutto in assenza del vaccino. Perciò sia il presidente della regione, Nello Musumeci, che il sindaco Cateno De Luca si sono esposti per esortare i guariti a donare. Il primo cittadino di Messina ha pubblicato tramite la propria pagina Facebook un video che riprende le parole della prima donatrice di plasma al Papardo guarita al Covid-19.

Ospedale Papardo
Fonte: L’eco del Sud

La censura di Facebook

L’iniziativa è parte del progettoTsunami“, attivato su indicazione del Ministero della Salute, e promosso dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’AIFA (Agenzia Italiana del farmaco) su tutto il territorio nazionale. Nonostante il contributo fondamentale fino ad ora raggiunto, i risultati del trattamento con il plasma sui pazienti Covid sembrano ancora essere lontani dall’essere riconosciuti come validi. A tal proposito Facebook, pochi giorni fa, ha censurato il post dell’appello sulla pagina dell’ospedale messinese. La notizia, pubblicata in data 12 novembre, è stata bollata come fake news dall’algoritmo del popolare social che, tuttavia, ha riabilitato a qualche giorno di distanza, la sua linea. Il fatto non è di certo passato inosservato e il primo a rispondere, non senza provocazione, è stato il capogruppo dell’Ars per la Lega Antonio Catalfamo:

“Facebook oscurando il post dell’Ospedale Papardo ha infatti mostrato di essere di parte, garantendo gli interessi poco chiari dei poteri forti. Chi guadagna dalla censura anti plasma? Il governo? Le case farmaceutiche? Non si capisce perché nascondere una informazione che di per sé non avrebbe arrecato danno a nessuno poiché la cura del plasma è cosa ben diversa dal vaccino. Non serve essere medici per capire che il vaccino infatti interviene prima, la cura del plasma dopo e durante. Una cura che tra l’altro ha costi irrisori e disponibilità maggiore data la percentuale di guariti. La Regione Siciliana si è attivata tra le prime per la raccolta del plasma iperimmune. Lo scorso aprile avevo anche presentato un ddl sul tema Banca del Plasma. Un metodo che non sostituisce il vaccino ma rafforza il nostro sistema sanitario in questa guerra contro il virus. Non sarà che qualcuno vuole far cassa col vaccino a discapito del plasma iperimmune?”

Contribuire alla donazione

Al di là delle polemiche, è indubbio che aiutare la ricerca sia di fondamentale importanza. Infatti, con una sacca di plasma di circa 600 ml è possibile salvare almeno tre pazienti. Per questo, i contatti utili forniti dal Centro Trasfusionale A.O. Papardo di Messina sono per i numeri fissi: 090 3993507 oppure 090 3993803. Su Whatsapp al numero 3341061707. L’indirizzo email è, invece, donatorisanguepapardo@aopapardo.it

Processi di plasmaferesi
Il processo di plasmaferesi ha la durata di circa 50 minuti e il plasma si rigenera solitamente in tempi estremamente brevi. (Fonte: Fondazione Umberto Veronesi)

 

Alessia Vaccarella

 

La Fisica di Star Wars #2: spade laser e Rotta di Kessel

Benvenuti in questo secondo episodio dedicato alla galassia lontana lontana, bando alle ciance andiamo a vedere le lightsabers e la rotta di Kessel.

Lightsabers

Le prime forme dell’arma erano conosciute come “protosabers” che richiedevano pacchi batteria, collegati all’elsa della lightsaber, attaccati a cinture indossate dai Jedi. Non erano l’ideale in quanto limitavano i movimenti dei Jedi durante il combattimento.

I componenti necessari per il funzionamento della lightsaber sono contenuti nell’elsa, il cuore dell’arma. Qui accade tutta la fisica, o forse la magia. Contiene le celle di potenza e vari altri componenti che puoi vedere nella foto sotto.

Descrizione di come l’energia delle cellule di potenza è diretta attraverso una serie di lenti di focalizzazione ed energizzatori che convertono l’energia in plasma. Fonte: Starwars Fandome

Si dice che le lightsabers siano composte da laser. Tuttavia, l’utilizzo dei laser solleva diversi problemi.

Qualcosa che rifletta la fine del raggio

Se avessi una spada laser, non esisterebbe un modo per “fermare” il raggio a una certa lunghezza. Andrebbe avanti e taglierebbe tutto lungo suo cammino. Sono in corso ricerche che sfruttano le leggi della meccanica quantistica e della relatività per fermare la luce per un breve periodo di tempo, ma non sarà ancora pratico in quanto si tratterebbe di un effetto temporaneo.

I laser non si scontrano

L’altro problema con i laser è che i fotoni non hanno massa. Se due fasci di luce si attraversassero, questi non si scontreranno, si incroceranno e continueranno a tagliare tutto.

Nella foto della cella di potenza nell’elsa ho menzionato il plasma. Il plasma è il quarto stato della materia, è un gas ionizzato superhot, il che significa che il gas diventa così caldo e/o così eccitato che gli elettroni perdono il legame con il loro atomo, rendendo il gas altamente conduttivo.

La spada laser al plasma ha diversi problemi legati a temperatura e incontrollabilità. Il plasma è altamente conduttivo, quindi grazie alle leggi dell’elettromagnetismo di Maxwell possiamo controllarne la forma con un campo elettromagnetico, degli scienziati in Francia stanno cercando di controllarlo tramite la fusione nucleare.

Quando due lame al plasma entrano in contatto diretto, quasi certamente si verifica una riconnessione magnetica, provocando un rilascio esplosivo del plasma delle spade.

Eulero e Heisenberg dimostrarono che, per intensità sufficientemente elevate, la luce può effettivamente interagire con se stessa (effetto dovuto alle fluttuazioni quantistiche del vuoto).

Fonte di alimentazione compatta e abbastanza potente

L’energia necessaria per alimentare qualcosa di così potente richiederebbe una grande batteria. Non qualcosa di portatile. Per renderla abbastanza potente avresti bisogno di 15 MWh di energia, quanto basta per alimentare una piccola città.

Utilizzando tecniche di laser ad altissima intensità, è stato dimostrato che è necessaria un’incredibile quantità di energia per alimentare una simile spada laser. Se la fonte di energia fosse la fusione nucleare, una simile spada laser richiederebbe 1011 kg di combustibile per funzionare per un minuto.

E’ possibile nel mondo naturale della scienza replicare questo pezzo di armamento?

Il fisico teorico Michio Kaku nel suo libro ‘La fisica dell’impossibile’ ne parla brevemente. Crede che in questo secolo saremo abbastanza avanzati con la nostra nanotecnologia per fare grandi progressi nel campo delle batterie. Suggerisce di usare come lama un’asta telescopica in ceramica resistente al calore. Ci consentirebbe di esercitare il potere del plasma e quindi realizzare una spada laser che non violerà nessuna legge della fisica.

Rotta di Kessel

Mai sentito il famoso vanto di Han Solo secondo cui il Millennium Falconha fatto la rotta di Kessel in meno di 12 parsec“? Pochi sanno che da una prospettiva astronomica non aveva senso. Un Parsec è un’unità di distanza, non di tempo.

Perché Solo dovrebbe usarlo per spiegare la velocità del Millenium Falcon?

Ci sono due teorie. La prima è che la frase detta da Solo contenesse un errore di terminologia. La seconda è molto più interessante: quando Obi-Wan si è seduto di fronte ad Han Solo in quella cantina angusta, avrebbe incontrato un viaggiatore del tempo.

Cos’è il parsec?

Coniato dall’astronomo britannico Herbert Hall Turner, il termine “parsec” viene da “parallasse” e “secondo“, 1 parsec di distanza equivale a 3,26 anni luce (3,08×1016 metri).

The Essential Atlas, la rotta di Kessel era un percorso di 18 parsec (59 anni luce), utilizzato dai contrabbandieri per aggirare i blocchi imperiali, il cui percorso viaggia attorno a “The Maw“, un ammasso di buchi neri.

Perché Solo dovrebbe descrivere la velocità con cui ha viaggiato usando la distanza?

Per ridurre la distanza percorsa, i piloti dovrebbero aggirare pericolosamente i bordi dei buchi neri, cercando di evitare la spaghettificazione. Se Solo era un pilota abbastanza abile da volare abbastanza vicino ai buchi neri, e tagliare quasi 20 anni luce, allora la sua nave era davvero veloce.

Immagine della Rotta di Kessel Fonte: Slashgear

Essendo in grado di ballare attorno alle singolarità (buchi neri), il Millennium Falcon si afferma come una nave veloce e il vantarsi di Solo ha senso. Ma questo solleva un problema più intrinseco: la rotta Kessel copriva quasi 40 anni luce di cosmo. Se Star Wars seguisse le leggi della fisica, prendere quella rotta cambierebbe la cronologia della vita di Han Solo.

In A New Hope, Solo stabilisce che il Millennium Falcon può andare “0,5 oltre la velocità della luce“, accendendo la speranza per un’argomentazione scientificamente accurata. La velocità della luce è il limite di velocità universale e niente può superarla.

Viaggio nel tempo

Poiché la rotta di Kessel accorciata copre 12 parsec (39,6 anni luce), una nave che viaggia quasi alla velocità della luce impiegherebbe poco più di 39,6 anni per arrivarci. Considerando la dilatazione del tempo, chiunque guardasse la rotta di Kessel avrebbe visto Solo accelerare per 40 anni, ma Solo stesso avrebbe vissuto solo poco più di mezza giornata. Nel tempo necessario a Han per completare solo una rotta di Kessel, nel resto della galassia passano 40 anni.

C’è la scappatoia dell’azionamento a curvatura. Se riesci a percorrere una distanza minore piegando lo spazio stesso, non c’è problema di dilatazione del tempo. Ma un dispositivo di azionamento a curvatura non è mai menzionato esplicitamente in Star Wars.

Come potrebbe funzionare una simile rotta di contrabbando? Chi ha la lungimiranza di contrabbandare qualcosa che l’altra parte non vedrà per 40 anni? E immagina come funzionerebbe per il contrabbandiere. Parte per una rotta Kessel, e 16 ore dopo torna per scoprire un mondo cambiato.

“May the Force be with You, Always!”

 

Gabriele Galletta

La Fisica di Star Wars #1: dalle pistole laser alla maschera di Darth Vader

Dalla velocità della luce agli hyper drive, dalle spade laser ai robot autonomi, Star Wars è stato sicuramente molto in anticipo sui tempi, nonostante risalga diversi anni fa.

L’obiettivo principale dei film di Star Wars non è la valenza scientifica, bensì il dramma, la filosofia e la scienza politica. Anche se nell’epopea interstellare la scienza e la tecnologia sono parte integrante nelle sue ambientazioni.

Le tecnologie di domani erano in piena esposizione. Alcune sono diventate realtà (ologrammi, display a testa alta, braccia robotiche), altre sono in vista (atterraggio di persone su altri pianeti, robot in ogni casa), alcune potrebbero non esistere mai (stelle artificiali e, purtroppo, vere spade laser).

Andiamo a vedere in questa prima parte alcune di queste tecnologie:

Blaster bolts

Star Wars fa un uso massiccio di blaster e armi ioniche, attribuiti a proiettili di luce basati su laser, plasma o particelle. I personaggi possono essere visti fuggire, o persino schivare quei dardi, e gli stessi dardi blaster possono essere visti volare a una velocità moderata-elevata. Schivare un proiettile laser, in realtà, sarebbe quasi impossibile, poiché viaggerebbe alla velocità della luce. A causa di ciò, è ragionevole che il fuoco del blaster passi come una scintilla e colpisca il bersaglio. A volte, i personaggi chiamano i dardi “dardi laser” che, sebbene non viaggino alla velocità della luce, sono fatti di intensa energia luminosa.

Tuttavia, molte fonti canoniche ufficiali di Star Wars affermano che la tecnologia blaster è diversa dai laser reali. Secondo il canone ufficiale, sono una forma di fascio di particelle. Ciò è supportato dal modo in cui le pareti “sigillate magneticamente” le deviano.

L’Accademia polacca delle scienze in collaborazione con l’Università di Varsavia è riuscita a filmare un impulso laser ultra corto utilizzando telecamere che producono miliardi di fotogrammi al secondo. Questi impulsi laser erano così potenti che quasi istantaneamente ionizzavano gli atomi che incontravano, determinando la formazione di un filamento di fibra di plasma.

Gli effetti di un blaster su un bersaglio vivo sono stati ritratti più o meno allo stesso modo in ogni episodio della serie di Star Wars. Poiché i dardi blaster sono costituiti da energia basata sulla luce o sulle particelle, i dardi brucerebbero attraverso la carne di un bersaglio, alcuni addirittura esplodendo contro il loro bersaglio, esercitando una grande forza. Quest’ultimo effetto era di solito evidente da un blaster con dimensioni maggiori. È stato persino dimostrato che i blaster sfruttano l’energia del plasma come munizioni, che è raffigurata come dardi blu.

Vibrazioni nel vuoto

Star Wars è famoso per i suoi epici combattimenti spaziali. I suoni di blaster, motori ed esplosioni possono essere ascoltati in quelle scene spaziali. Lo spazio tuttavia è vuoto e, poiché il suono richiede la propagazione della materia, il pubblico non dovrebbe sentire alcun suono.

Ciò è stato spiegato in alcuni media di Star Wars come il risultato di un sistema di sensori che crea un suono tridimensionale all’interno della cabina di pilotaggio o della plancia, che corrisponde al movimento esterno di altre navi, come una forma di interfaccia multimodale. Nel romanzo canonico “Lords of the Sith viene spiegato che i personaggi in una galassia lontana, molto lontana, in effetti non sentono alcun suono nello spazio se non più confinati dai loro caschi.

Pertanto, la capacità del pubblico di sentire il suono nel vuoto non viene condivisa dai personaggi iconici; è invece sfruttata solo dagli spettatori come interpretazione per immaginare quali suoni sentiamo nei film come artefatti fuori dall’universo.

Maschera Darth Vader

La prima cosa che si sente dopo la Marcia Imperiale è di solito il respiro affannoso di Darth Vader. Vader ha il disturbo respiratorio più ampiamente riconosciuto nel mondo del cinema e c’è una vera scienza a sostegno di questo.

All’ospedale universitario danese Rigshospitalet, gli studenti hanno studiato le abitudini respiratorie di Vader per capire meglio come diagnosticare i problemi respiratori in base al suono. Questo studio peer-reviewed ha concluso che i problemi polmonari di Vader provenivano dalla inalazione di gas caldo e particelle vulcaniche su Mustafar, dove ha perso il suo duello con Obi-Wan Kenobi. I gas hanno causato un’infiammazione cronica dei suoi polmoni con formazione di tessuto spesso e rigido. La sua maschera è una camera iperbarica pressurizzata indossabile che forza l’aria nei suoi polmoni, rendendolo in grado di sopravvivere.

Schema di funzionamento della maschera di Vader Fonte: Star Wars Fandom

Il team di ricerca ha scoperto che la frequenza respiratoria di Vader variava in base al suo livello di attività. Quando si sedeva o aveva una conversazione casuale con l’Imperatore, il suo respiro era di 13 atti al minuto. Era aumentato a 16 durante le responsabilità quotidiane, come torturare dipendenti o nemici, e a 25 quando era stressato. Il suo respiro raggiungeva i 29 respiri al minuto quando era in duello o camminava veloce. La maschera evidentemente ha funzionato come soluzione per Vader per 22 anni. Vader richiedeva un’integrazione costante di ossigeno insieme a pressioni positive delle vie aeree per supportare la respirazione e prevenire l’insufficienza delle stesse.

A causa di tali scoperte, il team ha concluso che la maschera era un sistema avanzato di pressione positiva delle vie aeree bilivello (BPAP) e che il disturbo respiratorio di Vader includeva elementi sia ostruttivi che restrittivi derivanti da infiammazione alveolare cronica, fibrosi e forse deformità toraciche. Tutta questa scienza dietro Darth Vader e la sua maschera deriva semplicemente dai suoi schemi di respirazione e dalla tecnologia della maschera.

In conclusione

Molte delle funzionalità o delle tecnologie utilizzate nell’universo di Star Wars non sono ancora considerate possibili. Nonostante ciò, i loro concetti sono ancora probabili.

Anche se non possiamo necessariamente attribuire queste scoperte scientifiche solo a Star Wars (molte di queste idee risalgono a molto prima), possiamo dire che Star Wars potrebbe essere la ragione per ispirare molti scienziati a continuare e migliorare ciò che è stato già scoperto e fatto. Soprattutto, a Star Wars hanno contribuito scienziati che pensavano alla tecnologia futura, più che mai. Scienziati di spunto che scarabocchiano formule su carta con la Marcia Imperiale che suona in sottofondo.

Nella seconda parte scopriremo le famosissime lightsaber e il segreto di Han Solo sulla rotta di Kessel.

“May the Force be with You, Always!”

Gabriele Galletta

 

Plasma iperimmune vs vaccino: tra scienza e complottismo

Riceviamo e pubblichiamo il contributo di Roberto Palazzolo, studente del VI di Medicina e Chirurgia presso l’Università di Messina, circa la differenza tra la terapia con plasma di soggetti guariti da Covid-19 ed il vaccino.

Negli ultimi giorni ha avuto molto risalto mediatico la notizia sul “Plasma iperimmune” per curare i malati di Covid19. La trasfusione di plasma non è una terapia nuova: viene utilizzata a esempio nelle ustioni, negli stati di shock emodinamico per sopperire alla mancanza di: liquidi, proteine importanti per la pressione oncotica del sangue come l’albumina, sali minerali.

È pure noto che tra le proteine del plasma vi siano gli anticorpi, molecole prodotte dai linfociti B che servono a contrastare gli agenti patogeni (virus, batteri, funghi, protozoi) con cui siamo già stati in contatto in una precedente infezione, per cui si è pensato che questi anticorpi potessero avere un ruolo importante nel trattamento dei malati di Covid19.
Diversi pazienti hanno già usufruito di questa terapia sperimentale a base di plasma donato dai soggetti guariti dall’infezione, con buoni risultati. [1]

La domanda sorge spontanea: è stata trovata la cura al Covid19? La risposta ahimè è assai complessa, ecco perché.

Purtroppo, per il trattamento di una sola persona, ci vogliono circa 2 sacche di plasma, ovvero da 3 a 6 donazioni (per ottenere una sacca di plasma valida sono necessari dai 2 ai 3 donatori). [2]
Ora, una persona può donare solamente una volta ogni 30 giorni il plasma [3], per curare un singolo malato ci vogliono 3 guariti che donano.

Punto primo: si può obbligare la gente a donare? No, è vietato dalla legge, non si può obbligare nessuno a donare o in generale a ricevere trattamenti medici contro la propria volontà. [4]

Punto secondo: attualmente ci sono circa 96.000 contagiati, supponendo che solo 1000 siano in terapia intensiva, significa che ci vorrebbero circa 1500-2000 sacche, ovvero 3.000-6000 guariti che donino, che poi per i successivi 30 giorni non potrebbero donare. [5]

Punto terzo: la cura col plasma inoltre potrebbe non garantire l’immunità futura, visto che si usano anticorpi di altre persone ed il proprio sistema immunitario non viene stimolato a produrre i propri (un esempio lo abbiamo tra la vaccinazione antitetanica ed il siero antitetano [6]).
In parole povere: si potrebbe guarire, ma ci si potrebbe riammalare poco dopo.

Punto quarto: è necessaria la compatibilità tra i gruppi sanguigni, cosa che riduce il numero di donatori per i pazienti con gruppi sanguigni meno rappresentati nella popolazione [7], i macchinari e la procedura per purificare il plasma costano tanto, la plasmaferesi (procedura che serve a separare il plasma dal resto del sangue) dura parecchio, ci sono pochi macchinari per fare un’operazione del genere su vasta scala. [8]

Punto quinto: le malattie. Ricevere plasma significa ricevere una trasfusione di sangue, con tutti i rischi che ne conseguono: se ad esempio si fosse in fase di latenza da HIV [9], non c’è modo di sapere se il proprio sangue è infetto, questo comporterebbe che chi ricevesse il plasma di un infetto da HIV in fase di latenza, diventerebbe sieropositivo, dovendo curarsi a vita. Per cui, vista la mole di plasma che sarebbe richiesto se esso fosse l’unica cura al Covid19, non potrebbe essere garantito il periodo finestra di 4 mesi (intervallo dall’ultimo rapporto sessuale non protetto ndr) utile ad evidenziare se un donatore è sieropositivo o meno. [9]

Questi sono i principali motivi che mi vengono in mente per dire che sì, la terapia con plasma è utile per i malati gravi di Covid19, tuttavia essa non può essere utilizzata come cura per un elevato numero di persone, mentre l’utilizzo di un vaccino sarebbe più idoneo nella prevenzione dell’infezione da Covid19.

Come funziona un vaccino?

Con il vaccino si usano parti del virus, chiamate epitopi, per sviluppare anticorpi propri. Iniettato l’epitopo del virus, con sostanze adiuvanti (sostanze che servono a scatenare una risposta immunitaria più potente, per coinvolgere un maggior numero di Linfociti) si attiverà nell’organismo un sistema di allarme (PAMP), il quale a sua volta recluterà le cellule immunitarie (cellule di Langherans, Linfociti T e B) con il fine ultimo di produrre protezione immunitaria duratura.                                                                                          Infatti, se quella stessa parte di virus venisse di nuovo a contatto con il nostro organismo, si risveglierebbero le cellule B della memoria, create grazie al vaccino, che in poco tempo comincerebbero a produrre anticorpi andando a contrastare il virus velocemente ed efficacemente.  [Abbas – Immunologia] 

Meglio il plasma o il vaccino?

Una volta trovata la giusta sequenza di epitopi (costituiti da sequenze di amminoacidi, come un codice), accertata la non pericolosità del vaccino (attraverso le sperimentazioni dapprima laboratoristiche, poi animali, infine umane), produrlo non costerebbe che pochi euro a dose, potendo garantire una protezione anticorpale a tutta la popolazione (cosa impossibile da fare col plasma, visto che per proteggere l’Italia, 60 milioni di abitanti, ci vorrebbero 180 milioni di donatori, e peraltro non sarebbe una protezione duratura). Gli anticorpi dati dal vaccino invece, durerebbero 1-2 anni [10], garantendo la protezione a tutti e senza rischi ed i costi legati alle trasfusioni.

I rischi del vaccino?


Una reazione allergica (curabile con antistaminico e cortisone) o in rarissimi casi (probabilmente 1/100.000 o più) reazioni crociate immunitarie tali da avere qualche caso di reazioni autoimmuni (curabili anch’esse col cortisone o immunomodulanti). [11]

Appare evidente che il confronto tra i due sia a netto favore del vaccino, per cui prima di gridare al complotto, che sostiene che la cura con il plasma venga nascosta per favorire la creazione di un vaccino da parte delle case farmaceutiche, come ahimè si può notare negli ultimi giorni sui social media, sarebbe meglio informarsi. Tutte le testate giornalistiche hanno infatti riportato l’efficacia della cura sperimentale con il plasma, non ci sarebbe alcun motivo per nasconderlo al mondo intero (né sarebbe possibile). Piuttosto, come spiegato sopra, è inverosimile che la cura al plasma possa essere risolutiva nel contesto di una pandemia globale.

Porgo ai lettori una riflessione: la scienza richiede anni e anni di studio, un video su internet pochi minuti, più facile quindi affidarsi al secondo. Quindi attenzione: quando la soluzione appare ovvia e immediata, probabilmente è falsa e frutto di chi ci vuol lucrare o vuole prendervi in giro!

06/05/2020

Roberto Palazzolo

[1] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/32281317 

[2] https://www.ilpost.it/2020/05/01/plasma-convalescenti-covid-19-coronavirus-italia/ e http://www.simti.it/donazione.aspx?id=1  

[3] https://www.avis.it/donazione/i-tipi-di-donazione/ 

[4] http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLMESS/0/1062643/index.html?part=ddlmess_ddlmess1-articolato_articolato1&spart=si&parse=si 

[5] http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioContenutiNuovoCoronavirus.jsp?area=nuovoCoronavirus&id=5351&lingua=italiano&menu=vuoto 

[6] https://medicinaonline.co/2018/03/03/differenza-tra-vaccino-ed-immunoglobuline/ 

[7] https://www.avis.it/wp-content/uploads/userfiles/file/News/febbraio%202013/Girelli.pdf 

[8] http://www.gestionerischio.asl3.liguria.it/pdf/sole%2024%20ore%20Regione%20Veneto%20tutti%20i%20costi%20delle%20trasfusioni.pdf 

[9] https://www.paginemediche.it/medicina-e-prevenzione/disturbi-e-malattie/aids 

https://avisemiliaromagna.it/2015/03/01/sessualita-e-donazione/ 

[10] https://time.com/5810454/coronavirus-immunity-reinfection/ 

[11] https://www.epicentro.iss.it/vaccini/ReazioniAvverse 

Plasma di soggetti guariti contro il COVID-19: ottimismo per il nuovo trattamento

Sono oltre 70000 in Italia le persone che hanno vinto la battaglia contro il Coronavirus. Potrebbero aiutare chi ancora sta lottando con il virus? Utilizzare il plasma dei pazienti guariti come terapia per l’infezione da SARS-CoV-2 fa ben sperare.

Farmaci Covid-19: a che punto siamo

La pandemia da Coronavirus ha creato una grave crisi sanitaria in tutto il mondo.  Sviluppare un vaccino o dei farmaci antivirali specifici in questo momento rappresenta una priorità, ma si prospettano ancora tempi non molto vicini per la loro commercializzazione ed utilizzo.

Nell’attesa si è dato il via all’utilizzo di farmaci off-label come lopinavir/ritonavir, idrossiclorochina, eparina; essendo “presi in prestito” da altre malattie, questi farmaci non presentano indicazioni terapeutiche specifiche per il trattamento della Covid-19. In questo momento sono in atto diversi studi sperimentali che si spera portino presto a nuove informazioni in merito alla loro reale efficacia e sicurezza.

Tra le varie proposte di trattamento nell’ultimo periodo ha attirato l’attenzione la possibilità di curare gli infetti con il plasma dei pazienti che hanno già superato l’infezione.  Per gli esperti non è niente di nuovo, in passato fu già utilizzata con successo anche per altre epidemie come SARS, MERS e H1N1 con efficacia e sicurezza soddisfacenti.

Terapia con il plasma, cosa significa?

Quando vi è in atto l’invasione da parte di un microrganismo, l’uomo attiva il suo sistema immunitario per difendersi. Si instaura così un meccanismo di riconoscimento del patogeno da parte dei leucociti, che genera una risposta mediata dalla produzione di anticorpi specifici per eliminarlo. Questo processo però richiede tempo, spesso anche settimane, e in base al tipo d’infezione l’individuo potrebbe anche perdere la vita. La formazione di anticorpi specifici per un microrganismo è quindi fondamentale.

Tra i vari anticorpi prodotti da un’individuo nel corso dell’infezione abbiamo: le IgM e le IgG. Le prime sono immunoglobuline prodotte nelle prime fasi dell’infezione e la loro presenza nel sangue indica un’infezione in corso. Le IgG, prodotte più tardivamente, indicano invece l’immunizzazione del paziente verso il patogeno nel tempo. Ovvero, la presenza di quest’ultime nel sangue dell’individuo indica che esso ha contratto il virus e ha già sviluppato un “esercito” pronto a combatterlo.

Un recentissimo studio pubblicato su Nature Medicine conferma che, i pazienti con Covid-19, a distanza di 19 giorni dai sintomi, hanno sviluppato tutti (285 i casi esaminati) immunoglobuline-G (IgG) contro SARS-CoV-2.

Ottenuto attraverso la centrifugazione del sangue, il plasma rappresenta la sua parte liquida, all’interno della quale sono presenti vari componenti, principalmente acqua, proteine (tra queste anche anticorpi) e sali minerali.

Fornire ad un malato di Covid-19 il plasma proveniente da un paziente precedentemente infetto, potrebbe essere utilizzato come cura, ma anche come profilassi per sfuggire all’infezione.

 

Lo studio

In Cina è stato effettuato uno studio che riporta l’esito dell’utilizzo di questa pratica clinica. I dati riguardano pochi pazienti, quindi vanno eseguiti ulteriori sperimenti e verifiche sulla sua effettiva sicurezza ed efficacia. I primi risultati suggeriscono che potrebbe essere un approccio utile nel trattamento dei pazienti più critici.

Prelevati da 40 pazienti guariti, 39 campioni di plasma hanno dimostrato di avere un alto titolo di anticorpi. Per svolgere il trattamento in completa sicurezza il plasma, prima di essere somministrato, è stato trattato eliminando eventuali tracce di Coronavirus o altri patogeni. Ad essere arruolati sono stati 10 pazienti con una media di 52,5 anni che presentavano sintomi importanti.

Gli effetti della terapia

Somministrando 200 mL di plasma si è potuto osservare un miglioramento dei sintomi clinici (febbre, dolore al petto, tosse) entro 3 giorni e la scomparsa della viremia dopo 7 giorni. Esami radiologici hanno mostrato assorbimento delle lesioni polmonari entro 7 giorni. Lo studio ha dimostrato anche sicurezza della trasfusione e assenza di effetti avversi severi.

Benché sia una ricerca preliminare, ha provato che la terapia con il plasma può migliorare le condizioni cliniche del paziente e neutralizzare la viremia.

I primi trial clinici anche in Italia

Ultimamente l’interesse degli esperti si è rivolto verso questo tipo di cura. La Food and Drug Administration ha già approvato il trial clinico per l’impiego del plasma da convalescenti come trattamento per i pazienti critici con infezione da Covid-19.

Non solo all’estero! Anche l’Italia si sta muovendo in questa direzione, in diversi ospedali sono già iniziate le sperimentazioni nei pazienti più gravi. Gli ospedali di Mantova, Pavia, Roma sono solo alcuni in cui si sta già adottando questa tecnica che finora ha dato esiti positivi.

Nonostante la dimostrazione che ci sia una ripresa con una riduzione della convalescenza, la terapia  potrebbe presentare dei limiti: una sola donazione basta per pochi pazienti e non tutti gli anticorpi sono potenti in egual modo.

E se potessimo selezionare soltanto gli anticorpi migliori?

Sempre basata sul plasma dei guariti, gli esperti stanno cercando anche un’altra soluzione: gli anticorpi d’elitè.  A lavorarci è un gruppo di ricercatori del Rockefeller University Hospital di New York. Il piano è di trovare i pazienti che hanno combattuto il virus talmente bene che i loro anticorpi potranno diventare farmaci. Trovati quelli più efficaci, schierati dal sistema immunitario contro il SARS-CoV-2, il fine ultimo è di clonarli e usarli in campo clinico. Iniettare un concentrato di questi “super anticorpi” sarebbe utile per combattere il virus in pazienti e prevenire l’infezione in popolazioni ad alto rischio.

In una rapida evoluzione della pandemia, c’è bisogno di una cura efficace e mirata contro la Covid-19, come anche un vaccino che possa prevenirla. Nell’attesa del loro sviluppo, l’utilizzo della terapia con plasma convalescente potrebbe essere una soluzione.

Georgiana Florea