Usa, ultime stime Coronavirus: probabili 23 milioni di contagiati

Gli Stati Uniti affermano di star riaprendo in sicurezza e in maniera responsabile, nonostante un’impennata dei casi in alcune aree del sud del Paese.

Lo ha detto il vicepresidente americano Mike Pence, quasi un messaggio inviato a Bruxelles e all’Europa nelle ore in cui la commissione UE sta decidendo se riaprire i propri confini ai turisti americani.

Per Pence l’aumento dei casi è proporzionale al numero elevato di test condotti, tesi condivisa da Donald Trump, smentita solo in parte dagli esperti, perché le stime allarmanti di queste ore dove sarebbero in realtà 10 volte maggiori i contagi negli Usa si basano sui campioni di sangue raccolti su scala nazionale, provette che rivelano la presenza di anticorpi, come spiegato dal Cdc.

Anthony Fauci, il virologo a capo della task force organizzata della Casa Bianca, ha espresso grande preoccupazione per quello che è diventato “un grave problema”, così ha definito il boom di contagi in alcuni Stati.

Le parole arrivano, stridenti, subito dopo la tentata rassicurazione sulla situazione.

“Indossate la mascherina per non diffondere il virus”, ha ribadito con vigore l’epidemiologo Fauci, affinchè venga contrastata la diffusione del Covid.

Tutte alte sfere della Casa Bianca hanno espresso la ferma volontà che il Paese riapra e che l’economia riparta, ma tutto ruota attorno alla grave e destabilizzante possibilità che si possa propagare il virus in modo inconsapevole.

In un suo tweet Donald Trump ha fatto riferimento al tasso di mortalità come “uno dei più bassi del mondo”, richiamando il dato dei decessi da Covid in netto calo.
Il cinguettio è stato poi concluso col solito spirito provocatorio:

 La nostra economia sta ripartendo e non sarà chiusa di nuovo.

Il comunicato social di Donald Trump suona come un monito a quegli stati Usa che, travolti da un’ondata di contagi stanno cominciando a frenare sul ritorno alla normalità.

Le parole del capo della White House sono apparse subito in contrasto con le stime promulgate dal direttore del Centers for Disease Control and Prevention: per ogni caso di Coronavirus accertato ci sarebbero almeno altre dieci persone infette, questo l’allarme lanciato da Robert Redfiled, massima autorità federale in materia di salute pubblica.

Anthony Fauci, il massimo esperto ingaggiato come consulente medico gestionale dal governo americano, ha ammesso che dal punto di vista strategico qualcosa non sta funzionando.

Timore confermato del resto dai numeri usciti questo week-end che ha fatto registrare 400 mila nuovi casi e 2.500 vittime.

Le autorità sanitarie stanno dunque vagliando un nuovo approccio, quello dei “pooltesting”: fare i test su più persone contemporaneamente per individuare più rapidamente i casi di contagio e procedere con il conseguente ed immediato isolamento.

La task force guidata dal VP Mike Pence starebbe lavorando all’abolizione dell’ObamaCare, la riforma sanitaria di Barack Obama ritenuta incostituzionale, con l’amministrazione Trump che ha chiesto alla Corte Suprema americana di cancellarla. Un colpo basso con finalità elettorale, che significherebbe privare dell’assicurazione sanitaria milioni di americani in piena pandemia, quello che è stato definito come un vero e proprio “atto di incomprensibile crudeltà”.

La situazione si fa sempre più drammatica in Florida e Texas, dove sono scoppiati un boom di 9000 nuovi contagi ed oltre 16 mila casi in tre giorni nella zona texana; rimane invece critico il contesto newyorkese, con la metropoli letteralmente in ginocchio.

L’America, apparentemente grande e invincibile, soffre e combatte un nemico invisibile ed un Presidente che pare essere più interessato alle elezioni che alla salute del suo paese.

Antonio Mulone

Arriva l’app “Sicilia SiCura”: la Regione dice sì al turismo ma con la salute a portata di smartphone

La Sicilia non segue l’isola gemella sulle restrizioni per gli arrivi turistici in vista della stagione estiva e prova ripartire e rilanciarsi puntando sul tracciamento a portata di smartphone.

Abbandonata dunque l’idea, che sarebbe stata si complessa realizzazione, del passaporto sanitario per chi arriverà sull’isola.
Al passaporto è stata preferita una app da scaricare volontariamente che permetta un contatto più diretto con il sistema sanitario regionale.
Un servizio di cooperazione (su base informatica) ed ausilio per le autorità sanitarie al fine limitare la temuta seconda ondata.

Nello specifico si tratta della app “Sicilia SiCura”, che mediante un monitoraggio veloce ed efficace permetterà a chi arriva nell’isola siciliana di poter essere assistito dal personale medico dell’Unità sanitaria turistica in caso di bisogno, come ha dichiarato il presidente Nello Musumeci.

L’app sarà scaricabile gratuitamente, con poche e semplici mosse direttamente sul proprio smartphone o su qualunque device personale, da una piattaforma web dedicata messa a disposizione dalla Regione Sicilia.

Sono oltre 3.000 i download di “SiciliaSiCura” registrati dalla Regione siciliana in appena 48 ore dal lancio dell’applicazione che rientra all’interno del protocollo sicurezza, pianificato grazie al supporto della Protezione Civile.

Un sistema informatico discreto ed invisibile per i turisti, ma che garantirà serenità e tutela anche ai siciliani.

All’inizio del soggiorno turistico in Sicilia, l’applicazione invierà un SMS di promemoria per invitare l’utente, che abbia preventivamente scaricato l’app e che si sia correttamente registrato, ad informare le autorità sanitarie sul suo stato di eventuale malessere respiratorio e febbrile. 

Il funzionamento dell’app richiede l’inserimento dei dati relativi al proprio stato di salute, agli spostamenti, all’eventuale presenza di casi di Covid-19 all’interno del proprio nucleo familiare, ed alla segnalazione di sintomi o insorgenza di febbre durante la permanenza in Sicilia.

Fondamentale evidenziare la facoltatività di download dell’applicazione, già utilizzata da tutti coloro che avevano ricevuto l’obbligo di auto-quarantena una volta rientrati in Sicilia.

L’app, poi convertita dai tecnici addetti alle nuove modalità di funzionamento ed alle nuove esigenze di fruizione, stando alle prime analisi di monitoraggio ed operatività, pare funzioni bene.

I dati e le previsioni che arrivano dalla regione evidenziano che l’app Sicilia SiCura lavorerà a pieno regime dal 1° Luglio e verrà utilizzata con ogni probabilità fino alla fine di Settembre.

Non ci saranno né test né limitazioni all’ingresso dei flussi turistici, ma soltanto verifiche della temperatura corporea (attraverso i termoscanner) nelle stazione ferroviarie e negli aeroporti, come dichiarato negli ultimi giorni dal governatore siciliano Nello Musumeci.

La situazione sanitaria in Sicilia, che intanto si appresta ad accogliere turisti da tutte le parti d’Italia, continua ad essere sotto controllo; ciò chiaramente incoraggia le autorità regionali alla spinta ed alla ripresa più o meno totale delle attività e dell’economia legate al turismo isolano.

Tutti i siciliani sperano che l’estate, da sempre sinonimo di libertà, faccia tornare un po’ di normalità nel quotidiano anche e soprattutto attraverso il turismo.

Antonio  Mulone

Polemica dopo le dichiarazioni di Zangrillo: ” Il Coronavirus clinicamente non esiste più”

È aspra polemica dopo le parole del direttore della terapia intensiva del San Raffaele di Milano, Alberto Zangrillo. Il medico, intervenuto in collegamento durante un programma tv, aveva affermato che

“In realtà il virus dal punto di vista clinico non esiste più, questo lo dice l’università Vita e Salute San Raffaele, lo dice uno studio del direttore dell’Istituto di virologia Clementi, lo dice il professor Silvestri della Emory University di Atlanta”.

Parole dal peso specifico sicuramente rilevante, soprattutto in questa fase di ripresa zoppicante ed incerta, dalle quali sia il ministero della Salute che il Comitato tecnico scientifico hanno subito preso le distanze, affermando con rigore scientifico che “il virus circola ancora”.

Anche il viceministro Sileri ha commentato l’intervento, seppur in modo molto più cauto:

“Zangrillo ha detto che chi è sul campo non vede più malati gravi in terapia intensiva. Ma dobbiamo continuare a usare prudenza”

Massimo Clementi – chiamato in causa come direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia del San Raffaele e professore all’Università Vita-Salute – ha voluto però precisare che lo studio da lui coordinato avesse evidenziato il fatto che la capacità replicativa del virus a Maggio sia fortemente indebolita rispetto a quella che rilevata a Marzo nei pazienti ricoverati affetti da Covid-19.

Più che una malattia diversa, un cambiamento della carica virale che non implica necessariamente la mutazione patogena del virus.

“Possiamo dire, in base ai risultati dell’indagine e a quello che vediamo in ospedale, che è cambiata la manifestazione clinica forse anche grazie alle condizioni ambientali più favorevoli”, ha precisato Clementi.

Una tesi quella di Zangrillo subito considerata fuorviante e pericolosa dallo pneumologo Richeldi, componente del Comitato tecnico-scientifico, il quale ha accusato il direttore di diffondere messaggi che potrebbero confondere gli italiani e che non invitano alla prudenza, necessaria come non mai in questi primi giorni di ponderato rilancio.

Ha espresso durezza e dissenso anche il Presidente del Consiglio Superiore di Sanità Locatelli, che si è detto sorpreso e sconcertato per le dichiarazioni rese dal professor Zangrillo, gravi perchè provenienti da un rappresentante della comunità medico-scientifica.

Zangrillo, durante l’intervista, aveva anche sostenuto che ci sono tutte le dimostranze affinché l’Italia potesse tornare a condurre una vita normale.

Dunque secondo il direttore della terapia intensiva del San Raffaele continuare inutilmente a “terrorizzare” il Paese è da irresponsabili. Ciò non vuol dire – ha precisato- avere espresso consenso ad assembramenti e piena normalità, ma che il “terrore” promosso dalla comunità scientifica va bene solo per un determinato periodo di tempo.

E’ indubbiamente vero e rassicurante il fatto che la pressione sugli ospedali si sia drasticamente ridotta nelle ultime settimane, non va però assolutamente scordato che questo è il risultato delle decisive misure di contenimento della circolazione virale adottate con coraggio dall’Esecutivo guidato da Conte.

Confondere le idee e conseguentemente gli atteggiamenti degli italiani, potrebbe risultare rischioso per la nostra salute ed inoltre potrebbe minare gli sforzi compiuti finora.

E’ chiaro, anche a occhi non esperti, che la gestione clinica dei malati oggi è certamente facilitata dal minor numero di casi rispetto a quelli osservati nei giorni di picco e dal maggiore numero di posti di terapia intensiva.

La parola chiave rimane, dunque, prudenza, nell’attesa che la comunità scientifica produca la soluzione vaccinica.

Antonio Mulone

 

Spostamenti fra regioni dal 3 Giugno: linee guida e criticità

Il 3 Giugno è una data chiave nella calendarizzazione e nell’organizzazione della Fase 2 che prevederà, se tutto andrà bene, la riapertura dei confini tra le Regioni.

È un traguardo importante ed allo stesso tempo delicato, che allarma il governo ed i governatori delle regioni.

Il margine d’errore è davvero minimo, bisognerà arrivare preparati e con tutti i dati del monitoraggio in ordine.

I presidenti delle Regioni continuano ad esprimere preoccupazione per le riaperture, disposte dal 18 maggio, che potrebbero innalzare tragicamente la curva dei contagi.

Le linee guida per le regioni sono state approvate all’unanimità nella Conferenza della Regioni e ponderate insieme al premier Giuseppe Conte e ai ministri Roberto Speranza e Francesco Boccia.

L’obiettivo prefissato e tanto auspicato da governo e cittadini è la libera circolazione inter-regionale prevista da lunedì 3 giugno, cruciale per il rilancio dell’economia e del turismo.

In queste ore vige l’assoluto riserbo, nessun Ministro infatti si è sbilanciato nel confermare il “liberi-tutti”.

Affinché la ripresa degli spostamenti tra confini regionali possa essere ristabilita senza rischi è indispensabile che l’indice di contagio rimanga controllato e stabile in tutte le zone d’Italia, ovvero che il livello Rt – non salga sopra lo 0,8.

L’indice di trasmissibilità (RT) rappresenta il numero medio delle infezioni prodotte da ciascun individuo infetto dopo l’applicazione delle misure di contenimento della pandemia di Covid-19.

ome ha confermato il Ministro agli Affari Regionali Boccia:

Il criterio per la riapertura sarà il numero dei contagi.  Finora stiamo ottenendo risultati straordinari grazie ai sacrifici fatti dagli italiani. Noi ci auguriamo che ci sia un basso rischio in tutta Italia altrimenti sarà inevitabile prendere il tempo che serve. Mercoledì, giovedì e venerdì il ministro Speranza farà le sue valutazioni e poi ci sarà un Cdm per un’ultima valutazione sulla mobilità tra le regioni.

L’Esecutivo guidato dal Premier Conte continua a valutare l’andamento dei dati, forniti dalle aziende sanitarie, per intervenire tempestivamente ed evitare di creare squilibri importanti fra regioni.

Si rinnovano gli appelli volti ad evitare assembramenti o comunque contesti sociali che possano far nuovamente aumentare i contagi.

In relazione all’evoluzione dello scenario epidemiologico le misure prescrittive potranno essere rimodulate, anche in senso restrittivo; a comunicarlo è stato il Comitato tecnico scientifico che dovrà analizzare e valutare quanto accaduto sino ad ora, esaminare i dati relativi ai vari settori commerciali che hanno riaperto e stabilire se ci siano «correzioni» da fare.

La giornata decisiva in termini decisionali ed organizzativi sarà Venerdì 29 Maggio, quando arriveranno i dati sui contagi e sullo stato delle strutture regione per regione elaborati dal Ministero della Salute.

Tre le opzioni che Conte e i Ministri stanno vagliando: aprire su scala nazionale mediante un’azione programmatica; differenziare la riapertura fra regioni; qualora dovesse essere necessario, creare delle “zone rosse”; oppure impedire l’ingresso a chi transita da Regioni che non hanno livello di contagio pari o consentirlo solo a quelle confinanti.

L’ipotesi di consentire spostamenti  solo tra regioni con lo stesso livello di contagio (indice Rt) appare  probabilmente la più complessa da mettere in piedi.

Un puzzle complicato da incastrare se, ipotizziamo, da una regione a rischio alto o moderato, per esempio, non ci si potrà spostare in una a rischio basso.

Le criticità nel caso di una scelta del genere sono dietro l’angolo e peraltro il numero di forze dell’ordine da mettere in campo sui confini regionali per i controlli stradali in tal caso sarebbe eccessivo.

Insomma pare che la Fase 2 si stia rivelando ben più complessa, nell’approccio e nella conseguente gestione, rispetto alla Fase 1 sicuramente dura, ma facile da interpretare.
 
Antonio Mulone
 

La Sicilia riparte ma a modo suo. Tutto quello che si può fare (e non si può fare) da oggi secondo l’ordinanza regionale

La Sicilia cerca di tornare alla normalità, che mai prima d’ora, era sembrata così sconnessa dalla quotidianità.

Dalla giornata di oggi riaprono gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio, parrucchieri, barbieri, centri estetici, ristoranti, bar, pizzerie, pub, gelaterie e centri commerciali.

Ieri sera, il decreto che disciplina le modalità di riapertura non era ancora stato comunicato a Palazzo d’Orléans; il Presidente della Regione Nello Musumeci ha atteso il completamento con firma dell’ordinanza, che prevede l’apertura estesa della maggior parte delle attività commerciali sopra citate, relativa alla condizione sanitaria sufficientemente stabile dell’Isola.
“La Sicilia è pronta alla ripartenza, nella responsabilità di ognuno”, aveva comunicato, a conclusione del suo intervento serale, il Governatore siciliano.

 

La Sicilia tenta di ripartire con maggiore margine e con più rapidità.

L’obiettivo amministrativo di Musumeci è accelerare un po’ rispetto al quadro delle disposizioni nazionali, attraverso per esempio il via libera graduale ai centri commerciali: una ripartenza mediata da controlli serrati ad esempio sui parcheggi, e con lo stop agli ingressi liberi di Domenica.

E’ stata inoltre disposta la riapertura dei fiorai la Domenica, che era stata finora esclusa.

L’estensione che, più di tutte ha acceso la piazza delle polemiche, è quella relativa alla riapertura delle discoteche (effettivamente prematura e non in linea con quelle le disposizione emanate dal Dpcm), e la ripartenza di eventi e spettacoli a partire dall’8 giugno.

L’autorità di Pubblica sicurezza, ove necessaria la relativa autorizzazione, dovrà monitorare il numero dei partecipanti alla manifestazione pubblica, in rapporto proporzionale con gli spazi utilizzati e in relazione alla distanza di sicurezza interpersonale non inferiore ad un metro correlata all’obbligo di utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.

Riapertura in sicurezza di Musei e Parchi archeologici.

Prevista per il 25 maggio la riapertura in Sicilia di musei, parchi archeologici: i siti culturali più conosciuti come la Valle dei Templi di Agrigento, il Parco Archeologico di Selinunte e quello di Naxos-Taormina che comprende anche il Teatro Antico.
Si dovranno disporre tutte le misure necessarie contro il contagio da Covid-19: prenotazione elettronica per evitare assembramenti alle biglietterie, tornelli, termoscanner all’ingresso, percorsi e visite guidate.

Disposte le misure di sicurezza per i lidi balneari e obbligo di mascherina

E’ scattato il via libera per quanto concerne l’apertura di lidi, stabilimenti balneari e spiagge per l’estate 2020.
Confermata dunque la possibilità di rivedere gli ombrelloni aperti anche per la bella stagione che sta per arrivare, ma con regole ben precise e delineate.
La riapertura ufficiale (prevista nel Dpcm già da Maggio) potrà avvenire in Sicilia a partire dal 3 Giugno: gli ombrelloni che avranno a disposizione 10 metri quadrati, ovvero un distanziamento tra l’uno e l’altro di almeno 3,5 metri, tra lettini dovrà essere rispettata la distanza di almeno 1,5 metri.

In ogni luogo aperto al pubblico, anche non al chiuso, continueranno ad essere strettamente obbligatorie la mascherina o gli altri presidi di sicurezza per naso e bocca.

Estesa la fascia oraria di apertura degli esercizi commerciali.

Gli esercizi commerciali la domenica continueranno ad essere chiusi (eccezion fatta per bar, pizzerie e ristoranti) ma potranno estendere, secondo l’ordinanza di Musumeci, l’orario di apertura della propria attività fino alle 23:30 in chiara relazione ad un’accoglienza complessiva di clienti maggiore.

Per il resto valgono le regole concordate da Musumeci con gli altri presidenti delle Regioni e successivamente vagliate e condivise con il premier Giuseppe Conte.

L’impresa eccezionale è tornare ad essere normali, tentare di ridare alla quotidianità la parvenza di ordinarietà che il coronavirus, con cattiveria e sadismo invisibili, c’ha tolto.

Più che una ripartenza, per l’Italia, si attende una rinascita.

Antonio Mulone

 

Il rischio “seconda ondata” è reale, gli studi lo confermano: esclusa una riapertura totale

Abbiamo sperato di riaprire tutto. Dalle nuove indicazioni per la “fase 2” ci si attendeva delle scelte che mirassero verso una ripartenza senza mezzi termini, ma così non è stato. In molti se ne sono chiesti la ragione sottostimando, talvolta con un velo polemico, i potenziali rischi. Analizzando alcuni studi e i documenti che hanno supportato la scelta, cerchiamo di far più chiarezza su quali siano state le ragioni che hanno escluso una riapertura totale. Allo stesso tempo, cerchiamo di fornire qualche ipotesi su cosa accadrebbe prolungando il lock-down per un periodo ancora maggiore. In entrambi i casi la preoccupazione è la medesima, ed è reale: una tanto discussa e temuta “seconda ondata“.

Una seconda ondata prevista già mesi fa

Partiamo da un lavoro dell‘Imperial College di Londra, noto per essere stato lo studio che è piombato come un secchio d’acqua ghiacciato sulle teste di Boris Johnson e Donald Trump. I due leader erano orientati verso un approccio senza rigide misure di distanziamento, mirando a una sorta di “immunizzazione di massa”. Le conclusioni della previsione sono severe, e ci proiettano verso un’evoluzione ancora verosimile e che giustifica la cautela nei confronti di un’immediata ripartenza.

Previsione a 18 mesi dell'Imperial College di Londra
Fonte: Imperial College di Londra – Andamento epidemico a 18 mesi

Lo studio, che si riferisce alla popolazione britannica, ci mostra come in un periodo di diciotto mesi si potranno avere delle riattivazioni cicliche dell’epidemia. L’obiettivo è evitare una risalita troppo brusca che possa mettere in crisi gli ospedali e precludere le cure ad alcuni pazienti. Si potrà capire quando (ri)chiudere sulla base dei flussi in ingresso nei reparti di terapia intensiva, indice reale della diffusione del virus nella popolazione. Almeno finché non verranno sviluppati strumenti terapeutici in grado di dare, finalmente, una conclusione al fenomeno.

Il Comitato Tecnico Scientifico ci mette di fronte alla realtà

Un documento del CTS, emerso poco dopo la presentazione delle nuove misure di contenimento (“fase 2”), lascia spazio a pochi dubbi. Il comitato taglia corto sulla riapertura delle scuole. Infatti, “aumenterebbe in modo significativo il rischio di ottenere una nuova grande ondata epidemica con conseguenze potenzialmente molto critiche sulla tenuta del sistema sanitario nazionale”.

Il comitato analizza varie ipotesi, tra cui anche quella di una riapertura totale: manifattura, settore edile, commercio, ristorazione, settore alberghiero e togliendo i limiti ai contatti sociali, alle possibilità di spostamento e alle capacità dei mezzi di trasporto ma mantenendo le scuole chiuse e il telelavoro lì dove possibile. Saremmo comunque proiettati verso uno scenario disastroso con un picco di oltre ottantamila ricoverati in terapia intensiva orientativamente nel mese di Settembre. Ciò determinerebbe un alto numero di decessi. Riaprire le scuole e tornare integralmente al lavoro aprirebbe ad uno scenario ancor più disastroso, anch’esso analizzato nello studio. Ciò ci fa apparire più chiaro comprendere come difficilmente si potrà avere “tutto e subito”.

La soluzione sta nel tenere sotto controllo l’R0: “indice di contagiosità”

Si discute molto dell’indice R0 che rappresenta il numero di persone contagiate in media da un singolo infetto. L’obiettivo è mantenerlo a valori inferiori o comunque prossimi ad 1. Valori superiori, come si evince dalle oltre novanta simulazioni presentate nel documento, avrebbero un impatto notevole e a tratti drammatico sul sistema sanitario nazionale.

Aumento R0 in caso di riapertura scuole
Fonte: Documento del CTS- Aumento R0 in caso di riapertura delle scuole

Riaprire le scuole con l’impostazione tradizionale farebbe schizzare R0 a livelli difficilmente gestibili del SSN. Il rischio sarebbe quello di creare dei cluster epidemici familiari che potrebbero far ripartire il contagio in scala nazionale.

Effetto della riapertura di alcuni settori
Fonte: Documento del CTS – Effetto della riapertura di alcuni settori

Una delle possibili soluzioni per far ripartire le attività produttive ed evitare (nuovamente) il collasso della sanità prevede una riapertura parziale che però impone dei limiti cautelativi sull’età, con delle limitazioni nei trasporti e nella circolazione. Tutto ciò nell’ipotesi di un’efficienza di protezione (non certa secondo il comitato) da parte delle mascherine. Il governo ha di fatto seguito quest’indicazione, senza però imporre limiti sull’età.

La soluzione non è neanche restare chiusi per sempre

L’ipotesi di prolungare delle restrizioni estese fino a nuove possibilità terapeutiche sarebbe comunque insostenibile da un punto psicologico, economico e sociale. Probabilmente non sarebbe neanche la migliore soluzione da un punto di vista scientifico in quanto spegnere il lockdown richiederebbe mesi, con la possibilità di importazioni future del virus e ripartenze di focolai epidemici. In assenza di possibilità terapeutiche risolutive, che sono promettenti ma non certe, riaprire anche a distanza di un anno potrebbe causare una riattivazione dell’epidemia.

Andamento dell'epidemia con l'attuale contenimento
Fonte: Nature Medicine, Giulia Giordano et al. – Sarebbero necessari mesi per azzerare i positivi attivi

Un recente articolo italiano pubblicato su Nature Medicine, prestigiosa rivista del settore, prevede un modello in cui l’azzeramento dei casi nel nostro Paese non si verificherebbe prima di quasi un anno dall’inizio dell’epidemia. L’articolo prevede, allo stesso tempo, che un prematuro allentamento delle restrizioni con valori di R0 vicini ad 1 condurrebbe a decine di migliaia di morti entro la fine dell’anno.

Chiudere quando serve, chiudere quanto basta

Come afferma l’autrice dello studio in realtà, non abbiamo solo il lockdown come possibile contromisura. Un’altra potrebbe essere quella di effettuare test sierologici e tamponi a tappeto sull’intera popolazione e un tracciamento accurato dei contatti, in modo da poter isolare qualunque focolaio emergente dal principio. Isolare infetti, fornire cure e arrestare la diffusione.

Questa considerazione riassume le intenzioni emerse dalle dichiarazioni del governo. Attento tracciamento dei contagi, tamponi e test sierologici sulla popolazione, zone rosse isolate se superati certi valori soglia critici che presto dovrebbero essere resi noti.

Di fronte ad una situazione senza precedenti le considerazioni e le valutazioni degli esperti rendono chiaro come una riapertura totale sia, al momento, soltanto uno slogan che mira al consenso popolare piuttosto che alla salute pubblica. Fidiamoci di cosa ci viene suggerito e non cediamo facilmente ad ipotesi che, per quanto desiderabili, potrebbero essere potenzialmente disastrose.

Antonino Micari

Il 4 maggio il via alla fase due: distanza sociale e graduale ripartenza

Forza, coraggio, metodo e rigore.

Sono queste le parole-chiave con le quali il Presidente del Consiglio Conte ha esordito nella conferenza stampa di ieri sera convocata per l’annuncio del nuovo attesissimo Dpcm.

Rivolgendosi, come forse mai aveva fatto direttamente ai cittadini, il Premier ha esposto le misure, le disposizioni e le prescrizioni relative alla «fase 2» dell’emergenza coronavirus, la fase della convivenza con il nemico invisibile.

Evitare il rischio (scellerato e che non possiamo permetterci) che arrivi una seconda ondata di contagi: questo il “claim” fondamentale che ha attraversato in parallelo tutto il discorso trasmesso in diretta nazionale.

Conte ha ribadito la stringente necessità di rispettare le precauzioni, anche nelle relazioni con i propri familiari.
L’unico modo responsabile ed efficace per convivere con il virus è di mantenere la distanza sociale almeno un metro: «se vuoi bene all’Italia devi evitare la diffusione del contagio».

Le diposizioni del nuovo Dpcm per la Fase 2 saranno valide dal 4 al 17 maggio 2020; alle imprese che potranno riaprire verrà permessa la ripartenza mediante attività propedeutiche a partire dal 27 aprile.

Sarà possibile spostarsi, all’interno della propria regione, anche per visitare i propri familiari, nel rispetto delle distanze e con l’utilizzo delle mascherine. Resta in vigore l’autocertificazione.

E’ consentito tornare alla propria residenza, fare sport lontano da casa purché si rispetti la distanza di due metri.

Non sarà però ancora possibile spostarsi in altre regioni, eccezion fatta per urgenti motivi di salute o di lavoro.

Graduale ed appannata ripartenza anche per il settore della ristorazione, dove sarà aggiunta alle attività di servizio a domicilio anche la possibilità  di asporto.

Dal 4 Maggio, inoltre, potranno riaprire parchi e giardini pubblici (nel consueto rispetto della distanza di sicurezza); si potranno celebrare funerali con la partecipazione di non più di 15 persone (dotate dei presidi di sicurezza).

Confermato con rigore il divieto assoluto per tutte le modalità di assembramento in luoghi pubblici e privati.

 

Per la vendita al dettaglio ed i luoghi di cultura (musei, istituti d’arte) dovremo pazientare fino al 18 maggio.

Più dure e rigorose le misure prescrittive per le attività che si prestano naturalmente allo sviluppo di dinamiche di relazione sociale come bar, esercizi commerciali legati alla ristorazione e centri estetici potranno tornare ad essere frequentati dal 1 giugno.

Quanto alle scuole, Conte ha spiegato che tenere chiuse le scuole significa seguire con rigore e lungimiranza le indicazioni scientifiche degli esperti; riaprire irresponsabilmente gli istituti scolastici ed universitari comporterebbe una potenziale nuova esplosione di contagi, che rischierebbe di vanificare gli sforzi ed i sacrifici prodotti dagli italiani.

Il presidente del Consiglio ha dedicato un passaggio del suo discorso anche al tema caldissimo dell’Unione Europea.

Conte ha parlato del Recovery Fund come di un risultato storico, che adesso va traslato in termini di lavoro tecnico, affinché si eviti che questo strumento si trasformi in una macchina crea-debito.

L’arma della ragionevolezza, della pacatezza lucida e della lungimiranza pare stia iniziando a dare i suoi frutti nel contesto delle trattative europee.

Seguiranno sicuramente settimane difficili ma che, se affrontate con responsabilità e senso civico, potrebbero rivelarsi decisive nella prospettiva di una lenta e difficile guerra al coronavirus che pare, purtroppo, solo all’inizio.

Antonio Mulone

Estate e Covid-19: il caldo rallenterà la pandemia?

Gli studiosi si sono posti un importante quesito riguardante il Covid 19, cioè se l’estate, per via delle alte temperature, possa essere utile nel contenere e rallentare la pandemia.

Non esiste ancora una risposta chiara, ma un’analisi del “Massachusetts Institute of Technology” suggerisce che la trasmissione del SARS-CoV-2 possa ridursi in modo non indifferente nei Paesi con il clima più mite.

Amante del freddo?

Gli studi del MIT hanno evidenziato che in un periodo compreso tra il 22 gennaio 2020 e il 21 marzo 2020 il 90% dei contagi di COVID-19 sarebbe avvenuto in un range specifico di temperatura compreso tra i 3 e i 17 °C, e a un livello di umidità assoluta tra i 4 e i 9 g/m³.

Il numero di casi dei positivi erano inferiori tra 0° e 30° latitudine Nord rispetto al numero dei casi registrati tra 30° e 50° latitudine Nord.

Si possono elencare varie ipotesi per spiegare questo minor numero di casi registrati nei paesi più caldi, alcune esulano dal semplice aspetto climatico come ad esempio il minor numero di tamponi eseguiti per valutare l’aumento del 2019-nCoV. Difatti il numero dei tamponi effettuati nei paesi tropicali con un’elevata densità demografica (India, Brasile, Indonesia etc.) sono stati molto bassi ed è presumibile che la differenza di casi tra i paesi del Nord e quelli del Sud possa essere proprio legato a questo.

Un’altra potrebbe riguardare il notevole sviluppo di infrastrutture sanitarie e validi protocolli di quarantena successivi all’epidemia SARS del 2003 a Hong Kong, Singapore e Taiwan e questo può aver contribuito a contenere l’aumento del virus in questi paesi.

Altre ipotesi però sostengono che il basso numero di casi fino ad ora registrati nei paesi ad alta densità popolare tra 0°N e 30°N (con una popolazione totale di circa 3 miliardi di persone) possa essere realmente causato da fattori naturali e che la trasmissione virale sia quindi più bassa ad alte umidità e alte temperature; difatti la maggior parte dei paesi tra 0°N e 30°N hanno climi temperati e umidi.

Uno studio pubblicato da un team guidato da ricercatori dell’Università di Beihang in Cina, ha evidenziato che le alte temperature ed elevata umidità riducevano la trasmissione del COVID-19 entrambe con un livello di significatività statistica dell’1%. Questa scoperta va di pari passo con l’evidenza che le alte temperature e l’alta umidità riducano la trasmissione dell’influenza, e ciò può essere spiegato con due possibili motivi:

  1. Il virus dell’influenza è più stabile alle basse temperature, e le droplets, come contenitori del virus, rimangono infettive più a lungo nell’aria secca.
  2. Il clima freddo e secco può anche indebolire le proprie difese immunitarie e rendere le persone più suscettibili al virus.

Queste osservazioni possono anche essere applicate alla trasmissione del COVID-19 e sono anche avvalorate dal fatto che l’alta temperatura e umidità hanno ridotto anche la diffusione della SARS.

Previsioni matematiche

Nello stesso studio, secondo il modello osservato in Cina, i ricercatori hanno creato due cartine che mostrano la diffusione del virus nel mondo a marzo e la previsione (su stima solo matematica) di come sarebbe a luglio se considerassimo che il virus seguisse la variabile clima nel modo ipotizzato.

Cautele su più fronti

Nessuno di questi articoli ha ricevuto una revisione scientifica cosiddetta “da pari” e le correlazioni tra diffusione e condizioni climatiche potrebbero essere dovute a variabili di altro tipo: ad esempio le risposte dei governi, le linee di contagio, la mancanza di test da sottoporre alla popolazione.

In un recente post, Marc Lipsitch, direttore del Center for Communicable Disease Dynamics presso la Harvard School of Public Health, ha fatto eco a questa analisi: «Anche se possiamo aspettarci modesti ribassi nella contagiosità di SARS-CoV-2 in condizioni climatiche più calde e umide, non è ragionevole aspettarsi che questi ribassi da soli rallentino la trasmissione abbastanza da creare l’abbassamento della curva». Anche gli scienziati inoltre sottolineano che tra l’11 e il 19 marzo si è osservato un aumento del numero di casi in regioni con temperatura> 18 ° C di almeno 10mila persone.

Non vi sono quindi chiare evidenze scientifiche, ma si tratta di ipotesi basate su diverse osservazioni. In ogni caso per l’emisfero settentrionale la strada da percorrere non cambia: isolamento e distanziamento sociale più la chiusura quasi totale, misure che sembrano funzionare al di là delle bizze del tempo. Peraltro non potremmo – noi in Italia – permetterci di non agire per aspettare l’estate. La buona notizia è che se il clima contasse, anche la natura sarà a nostro favore nei prossimi mesi.

Carlo Reina

Bibliografia

https://arxiv.org/ftp/arxiv/papers/2003/2003.05003.pdf

https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3556998

 

Coronavirus: le previsioni del contagio zero regione per regione

Le ultime stime prevedono che l’azzeramento della curva epidemiologica dei contagi dal Coronavirus si verificherà non prima di fine Giugno.

Le regioni del Centro-Nord, nelle quali la tragica diffusione del Covid-19 è scoppiata prima, saranno probabilmente le ultime ad uscire dalla situazione pandemica di emergenza.

Secondo le previsioni dell’Osservatorio sulla salute, le prime regioni orientate verso la fase 2 ( la fase di convivenza col virus) potrebbero essere Basilicata e Umbria il 21 aprile; il Lazio dovrà attendere almeno il 12 maggio; Veneto e Piemonte il 21 maggio; Emilia Romagna e Toscana non prima della fine di maggio, mentre il Sud Italia potrà procedere con le nuove misure previste dalla fase 2 tra la fine di aprile e l’inizio di maggio.

La mappa delle proiezioni (elaborata dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, coordinato da Walter Ricciardi direttore dell’Osservatorio e consulente del Governo per questa fase di emergenza, e da Alessandro Solipaca direttore scientifico dell’Osservatorio) ha evidenziato che l’uscita dell’emergenza Covid-19 in Italia potrebbe avere tempistiche diverse nelle regioni in relazione ai territori più o meno esposti alla potenza del contagio epidemico.

Pare dunque fondamentale in questo momento di pianificazione e successivo sviluppo della fase 2,  fornire valutazioni concrete ed aggiornate sulla gradualità e sull’evoluzione della curva epidemiologica, affinchè si possano supportare con adeguati riferimenti scientifico-medici le scelte politiche, che nelle prossime settimane, saranno più decisive che mai.

L’obiettivo che l’Esecutivo si è posto non è individuare la data esatta, bensì la data prima della quale è inverosimile prevedere l’azzeramento dei nuovi contagi.

Il processo di indagine ed analisi è stato prodotto dal coordinamento con i dati che la Protezione Civile quotidianamente mette a disposizione.

I modelli statistici stimati per ogni regione fanno riferimento ad un fenomeno (non lineare) di probabile regresso in correlazione all’andamento dei nuovi casi osservati nel tempo.

Chiaramente, come evidenziato dagli specialisti, l’attendibilità e la conseguente precisione delle proiezioni previsionali è fortemente influenzata dalla corretta rilevazione dei nuovi contagi.

Il pericolo dietro l’angolo è che questi dati potrebbero essere sottostimati a causa dei casi da contagio asintomatico o dal numero insufficiente di tamponi effettuati.

Come accade spesso in questi contesti di incertezza, quando tutto poggia su previsioni variabili che dipendono da diversi fattori, c’è chi nell’ambiente scientifico non concorda sulle stime e prevede che il coronavirus continuerà a circolare anche se in basse intensità.

Si potrebbe dunque non avere mai effettivamente zero contagiati poiché il virus, sebbene in maniera contenuta, continuerà a circolare anche durante il periodo estivo.

Precarietà e surrealtà continuano a caratterizzare questa primavera, che sa di tutto fuorchè di libertà.

Ci attendono le ultime settimane di profondo sacrificio e di grande responsabilità, unici strumenti concreti nella battaglia la nemico invisibile. 

Antonio Mulone

Coronavirus: quali attività riaprono e cosa si potrà fare da oggi in Sicilia

Il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci ha emanato una nuova ordinanza, entrata in vigore dalla mezzanotte di ieri e disposta fino al 3 maggio, che di fatto proroga in Sicilia le misure restrittive più stringenti.
Recepite ed accolte le disposizioni previste dall’ultimo Dpcm, emanato dal Premier Conte nella solita conferenza stampa serale sull’emergenza Coronavirus.

E’ prevista dunque la riapertura di cartolibrerie, librerie, e negozi di abbigliamento per neonati e bambini.

Il Governatore della Sicilia ha poi confermato con fermezza: la chiusura dei negozi di generi alimentari la Domenica e nei giorni festivi (come del resto è avvenuto per Pasqua e pasquetta), il divieto di attività motoria e delle ormai famose passeggiate con  figli anche nelle vicinanze della propria abitazione.

Ribadito anche “l’obbligo elastico” dell’uso della mascherina, che nei giorni scorsi aveva fatto sì che si alzasse il solito polverone di polemiche.

Piccola postilla per quanto riguarda i servizi di consegna a domicilio, vietati anche la Domenica e nei giorni festivi, ad eccezione di farmaci, prodotti editoriali (quotidiani, magazine, riviste), e combustibili d’uso domestico.

Negli esercizi commerciali di vendita e distribuzione di generi alimentari (anche all’aperto) gli operatori sono tenuti all’uso della mascherina, all’utilizzo di guanti protettivi monouso o, in alternativa, al frequente lavaggio delle mani con detergente disinfettante.

Evidenziato, con rigore e chiarezza per l’ennesima volta, il tema del numero possibile di uscite per l’approvvigionamento di prodotti di prima necessità, che ad eccezione di quello per i farmaci, viene limitato ad una sola volta al giorno e ad un solo componente del nucleo familiare.

L’ultimo Dpmc del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, comunicato il 10 Aprile, l’esecutivo ha deciso con ponderazione di ampliare la lista delle attività produttive consentite inserendo: l’uso delle aree forestali e la silvicoltura, la fabbricazione dei computer, la cura e la manutenzione del paesaggio, le opere idrauliche, il commercio all’ingrosso di carta e cartone.

Tutte queste attività produttive saranno consentite anche in Sicilia.

Per i negozi, gli esercizi e le attività produttive che hanno riaperto nella giornata di oggi, vi sono delle regole fondamentali da seguire: il distanziamento (minimo 1 metro), la pulizia degli ambienti lavorativi due volte al giorno con un’attenzione particolare al ricambio d’aria, la disponibilità e l’accessibilità ai disinfettanti per le mani, mascherine obbligatorie nei luoghi o negli ambienti chiusi e all’interno dei quali non può essere garantito il distanziamento.

Gli accessi nei negozi andranno organizzati secondo le seguenti modalità: ampliamenti delle fasce orarie, per locali fino a quaranta metri quadrati si potrà accedere una persona alla volta, per i locali di dimensioni superiori l’accesso è regolamentato in relazione agli spazi disponibili ed alle possibilità di percorsi di entrata e uscita differenti.

Importante, affinchè venga garantito il distanziamento dei clienti in attesa di entrata, che le suddette informazioni vengano comunicate proprio all’ingresso dei negozi.

Ci attendono, probabilmente, le settimane più impegnative e decisive nella lotta al nemico invisibile; se saremo responsabili e coesi potremo dapprima convivere ed in seguito sconfiggere il virus.

Antonio Mulone