Monica Vitti e “L’avventura” messinese

Attrice poliedrica ed estremamente espressiva, Monica Vitti viene oggi ricordata tra le più grandi icone del cinema italiano. La sua innata versatilità le permise di vestire i panni di attrice comica con grande naturalezza e allo stesso tempo di esprimere l’inquietudine e il male di vivere della donna dell’epoca moderna nei prodotti cinematografici dei primi anni Sessanta, riscontrando in entrambi i casi un incredibile successo (Qui un approfondimento su alcuni ruoli da lei interpretati). La passione per la recitazione risale alla sua infanzia e, più precisamente, al periodo trascorso nella città di Messina, quando ai giochi ordinari e alle bambole la piccola Monica preferiva semplicemente “giocare ad essere un’altra”.

Il legame con la città di Messina

Monica Vitti, pseudonimo di Maria Luisa Ceciarelli, nacque a Roma il 3 novembre 1931.

Nel 1932 il padre Angelo Ceciarelli venne trasferito in qualità di ispettore del Commercio Estero nella città di Messina, dove si recò insieme alla moglie Adele Vittiglia e i figli Franco, Giorgio e Maria Luisa. La famiglia Ceciarelli trascorse otto anni nella città peloritana, in cui Monica passò parte della sua infanzia. I ricordi legati alla città di Messina rimasero particolarmente impressi nella memoria dell’attrice, che diede al suo primo libro autobiografico il titolo “Sette sottane”, in riferimento al curioso soprannome che le era stato affibbiato dai familiari.

Da piccola mi chiamavano “sette sottane”, perché in Sicilia, dove vivevamo noi, non c’era il riscaldamento d’inverno e mia madre mi copriva di maglie, magliette, sottanine, vestitini e grembiulini. Non mi davano noia, anzi, ne ero orgogliosa e quando veniva qualcuno a trovarci dicevo: “Vede, io ho sette sottane: una, due, tre, quattro…” mia madre non mi faceva mai arrivare alla settima perché diceva che era una vergogna tirarsi su le gonnelline. 

Fu in questi anni che nacque la sua passione per la recitazione.

Il primo spettacolo ebbe luogo tra la finestra e la tenda della camera da letto, davanti a un pubblico di sei o sette bambini seduti a terra e pronti ad assistere alle scenette create dal fratello Giorgio. A queste seguiva l’esibizione di Monica, che recitava appassionate poesie inventate o intonava canzoni tristi accompagnate da pianti drammatici.

La partenza

Quando scoppiò la guerra si supponeva che gli americani sbarcassero in Sicilia, così il padre decise di trasferire l’intera famiglia a Napoli. Maria Luisa aveva solo otto anni, ma comprese ben presto l’essenza della guerra e la portata delle sue conseguenze:

Capii subito che la guerra era una brutta cosa: obbligava le persone a fare ciò che non volevano, a scappare, a nascondersi, a combattere. Io volevo solo sapere se dove dovevamo andare c’era il mare. Nessuno aveva tempo per rispondermi.

La bambina dovette dire addio ai luoghi e alle persone a lei più cari, tra cui un bambino biondo di nove anni con cui aveva stretto un profondo legame. Prima della partenza i due si salutarono per l’ultima volta di fronte a una fontana, stringendosi le mani nell’acqua e promettendo di mantenere vivo il ricordo l’uno dell’altra, in modo da rivedersi una volta finita la guerra.

 

Locandina del film “L’avventura” (1960). Fonte: flickr.com

L’avventura ne “L’avventura”

Da Napoli la famiglia si trasferì a Roma, dove la giovane Monica Vitti ritrovò la grande passione per la recitazione. Nonostante l’opposizione della madre, preoccupata per via della “polvere da palcoscenico che corrode anima e corpo”, Monica venne ammessa all’Accademia d’arte drammatica. Molti anni dopo la sua partenza da Messina, l’incontro con il regista Michelangelo Antonioni le permise di fare ritorno nella città e realizzare così il suo più grande sogno, negli stessi luoghi in cui aveva avuto inizio.

Nella “Trilogia dell’incompatibilità” l’attrice interpreta dei ruoli chiave in una serie di film che scavano a fondo nelle paure dell’uomo “moderno”, con l’obiettivo di rappresentare sul grande schermo il disagio esistenziale della società borghese italiana.

Nel primo film della serie, “L’avventura” (1960), la Vitti interpreta Claudia, una ragazza di buona famiglia in gita alle isole Eolie. Il lungometraggio vinse il Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes, ma la stessa Monica Vitti ne definì la produzione “l’avventura ne L’avventura”, per via delle difficoltà riscontrate nel corso della realizzazione. Durante le riprese sull’Isola di Panarea infatti, i collegamenti del battello con la Sicilia subirono un’interruzione a causa delle trombe d’aria,  gli attori si ritrovarono bloccati più notti sullo scoglio di Lisca Bianca, senza coperte e senza cibo, come dei veri e propri naufraghi.

 

Isola di Panarea. Fonte: commons.wikimedia.org

 

Lo scorrere del tempo non ha dissolto il legame tra Monica Vitti e la città dello Stretto. I meravigliosi ricordi relativi ai luoghi della sua infanzia rimasero vividi nella memoria dell’attrice fino ai suoi ultimi giorni.

Prima di dormire, ancora oggi mi tornano in mente la lunga spiaggia bianca di Messina, completamente vuota, le ondine dolci che lasciano il segno sulla riva e l’unico ombrellone, dove mia madre vestita di bianco, con un grande leggero cappello di paglia, si riparava dal sole.

Santa Talia

 

Bibliografia:

Monica Vitti, Sette sottane – un’autobiografia involontaria,Milano, Sperling & Kupfer Editori, 1993.

Cristina Borsatti, Monica Vitti, Giunti Editore, 2022.

 

La realtà oltre il turismo: l’altra faccia delle Isole Eolie pt.1

Le Isole Eolie sono tra le mete più frequentate d’estate dai turisti siciliani e non solo. In molti ne conoscono i luoghi più famosi e le bellissime spiagge, ma in pochi sanno invece quanto l’intero arcipelago sia la culla di miti e storie di epoche passate, un’unione perfetta tra realtà e fantasia che rende questi luoghi quasi magici e fuori dal tempo.

Dal punto di vista mitologico sono strettamente legate al dio Eolo, che si pensava dimorasse in questo territorio con lo scopo di controllare i venti.

Qual è invece la storia delle singole isole, tanto simili tra loro e allo stesso tempo profondamente differenti?

Vulcano

La prima isola, la più vicina alla costa tirrenica siciliana, è Vulcano. L’isola si pensava fosse consacrata al dio greco Efesto (Vulcano per i romani), dio del fuoco, che insieme ai Ciclopi forgiava lì le armi per gli déi. Ancora oggi l’isola rimane palpitante di vita: sebbene l’ultima eruzione sia avvenuta intorno al 1900, il Vulcano non smette di manifestare la sua vitalità, attraverso i fenomeni delle fumarole che emettono principalmente zolfo e la presenza di fanghi sulfurei, anch’essi famosissimi e frequentatissimi dai turisti.

 

Fumarole di Vulcano. Fonte: guidasicilia.it

La storia dell’isola è invece strettamente legata all’estrazione di zolfo e all’attività mineraria, diventata una vera e propria industria con i Borboni. Durante la prima metà dell’ottocento, Vulcano divenne di proprietà dell’inglese Stevenson, che continuò l’attività mineraria e piantò i primi vigneti, per poi abbandonarla a seguito di una pericolosa eruzione.

L’isola è oggi famosa per la sua Spiaggia delle Sabbie Nere, di origine vulcanica, ma luoghi di particolare interesse sono anche il cratere del vulcano (Gran Cratere) e la Valle dei Mostri, con le sue particolari rocce, le cui forme ricordano animali e creature mitologiche. Da non perdere sono anche la Piscina di Venere, dove si pensava la dea fosse solita fare il bagno, e le varie grotte tra cui la Grotta del Cavallo, così chiamata perché un masso all’estremità sembra ricordare la testa di un cavallo.

 

Grotta del Cavallo. Fonte: mapio.net

Lipari

L’isola di Lipari è il risultato di secoli di conquiste e dominazioni. Si racconta sia stata conquistata prima della guerra di Troia da Liparo, un re italico da cui deriva il nome dell’isola stessa. Le prime popolazioni giunte alle Eolie risalgono invece alla Preistoria: attratte dalla presenza di ossidiana, roccia vulcanica vetrosa utilizzata per la realizzazione di vari oggetti, si stabilirono a Lipari e nelle altre isole dando vita qui a villaggi preistorici ancora presenti.

Conquistata poi da greci, cartaginesi e infine romani, vide la presenza di bizantini e arabi e, dopo un periodo buio per l’isola, con l’arrivo dei Normanni iniziò un’era di tranquillità, che coincise con il ritorno del cristianesimo e con la costruzione di un monastero benedettino dedicato a S. Bartolomeo. Nel 1091 Lipari divenne feudo del monastero e l’abate, per tentare di ripopolare l’arcipelago, decise di donare le terre alla gente che le coltivava.

Testimone di questa lunga e controversa storia di dominazioni e centro dell’attività isolana è il Castello di Lipari, una fortezza che si erge a 50 m sul mare, circondato da una cinta muraria risalente alla metà del Cinquecento, precisamente a quando il re di Napoli, Carlo V, la fece costruire dopo che l’isola venne ridotta in schiavitù dal pirata Barbarossa.

 

Il Castello di Lipari. Fonte: isoleeolie.me.it

 

Tra i luoghi più interessanti dell’isola troviamo inoltre le montagne di pietra pomice, altro minerale presente nell’isola oltre all’ossidiana, e le spiagge bianche, famose per le rocce di colore analogo. Il Belvedere di Quattrocchi è invece il punto panoramico più suggestivo dell’isola, per osservare i faraglioni e l’isola di Vulcano.

 

Le spiagge bianche di Lipari. Fonte: isoleeolie.me.it

Panarea

La storia di Panarea è strettamente legata a quella di Lipari. Risalgono all’età del bronzo i primi insediamenti: possiamo notare ancora oggi il piccolo villaggio preistorico di Capo Milazzese, in cui sono state rinvenute 23 capanne di forma ovale e una quadrangolare, probabilmente adibita a luogo di culto. L’isola vide poi il susseguirsi di varie dominazioni tra cui quella romana: a testimonianza di ciò troviamo sull’isolotto di Basiluzzo i resti di pavimenti a mosaici e intonaci colorati appartenenti ad una villa romana.

 

Capo Milazzese. Fonte: loveolie.com

 

Il turismo a Panarea è invece un fenomeno recente e forse dovuto alla realizzazione nel cinema di film che vedono l’isola e la sua natura protagoniste indiscusse e che hanno affascinato e attratto moltissimi visitatori. Tra questi abbiamo ad esempio L’Avventura, di Michelangelo Antonioni.

Luogo di particolare interesse è poi la contrada di San Pietro, centro dell’attività isolana e in cui troviamo la famosa chiesetta che testimonia la devozione del popolo al suo santo patrono e da cui parte, nei giorni del 28 e 29 giugno, la processione di San Pietro e dei pescatori.

Particolarmente suggestiva è poi la baia di Cala Junto, poco distante da Capo Milazzese, che con le sue acque verde smeraldo, turchese e blu intenso è ancora oggi una delle spiagge più amate dell’isola e dell’intero arcipelago.

 

La baia di Cala Junco. Fonte: siviaggia.it

 

Nel 2000 le Isole Eolie sono state definite Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, come riserva della biosfera e patrimonio culturale. Visitare questi luoghi significa perdersi in secoli di storia, in una cultura isolana unica nel suo genere ancora fortemente sentita dagli abitanti e nella quale i visitatori non possono fare a meno di immergersi.

Cristina Lucà