Intervista a Maurizio Bologna: uno sguardo al cinema e all’anima dell’attore

Anima siciliana e un talento straordinario, questo e tanto altro è Maurizio Bologna, attore, caratterista e sceneggiatore dallo spirito puro e artistico che il 18 giugno ha presenziato in occasione della 70esima edizione del Taormina Film Festival per la presentazione del nuovo film che lo vede tra i coprotagonisti La bocca dell’anima di Giuseppe Carleo.

La passione di Bologna per il mondo dello spettacolo nasce in tenera età quando, sulle orme della sorella, alla tenera età di 7 anni già calcava il legno dei palcoscenici. Una passione dunque che parte dal teatro per arrivare prima sul piccolo e poi sul grande schermo a partire dalla fine degli anni novanta, arrivando nei primi anni 2000 ad interpretare i ruoli importanti che, nelle grandi produzioni e in quelle indipendenti l’hanno reso celebre al pubblico vedendolo nel frattempo anche impegnato nella stesura di qualche sceneggiatura teatrale.

Profondamente legato alla sua terra, egli afferma infatti di sentirsi siciliano dal 1746 data in cui i suoi avi approdarono sull’isola, il suo cinema e le sue interpretazioni da sempre sono state legate alla Sicilia, dai primi lavori teatrali in dialetto ai grandi prodotti filmici al fianco di chi come lui rappresenta una colonna portante della cinematografia siciliana, dai film di Ficarra e Picone a quelli di Pif e di Roberto Lipari.

Noi di UniVersoMe abbiamo avuto l’occasione di conoscere il suo animo puro e semplice, l’animo modesto com’è quello di ogni vero grande artista e non ci siamo fatti perdere l’occasione di fargli qualche domanda.

Lei ha collaborato con grandi esponenti del cinema e della comicità siciliana, per citarne soltanto tre: Ficarra e Picone, Pif, ecco come ci si sente a rappresentare uno di questi pilastri? Perché penso ovviamente che lei rappresenta uno di questi pilastri non solo della cinematografia siciliana ma in generale della comicità siciliana.

Guarda non ti devi sentire, devi essere solo naturale e pensare che è una cosa solo bella, non montarti la testa e continuare a vivere serenamente, questo ti posso dire.

Parliamo sempre della Sicilia, dal suo cinema traspaiono le sue origini, ecco quanto è importante per lei il legame con la sua terra, con la sua isola?

Per me è tutto, io ti posso dare un dato, io mi sento siciliano dal 1746 quando un mio avo scese in Sicilia, facendo ovviamente una ricerca araldica vera, non di quelle che si fanno in fiera, e quindi ti posso dire che sono siciliano dal 1746 e ne sono orgoglioso.

Ph: Marco Castiglia
Il redattore Marco Castiglia con l’attore Maurizio Bologna

 

Marco Castiglia 

L’AMGOT: storia del governo militare della Sicilia durante la Seconda Guerra Mondiale

La seconda guerra mondiale è stata un evento che ha sconvolto le dinamiche culturali, politiche ed economiche d’Europa. Allo stesso tempo, il suo esito ha gettato le basi per gli odierni equilibri internazionali, con conseguenze tutt’ora tangibili, derivate dalle numerose vicende che l’anno caratterizzata. Tra queste, vi è quella dell’operazione Husky, meglio conosciuta come lo sbarco in Sicilia delle forze anglo-americane.

 Bombardamento di Messina ad opera delle forze Alleate, 1943 – Fonte: normanno.com

Forse non tutti sanno che tale operazione si tradusse in una vera e propria occupazione militare del suolo siciliano, che ha comportato una riorganizzazione amministrativa delle istituzioni fasciste, le quali vennero rimosse da tutti gli ambiti della vita pubblica, partendo dai podestà, passando dai professori universitari nominati dal regime per la loro alta fama (17 a Palermo, 17 a Messina, 5 a Catania), fino agli stessi Tribunali. Questa grande opera, che prese il via con la caduta di Messina (17 agosto 1943) – e conseguente conquista della Sicilia da parte degli Alleati – prese il nome di Allied Military Government of Occupied Territories (AMGOT).

 

L’istituzione dell’AMGOT e delle Am-lire

L’istituzione dell’AMGOT è stata prevista dalla Conferenza di Casablanca (12 gennaio 1943), con lo scopo di amministrare i territori liberati. Il governo dell’Isola spettava congiuntamente agli inglesi e agli americani, competenti rispettivamente in Sicilia occidentale e in Sicilia orientale. Subito dopo lo sbarco, il 10 luglio, il generale Alexander (1891-1969), in qualità di governatore militare della Sicilia, emanò diversi proclami. Il primo sanciva il passaggio dei poteri politici e amministrativi del Governo italiano, ancora guidato da Mussolini (1883-1945), al governo militare. Uno di dei più importanti imponeva una valuta d’occupazione stampata negli USA è decisamente svalutata: stiamo parlando delle celebri am-lire entrate in circolazione in 8 tagli (da 1 a 1000).

Banconota di una am-lira – Fonte: wikipedia.org

I legami con la mafia

Per facilitare la gestione dei territori, orfani dei podestà in fuga, l’AMGOT decise di nominare come sindaci le personalità più influenti dei singoli luoghi, molto spesso indicati direttamente dalla Chiesa, ben radicata in tutta la Sicilia. Questo, però, portò all’insediamento di elementi legati alla mafia, come Giuseppe Genco Russo (1893-1976) e Calogero Vizzini, detto don Calò (1877-1954), nominati rispettivamente primi cittadini di Mussomeli e Villalba. La mafia, dunque, dopo aver agito da intermediaria nella preparazione dello sbarco in Sicilia degli Alleati e aver garantito il supporto delle masse alla loro avanzata, ebbe un ruolo da co-protagonista nell’amministrazione dell’Isola liberata.

Ufficialmente smentita dai entrambi i governi alleati, la collaborazione tra l’AMGOT e la mafia era nota agli amministratori anglo-americani. In particolare, il capitano W.E. Scotten (1904-1958) in un suo rapporto – riportato nella scena finale del film di Pif “In guerra per amore” (consigliata la visione) – sottolineava come in Sicilia, in seguito all’occupazione alleata, si fosse verificata una notevole riaffermazione della mafia e che “l’abbandono di qualunque tentativo di controllo della Mafia in tutta l’isola” avrebbe potuto “significare la consegna dell’isola ai poteri criminali per un lungo periodo di tempo”. Cosa che di fatto è avvenuta.

 

Giuseppe Genco Russo – Fonte: wikipedia.org

 

Caloggero Vizzini – Fonte: wikipedia.org

I rapporti con il MIS

Oltre ai rapporti con la mafia, i dirigenti dell’AMGOT tessero una fitta rete di relazioni con la forza politica in quel momento più popolare dell’Isola: il Movimento Indipendentista Siciliano (MIS). Costituitosi nel 1942 – inizialmente con il il nome di Comitato per l’Indipendenza della Sicilia (CIS) – fu uno dei partiti protagonisti dello scenario politico siciliano negli anni ’40– con l’elezione di quattro suoi esponenti all’Assemblea Costituente –, prima di sciogliersi definitivamente nel 1951.

I legami – rigorosamente non ufficiali poiché gli anglo-americani si dichiararono al di sopra di qualsiasi schieramento politico – si istaurarono soprattutto in chiave anti-comunista. Il supporto del MIS proveniva, infatti, soprattutto dai ceti meno abbienti, attratti dal carisma e dall’ars oratoria del leader indipendentista Andrea Finocchiaro-Aprile; questo rese il MIS un valido rivale dello schieramento social-comunista. Prova tangibile di questo rapporto privilegiato fu la nomina a sindaco di Palermo del barone Lucio Tasca (1880-1957), esponente dell’ala conservatrice del movimento.

La bandiera del Movimento Indipendentista Siciliano – Fonte: wikipedia.org

 

L’11 febbraio 1944: la fine dell’AMGOT

L’esperienza dell’AMGOT in Sicilia si concluse con il proclama numero 16 del generale Alexander, emanato   l’11 febbraio 1944. Questo atto, infatti, sanciva il passaggio dell’Isola alla giurisdizione del governo italiano, presieduto da Badoglio (1871-1956) , anche se – come il resto dei territori liberati – restava sotto la supervisione di un organo istituito come evoluzione dell’AMGOT: la Commissione Alleata di Controllo.

Quest’organismo controllò la vita politica e ammnistrativa in Italia fino alle elezioni dell’Assemblea Costituente e al Referendum istituzionale del 1946, per evitare che il Paese si allontanasse dalla sfera di influenza politica degli anglo-americani, messa a rischio dalla crescente forza dello schieramento social-comunista.

©Mario Antonio Spiritosanto – Manifesto bilingue, usato durante le riprese del film di Pif “In guerra per Amore”, Erice (TP) 2020.

L’esperienza anglo-americana della Sicilia e dell’Italia è forse uno dei temi che più ci ha riguardato direttamente in quanto comunità. Di certo, le forze alleate identificarono l’Isola come una zona strategica, non solo per capovolgere le sorti del conflitto mondiale, bensì per il futuro ed ulteriore controllo dello scacchiere internazionale, ed in particolare del Mediterraneo. Tuttavia, l’idea di una Sicilia “a stelle e strisce” ha trovato l’opposizione non solo dell’allora Regno d’Italia, ma anche del popolo siciliano, convinto nel voler ottenere un’organizzazione autonoma su cui poter ricostruire – finalmente – la propria identità.

Ma questa è un’altra storia.

Salvaotre Nucera, Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

storiaxxisecolo.it ;

The Sicilian Separatist movement: 1943-1946, Monte S. Finkelstein

 

Per approfondire:

M.T. Di Paola, Gli alleati e la Sicilia: guida ai documenti del Pubblic Record Office (1940-1947), Isituto siciliano per la storia dell’Italia contemporanea, Palermo 1979;

M. Ganci, L’A.M.G.O.T. in Sicilia, in Id., La Sicilia contemporanea, Società Editrice Storia di Napoli del Mezzogiorno Continentale e della Sicilia, Napoli-Palermo 1980, pp. 121-13;

G. Di Capua, Il bienno cruciale (luglio 1943/giugno 1945). L’Italia di Charles Poletti, Rubettino, Soveria Mannelli, 2005;

 

Immagine in evidenza:

L’ingresso degli Alleati a Messina – Fonte: normanno.com

 

Momenti di trascurabile felicità

Noie, contrattempi e fastidi. Voto Uvm: 3/5

 

 

 

 

 

Tratto dall’omonimo libro “Momenti di trascurabile infelicità” è un diario delle noie, dei contrattempi e dei fastidi.

L’opera di Francesco Piccolo è il libro che tutti vorrebbero scrivere perché l’arte comunicativa dello sceneggiatore casertano è rendere la normalità, che talvolta diviene banalità, straordinaria attraverso una scrittura semplice ma arguta e soprattutto intrisa di leggiadra ironia, un’impresa letteraria notevole.

 

 

 

Daniele Luchetti e lo stesso Piccolo sono riusciti a rendere il film una creatura altra rispetto ai pensieri sparsi pubblicati nel libro del 2010, perché c’è un protagonista di nome Paolo che non ha sempre la stessa prospettiva di Piccolo, visto che è più indolente, un po’ mediocre, decisamente anaffettivo e più pigro, sebbene risulti simpatico e l’identificazione nel personaggio, a sua volta, immediata.

È un atto di coraggio che si rivela premiante, perché l’autore campano ha saputo estrarre l’anima e lo spirito dai suoi scritti, costruendo una storia leggera e profonda, elegante nella forma e sensibile nei contenuti.

In più il personaggio di Paolo (e l’interpretazione di Pif) aggiungono una nota di tenerezza e di bonaria indolenza “siciliana” che conquistano il pubblico.

 

 

Il resto del cast aggiunge freschezza (Thony nel ruolo delizioso della moglie, Angelica Alleruzzo e Francesco Giammanco in quelli dei figli) e proprietà tecnica (l’imprescindibile Renato Carpentieri, angelo custode di Paolo).

Una commedia semplice e spensierata che gioca ironicamente con la morte per far prendere coscienza delle cose realmente importanti della vita, troppo spesso non adeguatamente comprese e date per scontato.

L’autore premio Strega fotografa magistralmente “quei piaceri intensi e fuggevoli che punteggiano le nostre giornate, mettendo a nudo con spietato umorismo i lampi gioia, le emozione improvvise ed incontrollate con le quali prima o poi tutti dobbiamo fare i conti.

Comprendere la trasposizione cinematografica di Piccolo significa sapersi riconoscere ed accettare poichè si possiede il codice di se stessi, anche attraverso debolezze ed imperfezioni.

Antonio Mulone

 

In Guerra per Amore, un film di PIF

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A tre anni da “La mafia uccide solo d’estate”, di cui riprende protagonisti principali e tema, Pif torna dietro la cinepresa con il suo secondo film che lo vede nuovamente anche protagonista.

Seconda guerra mondiale come sfondo. Arturo Giammarresi (Pif) di origini siciliane ma trapiantato in America, è pronto a tutto pur di ottenere la mano della sua amata Flora (Miriam Leone), già promessa sposa di un altro uomo, anche ad arruolarsi con gli Americani e ad approdare di nuovo nella sua terra d’origine.

L’impresa amorosa è il filo conduttore che lega le due realtà presenti nel film: lo sbarco degli Alleati in Sicilia e la presa del potere mafioso nella medesima.

La pellicola racconta con amara ironia una realtà ancora attuale; Pif si mostra all’altezza di affrontare nuovamente tale realtà e tali tematiche conducendo un film con una buona regia, lineare, senza eccessi particolari e senza errori.

Poco presente la linea comica che contraddistingueva invece l’opera precedente, anche se in alcuni punti fa il suo ritorno, come nell’esilarante lotta tra Duce e Madonnina. Buona la recitazione anche se è il protagonista stesso a presentare alle volte piccole sbavature. Ciò che stupisce è la fotografia e l’ottima ricostruzione delle ambientazioni.

Nel complesso è un film che seppur leggero fa riflettere su temi oltremodo importanti e sempre presenti nel nostro paese. Ne è assolutamente consigliata la visione!

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                                                                                                                              Benedetta Sisinni

C’è chi dice NO

Gli studenti dell’Università degli Studi di Messina hanno detto NO alle mafie.

Questa mattina, grazie alla preziosa collaborazione dei professori Chiara e Moschella, si è svolto presso il Rettorato l’evento “I giovani e la lotta alla mafia. In ricordo di Giovanni Falcone.“, che ha visto da programma i saluti del Magnifico Rettore e gli interventi di diverse autorità, accompagnate dagli speech di due studenti e dalla mostra fotografica allestita dagli stessi studenti presso l’atrio del Rettorato. L’evento di per se è stato un chiaro segnale di non sottomissione nei confronti del fenomeno mafioso, e oltre alla commemorazione di una figura fondamentale come quella di Falcone, è riuscito a descrivere i connotati di una mafia che dagli anni ’60 si è impossessata dapprima della sua terra natia per poi espandersi fino ad arrivare a colpire il potere centrale e a farsi carico di azioni spregevoli e atteggiamenti che, se inizialmente venivano visti al sud come qualcosa di “normale”, hanno varcato i confini del Tevere per arrivare fin sotto le Alpi.

Ma l’evento di per se è uno specchietto per le allodole se visto sotto l’ottica pura del ricordo: ci hanno sempre abituati a vedere le cose sotto il punto di vista del “ricordare è giusto, tenere viva la memoria e non permettere più atteggiamenti dello stesso stampo”, bypassando di fatto quello che a mio modo di vedere è il nodo fondamentale della questione, cioè l’educazione.

Troppo facile dire che Falcone, Borsellino, Livatino e tanti altri, magistrati e non, siano esempio per noi se poi a questi propositi non seguono azioni concrete che si sviluppano già in fase pre-adolescenziale. Non siamo educati fin da bambini a schierarci apertamente contro le mafie, e non parlo solo di quelli che sono i media di uso comune ma di educazione civica nel senso più puro del termine. Siamo sempre stati condizionati dalla distinzione “bravo e mafioso” e “scarso ma onesto”, precludendo la via della meritocrazia, del “bravo e onesto”, in favore della più agevole via del clientelismo e dell’interesse personalistico, in un mondo e in una terra dove la mafia si respira ogni giorno, anche oggi, dove la generazione che dovrebbe ribellarsi, in modo più o meno assordante, alle logiche del favoritismo e che rappresenterà la classe politica del domani non fa altro che scendere a compromessi e a giocar al “politico di stampo prima repubblica” in fantomatiche posizioni di potere che a dir la verità di potere ne hanno poco e sono solo il banco di prova per futuri momenti di scelta elettorale.

Combattere la mafia significa anche debellare questo malcostume, scendere in campo preparati, con l’ardore che dovrebbe contraddistinguere un cittadino interessato a sé ma anche al bene comune, ma soprattutto che dovrebbe attraverso un processo democratico scegliere da che parte stare e chi sostenere guardando esclusivamente al merito, cercando di costruire attorno a se una società fatta finalmente non di gente “brava e onesta”, ma esclusivamente “brava”, perché l’onestà dovrebbe essere terreno comune dove coltivare sogni e ambizioni e far crescere la speranza di una società migliore. Una massa di gente con coscienza e criterio, che la mafia vuole vederla SCONFITTA. Oggi gli studenti Unime, anche attraverso questa iniziativa, hanno avuto la forza e il coraggio di scegliere di intraprendere questa strada, con l’auspicio che nonostante sia particolarmente tortuosa non cambino mai idea, ma che anzi, piuttosto che camminare, possano iniziare a correre.

https://youtu.be/kQdXRxv_QcE

Salvo Bertoncini