“Zombie” e “Bella Ciao”: i canti della resistenza a Putin

Sono passati vari giorni da quando il presidente Vladimir Putin ha deciso di invadere l’Ucraina: in quel momento si è spezzato un altro filo nella “tela dell’umanità”, in quell’istante il tempo si è fermato, migliaia di persone si sono ritrovate senza cibo, acqua, le loro vite sono cambiate per sempre e la loro innocenza è stata distrutta.

Una parte del popolo russo si è rivoltato contro il proprio Presidente (o per meglio dire dittatore), scendendo in piazza, protestando con cartelloni, fiori e simboli di pace. Per dire a Putin, ma specialmente al mondo, che loro non stanno dalla parte della disumanità, mettendo spesso a rischio la loro stessa libertà, la loro vita. Qualche giorno fa un gruppo di russi è stato arrestato dalla polizia, proprio mentre manifestava il proprio dissenso verso la guerra.

Incatenati e portati sopra il furgone come bestie dalle forze armate, armati di coraggio e di sorrisi anziché di bombe, i manifestanti hanno iniziato a cantare a squarciagola la canzone Zombie, dando esempio di disobbedienza civile.

 Chi non conosce la melodia di Zombie? O almeno una volta l’ha sentita passare in radio o mentre faceva zapping da un canale all’altro? Appena i manifestanti russi hanno iniziato a cantare, siamo quasi stati riportati indietro nel tempo, a quando ancora questa guerra non c’era. Guardando sui nostri cellulari quel video ormai diventato virale, ci siamo sentiti cittadini del mondo, il patriottismo per un attimo ha lasciato il posto all’empatia e ci siamo trovati a condividere la resistenza del popolo russo al suo dittatore.

La storia dietro Zombie

“Nella tua testa stanno ancora combattendo
Con i loro carri armati e le loro bombe
E le loro bombe e i loro fucili
Nella tua testa
Nella tua testa stanno morendo”

Zombie, è una canzone del gruppo rock Irlandese The Cranberries, pubblicata il 12 Settembre del 1994 (28 anni fa). Considerato il maggior successo del gruppo irlandese, ha vinto durante gli  MTV Europe Music Awards del lontano 1995 il prestigioso premio di  “Canzone dell’anno”.

Dolores O’Riordan,cantautrice e frontman del gruppo, ha affermato che la canzone è stata scritta in seguito all’attentato di Warringotn del 1993 da parte dell’IRA, in cui avvenne la morte di un bambino. Il testo contiene dei riferimenti alla Rivolta di Pasqua (una sommossa scoppiata durante la settimana di Pasqua in Irlanda) avvenuta nel 1916.  

Erroneamente si associa Zombie alla denuncia della situazione nordirlandese, ma in realtà è più una canzone che si schiera contro la violenza in generale.

Per quale motivo infatti è diventata anche il simbolo dei “partigiani” russi?  Cosa la rende adatta a raccontare anche questa guerra?

Come ci indica già il titolo, coloro che portano la guerra sono zombie che eseguono ordini, smettono di pensare e camminano lasciandosi dietro terrore e e distruzione. Gli stessi Cranberries affermarono di aver scritto Zombie come simbolo di pace per il proprio Paese, per far capire come la violenza travestita di ideali politici e religiosi possa portare alla perdita di vite innocenti.

“Un’altra testa ciondola umilmente
Il bambino viene lentamente preso e
La violenza ha causato un tale silenzio
Chi stiamo fraintendendo?”

Bella Ciao: la canzone di ogni resistenza

Bella Ciao è un’altra canzone simbolo della resistenza, ma quella ucraina stavolta.  E’ stata riadattata infatti dalla cantante ucraina Khrystyna Solovij, con il testo nella sua lingua madre e con due soli strumenti: chitarra e voce.

Che storia nasconde dietro di sé Bella Ciao? Per noi italiani è simbolo di libertà assoluta, è la canzone che ha accompagnato la liberazione dal morbo fascista. Ancora oggi la cantiamo per affermare quei diritti che ancora non hanno una legge a loro tutela; con essa invochiamo la ribellione per riportare l’ordine ( si, sembra quasi un paradosso).

Gli storici non conoscono le sue origini, molti la associano addirittura al ‘500 francese o ai canti di lavoro delle mondine. Non si conosce né la penna né la data di composizione: il mistero rende questa canzone ancor più affascinante. Anche se associata alla lotta partigiana, dietro di sé non ha precisi riferimenti religiosi e politici: è libera da qualsiasi vincolo, è pura.

“E se muoio da partigiano
Tu mi devi seppellir”

Oggi Bella Ciao è stata riscoperta a livello internazionale anche per via della serie tv La Casa Di Carta, o di migliaia di cover che girano su Youtube. Possiamo considerarla una canzone universale, che fa nascere nell’essere umano la voglia di apportare qualche cambiamento.

La musica è l’unica lingua (se così possiamo definirla) che unisce e mai divide, l’eccezione alla regola: con essa, come con la scrittura e con le azioni, diamo il via a moti rivoluzionari. Ogni evento, ricorrenza, ma soprattutto ogni ideale è rappresentato da una melodia capace di accomunare popoli con lingue e tratti diversi, abbattendo non solo le differenze ma anche i poteri forti.

 

Vignetta satirica di Mauro Biani. Fonte: LaRepubblica

Di Putin si può dire solo una cosa: con i suoi interessi e il proprio potere, ha perso ogni tipo di senso morale, è diventato piccolo come i coriandoli, mentre il “suo” popolo – che non è più suo – si sta dimostrando più forte di lui. Le urla e le azioni dei dissidenti, ma soprattutto i loro canti sono più assordanti delle bombe. 

Alessia Orsa

 

 

 

25 aprile: la Festa della Liberazione e il Comitato messinese di liberazione nazionale

Il 25 aprile di 76 anni fa il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) assume il potere “in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo italiano” e proclama lo sciopero e l’insurrezione generale contro l’occupazione nazifascista.

È questo il giorno che viene scelto simbolicamente per ricordare e festeggiare la Liberazione, sebbene gli scontri proseguirono ancora per qualche giorno. La legge n.269 del maggio del 1949 fissa ufficialmente la data del 25 aprile quale “festa nazionale”, confermando un precedente decreto del 22 aprile del 1946 con il quale si stabilisce che il 25 aprile, da quel momento in poi, sarebbe stata la “festa della Liberazione”.

La Resistenza e i Comitati di liberazione nazionale

Questo giorno è ricordato per celebrare la fine dell’occupazione nazi-fascista, ma anche per onorare l’apporto dato dalla Resistenza alla guerra di Liberazione.

La Resistenza è diretta dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) -e dalle sue ramificazioni-, formazione interpartitica che riunisce, nonostante le diverse e contrapposte ideologie, i partiti tradizionali antifascisti, ridotti al silenzio durante il ventennio mussoliniano.

I CLN conducono l’opposizione al nazifascismo e si occupano della gestione locale del potere con una precisa volontà di rinnovamento.

Risulta arduo descrivere in modo univoco il fenomeno dei CLN, poiché molti di essi presentano storie e caratteristiche peculiari. È comunque possibile notare delle chiare differenze fra i CLN centro-settentrionali e i CLN meridionali.

Partigiane in marcia – Fonte: fanpage.it

La Resistenza nel meridione

la storiografia, infatti, sottolinea come il Sud non ha conosciuto un movimento di Resistenza e guerra partigiana, a causa della precoce liberazione dei territori situati a sud della linea Gustav.

Difatti, la Sicilia è la prima ad essere liberata. Gli anglo-americani sbarcano sulle coste siciliane tra il 9 e il 10 luglio del 1943 e poco più di un mese dopo l’Isola è libera; in pochi mesi, le forze Alleate liberano gli altri territori meridionali della penisola italiana.

Quindi, per ragioni storiche, il Sud non ha partecipato alla Resistenza. Ma le cose non stanno proprio così.

La “Quattro giornate di Napoli” (27-30 settembre 1943), emblema della Resistenza nel meridione – Fonte: vesuviolive.it

Il meridione ha dato il proprio contributo alla guerra di Liberazione, costituendo i CLN ed, in particolare, con il sacrificio di molti uomini. Infatti, non è per nulla trascurabile la percentuale di partigiani meridionali che hanno combattuto la guerra partigiana nelle terre settentrionali.

Ed in particolare è proprio la Sicilia che spicca in tal senso: sono i siciliani che, tra le regioni del sud, contribuiscono con il maggior numero di uomini e donne, quest’ultime lontane dal fronte, ma fondamentali nelle azioni di resistenza passiva, sabotaggio e boicottaggio. Giovani e meno giovani, gente comune che ha donato il proprio sangue, ma anche uomini leggendari come Pompeo Colajanni, conosciuto con lo pseudonimo di “Nicola Barbato” e fondamentale nella Liberazione di Torino, e figure del calibro di Girolamo Li Causi e di Salvatore di Benedetto.

Il partigiano Pompeo Colajanni – Fonte: anpi.it

Il Comitato messinese di liberazione nazionale

A Messina -liberata il 17 agosto 1943- si costituisce il Comitato messinese di liberazione nazionale (CMLN). Formatosi il 25 novembre del 1943, il Comitato messinese inizia la sua attività poco più di un mese dopo, ribadendo la sua continuità con il Fronte unico dei partiti politici antifascisti.

Diversi gli esponenti che ricoprono il ruolo di Presidente del Comitato, tra cui Ettore Miraglia, Nunzio Mazzini Gentile, Eugenio Marotta, Giuseppe Romano e Placido Lauricella; la figura, però, più importante è senza dubbio quella dell’avvocato socialista Franco Fabiano, che ha ricoperto la carica di segretario.

Il CLN messinese non spicca per organizzazione e praticità: ben presto una parte di esso provoca una scissione con la creazione di un ulteriore Comitato di liberazione.

Inoltre, il giudizio di Antonio Stancanelli (prefetto di nomina AMGOT) e di Luigi Stella (prefetto di carriera, sostituto di Stancanelli) non è positivo; essi evidenziano la non eccelsa organizzazione, la mancanza di collaborazione ed un’eccessiva litigiosità. In effetti, non pochi sono i contrasti e le divisioni, parecchie le questioni irrisolte e le soluzioni arrivano con un certo ritardo.

L’ingresso dei soldati anglo-americani a Messina – Fonte: normanno.com

L’incertezza e la diffidenza

È doveroso comunque ricordare che, seppur liberata, la Sicilia vive un momento di profonda incertezza.

I CLN siciliani, infatti, svolgono la propria attività in un contesto particolarmente complicato per la presenza del MIS (Movimento per l’Indipendenza della Sicilia); inoltre il “risveglio” della mafia agraria -tornata in auge sfruttando sia il mercato nero sia le nomine presso le piccole amministrazioni comunali- complica la situazione.

Queste circostanze esterne influenzano negativamente anche il CLN messinese; inoltre la popolazione non esprimeva una grande considerazione nei confronti del Comitato, ma anzi un atteggiamento quasi diffidente e di poca fiducia.

Gli anni di transizione dal regime fascista e al nuovo Stato repubblicano saranno fondamentali per la città di Messina, alla ricerca di una sua identità e della rinascita politica.

 

Francesco Benedetto Micalizzi

Fonti:

Messina negli anni Quaranta e Cinquanta, Istituo di Studi Storici Gaetano Salvemini – Messina, Atti di Convegno 1998, Sicania, Messina

 

Immagine in evidenza:

La Resistenza di Torino – Fonte: radiogold.it