Parigi degli intelletti

Due amanti. Lui e lei. Vuoti, corpi miseri intrecciati, incastro perfetto.

Era Parigi, in una delle stanze sui tetti. Un piccolo appartamento polveroso, disordinato, rifletteva la casualità di quell’incontro. Due singoli a cui piaceva vincere o sapere di avere ragione. E fu una lotta senza il desiderio di distruggere l’altro.

Non era la città degli amanti, del romanticismo, dell’amore puro. Era la Parigi degli intelletti, la festa mobile cantata da Hemingway. E loro amavano di un amore narciso, a tratti egoista. Amavano sapere di essere ammirati, ascoltati.

O forse non amavano affatto, ma trovavano un senso strano di appagamento nel riempire le loro menti di strani giochi, parole combinate che loro stessi afferravano a fatica.

Lei era smarrita, distratta, tratta lontano dal mondo e da se stessa, non più messa a fuoco. Si cercava nel posto sbagliato, usando gli altri come specchio per ritrovare il riflesso che più le faceva comodo. Giocava a fare finta di sapere la direzione, ma guardava la bussola sbagliata. In lui aveva trovato il riflesso di quello che sperava di essere, ma sapeva di non essere mai stata davvero.

Tra loro non c’era mai silenzio quando erano anime. Poi diventavano corpi, muti, che si rincorrevano nel ricordo dei discorsi infiniti.

Erano in una Parigi che è stata, che non è più, sulle tracce di amori proibiti e di relazioni profondamente effimere, radicate nell’alchimia tra le menti. Non vi era amore neanche tra i più grandi… era forse una profonda ammirazione o la brama di possedere l’altro e rubare ciò che di buono c’era.

Due individui, separati, girovaghi tra la polvere dei ricordi, tendando di rincorrere o provare ad afferrare qualcosa che fugge senza sosta. Il passato, le memorie, i ricordi: denti di leone che si sgretolano appena ci si avvicina con troppa foga.

Erano solo corpi che percepivano loro stessi e che si erano trovati per caso o per fortuna in una delle stanze sui tetti. Nessuna domanda, nessun significato. Solo la Parigi degli artisti e due corpi che si cercano nei vuoti dell’opposto.

Giulia Cavallaro

Immagine in evidenza: illustrazione di Marco Castiglia

Francia, un poliziotto ha ucciso un 17enne. Parigi in rivolta

Nahel era un adolescente che lavorava come pizza-boy e giocava a rugby; frequentava un college vicino alla sua residenza, con l’obiettivo di diventare elettricista.

Non è solo un tema statunitense quello che ha portato migliaia di francesi in piazza per contestare le forze dell’ordine, dopo l’uccisione del 17enne di origini nord-africane Nahel M. La tragedia è avvenuta mercoledì mattina verso le 8 e 15, a Nanterre, un sobborgo ad ovest di Parigi. Il giovane è stato colpito da un proiettile all’altezza del cuore, sparato da un poliziotto di 38 anni, durante un controllo mentre era alla guida.

La prima versione fornita dai poliziotti parla di un colpo partito per legittima difesa, visto che Nahel stava per travolgerli con la Mercedes gialla di cui era alla guida. Questa versione è stata smentita da un video circolato molto in questi giorni, nel quale si vedono i due poliziotti impegnati in una discussione apparentemente animata con il 17enne, (visto che uno dei due gli punta un’arma da fuoco da distanza ravvicinata) e dal quale appare palese che i due non fossero nella traiettoria della macchina.

La contestazione per l’omicidio si è tramutata in violenza, in molte città francesi

Ieri pomeriggio a Nanterre si è svolta una marcia pacifica con a capo la madre di Nahel, con l’obiettivo di ottenere giustizia. Tuttavia, questo episodio ha riportato a galla il difficile e conflittuale rapporto che c’è tra le forze dell’ordine francesi e gli abitanti delle periferie, che si sentono segretati dai prosperi centri urbani del Paese. L’avvocato della madre di Nahel, Yassine Bouzrou, ai microfoni della BBC ha denunciato la presenza di un sistema giudiziario e di una legge che protegge i poliziotti e che crea una cultura di impunità. A proposito di questa legge si è pronunciato il vice segretario generale del sindacato di Unsad-police, Thierry Clair, il quale ha sottolineato che sarà un’indagine a stabilire se l’uso dell’arma da fuoco sia stato legittimo o meno:

In alcuni casi, le forze dell’ordine sono legittimate all’uso delle armi. Una scriminante è il principio di proporzionalità tra il pericolo reale e la reazione delle forze dell’ordine. La fattispecie che ha portato all’incidente, ovvero un fermo di un veicolo con il conducente che si rifiuta di collaborare con gli agenti e che parte con il mezzo, rientrerebbe tra le situazioni in cui l’uso delle armi è legittimo.

Nel frattempo, il poliziotto che ha premuto il grilletto è stato accusato di omicidio volontario e posto in detenzione provvisoria nella capitale. La scorsa notte, molte città francesi sono piombate nel caos con un totale di 667 arresti, 307 dei quali si è verificato nella regione di Parigi, dove è avvenuta la tregedia.

L’Onu: la Francia affronti il razzismo nelle forze dell’ordine

Sulla questione si è pronunciata Ravina Shamdasani, portavoce dell’ufficio dell’alto commissario delle nazioni unite per i diritti umani, che durante la regolare conferenza stampa delle Nazioni Unite a Ginevra ha sottolineato l’importanza di questo momento perchè concede l’opportunità di affrontare seriamente il problema del razzismo e della discriminazione razziale tra le forze dell’ordine. Nel frattempo, il Presidente della Repubblica francese Macron ha affermato di essere pronto ad adottare misure di polizia “senza taboo” per contrastare gli attuali disordini civili.

Giuseppe Calì

Il cinema è nato a Messina

Il cinema a Messina nacque in un epoca contemporanea alla prima proiezione cinematografica avvenuta a Parigi.

Dal febbraio del 1897 Messina fiorisce di locali cinematografici in pianta stabile e di conseguenza si fa strada un primordiale quanto efficace mezzo pubblicitario, la locandina cinematografica affissa nelle strade o nelle vetture delle imprese mobili, che raccoglieva tutte le informazioni utili per l’evento cinematografico così  affacciando la società messinese del tempo ad una nuova forma di arte.

Cinématographe Lumière. © Musèe des arts et mètiers-Cnam/photo studio Cnam.

 

Il primo cinema a pianta stabile si ha con l’apertura del Reale Cinematografo Lumière in Via S. Camillo, successivamente tra il 1905 e il 1908 si registrano la Sala Italia in Corso Vittorio Emanuele con trasferimento di sede nel periodo invernale in Piazza S. Giacomo, a seguire s’inaugura l’Edison Cinématographe  allo Chalet in Corso Vittorio Emanuele. Il Cinematografo imperiale” in via Cardines e il  Cinematografo Mignon ad opera di Ernesto Mastrojeni sino ad essere inaugurato il “Moderno” al palazzo Cianciafara e il “Cinematografo Iris”.

Nel periodo post terremoto sorgono diversi cinema tra cui: il cinema “Progresso”; l’indimenticabile cinema “Trinacria” e il cinema più frequentato da giovani e famiglie il cinema “Star” ad angolo tra la via Consolare Vecchia e via Bonino, trasformato in un supermercato. Infine l'”Eden cinema-concerto” nel quale il giovane Giovanni Rappazzo inventa il cinema sonoro.

 

Il Cinema Teatro EDEN-Messina. Fonte: Pinterest
Il Cinema Teatro EDEN-Messina. Fonte: Pinterest

 

Insomma, Messina zampilla di nuovi locali che racchiudono l’arte del cinema.

A seguire il cinema messinese è perfezionato dal Cinematografo Lumière che presenterà i suoi film in tre occasioni: al Teatro La Munizione nell’ottobre 1898, al Reale Cinematografo Lumière in Via S. Camillo nel 1898 e al Teatro di Villa Manzini nel 1905.

Preceduto dalla prima cassetta che proiettava delle immagini in movimento, il Kinetoscopio di Edison, il vero apparecchio cinematografico inaugurato a Messina fu il Kinefotografo di origine inglese registrato in una strada adiacente al Teatro Vittorio Emanuele, periodo coincidente con il Cinematografo dei fratelli Lentini. Sono questi gli anni in cui i registi utilizzano apparecchiature per riprendere scene dal vivo, come accadde per Lo sbarco dei passeggeri dal Ferry-Boat, Il convegno dei ciclisti messinesi allo Chalet.

Kinetoscopio di Edison. Fonte: occhiovolante.it

 

Fu altresì frequente la realizzazione di film a soggetto, all’indomani del terremoto del 1908,  come Dalla pietà all’amore (Il disastro di Messina). Negli anni dieci e quaranta del ‘900, Messina inaugura i film d’epoca in cui viene risaltato il magnifico paesaggio che divide lo Stretto dalla penisola e che ancora oggi incanta i cittadini e migliaia di turisti. Sono diversi i registi che includono scene dell’attraversamento dello stretto come al tempo fu la scelta di Giuseppe Tornatore in L’uomo delle stelle.

Il cinema a Messina introduce anche un’altra novità non ancora registrata sul territorio, la presenza di cinecircoli e associazioni culturali cinematografiche. Già a partire dagli anni ’30 esisteva un CineGUF interamente gestito e dedicato agli studenti universitari che diede vita anche alla produzione di documentari.

 

L’attrice Jayne Mansfield al Rassegna Internazionale del Cinema di Messina e Taormina nel ’62. Fonte: Taorminafilmfest

 

Infine, nel dopoguerra fu inaugurato il Circolo messinese del cinema che cambiò denominazione negli anni.

Ma il vero periodo aureo del cinema messinese del dopoguerra, si ebbe grazie alla vicinanza di Taormina protagonista di diverse edizioni cinematografiche con una fama che conserva ancora oggi.

Siamo così giunti ai giorni nostri in cui, grazie a questo excursus storico-cinematografico, possiamo vantare che il cinema è nato a Messina.

Sarebbe interessante organizzare una serie di eventi da “tuffo nel passato” da trascorrere nei cinema storici ancora presenti sul territorio messinese,  riproponendo un film di quegli anni.

 

Elena Zappia

Fonti:

Storia e civiltà Messina, Ed. GBM, 1997, Messina

La passione per l’arte da Messina a Parigi

Conosciamo Serena Bucalo: responsabile del Dipartimento di conservazione e gestione delle opere di Yves Saint Laurent Paris.

Sono Roberta Leone, studentessa di Scienze dell’informazione attualmente in Erasmus a Parigi. Grazie alla redazione di UniversoMe ho avuto l’opportunità di incontrare Serena Bucalo e di visitare il museo di Yves Saint Laurent.

Serena Bucalo e Roberta Leone nel museo Yves Saint Laurent di Parigi

«La costante volontà di farcela mi ha spinto e mi spinge tuttora a lavorare e dedicarmi alla mia passione: l’arte». Conosciamo così Serena Bucalo, originaria di Messina, adesso responsabile delle collezioni della sede principale di Yves Saint Laurent a Parigi.

Serena è grata alla sua famiglia che le ha permesso di sviluppare l’amore per l’arte e per la cultura sin da piccola, per aver creduto in lei ed averla supportato nei suoi sogni dandole l’opportunità di svolgere degli studi che le hanno permesso di lavorare nel mondo dei musei.

Il suo percorso inizia proprio a Messina, laureata con il titolo Operatore dei Beni Culturali presso l’Unime che le ha fornito le basi per poter intraprendere questa strada nel mondo dell’arte. Supportata dalla madre originaria di Parigi, sceglie di specializzarsi presso l’Ecole du Louvre che le dà la chiave per entrare nel mondo del lavoro.

La sua carriera inizia al Musée d’Arts Décoratifs e dal 2013 ha occupato il posto di Conservatrice alla Fondazione Giacometti, grande scultore del XX secolo. «Mi ha permesso di mettere in pratica gli studi e di organizzare delle mostre sia in Francia che all’estero».

Gold: tema della mostra attuale (Ottobre 2022 – Maggio 2023)

Con tanta perseveranza e passione nei primi di Ottobre 2022 ottiene il ruolo di responsabile delle collezioni patrimoniali della sede ufficiale della grande azienda di moda a livello internazionale situata nella storica casa di Yves Saint Laurent nel XVI arrondissement di Parigi. 

«Ho lasciato Messina all’età di 26 anni ma ancora oggi mi sento tanto italiana ed ammetto che mi mancano i momenti di fine giornata passati al mare ed il calore messinese». Proprio per questo, lavoro permettendo, coglie spesso l’occasione per tornare nella sua città e dai suoi cari.

Serena ci saluta: «Se dovessi dare un consiglio ai giovani messinesi direi loro di non perdere l’entusiasmo e di rimanere appassionati persino nei momenti difficili perché la fatica e i sacrifici prima o poi verranno premiati».

Ringrazio la dottoressa Serena Bucalo per aver mostrato la sua disponibilità per un’intervista all’interno del museo.

Roberta Leone

Paura a Parigi come nel 2015. I tre motivi che avrebbero scatenato l’ultimo attacco terroristico

La targa in memoria delle vittime di Charlie Hebdo

Un altro Charlie Hebdo

È avvenuto ieri in strada, poco prima delle 13, fuori alla sede della società di produzione televisiva Premières Lignes Television, tra Rue Nicolas Appert e Rue Gaby Sylvia, nel cuore di Parigi. Un tentato omicidio, che riaccende la paura del terrorismo in Francia. Terrificante coincidenza, che per le autorità coincidenza non è, poiché il luogo è lo stesso dell’attentato del 7 gennaio 2015 ai danni di Charlie Hebdo, la cui redazione prima aveva la propria sede proprio al civico 6, mentre la società televisiva sta al numero 10. Due uomini hanno assalito un uomo e una donna, due dipendenti di Premier Lignes, che in quel momento si trovavano fuori l’edificio, proprio davanti alla targa in memoria delle vittime dell’attentato del 2015, per una pausa dal lavoro, per fumare una sigaretta.

Uno dei fattori scatenanti potrebbe risalire al fatto che il 2 settembre Charlie Hebdo ha ripubblicato le vignette su Maometto che avevano scatenato la reazione dei seguaci di Al Qaeda cinque anni fa. Ma non solo.

“Charlie Hebdo è nuovamente minacciato da organizzazioni terroristiche. Minacce che costituiscono una vera provocazione nel mezzo del processo degli attentati del gennaio 2015. Minacce che vanno ben oltre Charlie, poiché prendono di mira anche tutti i media e persino il presidente della Repubblica.” recita un tweet del direttore Riss, il quale ha anche espresso la vicinanza di Charlie Hebdo a Premières Lignes Television.

Un 18enne il principale sospettato

Prima l’inseguimento di un diciottenne di origini pachistane, conosciuto dalla polizia per reati comuni, senza precedenti per radicalismo islamico. E’ lui il principale autore dell’attentato, poiché è stato lui a colpire le due vittime con una mannaia, poi ritrovata poco più distante, nei pressi della fermata della metro Richard Lenoir. Poi la caccia a un 33enne, fermato poco dopo. I due si erano diretti all’interno del quartiere nei pressi della Bastiglia.

La fermata della metro Richard Lenoir

L’arma usata contro le vittime

Un intero quartiere blindato. La paura per gli studenti

La polizia, la quale aveva lanciato un tweet per intimare la popolazione di non avvicinarsi alla metro, ha poi blindato l’intero quartiere accanto alla Bastiglia. Nelle ore precedenti, vicino al luogo dell’attentato era stato anche trovato un pacco sospetto che alla fine non conteneva alcun esplosivo. Migliaia di ragazzi e i bambini sono rimasti chiusi nelle scuole, mentre i genitori, in preda al panico, sono stati tenuti lontani per evitare che cercassero di andarli a prendere, fin quando non è poi cessata l’allerta.

I testimoni dell’accaduto

La Premières Lignes Television è un’agenzia di stampa e società di produzione creata nel 2006 e specializzata nel giornalismo di inchiesta televisiva. Diretta dai giornalisti Luc Hermann e Paul Moreira, la quale, tempo fa, ha prodotto un documentario sui jihadisti. I giornalisti di Première Lignes furono anche i primi a diffondere, subito dopo l’attentato del 2015, le immagini dei due killer, i fratelli Kouachi, mentre erano in fuga.
Il direttore Moreira ha dichiarato di non aver, comunque, mai ricevuto prima minacce per quella produzione sull’estremismo islamico. Quest’ultimo è anche uno dei testimoni che ha assistito alla terrificante scena dell’assalto ai suoi due dipendenti.”Sono stati colpiti davanti al palazzo della nostra sede, l’attentatore poi è scappato, non è entrato nel palazzo. – ha rivelato a BFMtv – Non è un caso, c’è il processo in corso per l’attentato a Charlie“. Altro testimone è stato un dipendente: “Due colleghi erano scesi a fumare una sigaretta fuori dal palazzo, in strada. Ho sentito delle grida e mi sono affacciato alla finestra e ho visto una di loro ricoperta di sangue, aggredita da un uomo con un machete.”.

Gli strani eventi dei giorni precedenti

Nei giorni precedenti, però, qualcosa era successo. La direttrice delle risorse umane del settimanale satirico, Marika Bret è stata costretta a lasciare la propria abitazione a causa di minacce considerate gravi. “Dieci minuti per preparare una borsa e lasciare il mio domicilio” – ha rivelato Bret – “Mi hanno spiegato che probabilmente non tornerò mai più a casa mia”.

Le autorità aprono l’inchiesta: si tratta di terrorismo. Di nuovo

Il terribile episodio avviene, tra l’altro, proprio nei giorni in cui è in corso il processo per l’attacco a Charlie Hebdo. Questo è uno dei tre motivi che hanno spinto le autorità a seguire subito la pista di attentato terroristico, a cui il procuratore Remi Heitz ha aggiunto la coincidenza del luogo e la manifesta volontà del diciottenne di uccidere due persone di cui non conosceva nulla. Aperta, quindi, l’inchiesta per “tentato omicidio in relazione a un’azione terroristica”. Attorno alle 14.30 sono arrivati sul posto il premier Jean Castex, il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, e la sindaca di Parigi, Anne Hidalgo. Una volta cessata l’allerta, dalla stessa Rue Nicolas Appert, Castex ha ribadito la “ferma volontà di lottare con tutti i mezzi contro il terrorismo”. Ricade, dunque, l’ombra del terrorismo sulla Francia. Ancora una volta la libertà di espressione, valore fondamentale dell’Occidente, è stata minacciata dall’estremismo islamico. Eppure, nonostante la paura sia tanta, in quel “Je suis Charlie Hebdo” sembra che i francesi ancora si riconoscano, a distanza di cinque anni.

 

Le autorità sul luogo dell’attentato

 

Rita Bonaccurso

 

 

Premio Nobel per la Fisica 2007 ospite dell’Ateneo: intervista ad Albert Fert

 

Stamattina l’Università di Messina ha avuto l’onore di poter ospitare il Premio Nobel per la Fisica 2007 Albert Fert. Presso l’Aula Magna del Rettorato ha tenuto una Lectio magistralis, intitolata “Il percorso dalle scienze teoriche all’innovazione ” nell’ambito del convegno “Spintronics and Robotic at Unime”. Subito dopo è stato nominato Socio onorario dall’Accademia Peloritana dei Pericolanti.

Il premio gli fu insignito in seguito alle sue ricerche nell’ambito del rapporto tra campi elettromagnetici e resistenze elettriche. Fu così che scoprì la “magnetoresistenza gigante”, il fenomeno fisico che è alla base del funzionamento degli attuali hard disk e che ha permesso al mondo dell’informatica e dell’ingegneria di passare dai mastodontici calcolatori agli attuali micro dispositivi, dai laptop agli smartphone, dalla Playstation all’iPod. Inoltre, la magnetoresistenza gigante, è alla base della spintronica, una nuova branca della fisica che sarà capace, prima di quanto si immagini, di diminuire ulteriormente le dimensioni dei dispositivi ed aumentare esponenzialmente la quantità e velocità delle informazioni.

Noi di UniVersoMe, prima della lectio magistralis, abbiamo avuto l’opportunità di fare qualche domanda con il Prof. Fert che, seppur i tempi fossero molto ristretti, si è mostrato disponibilissimo e di una simpatia contagiosa.

A volte noi studenti universitari temiamo l’ambito della ricerca, lo immaginiamo come qualcosa di troppo difficile, di accessibile solo a pochi. Cosa consiglia ai giovani che vogliono diventare ricercatori? E quali sono le qualità che un buon ricercatore dovrebbe possedere per fare la differenza?

In realtà la ricerca è più facile di quello che pensate. Anche durante un PhD potrete scoprire come semplici esperimenti ed i relativi risultati possono alla fine risolvere qualche problema e conducono a nuove strade e così via. E’ sufficiente condurre esperimenti in modo accurato e dare fiducia alla propria immaginazione. L’immaginazione è la chiave di tutto, non devi seguire una sola via, ma vederne altre dove andare.

Immagini di poter tornare indietro nel tempo e di incontrare se stesso: cosa direbbe al ventenne Albert Fert? Quali consigli?

Beh cosa potrei dirgli…<<Albert, non sei fortemente motivato per la ricerca, ma riuscirai meglio di quanto pensi!>> (ride). Non credo gli direi <<vincerai il premio Nobel!>>, ma gli consiglierei di credere di più nelle sue capacità.

Il rapporto tra l’uomo e la scienza sta diventando sempre più conflittuale giorno dopo giorno: per esempio in Italia imperversa il dibattito sull’utilità dei vaccini, in quanto gran parte dei cittadini non ha fiducia nella medicina. Secondo lei ciò costituisce un problema? Se sì, come i ricercatori possono fronteggiarlo? 

Questo rientra in un problema più generale, che è quello delle fake news. Ora, con la possibilità di una comunicazione massiva, è facile propagare idee piuttosto strane di scienza, politica, praticamente qualsiasi ambito. Se prima, per poter diffondere una notizia, bisognava sottoporla al vaglio di vari controlli sull’attendibilità, ora chiunque può dire ciò che vuole e raggiungere un gran numero di persone. Riportare un controllo su ciò che viene propagato non è un problema solo dei ricercatori, ma di tutta la società.

Leggendo la sua biografia mi ha molto colpito la varietà dei suoi interessi nati nel periodo degli studi a Parigi: l’arte, la musica jazz, la filosofia, il cinema, la letteratura…

Si si, è stato un bel periodo! (ride)

Quanto l’ambiente della Scuola Normale Superiore e quello di Parigi ha influenzato la sua vita da uomo e da ricercatore?

I miei sei anni alla Ecole Normale Supérieure, tra i 19 ed i 24 anni, sono stati molto intensi. La ricchezza della mia vita nel campus era data da un contatto costante con studenti che studiavano di tante altre discipline, dalle scienze alla filosofia appunto. Inoltre Parigi ci offriva tanti stimoli con i suoi musei, il cinema, i jazz club. Mi sono formato a 360 gradi.

Antonio Nuccio

Allah akbar : parole d’amore o di paura?

Allah akbar cioè  “Dio è grande”, fin dall’ inizio dei secoli,  sono state le parole più utilizzate per riassumere la gioia e la fede di ogni uomo che si professa credente. Paradossalmente nel ventunesimo secolo, pare abbiano assunto un diverso significato nella loro accezione comune: dall’ attentato alle torri gemelle, sino ai fatti accaduti ieri mattina in Francia, nelle ultime 2 decadi queste parole sono state spesso accostate al terrorismo.   La religione, e quindi la fede, sia essa cattolica, buddista o islamica, si basa su principi comuni di amore, fratellanza e benevolenza che difficilmente (anzi mai) vanno a ledere la sensibilità o la persona  altrui.

Francia, donna accoltella 2 persone: “Allah Akbar” (LaPresse)

Probabilmente non sarà stata dello stesso avviso la donna che ieri mattina attorno alle 10:30 ha ferito due persone in un supermercato a  Seyne-sur-Mer, nel sud della Francia. La giovane donna, vestita di nero e con addosso un velo, armata di cutter (taglierino) avrebbe ferito prima un cliente al torace e poi una cassiera vicino l’occhio. I due malcapitati sono stati ricoverati subito in ospedale e per fortuna sono fuori pericolo. La ventiquattrenne, cliente abituale del supermercato in questione, è stata immobilizzata da due impiegati. Non si è riuscito ancora a stabilire il movente di tale gesto, se di matrice terroristica o se dovuto a problemi psichiatrici. In attesa di riscontri, l’ipotesi di reato per la donna è «tentativo di omicidio e apologia di crimine a sfondo terroristico». Inoltre, come riportato dal Messaggero, quando è stata fermata dagli agenti, avrebbe chiesto ai poliziotti di ucciderla, gridando «non ho niente da perdere». Gli inquirenti parlano di un atto apparentemente isolato, anche se non si può ancora escludere che la donna sia radicalizzata.

Qualunque sia stata la motivazione, resta l’unica certezza che  da ormai troppo tempo si stia strumentalizzando oltremodo la religione per giustificare delle azioni, che con quest’ultima non hanno niente a che vedere. Purtroppo l’indottrinamento rimane una delle armi più potenti da utilizzare nei confronti delle masse, che spesso cadono nella tentazione di seguire i dogmi sbagliati. Magari la donna che ha compiuto questo gesto non fa parte di un fa gruppo terroristico, ma allora ci chiediamo: come mai ha gridato “Allah akbar”?  E soprattutto, come si può pensare di uccidere qualcuno in nome di Dio?

Tutto ciò è veramente paradossale ma quanto mai attuale; e di contro l’auspicio che ogni vero credente si augura, è quello che le parole “Dio è grande” ritornino al loro antico significato: cioè di pace ed amore e non più odio e paura.

 

Santoro Mangeruca