Festa della Repubblica, la Festa di tutti.

2 Giugno 2018. L’Italia oggi celebra il 72° anniversario della nascita della Repubblica Italiana.

A Roma incombono i festeggiamenti in ricordo del referendum istituzionale del 1946.

La città è stati quasi interamente bloccata, le strade chiuse al traffico e la viabilità notevolmente ridotta.

I festeggiamenti dureranno quasi l’intera giornata e hanno già avuto inizio questa mattina alle 9:00.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sulle note della Canzone del Piave, ha deposto all’Altare della Patria una corona di fiori davanti alla tomba del milite ignoto. Il passaggio delle frecce Tricolore ha segnato la conclusione della solenne cerimonia e aperto ufficialmente la celebrazione della Festa della Repubblica.

Successivamente ha avuto luogo la parata militare lungo la via dei Fori Imperiali; dalle 15:00 alle 19:00 i festeggiamenti proseguiranno presso i giardini di Palazzo del Quirinale.

Chi volesse assistere alla celebrazioni, essa viene trasmessa in diretta Tv e streaming dalla Rai.

“I valori di liberta’, giustizia, uguaglianza fra gli uomini e rispetto dei diritti sono il fondamento della nostra societa’ ed i pilastri su cui poggia la costruzione dell’Europa. Dalla condivisione di essi nasce il contributo che il nostro Paese offre alla convivenza pacifica tra i popoli ed allo sviluppo della comunita’ internazionale”.

Cosi’ Mattarella in un messaggio al Capo di Stato Maggiore della Difesa.

Alla cerimonia presenti tutte le cariche dello stato.

Un vero e proprio bagno di folla per il neo presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e per i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

Il palazzo della difesa, gli edifici pubblici e quelli delle società partecipate sono stati imbandierati con il Tricolore. E ancora un immenso Tricolore è stato posto sulla facciata del Colosseo.

I festeggiamenti per questo giorno sembrano essere quest’anno più sentiti del solito, forse proprio in seguito alla  freschissima nascita del governo.

Insomma grande clima di festa a Roma, ma come ha ricordato il neo-premier Conte:

 “Il 2 Giugno è la festa di noi tutti, auguri a tutti!”

100 anni che “Il Piave mormorava”

Spegne 100 candeline la canzone simbolo del patriottismo italiano

Il 24 maggio è una delle date indelebili della storia italiana. Infatti non se la ricorda mai nessuno! Menomale che c’è la canzone che, proprio come la fede nuziale, con incisione interna, fa da monito ai mariti – e perché no, alle mogli – più smemorati e distratti.

La Canzone del Piave, più conosciuta come Leggenda del Piave, viene scritta dal maestro e compositore napoletano Ermete Giovanni Gaeta – noto con lo pseudonimo di E. A. Mario – nel 1918, in seguito alla cosiddetta “Battaglia del Solstizio” (così chiamata per la prima volta dal poeta vate Gabriele D’Annunzio). Lo scontro, perpetrato tra il 15 e il 24 giugno 1918 lungo le sponde del fiume Piave, segna l’ultima grande offensiva dell’Imperial Regio Esercito Austro-Ungarico e la decisiva vittoria del Regio Esercito Italiano.

Il brano si articola in quattro strofe che ripercorrono altrettanti cruciali momenti della Grande Guerra:

  1. L’avanzata dei soldati verso il fronte, avvenuta proprio il 24 maggio 1915: nel testo appare come una marcia difensiva, quando in realtà fu l’Italia a dichiarare guerra all’Austria;
  2. La disfatta di Caporetto, che costrinse l’esercito italiano alla ritirata sul Piave;
  3. La Battaglia del Solstizio (di cui sopra) in cui “si vide il Piave rigonfiar le sponde“. Ed effettivamente, sebbene arricchita e romanzata, l’improvvisa e copiosa piena del Piave costituì davvero un ostacolo insormontabile per l’esercito austriaco;
  4. La Battaglia di Vittorio Veneto, quando “la vittoria sciolse le ali al vento“.

Il Piave viene antropomorfizzato, quasi più dei soldati, che “muti passaron quella notte“. Lui, no. Il Piave “mormorava calmo e placido” e “si udiva il tripudiar dell’onde“, tripudiar divenuto poi “sommesso e triste” dopo la sconfitta a Caporetto. Il fiume delle Alpi Carniche diventa un personaggio a tutti gli effetti: un fante, un soldato, un generale, la voce dell’Italia intera che si oppone al ritorno dello straniero, grida un “No!” sonoro, comanda.

Sarà per il ritmo incalzante, sarà per la musica orecchiabile o per il testo alquanto gradevole, fatto sta che la canzone riscuote, sin da subito, un discreto successo. Lo stesso Generale Armando Diaz invia un telegramma all’autore nel quale lo ringrazia per aver giovata alla ripresa del Bel Paese, più di quanto abbia fatto lui stesso. E scrive:

La vostra leggenda del Piave al fronte è più di un generale!

Dal 1943, dopo l’Armistizio che pone fine alla Seconda Guerra Mondiale, al 12 ottobre 1946 la Leggenda del Piave viene scelta come Inno Nazionale, sostituito poi dal celebre e, meglio conosciuto, Inno di Mameli. In realtà, pare che l’allora presidente della Repubbica, Alcide De Gasperi, non l’abbia presa molto bene quando, commissionata a Gaeta una nuova composizione, vede la sua offerta rifiutata perché per il maestro, da vero cantautore napoletano, i pezzi escono dal cuore, non dalla penna. Nonostante ciò, il canto ha saputo imporsi nella memoria collettiva nazional-popolare e, a distanza di 100 anni, è ancora canticchiata da tutti, giovani e meno giovani. Quanto al compositore, il nostro Gaeta non ha avuto la stessa fortuna di Mameli. Ma questa è un’altra storia!

 

Elisa Iacovo