Parlamento UE, approvato il Fit-for-55: dal 2035 niente più automobili a benzina e diesel

In attesa della discussione in Commissione e Consiglio per l’approvazione definitiva, il Parlamento UE ha votato sul pacchetto Fit-for-55: dal 2035 sarà possibile la vendita di soli veicoli green.

Il Parlamento Europeo ha votato a favore dello stop ai motori a combustibili fossili dal 2035 -Fonte:dmove.it

Lo stop alla vendita di auto e veicoli commerciali leggeri a benzina, diesel e con motori a combustione interna a partire dal 2035 punta ad attuare il piano di azione per contrastare il cambiamento climatico. La misura, facente parte del pacchetto Fit-for-55, insieme ad altre tredici iniziative si pone come obiettivo la riduzione entro il 2030 delle emissioni di CO2 dell’Unione Europea del 55%. Mentre si auspica il raggiungimento della neutralità carbonica entro il 2050.

L’approvazione del Parlamento Europeo

Il progetto di legge approvato con 339 voti favorevoli, 249 contrari e 24 astensioni mira ad agire in modo radicale per contrastare le emissioni. L’Unione Europea, infatti, è sul podio delle produttrici mondiali di CO2, stanziandosi alla terza posizione. Il divieto di vendita di veicoli a combustione interna, o endotermici, agisce sul settore dei trasporti responsabile di circa un quarto di emissioni totali.

L’emendamento però, per divenire definitivo, dovrà essere negoziato con il Consiglio dell’Unione Europea nei prossimi mesi. Il blocco dunque non è ancora definitivo.

Il “cuore” del Fit-for-55

L’intero piano ruota attorno al rilancio dell’Emissions Trading Systems (ETS) nato nel 2004 e che ancora oggi vanta una notevole incidenza, in quanto è uno dei più importanti mercati di emissioni del mondo.

Se negli anni ha subito diversi stop, oggi l’ETS ha imposto un limite alle emissioni di circa 11 mila centrali energetiche e industrie in tutta Europa, creando altresì un mercato di scambi di quote di emissioni. Ciò che si intende fare è permettere alle industrie che inquinano maggiormente di comprare quote da quelle che inquinano di meno. Si rispetta sempre il limite interno totale prestabilito, che va via via a ridursi.

Fit-for-55 -Fonte:socialistsanddemocrats.eu

Il pregiudizio affiliato all’ETS come “insuccesso” negli ultimi anni vede invece la volontà di rilancio della Commissione attraverso un ampliamento del suo campo di azione. Questo permetterebbe un’inclusione totale delle emissioni dell’Unione, inglobando anche il settore dei trasporti e del riscaldamento.

A fianco dell’ETS è stato inoltre introdotto il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM): un sistema che obbligherà le aziende internazionali, che influiscono maggiormente sull’inquinamento, a pagare le emissioni da loro prodotte se intendono immettere merce nel mercato europeo.

Il CBAM in realtà appare più come un dazio imposto al fine di proteggere tutte le imprese europee che devono sostenere ingenti costi per sostenere i giusti requisiti richiesti dall’Unione. Tale operazione serve come filtro per contrastare una concorrenza sleale.

Il dettaglio della misura approvata in Parlamento

Il piano della riduzione di emissioni avrà come obiettivo ridurre le emissioni medie:

  • delle auto del 55% entro il 2030 e del 100% entro il 2035;
  • dei furgoni del 50% entro il 2030 e del 100% entro il 2035.

Ciò significa che a partire dal 2035 le nuove immatricolazioni dovranno produrre zero emissioni di CO2, mentre i veicoli già immatricolati potranno circolare fino a fine vita.

Fit-for-55, il Parlamento Europeo vota il blocco di benzina e diesel dal 2035 -Fonte:motorbox.com

Dunque sia il settore automobilistico che il trasporto su strada conterà dal 2035 motori 100% elettrici o ad idrogeno. È prevista altresì una deroga “Salva Ferrari” che permetterà alle imprese di nicchie, con una produzione annua dalle 1000 alle 10 mila unità, di applicare la normativa dal 2036. L’obiettivo tenta di tutelare la motor valley dell’Emilia-Romagna, ed in particolare le aziende come Ferrari e Lamborghini.

Le spinte del Fit-for-55

Il piano Fit-for-55 al fine di garantire e rendere effettivamente possibile la produzione e la vendita di auto elettriche e ad idrogeno ha fissato diversi obiettivi:

  • Espansione della capacità di ricarica in linea attraverso le vendite di auto a emissioni zero con installazione a intervalli regolari di punti di ricarica sulle principali autostrade;
  • Installazione di punti di ricarica in parcheggi sicuri e protetti nelle principali città e agglomerati posti sulla rete di trasporto trans-europea;
  • Innalzamento delle imposte sui carburanti e diminuzione di quelle sull’elettricità.
Stop alle auto a benzina e diesel in Europa dal 2035 -Fonte:agi.it

Sebbene la strada da percorre sia ancora lunga, si attende un via libera pro-forma, dell’Eurocamera e Consiglio entro l’autunno. Con il rigetto da parte del Parlamento della “scappatoia” per i carburanti sintetici nelle automobili, cioè una soluzione green (E-fuels) lanciata dall’industria dei combustibili fossili al fine di prolungare la vendita di nuovi motori a combustione, il legislativo europeo ha posto un freno alla nascita di nuove combustioni sintetiche, ancora più nocive per l’ambiente. Lo stop, in aggiunta, favorisce il benessere ambientale ed un taglio agli eccessivi costi di soluzioni “falsamente green”.

Giovanna Sgarlata

Roberta Metsola è il nuovo presidente del Parlamento europeo, il primo di nazionalità maltese. Dopo l’elezione, la polemica

La terza donna presidente, nella storia, scelta per la guida del Parlamento Europeo e la prima persona di nazionalità maltese: parliamo di Roberta Metsola, esponente dei Popolari (Ppe), è lei il successore dell’ex presidente europeo David Sassoli, scomparso pochi giorni fa dopo una lunga malattia. Eletta con 113 voti in più rispetto al suo predecessore, per di più nel giorno del suo quarantatreesimo compleanno, il 18 gennaio scorso, risulta essere anche il più giovane presidente donna dell’Assemblea di Strasburgo.

Roberta Metsola è la più giovane tra i presidenti della storia del Parlamento Ue (fonte: leggo.it)

L’elezione a Strasburgo è il coronamento di una carriera brillante

Le altre candidate erano la svedese Alice Kuhnke, per i Verdi, e la spagnola Sira Rego, per La Sinistra, che hanno ottenuto rispettivamente 101 e 57 sì. Ben 458 voti, invece, quelli a favore, su un totale di 617, per l’eurodeputata maltese Metsola. La sua elezione è stata improvvisa e necessaria per la scomparsa di Sassoli. In onore di quest’ultimo ha riservato il suo primo intervento appena dopo l’ottenimento della carica, durante la plenaria del 18 gennaio, pronunciando un discorso di commiato proprio in italiano:

“La prima cosa che vorrei fare, come Presidente, è raccogliere l’eredità che ci ha lasciato David Sassoli. Lui era un combattente per l’Europa. Credeva nel potere dell’Europa. Grazie David! Voglio che le persone recuperino un senso di fede ed entusiasmo nei confronti del nostro progetto. Credo in uno spazio condiviso più giusto, equo e solidale.”.

La politica è parte fondamentale dell’intera quotidianità della neopresidente: ironia della sorte, il marito, Ukko Metsola, è anche lui politico, europarlamentare (finlandese), con il quale ha avuto quattro figli. Una carriera, quella di Roberta Metsola, costellata da importanti traguardi, di cui quest’ultimo mandato europeo costituisce un coronamento. Ha mosso i suoi primi passi divenendo membro della formazione giovanile del Partito Nazionalista (Moviment Zgħazagħ Partit Nazzjonalista) e dell’European Democrat Students, per cui è stata anche segretario generale. Un’importante conferma del suo grande talento arrivò già il 12 novembre del 2020, quando, a soli 41 anni, divenne la prima vicepresidente vicaria del Parlamento Europeo.

 

Il discorso da neo presidente

Appena eletta, la Metsola, di fronte all’Assemblea ha tenuto un discorso con il quale ha toccato tematiche attualissime in Europa, come quella dell’antieuropeismo e della disinformazione, combattute tenacemente, come lei stessa ha ricordato, da Sassoli:

“Dobbiamo controbattere la narrativa antieuropeista che si diffonde così rapidamente. – ha dichiarato sempre in italiano – La disinformazione che si è diffusa durante la pandemia ha alimentato il nazionalismo, l’autoritarismo, il protezionismo. Sono illusioni false che non offrono soluzioni, perché l’Europa è esattamente l’opposto di questo.”.

 

(fonte: quifinanza.it)

Poi l’accento su clima e transizione energetica. Ha sottolineato l’importanza del “green deal”, del lottare uniti contro i cambiamenti climatici, anche sostenendo l’economia.

Ha parlato di immigrazione, dicendosi fiduciosa verso l’ipotesi di trovare, all’interno del Parlamento, entro i prossimi due anni e mezzo, un accordo, una maggioranza, trovata in realtà cinque anni fa, ma poi bloccata. Riguardo la proposta di alcuni Paesi membro dell’Ue, che chiedono di finanziare la costruzione di muri ai confini, la Metsola si è dichiarata contraria, pur riconoscendo che alcuni Stati vivono situazioni difficili e che per questo vanno comunque aiutati:

«Per me la protezione della vita viene prima di tutto. Non possiamo avere una politica di migrazione che non dà valore alla vita, ma nemmeno lasciare soli ad affrontare una sfida enorme i Paesi di frontiera. Gli altri Stati non possono abbandonarli, pensando che non sia anche un problema loro. – ha detto – Ci sono molti strumenti, ma non dobbiamo mai dimenticare che si tratta di esseri umani.».

Così, ha parlato anche delle Ong che intervengono nel Mediterraneo per salvare i migranti in pericolo e della necessità di trovare una soluzione al più presto, magari aprendo un dialogo approfondito con i Paesi di partenza, di transito e di arrivo dei flussi di immigrazione, per impedire che le partenze per l’Europa siano viaggi in cui le persone rischino la vita. Non più.

 

La polemica

Subito dopo l’elezione, sono arrivati i primi commenti dal mondo della politica, si è accesa inoltre la polemica, in particolare su certe dichiarazioni della Metsola in merito al diritto all’aborto. Dopo le vicende che hanno scosso l’Europa, in particolare, la Polonia, la presidente sembra voler cambiare linea, più precisamente, farsi portavoce del pensiero della maggioranza del Parlamento europeo, dichiarando che fino ad oggi si era schierata come sostenitrice delle posizioni antiabortiste perché largamente diffuse nel suo Paese, Malta, dove l’aborto è illegale:

«Da eurodeputata maltese, ho difeso una posizione nazionale. Ora che sono presidente del Parlamento europeo non voterò più su questo tema e difenderò all’esterno la posizione dell’istituzione da me guidata.».

Dunque, a Malta, la questione è più intricata di quanto sembri:

«C’è un protocollo – ha rivelato la Metsola – che noi tutti eurodeputati maltesi siamo costretti a seguire. Non bisogna votare provvedimenti che possano portare a un dibattito sull’aborto a Malta. Perché un dibattito su questo tema deve rimanere a livello nazionale. Ma adesso ho una responsabilità e per mantenere l’oggettività non voterò più su questi rapporti e su queste risoluzioni. Voglio difendere l’uguaglianza tra i sessi. E lo farò sempre e ovunque». Queste, dunque, le intenzioni del nuovo presidente.

Il presidente francese Emmanuel Macron, in merito a queste dichiarazioni, durante la plenaria ha suggerito, probabilmente riferendosi direttamente all’appena eletta presidente, di inserire nella Carta dei Diritti fondamentali europea il diritto all’aborto e la protezione ambientale: «A 20 anni dalla proclamazione della Carta, vorrei che fosse aggiornata con un riferimento esplicito all’ambiente e al riconoscimento del diritto all’aborto.».

I due sono stati insieme protagonisti di un’altra polemica, scoppiata in occasione della presentazione del semestre francese di presidenza Ue. Dopo aver letto un discorso durato due minuti e mezzo, il capo dell’Eliseo ha alzato i tacchi e ha abbandonato la sede francese del Parlamento europeo. Presente appunto anche la neo eletta Metsola, che ha seguito Macron. Diversi giornalisti hanno abbandonato in segno di protesta la sala stampa del Parlamento europeo di Strasburgo. La reazione a caldo della Federazione internazionale dei giornalisti è stata:

(fonte: europa.today.it)

“Non puoi dire che ti interessa la libertà dei media e poi non rispondere alle domande dei giornalisti alle conferenze stampa”

Ora tre donne guidano l’Europa

Con la nomina della maltese, sono diventate tre le donne che guidano le principali istituzioni comunitarie: oltre Metsola, Lagarde e Von der Leyen.

(fonte: parismatch.com)

Che sia stata eletta una donna per una carica tanto importante per la vita di milioni di persone, è sicuramente un dato positivo, una voce femminile in più. Però, ogni donna è diversa dalle altre e come ogni persona, indipendentemente dal genere, ha pregi e difetti e opinioni personali anche non rappresentative di tutto una categoria, se di categorie si può parlare.

Il presidente Metsola è una figura complessa come la complessa politica maltese, per la quale è una “nazionalista”, mentre lei si definisce democristiana. La sua ideologia sembra, in effetti, quelle di una persona di sinistra, anche alla luce delle ultime dichiarazioni. Le sue opinioni personali contrarie all’aborto rispecchiano, dunque, una mentalità ancora molto diffusa a Malta, ma l’impegno a rispettare la posizione del Parlamento europeo su ciò, come anche su altri temi, sembra molto concreto.

Almeno per ora, sembra che vi sia la volontà di continuare una missione che anche Sassoli aveva promesso di portare a termine, in nome di un’Europa più proiettata verso libertà, sicurezza e uguaglianza.

 

Rita Bonaccurso

 

Ungheria: 17 Paesi della Ue contro la legge anti Lgbt+. Ecco le dichiarazioni

A seguito del discusso caso dell’illuminazione dello stadio di Monaco, 17 paesi dell’Unione Europea hanno stipulato un documento contro l’Ungheria e le sue politiche a sfavore della comunità Lgbt+.

Ungheria contro la legge Lgbt+ –Fonte:iodonna.it

Il 22 giugno i rappresentanti degli Stati membri dell’Ue hanno disapprovato la nuova legge ungherese che vieta di affrontare temi legati all’omosessualità in ambienti pubblici frequentati dai minori. Questi hanno perciò chiesto alla Commissione di agire contro l’Ungheria portandola in Corte di Giustizia per le misure adottate. La norma criticata anche dall’Italia è stata definita come “un’evidente forma di discriminazione”.

L’origine della disapprovazione

La disposizione rientra in una procedura disciplinare intrapresa nell’ambito dell’articolo 7 del Trattato di Lisbona, circa 3 anni fa. Esso permette di punire chiunque violi l’articolo 2 volto a tutelare il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello stato di diritto e dei diritti umani. Risulta perciò applicabile contro il Primo Ministro ungherese Viktor Orbàn che durante il suo mandato autoritario ha fortemente limitato lo stato di diritto, che è uno dei valori fondamentali su cui si basa l’Unione Europea.

I Paesi Ue firmano una dichiarazione di denuncia –Fonte:repubblica.it

Martedì scorso è così sopraggiunta la firma contro la legge anti Lgbt+ da Paesi come Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lettonia, Lituania, Spagna, Svezia, Austria, Cipro e Grecia. Il Portogallo non appone la firma per ragioni istituzionali, poiché è la Nazione detentrice della presidenza di turno, ma rende nota la sua posizione di appoggiare la censura contro l’Ungheria. Nonostante i primi tentennamenti dell’Italia, data dall’attesa di “chiarimenti” dall’Ungheria, si è aggiunta in un secondo momento agli altri Stati firmatari. Nella dichiarazione si esprime

“profonda preoccupazione per l’adozione da parte del Parlamento ungherese di emendamenti che discriminano le persone Lgbtq+ e violano il diritto alla libertà di espressione con il pretesto di proteggere i bambini.”

La legge ungherese

La norma presentata da Fidesz, partito di Orbàn, ha come focus quello di contrastare la pedofilia, equiparandola all’omosessualità e al cambio di genere. Gli emendamenti invece contengono una verità diversa, nel testo si legge

“Al fine di garantire la protezione dei diritti dei bambini, la pornografia e i contenuti che raffigurano la sessualità fine a se stessa o che promuovono la deviazione dall’identità di genere, il cambiamento di genere e l’omosessualità non devono essere messi a disposizione delle persone di età inferiore ai diciotto anni.”

Ungheria, il Parlamento cambia la Costituzione –Fonte:repubblica.it

I provvedimenti discussi, sono stati approvati dal legislativo ungherese la scorsa settimana con 157 voti a favore, raccogliendo la condanna immediata di diverse organizzazioni per la violazione dei diritti Lgbt+, tra cui Amnestry International.

Nel documento si precisa che le lezioni di educazione sessuale “non dovrebbero essere finalizzate a promuovere la segregazione di genere, il cambiamento di genere o l’omosessualità”. Si censurano così libri e film che facciano riferimento a costumi sessuali diversi dall’eterosessualità ai giovani e ai bambini, includendo titoli come “Il diario di Bridget Jones”, “Harry Potter” e “Billy Elliot”. La normativa limita anche le pubblicità che mostrano persone omosessuali o transgender come facenti parte della società normale.

La politica discriminatoria di Orbàn

Nonostante le posizioni retrograde e discriminatorie attuate già nella politica di azione di Orbàn, come il blocco all’unione omosessuale e all’adozione alle coppie dello stesso sesso, in molti sostengono che la norma discussa contenga dentro se un principio di svolta. Le proteste di migliaia di persone radunatesi davanti alla sede dal Parlamento a Budapest, perciò non sono valse all’eliminazione del provvedimento legislativo.

Ungheria, le coppie omosessuali non possono adottare figli –Fonte:rollingstone.it

Le dichiarazioni rilasciate dalla ministra della Giustizia ungherese, Judit Varga, appoggiano le misure disposte nel documento, sostenendo che serviranno principalmente alla protezione dei diritti dei bambini, senza che vengano lesi i diritti di alcun membro della società. Risulta chiaro il fine volto a vietare la “propaganda” gay.

La risposta da Bruxelles

Lo scontro frontale tra Budapest e Bruxelles, si attua in guerra aperta con le istituzioni europee e con gli Stati membri. Lo strappo interno all’Unione è divenuto talmente incisivo da imporre una modifica all’agenda dei lavori dei Capi di Stato e di Governo, durante le giornate del 24 e 25 del mese corrente.

Si preannuncia un tavolo rovente che vede da un lato chi difende i Paesi dell’est e dall’altro chi li condanna. Tale situazione pone la Commissione tra due fuochi sotto l’occhio vigile del Parlamento europeo, pronto a deferire i provvedimenti da attuare alla Corte di Giustizia dell’Unione.

Non sono mancate le pressioni del Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, rivolte alla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, sottoscrivendo in una lettera la necessità di reazione da parte della Commissione nei tempi segnati dai trattati.

Von der Leyen –Fonte:ilfattoquotidiano.it

Ancor prima delle sollecitazioni ricevute, Ursula von der Leyen ha pubblicamente bollato l’iniziativa legislativa ungherese considerandola come una “vergogna”.

“Va contro la dignità umana, l’uguaglianza e i diritti umani. Siamo pronti ad usare tutti i poteri per garantire che i diritti di tutti i cittadini dell’UE siano garantiti, chiunque siano e dovunque vivano all’interno dell’Unione Europea.”

La risposta dell’Ungheria

Non sono mancate le accuse dell’Ungheria riguardo il processo politico applicato dalla Ue per rivendicare le legittimità giuridico e valoriale, nonostante questa agisca richiamando la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. Si rifà in particolare all’articolo volto alla tutela della libertà di fondare istituti di istruzione nel rispetto dei principi democratici e il diritto dei genitori di assicurare l’educazione e l’insegnamento dei propri figli in conformità con le proprie convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, in conformità con le leggi nazionali che disciplinano l’esercizio di tale libertà e giusto.

Al vertice del Consiglio Europeo, il Presidente Charles Michel ha deciso di inserire il tema che ha riscosso un “polverone mediatico”, in modo da poter ottenere un faccia a faccia con Orbàn che con il suo comunicato di Governo ha come obiettivo quello di tenere sotto scacco l’Unione.

Legge contro i diritti Lgbt* -Fonte:euractiv.it

Nel trambusto dei mass media, la capitale dell’Ue ha deciso di colorarsi di arcobaleno. Il Parlamento europeo ha issato, presso gli edifici istituzionali, le bandiere simbolo della comunità Lgbt, invitando le sedi di rappresentanza nelle 27 capitali di fare lo stesso, per far fronte in modo unanime alla tutela di diritti fondamentali dell’uomo.

Giovanna Sgarlata