Acidificazione del Mar Mediterraneo e la distruzione della biodiversità marina

Ogni specie animale presenta delle caratteristiche specifiche che gli permette di vivere all’interno di un determinato habitat. Ogni habitat si distingue quindi per fauna, flora, temperatura e molti altri fattori. Andando a turbare uno di questi parametri, la sua biodiversità si altera e subisce gravi danni. Sono tanti gli ecosistemi a rischio nel 2023, ma forse non sai che uno di questi è proprio sotto i nostri occhi. Stiamo parlando del nostro amato Mar Mediterraneo.

Indice dei contenuti

  1. Cos’è l’acidificazione dell’acqua?
  2. Le conseguenze
  3. La soluzione

Cos’è l’acidificazione dell’acqua?

L’acqua di mare ha la capacità di tamponare il suo pH, ovvero riesce a mantenere l’acidità dell’acqua entro determinati parametri. Il carbonato di calcio, neutralizza l’acido carbonico, mantenendo il pH a valori di 8,2 circa.

Ma cosa succede se si supera la capacità tamponante? Il tampone smette di funzionare e si ha una variazione brusca di pH. Nel momento in cui si hanno maggiori emissioni di CO2 nell’atmosfera, il sistema non riesce più a controllarle e avviene l’acidificazione degli oceani. Le ricerche condotte da Donata Canu e Serena Zunino, ricercatrici dell’OGS e Cosimo Solidoro, Direttore della Sezione di Oceanografia dell’OGS, dimostrano come il pH degli oceani tra qualche decina di anni possa scendere fino a 7.

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Ciclo del carbonio 

Le conseguenze

Le ripercussioni della drastica variazione di pH sul Mediterraneo (e non solo) sono state elencate anche nel progetto SEAstainable di Worldrise (una ONLUS ideata dalle nuove generazioni).

L’acidificazione ha impatti negativi sulla vita della fauna marina, in particolare influenza la sopravvivenza di qualsiasi specie dotata di un guscio di carbonato di calcio. Ostriche, capesante, ma anche coralli, sono soggetti ad una corrosione che diventerà via via maggiore. Proprio per questo motivo, molti paesi Europei come Francia, Spagna e Italia, che sono grandi produttori di molluschi, potrebbero entrare in contatto con il problema dell’acidificazione entro il 2100. L’Oceano Artico sarà sicuramente il primo a percepire i disagi derivanti da questo fenomeno. Le acque dell’Oceano Artico, essendo molto fredde, permettono un’assorbimento maggiore della CO2 dell’acqua aumentando ulteriormente la sua acidità e rendendo impossibile la formazione degli scheletri di carbonato di calcio necessari per la sopravvivenza di molti organismi.

Il corallo rosso del Mediterraneo mostra segni di ricrescita | Il Bo Live UniPD
Corallo rosso del Mediterraneo

Un’altra problematica è la proliferazione di alghe tossiche per i pesci e uccelli marini. La loro crescita potrebbe essere talmente incontrollabile, da minacciare perfino le acquacolture. Inoltre, l’olfatto di molte creature marine (tra cui pesci, granchi…) potrebbe alterarsi, rendendole delle prede facili o facendo diminuire la loro capacità di trovare cibo e di riprodursi. Persino i gusci delle larve di granchio, sono soggette a corrosione, rendendo impossibile la loro crescita.

La soluzione

Gli scienziati Europei spiegano che si tratta di un problema reversibile. Attuando le giuste manovre è possibile riottenere una maggiore basicità delle acqua marine, e di conseguenza la sopravvivenza della fauna e il ripristino dell’ecosistema del Mar Mediterraneo e non solo.

L’alternativa più intuitiva, è stata avanzata dal Politecnico di Milano e dalla Fondazione Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) con il progetto di ricerca DESARC-MARESANUS. Si tratta di basificare i mari con lo spargimento di calce spenta attraverso le scie delle navi. Rimane però il quesito di come introdurre la calce spenta in modo da non turbare ancora di più quello che è il sottile equilibrio delle acque marine.

La Dottoressa Helen Findlay, parte attiva del Plymouth Marine Laboratory (PML), spiega che sono in corso delle ricerche su delle macroalghe e praterie sottomarine e la loro capacità di ridurre l’acidificazione delle acque. Il Copernicus Climate Change Service (C3S) e il PML stanno studiando anche un metodo per cercare di convivere con tale minaccia attraverso una pesca sostenibile o la mappatura delle zone più a rischio e il loro monitoraggio, ma purtroppo ad oggi non è noto nessun modo per contrastare il fenomeno se non quello di diminuire le emissioni di CO2.

Asia Arezzio

 

Bibliografia

springer.com

www.nationalgeographic.it

lescienze.it

 

Dagli studenti per gli studenti: conchiglie e coralli spariranno?

Avrete sicuramente tenuto in mano almeno una volta delle conchiglie o visto dei coralli. Sebbene ci sembrino affascinanti, ciò che le costituisce è banalmente carbonato di calcio (CaCO3). Ciò di cui andramo a parlare, è il forte legame che c’è tra questa molecola e il surriscaldamento globale. Sorprendentemente il motivo è da ricondursi all’acqua dei mari e, in generale, a tutti i corpi d’acqua disseminati nel globo.

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Anche i coralli non se la vedono bene

Partiamo da una parentesi sui coralli. Avete presente quelle splendide creature che assumono svariati colori nei fondali marini? Sarebbe un peccato se perdessero il loro colore, giusto? Ebbene, il surriscaldamento globale sta portando al loro completo sbiancamento, negli ultimi 30 anni i biologi hanno verificato una diminuzione del 50% di coralli colorati nella famosissima Grande Barriera Corallina (coste al nord-est dell’Australia). Questo è legato al pH (un parametro utilizzato in tutto il mondo per indicare l’acidità di un liquido) che negli ultimi decenni è sceso drasticamente: questo significa che l’acqua degli oceani sta diventando sempre più acida.

Raffigurazione del passaggio di un corallo in salute, ad uno sbiancato per effetto delle acque inacidite, ad uno morto. Fonte

Perché la colpa è di quel 1,5°C in più?

I sistemi acquatici, in cui abitano conchiglie e coralli, sono tra i più complessi e articolati, le reazioni chimiche che avvengono in ogni istante sono innumerevoli e basterebbe una minima variazione della temperatura per stravolgere gli equilibri chimici che si instaurano al loro interno. Perché, però, una temperatura più alta dovrebbe rendere più acida l’acqua? Per spiegare questo dobbiamo spostarci su un altro parametro fondamentale: la solubilità.

La CO2 e le conchiglie

Ebbene sì, anche qui si parla di anidride carbonica. Sappiamo bene che la sua concentrazione nell’aria è aumentata e questo, combinato all’innalzamento delle temperature, non fa altro che aumentare la sua concentrazione nelle acque, sostituendosi all’ossigeno libero nell’acqua. Questo causa problemi alla respirazione degli animali acquatici e di conseguenza la moria delle creature più sensibili (non sopravvivono se l’ossigeno non è almeno 5 ppm o milligrammo di Ossigeno per chilogrammo di acqua marina); per giunta i corpi esanimi di queste creature si decompongono nei fondali consumando altro ossigeno.

Il materiale organico in decomposizione lo individuiamo come CH2O che consumando ossigeno libera altra CO2.

 

C’è un altro problema, l’ossigeno che torna in acqua dall’atmosfera è un processo lento. Concluso il discorso sulla solubilità della CO2 che influenza quella dell’ossigeno O2 torniamo a parlare di carbonato di calcio.

Reazione chimica che spiega la dissoluzione del carbonato di calcio. Inoltre indica come sia proporzionale la quantità di calcio nell’acqua rispetto a quella di anidride carbonica. Disegnato con Chemdraw.

È tutta questione di equilibri

Se è vero che sta scendendo il pH, allora questa acidità dovrebbe “sciogliere” con un po’ più di forza i corpi solidi, e infatti è così. Tutte le specie chimiche carbonatiche sono rese più solubili, e gli ioni Ca2+ liberi in acqua aumentano. Nel caso di acque a contatto con molti materiali carbonatici (dovuti a sedimenti, conchiglie, minerali, rocce, ecc) avremo pH pari a 9,9

 

Questa reazione dimostra come il pH sia più basico in acque calcaree

Mentre un’acqua che ha assorbito dall’atmosfera una quantità rilevante di anidride carbonica darà un pH più acido che si aggirerà a 8,29.

Reazioni che dimostrano l’acidità dell’anidride carbonica. La reazione più importante è l’ultima, poiché mostra l’instabilità dell’acido carbonico che si dissocia per dare 2 ioni idrogeno.

Notiamo quindi che nel popolo di specie chimiche si va ad aggiungere lo ione carbonato (CO3) dato non solo dai corpi solidi di cui abbiamo già parlato, ma anche dall’anidride carbonica stessa. La CO2 ha vitale importanza nei sistemi acquatici, dopo essersi convertita nello ione CO3, in quanto questo è tra le risorse primarie di cui le alghe fanno uso per crescere.

Esistono anche “equilibri tampone”

In ogni caso, i corpi d’acqua marini non sono sistemi semplici – come abbiamo già detto – e in questi vi sono delle reazioni che contrastano l’acidità generata da agenti esterni a loro stessi. Questa capacità di neutralizzare gli acidi è determinabile da un parametro chiamato alcalinità. Si può determinare da misurazioni analitiche che sommano tutte le specie chimiche che neutralizzano i composti acidi. Stiamo parlando di tutti quei composti dalla debole e forte basicità (potremmo dire che basico è un composto che fa salire il pH di una soluzione), come: gli ioni carbonato CO3, ioni bicarbonato HCO3, ioni idrossido OH; e sottraendo a questi, le concentrazioni di tutti i composti acidi presenti nel corpo d’acqua. È chiaro però che questi sistemi possano funzionare fino ad un certo punto, la capacità “autopurificante” dei mari dipende da una serie di fattori che non sono artificialmente controllabili.

Le prime 3 righe descrivono le reazioni che svolgono le specie chimiche per neutralizzare gli acidi. In basso abbiamo la definizione matematica di alcalinità. Si utilizzano le parentesi quadre per parlare di concentrazioni dei corrispettivi contenuti.

Abbiamo quindi compreso come gli equilibri cambiano per piccole variazioni come la semplice temperatura o la concentrazione di CO2. L’ossigeno disciolto in acqua che diminuisce comporta a materiale organico che richiama altro ossigeno per decomporsi che a sua volta genera altra CO2. Quest’ultimo è dato anche dal contributo atmosferico la cui situazione sappiamo non essere rosea.


Salvatore Donato

 

Bibliografia

lecopost.it

Corriere.it

S. E. Manahan, Chimica dell’Ambiente, Piccin 2000