Klimt e Schiele: il film evento su scandali, sogni, ossessioni nella Vienna dell’epoca d’oro

Messina. Il 22-23-24 ottobre in occasione del centenario della morte di Gustav Klimt, presso il cinema Multisala Apollo, è stato possibile assistere al film evento nel quale Klimt e Schiele ci portano dritti nel loro mondo. Un mondo in cui regna la solitudine, l’erotismo, l’inquietudine ed il disordine. Negli stessi anni in cui il medico viennese Sigmud Freud comincia a studiare le leggi della psiche, Klimt e altri giovani artisti rompono con la tradizione, rinnegando l’arte ufficiale di cui non condividono gli ideali e lo stile.

Accademici, universitari e politici si schierano contro le opere di Klimt, ritenute intollerabili e oscene. Era un tipo strano Gustav Klimt, solitario e al tempo stesso magnetico. Copiava oggetti, stili pose, aiutandosi con le fotografie. I volti e le mani dei suoi personaggi sono vivi e reali, mentre lo sfondo e i vestiti appaiono decorati dal colore oro. È l’oro che nel 1901 avvolge Giuditta, sensuale e crudele. La protagonista di Klimt è una donna contemporanea, guarda in basso verso l’osservatore: le labbra semiaperte e la sua nudità l’hanno presto fatta diventare oggetto di uno scandalo. Tutti sappiamo che gli uomini possono essere aggressivi, ma di solito non si ritiene che anche le donne lo siano. È questo il motivo per cui Giuditta appariva sconvolgente all’epoca, ma ciò che la rendeva ancora più sconvolgente era il fatto che provasse piacere nel tenere la testa mozzata di Oloferne tra le mani. Desideri e pulsioni sono dentro di noi, anche se talvolta fatichiamo ad ammetterli e ogni tanto salgono alla superficie sotto forma di sogni, lapsus e nevrosi. L’inconscio parla una lingua che soltanto Sigmund Freud è in grado di decifrare. Alla fine del 1899 viene pubblicata L’interpretazione dei Sogni, ma il frontespizio porta una data simbolica: Vienna, 1990. E’ una guida per il tempo nuovo, perché con Freud l’uomo moderno scopre la propria irrazionalità. La stessa irrazionalità che viene rappresentata da Schiele, il quale per decenni è stato considerato il pittore del brutto, della sconcezza, dell’immoralità.

Si dice che nessuna arte si sia occupata tanto dei sentimenti, delle paure, dei lati d’ombra della vita. Ad esempio l’abbraccio è stato dipinto in tutte le sue forme, ma lo stesso bisogno di abbracciarsi, la fragilità, la paura che questi gesti non siano sinceri, si trova dentro i disegni di Schiele. Negli occhi delle figure ritratte ci sono seduzione, sfida, ma anche angoscia, solitudine e soprattutto provocazione. Gli artisti sono sempre stati consapevoli che chi guarda un quadro vi sovrapponga il proprio stato emotivo, cognitivo, oltre alle proprie intuizioni. Ciò che gli artisti moderni hanno compreso è che chi guarda risponde con pulsioni e dunque l’arte suscita o provoca curiosità da parte dell’osservatore. Per questo motivo, esagerando le posture del corpo, i gesti delle mani e soprattutto l’espressione dei volti, Klimt e Schiele accendono l’empatia dello spettatore facendo sì che da questi particolari arriviamo a interpretare le emozioni che poi il nostro cervello, di riflesso, ci fa provare. Con Klimt e Schiele nell’arte a Vienna si vive un grande momento di incertezza, un momento in cui tutto viene messo in discussione.

Elena Emanuele

Girolamo Alibrandi, il Raffaello di Messina

Nell’ambito dell’arte della prima metà del cinquecento nell’Italia meridionale, Girolamo Alibrandi risulta una figura molto interessante. Scolaro di Salvo D’Antonio della bottega di Antonello da Messina, Alibrandi, è tra i primi a sintetizzare l’esperienza antonelliana con influenze leonardesche e soprattutto raffaellesche. Non stupisce, infatti, che gli sia stato attribuito dai suoi contemporanei l’epiteto di “Raffaello di Messina”.

 

La sua vita è avvolta dal mistero. Non si hanno sue notizie prima del 1514, quando, a dire di molti studiosi, il pittore ha circa trentacinque anni. Basandosi su una biografia scritta da Francesco Susinno nel 1724 – molto romanzata e poco attendibile – ma soprattutto analizzando l’evoluzione stilistica delle sue opere, si pensa che Alibrandi si sia allontanato da Messina per un tempo indefinito. Questo ipotetico viaggio porta il pittore a Venezia, dove viene a contatto con le opere di Duhrer e Giorgione e a Milano, dove subisce le influenze del circolo di Leonardo.

A questa significativa esperienza artistica è possibile ricondurre la realizzazione delle meravigliose tavole di San Pietro e San Paolo , entrambe esposte al Museo Regionale di Messina nella sala dedicata al pittore.

San Pietro

Nel San Pietro è possibile identificare sulla destra uno scorcio veneziano identificabile con la zona dell’Arsenale, mentre sulla sinistra vi è uno scorcio architettonico, esplicita citazione del Bramante.

San Paolo

Alle colonne della tavola di San Pietro si contrappone nel San Paolo un paesaggio naturalistico dal sapore leonardesco.

Si pensa che le due tavole fossero i pannelli laterali di un trittico, la cui parte centrale è stata identificata in una Madonna con Bambino e San Giovannino che si trova attualmente sul mercato francese.

 

 

Fondamentale per Alibrandi è l’incontro con Cesare da Sesto, pittore lombardo che ha portato in Sicilia esperienze leonardesche e raffaellesche. A seguito di questo incontro il pittore messinese dipinge la sua opera più famosa, La presentazione al tempio.

La presentazione al Tempio

Si tratta di un’enorme pala firmata e datata 1519, realizzata per l’altare maggiore della chiesa della Candelora e successivamente trasferito nella chiesa di San Niccolò dei Gentiluomini. A seguito del devastante terremoto del 1908, la pala di Alibrandi, così come molti altri pezzi d’arte messinesi, viene distrutta. I circa duecento e più frammenti rimasti dell’opera sono stati assemblati in due restauri che hanno permesso agli abitanti di Messina di ammirare la pregevole pala del loro concittadino al Museo Regionale.

L’imponente struttura in cui si svolge la scena presenta dei chiari rimandi alla Scuola di Atene di Raffaello, la cui influenza è visibile anche nella dinamicità dei personaggi.

L’artista muore a Messina a seguito del contagio della peste nel 1524.

Girolamo Alibrandi è un artista intellettuale, secondo il modello rinascimentale; una mente plastica e aperta che osserva il mondo circostante e assimila elementi da tutto ciò con cui viene in contatto.

Renata Cuzzola