Peppino Impastato, il ricordo di una voce fuori dal coro

Si sa dove si nasce, ma non dove si muore, e non se un ideale ti porterà dolore

Sono passati 45 anni dalla morte di Peppino Impastato, giornalista, conduttore radiofonico e attivista siciliano noto per le sue denunce contro le attività di Cosa Nostra, a seguito delle quali fu assassinato il 9 maggio 1978.

Ribellandosi alla prospettiva di un destino già scritto, Peppino rivendicò il diritto alla libera scelta, espressa attraverso il rifiuto di codici valoriali che non condivideva, gli stessi che appartenevano alla sua famiglia, da cui si allontanò per portare avanti una lotta in nome della legalità e dei propri ideali. 

 

Il coraggio della libera scelta

Giuseppe Impastato nacque a Cinisi, in provincia di Palermo, nel 1948.

La madre, Felicia Bartolotta, aveva sposato Luigi Impastato, cognato del capomafia locale Cesare Manzella. Il contesto familiare in cui il ragazzo crebbe presupponeva un futuro destinato all’affiliazione alla mafia ma, contro ogni previsione, la sua vita imboccò una strada diversa.

Nel 1963 Manzella venne ucciso in un attentato. L’assassinio dello zio portò Peppino, allora quindicenne, ad allontanarsi dalla sua famiglia, dando inizio alla sua militanza antimafiosa.

Ancora ragazzo, nel ’65 si avvicinò alla politica, scelta dettata dall’esigenza di reagire a una condizione familiare ormai divenuta insostenibile.

Mio padre, capo del piccolo clan e membro di un clan più vasto, aveva concentrato tutti i suoi sforzi, sin dalla mia nascita, nel tentativo di impormi le sue scelte e il suo codice comportamentale. È riuscito soltanto a tagliarmi ogni canale di comunicazione affettiva e compromettere definitivamente ogni possibilità di espansione lineare della mia soggettività.

Nello stesso anno Peppino fondò il giornalino L’Idea socialista e aderì al PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria), portando avanti le lotte degli edili, dei disoccupati e dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo in territorio di Cinisi.

Nel 1975 costituì il gruppo Musica e cultura, che promuoveva attività culturali come i cineforum, la musica, il teatro e i dibattiti, nell’intento di contrastare la stasi attraverso il cambiamento destato dal libero confronto e dal circolo di nuove idee.

Riproduzione dell’insegna di Radio Aut. Fonte: Commons.wikimedia.org

 

Radio Aut, una voce fuori dal coro

La grande intuizione di Peppino fu quella di combattere la mafia con l’ironia.

Nel 1977 l’attivista fondò insieme ad alcuni collaboratori Radio Aut, una radio libera con sede a Terrasini.

Tra i programmi radiofonici trasmessi si distingueva “Onda Pazza”, una trasmissione satiro-schizo-politica sui problemi locali.

In onda tutti i venerdì sera, rappresentava il momento di più diretto contatto con i problemi della realtà locale, che venivano gonfiati ad arte e proiettati in una realtà apparentemente al limite dell’assurdo, ma, in effetti, drammaticamente presente.

Così Cinisi diventava Mafiopoli, il sindaco Gero Di Stefano era Geronimo Stefanini, il temuto boss Gaetano Badalamenti era Tano Seduto e la rassegna potrebbe continuare all’infinito.

Non si risparmiava nessuno speculatore e venivano denunciati apertamente tutti i piani di sfruttamento dell’amministrazione pubblica a fini personali.

Esempio emblematico della satira di denuncia tipica di Onda Pazza è la radiocronaca di una riunione della commissione edilizia, in cui il giornalista denuncia i mafiosi locali mediante La cretina commedia, parodia dell’Inferno dantesco nei cui gironi si aggirano alcuni personaggi del luogo.

 

Così arrivammo al centro di Mafiopoli,

la turrita città piena di gente

che fa per profession l’ingannapopoli

 

 

Una notte di maggio con le stelle tristi

Il desiderio di giustizia e la lotta contro l’omertà rappresentavano una minaccia sempre più concreta per il mantenimento dello status quo e dell’assetto in vigore.

Così, nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978 Peppino venne assassinato con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia Palermo-Trapani.

Forze dell’ordine, magistratura e stampa parlarono di un atto terroristico in cui l’attentatore sarebbe rimasto vittima. Una seconda ipotesi riguardava il suicidio. A validarla il ritrovamento di una lettera, scritta molto tempo prima, in cui Peppino affermava di voler abbandonare la politica e la vita.

La matrice mafiosa del delitto venne individuata grazie all’attività del fratello Giovanni e della madre Felicia, che fin da subito non credettero alle ipotesi avanzate, rompendo pubblicamente con la parentela mafiosa e adoperandosi per la ricerca della verità.

Il 5 marzo 2001 la Corte d’assise riconobbe Vito Palazzolo colpevole e lo condannò a trent’anni di reclusione. L’11 aprile 2002, a distanza di quasi 24 anni dal delitto, anche Gaetano Badalamenti venne riconosciuto colpevole e condannato all’ergastolo.

Estratto dal brano “Ciuri di campu” di Carmen Consoli e Lautari

 

La bellezza salverà il mondo

Dopo la morte di Peppino sono stati ritrovati degli appunti annotati su un’agendina del ’72 insieme ad alcune poesie, in seguito pubblicati nel volume Lunga è la notte. Poesie, scritti, documenti.

Dalla scrittura di Peppino emerge in maniera limpida il suo malessere interiore per una realtà che si oppone al cambiamento. L’incapacità di comprendere l’indifferenza e l’accettazione passiva di coloro che lo circondano si traduce nella silenziosa e solitaria contemplazione rassegnata della realtà in cui vive.

Seduto se ne stava

e silenzioso

stretto a tenaglia

tra il cielo e la terra

e gli occhi vuoti

fissi nell’abisso.

 

È una notte “lunga e senza tempo” quella attraversata dal suo paese. Una notte che è calata su Cinisi, sulla Sicilia e su tutta la Penisola da tempo ormai, tanto da sembrare infinita.

“Lunga è la notte”, Giuseppe Impastato

 

Il cielo gonfio di pioggia impedisce la vista delle stelle. L’integrità, la speranza in un futuro migliore e nel cambiamento sono fari lontani oscurati dalle nubi, all’apparenza irraggiungibili.

Nemmeno il pianto di un bambino sarà in grado di riportare la luce. Per fare sorgere nuovamente il sole sono necessarie la presa di coscienza, l’azione concreta, la mobilitazione collettiva per un cambiamento radicale e l’educazione alla bellezza.

Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante nel davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre.

È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza, affinché in uomini e donne non si insinuino più l’abitudine e la rassegnazione e rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore.

A quarantacinque anni dalla scomparsa di Peppino, la notte è ancora lunga, ma grazie al suo coraggio e a quello di chi ogni giorno segue il suo esempio, il cielo è punteggiato da qualche stella.

 

Santa Talia

 

Fonti

https://www.centroimpastato.com

Giuseppe Impastato – Lunga è la notte. Poesie, scritti, documenti. Arti Grafiche Palermitane, 2014

Citazione dal brano musicale “I Cento passi”, Modena City Ramblers

Citazione dal film “I cento passi”, regia di Marco Tullio Giordana, 2000

Intervista al fumettista Lelio Bonaccorso: quando il disegno diventa attivismo

Lelio Bonaccorso è un fumettista e illustratore di Messina, classe 1982. La passione per il disegno e – più nello specifico – per il fumetto nasce in lui sin dall’infanzia. Così, dopo aver conseguito il diploma presso l’istituto d’arte Ernesto Basile di Messina, si sposta nel 2004 a Palermo, dove frequenta la Scuola del Fumetto, tappa obbligatoria per la sua crescita e formazione. Lelio è un siciliano DOC, sentimentalmente legato alla sua terra: non perde occasione per descriverne le bellezze anche nelle sue opere, allo stesso tempo cosciente e attento alle molte contraddizioni che la Sicilia porta con sé. Non a caso una delle sue prime opere, dal titolo ‘’ Peppino Impastato. Un giullare contro la mafia’’, racconta la storia dell’attivista di Cinisi ucciso dalla mafia per ordine del Boss Tano Badalamenti, il 9 maggio del 1978. La volontà di conoscere e di raccontare lo spingono nel 2017 a bordo della nave Aquarius, impiegata dalla ONG SOS Méditerranée nel soccorso ai migranti che tentano di attraversare il canale di Sicilia. Da questa esperienza nasce Salvezza, opera pubblicata da Feltrinelli nel 2018, che ha suscitato l’interesse anche di molti quotidiani nazionali. Ho avuto il piacere di scambiare con Lelio un’interessante chiacchierata: ecco tutti gli spunti e le curiosità che mi ha raccontato.

Fonte: profilo Facebook di Lelio Bonaccorso

 

Pur vivendo nella stessa città siamo costretti a vederci l’uno nello schermo dell’altro . Battute a parte, è banale ma altrettanto necessario iniziare chiedendoti come l’emergenza Covid19 abbia influenzato il tuo 2020 dal punto di vista professionale.

A livello strettamente professionale e tecnico per me è cambiato poco, diciamo che noi siamo sempre in smart working. Naturalmente il lockdown di marzo ha rallentato tanti progetti, la chiusura delle librerie ha portato gravi perdite anche per le case editrici e tutto il settore in generale ne ha risentito… un bel guaio.

Facciamo un salto nel passato: quando nasce la passione per il disegno? Quando hai deciso che sarebbe stata la tua strada?

La passione per il disegno nasce nell’infanzia, dai primi scarabocchi. Contestualmente ho sempre avuto l’esigenza di raccontare qualcosa, esigenza che si è costantemente manifestata durante il corso della mia carriera e formazione. Ho sempre voluto fare questo nella vita, non avevo un piano B. Inizialmente mi sono iscritto al liceo artistico; a quei tempi però il fumettista quasi non veniva considerato un lavoro. A Messina non c’era una scuola adatta al tipo di formazione che cercavo. Per questo sono stato costretto a spostarmi a Palermo per frequentare La Scuola Del Fumetto: da lì le prime collaborazioni ed esperienze fino ad oggi. Ho qui in mano la mia copia dell’ultimo numero di “Dylan Dog Color Fest”, in una delle 3 storie di questo numero ci sono i miei disegni e la storia è scritta dal mio collega ed amico Marco Rizzo, con il quale ho scritto i fumetti più importanti della mia carriera. Devo ammettere che leggere il mio nome nei credits di uno dei miei fumetti preferiti mi ha emozionato.

Fonte: profilo Facebook di Lelio Bonaccorso

Molti dei tuoi lavori raccontano argomenti di rilevanza collettiva e di attualità. Penso al fumetto su Peppino impastato, a quello sulla storia del ciclista Marco Pantani, a Salvezza, il più famoso, che riguarda il fenomeno dell’immigrazione dall’Africa verso l’Europa. Come se in te coesistessero 2 anime: quella da fumettista ed illustratore e quella da giornalista. Mi sbaglio?

No, non ti sbagli. Il fumetto per me è stato un mezzo per sfogare l’esigenza di conoscere prima e raccontare poi che ho sempre avuto. Questo mi ha permesso di vivere esperienze fortissime anche dal punto di vista umano: conoscere i familiari e gli amici di Peppino impastato e sentirli raccontare la sua storia mi ha lasciato il segno. Ultimamente si parla sempre meno di mafia, come se con la fine della fase stragista fosse stata sconfitta e sappiamo bene che non è così… ha solo cambiato forma.

 

Illustrazione di Peppino Impastato – Fonte: profilo Facebook di Lelio Bonaccorso

Nel 2017 con Marco Rizzo sali sulla Aquarius, nave impiegata da una ONG per la ricerca e il soccorso in mare nelle acque internazionali tra Libia, Italia e Malta: da questa esperienza nascerà il fumetto “Salvezza”. Ci racconti qualcosa a riguardo?

Credo che per raccontare una storia sia importante viverla in prima persona. Da questo nasce la volontà di salire a bordo dell’Aquarius, usare gli occhi come telecamere provando ad immagazzinare quante più scene possibile. Essere lì mi ha permesso di cogliere delle sfaccettature che noti solo provando sulla tua pelle determinate sensazioni. Ho ricordi incredibili di quei momenti, nel bene e nel male, gli occhi di queste persone spaventate ma felici di essere scampate dalla morte, la disperazione di chi ha appena perso un caro in mare ma anche la speranza di trovare un posto migliore una volta arrivati a terra. Magari le loro aspettative sono superiori spesso rispetto a quello che realmente troveranno una volta sbarcati in Europa, ma mi sento di dire che in ogni caso è meglio di ciò da cui scappano.

Fonte: profilo Facebook di Lelio Bonaccorso

Parlaci un po’ di Messina: cosa provi per la tua città?

Il solo fatto che io abbia deciso di non andare via la dice lunga, sono innamorato della mia terra e della mia città. Certo, non è il periodo migliore per Messina, ma sono convinto che prima o dopo qualcosa cambierà, arriverà il momento giusto e contestualmente la cittadinanza sarà pronta a compiere un passo in avanti, ne sono certo. Quello che non so invece, è quando questo accadrà, potrebbe essere tra un anno come tra 100. Siamo abituati naturalmente ad avere come orizzonte temporale il periodo che trascorriamo in vita, ma la storia va avanti anche quando il nostro ciclo personale finisce. Messina vive di dualismi e di contrasti, Messina ha il bianco ed il nero. Dovremmo essere capaci di far coesistere entrambi i colori e prendere il buono che esce da questo incontro: invece, spesso più che incontro diventa scontro e rimaniamo immobili.

Un ultima domanda: oggi il dibattito pubblico si è spostato sulle piattaforma social e i toni si sono incredibilmente inaspriti. Da comunicatore, che idea ti sei fatto a riguardo?

Secondo me abbiamo spesso l’impressione che la maggioranza della popolazione sia quella che commenta in modo verbalmente violento o che non ha rispetto per l’interlocutore, ma credo sia solo un’impressione. Banalmente il trambusto, le urla, si sentono di più di chi resta in silenzio o non alza i toni. C’è sicuramente una parte di popolazione preparata e informata, anche se magari fa meno chiasso.
Pochi giorni fa Parlavo con Marco (Rizzo, n.d.r.) di fake news. Lui è favorevole all’introduzione di norme che gestiscano questo problema, io no. Ho il timore che cercando di risolvere un problema ne vai a creare altri: formi una commissione? Chi gestisce questa commissione? Chi traccia la sottile linea di demarcazione tra una tesi alternativa – ma plausibile – ed una invece totalmente falsa? È complicato.
La falsa informazione oggi è un problema concreto ma dovrebbe essere combattuta dallo Stato mettendo i cittadini nella condizione di poter scegliere cosa leggere, su cosa informarsi e allo stesso tempo riconoscere una notizia inventata. Se risali alla fonte del problema trovi l’ignoranza e la rabbia sociale, fattori sui quali mi concentrerei.

 

Ringraziando Lelio, gli auguro in bocca al lupo per tutti i progetti in cantiere, nella convinzione che la chiacchierata di oggi possa dare molti spunti di riflessione ai nostri lettori.

 Emanuele Paleologo

Foto di copertina: siciliando.org