Nuove sanzioni alla Russia: embargo sul petrolio russo e price cap di 60 dollari

L’Unione Europea, dopo l’invasione ingiustificata dell’Ucraina lo scorso 24 febbraio, ha imposto alla Russia una serie di nuove sanzioni. Queste si aggiungono alle misure restrittive già in vigore dal 2014 in conseguenza all’annessione della Crimea.
Tra i principali obiettivi prosciugare i conti del Cremlino. “L’economia russa sarà distrutta, pagherà e sarà responsabile di tutti i suoi crimini” ha dichiarato la presidenza ucraina. Per eliminare i guadagni russi e mettere così in difficoltà gli sforzi bellici si è detto basta a petrolio e gas.

Per colpire l’economia russa, l’Ue parla in termini di divieti d’esportazione (entità europee non possono vendere determinati prodotti alla Russia), e d’importazione (entità russe non sono autorizzate a vendere determinati prodotti all’UE). In giugno è stato adottato un pacchetto di sanzioni che vieta l’acquisto, l’importazione o il trasferimento via mare di petrolio greggio (non lavorato) e di alcuni prodotti petroliferi dalla Russia all’UE. Queste restrizioni entrate in vigore ieri (5 dicembre) per il petrolio greggio, mentre per gli altri prodotti petroliferi raffinati come diesel, benzina da febbraio 2023.

Trovato un accordo per un tetto al prezzo dell’oro nero 

Nel mercato del gas la riduzione dei flussi di forniture da Mosca verso l’Europa ha fatto aumentare i prezzi. Alla fine la Russia nel corso del 2022 ha venduto meno e guadagnato di più. Per evitare questo paradosso, anche per il petrolio oltre all’embargo è stato applicato un tetto massimo al prezzo in accordo tra Unione Europea, membri del G7 e l’Australia.
Il price cap è stato fissato a 60 dollari al barile, imposto ai prezzi del petrolio russo venduto in stati terzi. Questo provvedimento vieterà alle compagnie di fornire servizi che consentono il trasporto del petrolio russo oltre il tetto stabilito. Al fine di limitare le entrate che Mosca trae dalle sue forniture in Cina o in India.

Grafico price cap sul petrolio russo, Fonte: Sky tg24

L’accordo siglato dagli ambasciatori dei paesi membri dell’Ue a Bruxelles, era rimasto in sospeso in attesa delle decisioni della Polonia. Perché il versante polacco era stato critico sull’efficacia del tetto fisso, si richiedeva un prezzo molto più basso pari a 30 dollari al barile. L’attuale prezzo di un barile di petrolio russo, denominato “Urals oil”, è di circa 65 dollari poco sopra il tetto europeo, quindi un impatto realmente contenuto nel breve periodo. Sembra che il funzionamento del meccanismo di price cap verrà rivisto ogni due mesi, per rispondere all’esigenze di mercato. Sarà fissato a meno del 5%, al di sotto del prezzo medio di mercato del petrolio e dei prodotti petroliferi russi, calcolato sulla base dei dati forniti dall’Agenzia internazionale dell’Energia.

A differenza del gas, il petrolio può essere trasportato via mare. Così quello che l’Europa non comprerà più dalla Russia, potrà arrivare ad esempio dall’Arabia Saudita e altri produttori del Golfo Persico. Sono difficili questi equilibri, ma per Bruxelles questo servirà a stabilizzare i prezzi globali dell’energia.

“Stiamo lavorando a tutta velocità”, ha affermato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, “non ci fermeremo finché l’Ucraina non avrà prevalso sull’illegale e barbara guerra di Putin”. La von der Leyen attraverso un tweet ha ribadito le decisioni sull’embargo e il price cap.


Gianclaudio Torlizzi
, osservatore ed esperto del settore, ha dichiarato che “questo tetto è stato deciso proprio per non creare shock sul mercato e per danneggiare lentamente Mosca”. Ma bisogna ora vedere quali saranno le reazioni del Presidente Putin e dell’Opec.

Russia: Stop greggio a chi aderisce al price cap 

La Russia non accetterà il price cap sul prezzo del suo petrolio. Stiamo valutando la situazione. Sono stati fatti alcuni preparativi per questo tetto. Vi informeremo su come sarà organizzato il lavoro una volta terminata la valutazione”

Queste le parole ai giornalisti di Dmitrij Peskov, noto portavoce del Cremlino, dopo le decisioni dell’Ue. Da tempo per compensare il suo export dalle perdite europee, Mosca si sta rivolgendo ad altri mercati come l’Asia. Essendo secondo produttore di petrolio al mondo ha dirottato gran parte delle sue forniture in India, Cina e altri paesi asiatici a prezzi scontati. Questo ha portato ad una diminuzione dell’esportazioni, ma i guadagni si sono mantenuti. Per esempio la Cina, nonostante le politiche “zero covid”, ha acquistato circa 2 milioni di barili al giorno di petrolio russo negli ultimi mesi.

Alexander Novak, vice-primo ministro russo in conferenza, Fonte : The New York Times

Mosca ha ribadito chiaramente che “non intende vendere il suo oro nero”, a nessuno dei paesi che adottano il tetto ai prezzi. “Venderemo petrolio e prodotti petroliferi ai paesi che lavorano con noi, sulla base delle condizioni di mercato. Anche se questo volesse dire che dobbiamo ridurre la produzione” dichiara Alexander Novak, vice-primo ministro russo.
Secondo alcune analisi del New York Times però circa il 55% delle petroliere che trasportano il petrolio russo fuori dal paese battono bandiera della Grecia, paese dell’Ue. Mentre i principali assicuratori di questi carichi hanno sede nell’Unione Europea e nel Regno Unito, un paese del G7. Aggiunge il giornale che la Russia utilizza compagnie di altri paesi, ma passare tutte le sue esportazioni a fornitori alternativi sarebbero probabilmente più costoso e meno sicuro per gli acquirenti.

 

 

Queste sanzioni funzioneranno?  

L’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (Opec) e i suoi alleati, gruppo noto come Opec+ , ha concordato sull’attenersi al proprio obiettivo di produzione di petrolio. Fra le restrizioni a Mosca, il lockdown da covid in Cina e il rallentamento dell’economia globale, l’organizzazione prende tempo e tiene invariati gli attuali livelli di produzione. Una mossa per gli analisti di “wait and see” che ha senso, in attesa di capire l’impatto delle nuove misure contro la Russia.

Zelensky, presidente ucraino, ritiene che il price cap sia una decisione “non seria”, si tratterebbe di “fissare un limite abbastanza buono per il bilancio dello Stato terrorista”. Alcuni ritengono che l’embargo sul petrolio non funzionarà come sperato e i prezzi saliranno. La Russia avrà dei vantaggi come gli altri paesi esportatori. Tutto il peso cadrà sui consumatori, già schiacciati dalla più grave crisi inflazionistica degli ultimi decenni.

In Italia, le sanzioni contro la Russia hanno portato dei risultati paradossali. Il nostro paese ha ridotto di molto la sua dipendenza dal gas russo, ma il petrolio è continuato ad arrivare. Questo dovuto anche alla presenza di una delle principali raffinerie del paese la “Lukoil Isab” di Priolo, che poteva acquistare solo petrolio russo. L’Italia così ha aumentato di molto la sua esposizione sul petrolio russo, tanto d’acquistarne quasi la metà. Da oggi questo non potrà più accadere!
Come ha dichiarato l’amministratore delegato di Eni, Claudio DescalziL’embargo al petrolio russo sarà un duro colpo” quindi “bisognerà stare attenti a trovare il petrolio altrove. Tutto ciò che potremmo recuperare arriverà dagli Stati Uniti”.


                                                                                                              Marta Ferrato

L’Unione Europea taglia sul carbone russo. Si pensa ad embargo anche su petrolio e gas

Ieri sera, durante una riunione dei suoi ambasciatori, l’Unione Europea ha approvato il quinto pacchetto di sanzioni contro la Russia. Tra queste spicca l’approvazione dell’embargo al carbone russo. Si tratta di una misura presa in considerazione e auspicata già settimane fa, ma che arriva in seguito alle pressioni derivanti dai sospetti di crimini di guerra perpetrati negli ultimi tempi in Ucraina dall’esercito russo. Così ha commentato la proposta la Presidente della Commissione UE Ursula Von Der Leyen «che – aggiunge – costerà circa quattro miliardi di euro l’anno».

La proposta della Commissione prevedeva, inoltre, il divieto a navi ed autotrasportatori russi di entrare nei territori dell’Unione, con alcune eccezioni per determinati prodotti agricoli, aiuti umanitari ed energetici. Quest’ultimo punto è stato accolto nel pacchetto definitivo di sanzioni, cui si aggiunge l’incremento di personalità russe inserite nella black list europea e ulteriori divieti dal valore di circa 15,5 miliardi.

La prima stilettata all’energia russa

L’embargo sul carbone rappresenta un primo colpo all’energia russa, ossia il punto più discusso in materia di sanzioni. L’Unione Europea (ed in particolare l’Italia, assieme alla Germania) ha una forte dipendenza dalle fonti di energia importate dalla Russia, soprattutto dal suo gas naturale e dal petrolio. Ma gli ultimi eventi – ed in particolare il massacro di civili verificatosi a Bucha – hanno compattato la linea UE verso l’inasprimento delle sanzioni. Chiarisce la Presidente della Commissione Von Der Leyen:

Queste atrocità non possono e non rimarranno senza risposta.

D’altronde, lo stesso Premier italiano Draghi ha aperto alla possibilità di un embargo (oltre che sul carbone) sul gas russo, con un già “rinomato” quanto criticato aut-aut:

Preferite la pace o il condizionatore acceso?

Ma ad ogni modo – chiarisce il Premier – sarà l’Unione a decidere. Una linea, quella dell’Esecutivo, sempre più certa sul da farsi, a discapito delle voci di diverse aree del Parlamento che invitano alla negoziazione, anziché alle sanzioni e all’invio di armi a favore della difesa ucraina.

E l’embargo sul carbone trova l’accordo anche della Germania, che fino ad ora si era duramente opposta (assieme all’Ungheria di Orbán) allo stop collettivo di tutte le importazioni di energia russa. Il Ministro della Finanza tedesco Christian Lindner aveva infatti suggerito di considerare separatamente petrolio, carbone e gas, poiché la velocità per la sostituzione dei fornitori potrebbe variare.

Ed infatti, opponendosi ancora aspramente all’embargo sul gas, ha affermato:

Ci troviamo davanti ad un criminale di guerra, è chiaro che dobbiamo porre fine ai legami economici con la Russia il prima possibile, ma il gas non potrebbe essere sostituito nel breve periodo. Farebbe più male a noi che a loro.

(fonte: au.sports.yahoo.com)

Stop all’energia russa sì, ma quando?

Corre veloce la Francia, che col suo Ministro dell’Economia Bruno Le Maire, si ritiene «pronta ad uno stop alle importazioni non solo di carbone, ma anche di petrolio russo». Ed aggiunge:

La realtà è che bloccare le importazioni di petrolio dalla Russia è la cosa che le farebbe più male.

Tuttavia, anche La Maire riconosce l’importanza di un intervento a livello comunitario, più che nazionale. «Importante convincere anche gli altri Stati membri».

Peraltro, lo stop a tutte le importazioni energetiche da Mosca non è tra i piani a breve termine dell’Unione. Né lo stop immediato al carbone: la Germania ha infatti ottenuto di posticipare di quattro mesi l’entrata in vigore del divieto, in modo tale da realizzare il piano nazionale per l’indipendenza dal carbone russo entro l’estate. «Se rimandassimo indietro quelle navi [che trasportano carbone] rischieremmo di non averne abbastanza», ha detto di recente il vicecancelliere tedesco Robert Habeck. (Il Post)

Ad ogni modo, testate come EuroNews hanno immaginato le possibili conseguenze di uno stop alle forniture di gas russo: tra le soluzioni proposte, quella di ricorrere al gas naturale liquefatto importato dagli Stati Uniti.

Sostituire il carbone russo e ridurre le emissioni

È possibile che tagliare il carbone russo non faccia poi così male: dopotutto – afferma Bloomberg – già prima delle sanzioni le compagnie energetiche europee faticavano a trovare il suddetto carbone, anche per via delle banche che ne negavano i finanziamenti. Nota il centro di studi Bruegel, poi, che le importazioni di carbone a livello europeo erano calate drasticamente dai 400 milioni di tonnellate nel 1990 ai 136 milioni nel 2020.

Sostituire il carbone russo non sarà difficile, ma sarà più costoso: i principali esportatori sono infatti Australia Indonesia, Paesi molto più distanti dall’Europa rispetto dalla Russia. Si tratterà di aumentare i costi di spedizione.

(fonte: balkaninsight.com)

Infine, si tenga a mente l’impegno delle varie città europee verso la decarbonizzazione, uno degli obiettivi da raggiungere entro il 2050 per evitare gli effetti catastrofici del cambiamento climatico. Secondo un report della Commissione Europea, gli edifici europei sarebbero responsabili di circa il 40% delle emissioni comunitarie e del 36% delle emissioni di gas serra.

Ottimizzare l’efficienza energetica rappresenta, quindi, la chiave per l’obiettivo “zero emissioni”: secondo Caterina Sarfatti, direttrice dell’azione della C40 Climate Leadership Group, permetterebbe anche di risolvere il crescente problema della povertà energetica in Europa. Politico ha delineato una serie di azioni che aiuterebbero nel raggiungimento di tale scopo a livello cittadino.

Valeria Bonaccorso

Energie rinnovabili #1 – Nuove e vecchie problematiche per un mondo in evoluzione

Il bisogno sempre maggiore di energia tiene in scacco il mondo: pro e contro delle attuali risorse energetiche.

Questo è il primo di una serie di articoli che realizzeremo intorno al tema cruciale delle energie rinnovabili, di cui analizzeremo gli aspetti più curiosi ed innovativi. Ma andiamo con ordine.

Una nazione che non può controllare le sue fonti di energia non può controllare il suo futuro.” (Barack Obama)

Cos’è l’energia?

Dare la definizione operativa di energia non è facile e tutt’oggi non è possibile darne una univoca e che soddisfi tutte le nostre esigenze. Tuttavia una possibile definizione è quella per cui l’energia è la proprietà quantitativa che dev’essere trasferita a un oggetto affinché esso esegua un lavoro.

Analizziamo i vari tipi di energia.

I tipi di energia

Al giorno d’oggi sono state classificate tantissime forme di energia, alcune tra le più importanti sono:

  • energia nucleare;
  • energia meccanica;
  • energia gravitazionale;
  • energia elettromagnetica;
  • energia termica;
  • energia chimica.

Ognuna di queste forme di energia è indispensabile nella nostra vita di tutti i giorni e ne fa parte attivamente.

Ormai siamo abituati ad averle facilmente a disposizione, ma sappiamo anche quanto sta costando produrle sia dal punto di vista ambientale che dal punto di vista geopolitico.

È opportuno distinguere le risorse energetiche in:

  • risorse primarie, adatte all’uso finale senza conversione in un’altra forma;
  • risorse secondarie, dove la forma utilizzabile di energia richiede una sostanziale conversione da una fonte primaria.

Un’altra importante classificazione delle risorse energetiche si basa sul tempo necessario per la loro rigenerazione, e possiamo distinguere:

  • risorse rinnovabili, che sono quelle che recuperano la loro capacità in un tempo significativo per le esigenze umane.
  • risorse non rinnovabili, le quali sono quelle che sono significativamente esaurite dall’uso umano e che non recupereranno il loro potenziale durante la vita umana.

Fonti energetiche

Esistono circa dieci principali fonti di energia diverse che vengono utilizzate nel mondo , ognuna di esse con la sua peculiarità. Mentre ci sono altre fonti che vengono scoperte continuamente, nessuna di esse è sufficientemente sviluppata per soddisfare il fabbisogno mondiale di energia.

Ecco una panoramica di ciascuna delle diverse fonti di energia in uso e qual è il potenziale problema per ognuna di esse:

1. Energia solare:

Pro: attraverso l’uso di pannelli fotovoltaici, è possibile convertire l’energia solare in elettricità.

Contro: questo tipo di energia è che solo alcune aree geografiche del mondo ottengono abbastanza energia diretta dal Sole tale da soddisfare la richiesta di energia. Un altro annoso problema è quello dello smaltimento dei materiali costituenti i pannelli fotovoltaici.

2. Energia eolica:

Pro: la rotazione di opportune pale, causata dall’azione del vento, viene convertita in energia da grandi turbine che attivano un generatore e un convertitore.

Contro: Mentre questa sembrava una soluzione ideale per molti, la realtà dei parchi eolici sta iniziando a rivelare un impatto ecologico imprevisto che potrebbe non renderlo una scelta sostenibile.

3. Energia geotermica:

Pro:alcuni elementi radioattivi (quali Uranio, Torio, ecc), attraverso il loro lento decadimento, producono energia. Questa energia riscalda le rocce nel sottosuolo, che a loro volta riscaldano i bacini idrici presenti nelle zone limitrofe: l’acqua presente in essi evapora, e il vapore prodotto viene raccolto e utilizzato per azionare delle turbine rotanti che azionano un generatore.

Contro: Il più grande svantaggio con l’energia geotermica è che può essere prodotto solo in siti selezionati in tutto il mondo.

4. Energia derivante dall’Idrogeno:

Pro: è uno degli elementi più comuni disponibili sulla terra. L’acqua contiene due terzi di idrogeno e può essere trovata in combinazione con altri elementi. Una volta separato, può essere utilizzato come combustibile. È completamente rinnovabile, può essere prodotto su richiesta (tramite i processi di elettrolisi e reforming) e non lascia emissioni tossiche nell’atmosfera.

Contro: questo sistema ha un basso rendimento energetico e in più per potere effettuare i processi, richiede serbatoi con una pressione elevata (250 bar) che naturalmente comportano problemi sia di sicurezza che di peso e ingombro.

5. Energia prodotta dalle maree e dalle onde marine:

Pro: usa l’aumento e la diminuzione delle maree e il movimento della massa acquosa derivante dalle onde per convertire l’energia cinetica del mare, è rinnovabile e non provoca danni all’atmosfera.

Contro: La generazione di energia attraverso le maree è prevalentemente diffusa nelle zone costiere, necessita di enormi investimenti e la disponibilità di siti è piuttosto limitata. La produzione di energia delle onde può danneggiare l’ecosistema marino e può anche essere fonte di disturbo per le navi private e commerciali. 

6. Energia idroelettrica:

Pro: il 16% dell’elettricità prodotta oggi nel mondo arriva da questa fonte. Grossi bacini d’acqua, racchiusi da una diga, forniscono una potenza che viene utilizzata per azionare i generatori in modo da produrre l’elettricità.

Contro: I problemi affrontati con l’energia idroelettrica in questo momento hanno a che fare con l’invecchiamento delle dighe: esse infatti hanno bisogno di importanti lavori di restauro per rimanere funzionali e sicure, e ciò costa enormi somme di denaro. Il drenaggio dell’approvvigionamento di acqua potabile del mondo non è a lungo sostenibile, poiché l’acqua utilizzata per la produzione di energia potrebbe servire per l’utilizzo diretto della popolazione.

7. Energia delle biomasse:

Pro: è prodotta da materiale organico ed è comunemente usata in tutto il mondo. La clorofilla presente nelle piante cattura l’energia del Sole convertendo l’anidride carbonica dall’aria e l’acqua dal terreno in carboidrati attraverso la fotosintesi. Quando le piante vengono bruciate, l’acqua e l’anidride carbonica vengono nuovamente rilasciati nell’atmosfera.

Contro: Questo tipo di energia produce una grande quantità di anidride carbonica nell’atmosfera.

8. Energia nucleare:

Pro:  è una delle principali fonti di energia non rinnovabile disponibile al mondo. L’energia viene creata attraverso una specifica reazione nucleare di fissione, che viene quindi raccolta e utilizzata per generare energia elettrica.

Controrimane un grande argomento di dibattito su quanto sia sicura da usare e se sia davvero efficiente dal punto di vista energetico,date le notevoli quantità di scorie radioattive prodotte, molto difficili da smaltire. Gli scienziati stanno cercando di risolvere i problemi relativi alla sicurezza delle centrali (tutti sappiamo l’impatto ambientale che hanno avuto i disastri delle centrali nucleari di Chernobyl e Fukushima) e allo smaltimento dei rifiuti. Inoltre, i fisici stanno lavorando da anni ad un modo alternativo di sfruttare l’energia nucleare per la produzione di energia elettrica, ovvero tramite la fusione piuttosto che tramite la fissione. La fusione nucleare, però, ha diverse problematiche, che saranno trattare in un prossimo articolo.

9. Combustibili fossili:

Pro: attualmente è la principale fonte di energia del mondo e sfrutta materiali primi come carbone e petrolio. Il petrolio viene convertito in molti prodotti, il più utilizzato dei quali è la benzina.

Contro: Per arrivare al combustibile fossile, però, è purtroppo necessario deturpare in maniera irreversibile l’ambiente. Inoltre, le riserve di combustibili fossili sono in esaurimento.

Numero di reattori nucleari per pease. Fonte : Iaea|Pris
Numero di reattori nucleari per paese. Fonte: Iaea|Pris

Non è facile determinare quale di queste diverse fonti di energia sia meglio utilizzare: tutte hanno i loro punti di forza e le loro criticità. La verità è che sono tutti imperfetti: ciò che deve accadere è uno sforzo concertato per cambiare il modo in cui consumiamo energia e creare un equilibrio tra le fonti da cui attingiamo.

Gabriele Galletta

Si abbassa il prezzo della benzina. Crollo del Petrolio ai minimi storici dopo la Guerra del Golfo

 

Parallelamente all’emergenza coronavirus, negli ultimi  giorni una nuova questione sembra rallegrare automobilisti e consumatori ma preoccupare gli economisti di tutto il mondo: ovvero il crollo di oltre il 30% dei mercati petroliferi.

Negli ultimi giorni, infatti, il greggio è calato a picco e in larga parte ciò è dovuto alla decisione dell’Arabia Saudita, uno dei principali produttori di petrolio al mondo che ha deciso di abbassare il prezzo della vendita del proprio petrolio con parallelo aumento della produzione fissata a più di 10 milioni di barili al giorno.

Si innesca così una guerra dei prezzi tra Arabia Saudita e Russia che probabilmente avrà conseguenze politiche ed economiche travolgenti.  Lo scopo del Paese Emiro, ha detta di molti esperti, sarebbe quello di rendere più appetibile il petrolio saudita nei mercati europei ed asiatici, a discapito soprattutto di quello prodotto dalla Russia. Le quotazioni del greggio hanno subito il secondo più grande declino storico nei secondi di apertura delle negoziazioni in Asia, dietro solamente al crollo durante la Guerra del Golfo nel 1991. Il benchmark globale del petrolio precipita a soli 31,02 dollari al barile. Mentre le Borse europee, condizionate dal crollo del petrolio così come dalle conseguenze nefaste del coronavirus, hanno aperto la settimana in caduta libera, con cali tra il 7 e l’8%. Dunque un lunedì all’insegna dello choc per i prezzi del petrolio crollati di oltre il 30%.

I motivi del calo erano prevedibili dopo il mancato accordo tra i paesi Opec  (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) e quelli non Opec, in primis la Russia, su ulteriori tagli alla produzione per 1,5 milioni di barili al giorno per venire incontro al calo della domanda, e di fronte alle incertezze economiche causate dallo scoppio del coronavirus.

Proprio domenica, infatti, l’Arabia Saudita ha lanciato una vera e propria guerra dei prezzi decidendo unilateralmente di abbassarli, determinando il più grande taglio dei prezzi degli ultimi 20 anni. Di conseguenza, il petrolio destinato all’Asia è sceso di 4-6 dollari al barile, mentre quello degli Stati Uniti si è ridotto di 7 dollari al barile.

La decisione di abbassare ulteriormente i rendimenti prodotti dalla vendita di petrolio, danneggia quei paesi che già oggi faticano a mantenere i loro bilanci in ordine con i sempre più magri proventi delle esportazioni di idrocarburi. Circa metà del bilancio pubblico russo, per esempio, è finanziato con i proventi dell’industria petrolifera e del gas, mentre la situazione è altrettanto sbilanciata per diversi paesi africani e sudamericani.

Il resto del mondo, invece, pagherà ancora meno per acquistare petrolio, permettendo a molti paesi di risparmiare.

Le conseguenze a breve termine saranno probabilmente positive per i consumatori in Europa e in alcune zone dell’Asia – perché importare il petrolio costerà molto meno rispetto ai giorni scorsi – ma secondo diversi analisti nelle prossime settimane questa misura potrebbe comunque rendere più instabile il mercato mondiale, con conseguenze poco prevedibili.

Dunque ancora una volta si preannuncia uno squilibro economico mondiale, operato esclusivamente allo scopo di indebolire la forza di alcuni Paesi in favore di altri. Non sembrano aver sortito alcun effetto le parole del Santo Padre all’Angelus di due settimane fa, quando richiamava tutti alla responsabilità e alla comunanza per contrastare il grande nemico (coronavirus) che ha colpito il mondo nel 2020.

 

Santoro Mangeruca

L’ influenza dell’OPEC sull’economia mondiale

E’ ormai evidente agli occhi di tutti come la nostra società, da oltre mezzo secolo a questa parte, sia diventata prevalentemente consumista. Lo si vede fondamentalmente da questo forte attaccamento al denaro, questa famigerata arma che adesso può tranquillamente far acquisire un enorme potere a tutti coloro che ne hanno in grandi quantità permettendogli di prendere le redini di una vasta porzione societaria e strutturarla a proprio piacimento. Riassumendo la forma è abbastanza semplice, denaro uguale potere, il potere di manipolare a proprio piacimento tutto ciò di cui ci si può interessare.

Ne può essere un forte esempio l’OPEC ( Organization of the Petroleum Exporting Countries ), una potente organizzazione creatasi negli anni 60 dai maggiori paesi produttori ed esportatori al mondo di petrolio. Ad oggi questa organizzazione conta 13 paesi membri fra i quali troviamo alcuni fra gli esponenti più ricchi e potenti sotto il punto di vista delle risorse come l’Arabia Saudita, l’Iran, l’Iraq, la Libia, il Venezuela, gli Emirati Arabi Uniti, il Qatar e il Kuwait. Tutti questi sono dei paesi molto ricchi sotto il punto di vista del business petrolifero, ma la loro storia non è sempre stata proporzionata.

Come prima specificato l’OPEC nasceva negli anni 60 con lo scopo prevalentemente di creare dei veri e propri cartelli economici in grado di poter, innanzi tutto, coordinare l’azione di produzione ed esportazione di petrolio di tutti questi paesi membro, e in secondo luogo di andare a creare un modello di mercato che ruotasse intorno al buisiness del petrolio al fine di farlo diventare il punto di riferimento su scala mondiale. La situazione e il ruolo dell’OPEC cambiò invece in maniera repentina a partire già dagli anni 70, in particolar modo dal 1973, l’anno caratterizzato dalla guerra nel Kippur. Durante questo conflitto quest’organizzazione si schierò fortemente contro lo stato di Israele e soprattutto contro tutti quegli altri stati che lo avrebbero sostenuto nel conflitto come il Portogallo, gli USA e il Sud Africa. La reazione fu durissima, l’OPEC introdusse contro questi sostenitori un embargo che fece alzare drasticamente il prezzo al barile del petrolio fino ad arrivare nel 1975 dove il prezzo di quest’ultimo salì alle stelle toccando una cifra pari ai 9$ al barile causando un forte shock petrolifero che fece tremare ai tempi l’economia di tutti quei paesi. In epoca più recente la politica economica attuata dall’OPEC continua ad essere si soddisfacente ma in quest’ultimo periodo si è inserita all’interno del mercato uno spietato concorrente rappresentato dagli USA che già negli ultimi 10 anni sta fortemente primeggiando all’interno di questo tipo di mercato.

Davide Di Perna