#Ottobrerosa: la realtà del Policlinico attraverso le parole del Prof. Altavilla

A conclusione del mese della prevenzione e della campagna #Ottobrerosa, abbiamo avuto il piacere di intervistare il professore Giuseppe Altavilla, docente di Oncologia Medica e direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oncologia Medica con Hospice del Policlinico Universitario “G. Martino”.

Partiamo proprio dal concept di #Ottobrerosa inteso come mese di prevenzione e screening per il tumore al seno. Quante donne si sottopongono autonomamente a test di screening e giungono poi alla sua osservazione?

Facciamo una premessa di massima: per screening intendiamo uno strumento che lo Stato offre ad una popolazione a rischio per una determinata malattia ad alto impatto sociale ed è effettuato con metodologie che devono essere efficaci e diffuse. Il cancro della mammella rientra sicuramente tra queste patologie. Tenete presente che nel 2020, secondo “I Numeri del Cancro”  si aspettano circa 56 mila nuove diagnosi con 123000 decessi: l’impatto epidemiologico è particolarmente elevato. Fare quindi uno screening significa guidare la popolazione a maggior rischio di incidenza di cancro della mammella, individuata in questo momento nelle donne tra i 50 e i 69 anni, a fare un accertamento che oggi è rappresentato dalla mammografia. Questo è l’unico esame di screening realmente valido per cercare di detectare delle neoplasie che siano ancora inapparenti.

Fatta questa premessa, diciamo che lo screening è un’attività di pertinenza dell’ASP; questa infatti segue una politica di screening: manda delle lettere d’invito alle donne e da degli appuntamenti per fare una mammografia. C’è da aggiungere anche che in Sicilia, la campagna di screening è attualmente inefficace perché la percentuale di donne che si sottopone all’esame diagnostico è inferiore a quella necessaria affinché lo screening sia funzionale nel ridurre la mortalità.

Da noi (come ospedale e centro specialistico) vengono a fare dell’altro. Abbiamo un ambulatorio di senologia che visita circa 20-25 pazienti al giorno dove giungono anche donne a fare prevenzione e che non hanno alcuna patologia, ma è una cosa diversa dallo screening. La verità è che se ci fosse uno screening realmente efficace nelle nostre zone, noi non avremmo l’evidenza in clinica di tumori di una certa dimensione, li avremmo molto più piccoli, mentre purtroppo continuano a venire da noi donne che spesso hanno tumori di dimensioni maggiori di 2 cm, che a quel punto diagnostichiamo noi.

Reparto di Oncologia Policlinico G. Martino, 2014 – © Serena Piraino

Ci riagganciamo subito al discorso della diagnosi dei tumori in una fase avanzata. Pensa che l’equilibrio, per certi aspetti già precario in Sicilia, possa ulteriormente essere aggravato dalla pandemia in atto?

Assolutamente si, perché le campagne di screening sono state arrestate ad un certo punto di questa emergenza mondiale. La frequenza di visite nei nostri ambulatori si è notevolmente ridotta proprio per paura di questo virus: coloro che si rivolgevano a noi per un certo dubbio diagnostico in questo momento stentano a venire. Questo purtroppo è un dato che si è registrato in tutta la nazione e che pagheremo nei prossimi anni: ci aspettiamo molte più diagnosi di tumori in fase avanzata e non soltanto alla mammella. Il 2020 sarà un anno che inciderà negativamente nella prognosi dei pazienti oncologici.

In questo momento cosa consiglierebbe ad una donna che vorrebbe fare uno screening o una visita senologica: cosa e come può fare?

Quello che posso dire è che gli sforzi che stiamo facendo al Policlinico per mantenere in sicurezza le strutture ci impegnano in maniera continua. Vogliamo mantenere questo stato di sicurezza che dovrebbe tranquillizzare tutte le donne.  Ad esempio stiamo distanziando le visite, cercando di organizzarle in modo da non avere le sale d’attesa affollate. Di certo questo comporta una dilatazione dei tempi e un un notevole sacrificio per il reparto, però lo stiamo facendo per dare una garanzia e un segnale forte.

È necessario che si capisca che di Covid si sta morendo e speriamo che il vaccino arrivi presto e tutto si cominci a risollevare. Ma purtroppo le malattie oncologiche e cardiovascolari, entrambe trascurate quest’anno, avranno ripercussioni notevoli nei prossimi anni.

Quindi bisognerebbe cercare di informarsi sulla presenza di strutture che possono garantire nel migliore dei modi la mancanza di contagio e frequentarle rispettando le regole che le strutture si sono imposte e impongono ai pazienti.

Reparto di Oncologia Policlinico G. Martino, 2014 – © Serena Piraino

Come è cambiata la percezione del tumore alla mammella nel corso degli anni a livello di consapevolezza?

Non possiamo impedire a priori che la noxa patogena causi la cancerogenesi nella cellula tumorale, ma possiamo prevenire andando ad individuare la patologia quando questa non è ancora in una forma avanzata, quindi la consapevolezza è tuttoOnestamente devo dire che la trovo molto aumentata, soprattutto nel gruppo di ragazze e di giovani donne.

Sono oramai docente universitario da circa 40 anni, ed è la prima volta che vengo intervistato da due studentesse relativamente a questo tipo di problema. Qualcosa vorrà pur dire no?

Gli effetti “scientifici” di questa consapevolezza però verranno misurati in termini di efficacia soltanto quando voi giovani donne arriverete alla media età: ci auguriamo che questa corrisponda ad una minore mortalità delle donne del futuro per cancro della mammella. Oggi probabilmente stiamo ancora verificando una consapevolezza probabilmente non troppo matura nelle donne che avrebbero dovuto avere una istruzione adeguata circa 30 anni fa.

Mi piacerebbe che il processo della prevenzione, della diagnosi, della cura, dell’assistenza e, nei casi specifici, anche della terminalità dei tumori (non soltanto della mammella) possa essere in qualche modo reso uniforme. Non si possono incaricare diversi enti e lasciarli sconnessi tra di loro: il processo del malato oncologico dovrebbe essere governato tutto nell’ambito di un dipartimento oncologico provinciale unico. È questa la strada sulla quale bisogna battere moltissimo secondo me. La formazione della rete e di una sua coordinazione reale da parte di chi lavora nell’ambito di questo tipo di patologie è indispensabile.

Pensa che la scuola e l’istruzione in generale possano giocare un ruolo importante da questo punto di vista?

Purtroppo, ogni volta che sono uscito da una conferenza in una scuola media o in un liceo, ero molto deluso. Questo perché secondo me i ragazzi non erano sufficientemente preparati e quell’ora che passavano in aula magna era un modo per scappare dalla classe tra sorrisetti e spintoni.  L’informazione va data da chi è tecnicamente preparato ed io sono sempre stato disponibile nel farmi portavoce, però la scuola deve dare tanto e nell’ambito dei programmi educazionali dovrebbero essere incluse un certo tipo di attività da svolgere in maniera continuativa così da formare anche la coscienza.

Come vivono le pazienti il fatto di avere un carcinoma in una delle parti che le rendono donne? Quanto questo, dal punto di vista psicologico, impatta sulla prognosi e che conseguenze ha sulla terapia?

Se c’è la consapevolezza di cui parlavamo insieme alla certezza che questo tipo di patologia possa essere “presa in carico” – uso questo termine di proposito – da una struttura che da garanzie in temine di qualità ed organizzazione, il problema si supera. La sicurezza che vi possa essere una struttura che possa farsi carico della malata a 360° e darle il meglio che la scienza offre, può dare un miglioramento importante della componente piscologica.

Io talvolta dico a delle pazienti malate di tumore del seno che hanno dei fattori prognostici assolutamente favorevoli (tumore piccolo, l’espressione dei recettori ormonali), che è come se si fossero rotte una gamba. Ci si cura e si guarisce.

Reparto di Oncologia Policlinico G. Martino, 2014 – © Serena Piraino

Lei ha sempre stressato il concetto di umanizzazione delle cure, ma come è nato e quanto è importante offrire una struttura di continuità come l’Hospice o, nel contesto del vostro reparto, di “Una stanza tutta per sé” per mantenere la donna, per quanto sia possibile, tale?

Se avete notato io ho usato il termine “Prendersi carico” piuttosto che “curare” e “malato” piuttosto che “paziente”, che letteralmente vuol dire “colui che sopporta”.

Prendersi cura di un paziente oncologico vuol dire prendersi cura non soltanto dei bisogni fisici, ma anche di quelli psicologici, sociali, spirituali. Sono tutte condizioni che vanno considerate. La tristezza, il peso di una diagnosi di questo genere, va in qualche modo accompagnata dal processo di umanizzazione.

Ho cominciato questo percorso di umanizzazione delle cure in Oncologia nel 2013, dopo avere assistito ad una rappresentazione teatrale in cui una donna malata di cancro veniva ricoverata e nella sua stanza, accanto al suo letto libero, c’erano altri 3 letti. Lei che si era comprata il pigiama “non pigiama” e le pantofole “non pantofole” per cercare di sdrammatizzare la gravità del suo ricovero, improvvisamente aveva il problema di una promiscuità e di un ambiente tetro.

Ho visto il mio reparto di allora, in cui di letti ce ne erano cinque e non c’era neanche il bagno in camera, e ho capito che tutto doveva essere cambiato. Mi sono impegnato in questo percorso – aiutato da tutta una serie di donazioni che mi hanno consentito di avere dei fondi per riformare il reparto – e nella scrittura di un progetto per l’umanizzazione delle cure in Oncologia che ha portato negli ultimi anni ad un florido finanziamento. Grazie a questo, ma anche grazie alla sensibilità di tutti i miei collaboratori, un malato che entra in ospedale , che vede e “sente” un ambiente che non sembra un ospedale, sta sicuramente meglio.

Un’oncologia deve avere la capacità di seguire un paziente in tutte le sue fasi, anche in quella terminale ecco perché oggi abbiamo questo Hospice: per dare una possibilità e una vita sociale in un vero e proprio residence ospedaliero. Per rendere il tutto non semplice sopportazione.

Reparto di Oncologia Policlinico G. Martino, 2014 – © Serena Piraino

Il tutto potrebbe avere un effetto anche sulle cure?

Questo è stato verificato scientificamente con HuCare, un programma italiano che ci ha consentito di misurare la soddisfazione dei pazienti prima e dopo un certo percorso di umanizzazione. Abbiamo verificato come i pazienti immersi in questo genere di ambienti abbiano avuto una compliance molto aumentata. Il calcolo che ha raggiunto la significatività statistica, è un dato oggettivo.

Abbiamo appreso con piacere come accanto all’innovazione scientifica, al potenziamento delle strutture esistenti e all’inaugurazione di nuovi ambienti ci siano – e ci debbano essere – l’amore e la passione per quello che si fa, per i propri pazienti e per l’umanizzazione delle cure. Da questo non si può prescindere.

Barbara Granata e Claudia Di Mento 

 

#OttobreRosa: la prossima settimana screening gratuito al Papardo e all’A.S.P.. Ecco come fare

(fonte: tempostretto.it)

Lo scorso 13 ottobre Palazzo Zanca si è illuminato di rosa in occasione del Pink October, ma di cosa si tratta?

Pink October è un mese dedicato alla prevenzione del carcinoma mammario (c.d. tumore al seno), una patologia che affligge principalmente le donne e che tra queste è molto diffusa, in particolare nella fascia d’età tra i 40-70 anni. La buona notizia è che, quando è ancora in fase precoce, può essere curato con efficacia e con terapie poco invasive. Ecco in cosa risiede l’importanza della prevenzione; ecco il motivo per cui anche Messina, quest’anno, ha deciso di aderire alla campagna tramite una serie d’iniziative che promuovono la prevenzione.

Quale prevenzione?

Un primo tipo di prevenzione contro il tumore al seno, non meno importante, si racchiude in una buona alimentazione ed attività fisica, oltre che nella c.d. autopalpazione della mammella (ne abbiamo parlato qui) che permette al soggetto d’individuare eventuali anomalie (ad es. noduli) nella zona mammaria.

La prevenzione secondaria risiede nello ‘screening’, esame periodico effettuato anche su chi non dovesse avvertire sintomi che consente di rintracciare e tacciare la patologia sul nascere. Su quest’ultimo tipo di esame si sono volute concentrare associazioni come l’A.S.S.O. (Associazione Siciliana di Sostegno Oncologico) e la L.I.L.T. (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori), che per tutto il mese di ottobre si sono impegnate a sensibilizzare ed invitare i cittadini alla prevenzione.

(fonte: ravennanotizie.it)

Tre giornate al Papardo

A tal proposito, il Dipartimento di Oncologia e la Breast Unit dell’azienda ospedaliera ‘Papardo’ in collaborazione con A.S.S.O., hanno dedicato tre giornate (27-28-29 ottobre) agli screening di prevenzione di cui si occuperanno specialisti del settore.

Per prenotarsi, è possibile già dal 14 ottobre chiamare il numero dedicato 090 3996251 nella finestra oraria tra le ore 9 e le ore 13 dal lunedì al venerdì. Saranno i volontari dell’A.S.S.O. ad occuparsi direttamente delle prenotazioni.

Una giornata gratuita all’A.S.P. Messina

Altre iniziative riguardano, invece, l’A.S.P. (Azienda Sanitaria Provinciale) di Messina, che ha deciso d’istituire sabato 31 ottobre un’intera giornata di screening gratuito per le donne comprese nella fascia d’età 50-69. Ad occuparsi degli esami sarà l’equipe della Breast Unit e dell’UOS Screening Mammografico dell’Ospedale di Taormina.

(fonte: asp.messina.it)

Saranno inoltre effettuate delle visite senologiche alle donne di età compresa tra 45 e 69 anni, che consiste in un esame approfondito ed indolore e che si basa sulla palpazione del seno da parte di un medico senologo.

Le prenotazioni possono effettuarsi al numero 3357753952 il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 10:30 alle 11:30, mentre martedi e giovedi dalle 15:30 alle 16:30, fino ad esaurimento della disponibilità.

Valeria Bonaccorso

#OttobreRosa: Allacciate le cinture, una commedia drammatica al femminile

In queste settimane dedicate alla campagna di sensibilizzazione per la prevenzione e la cura del cancro al seno, noi di UniVersoMe ne stiamo trattando ogni aspetto; nell’ambito della rubrica Recensioni abbiamo scelto il film Allacciate le cinture, pellicola proiettata nel 2014 nelle sale italiane e diretta dal regista italo-turco Ferzan Ozpetek.

Trama

Questa commedia drammatica – genere tipico del regista – racconta la storia di Elena (Kasia Smutniak), una giovane barista leccese che a cavallo tra gli anni ’90 e i primi del 2000 ha una relazione con Antonio (Francesco Arca), il fidanzato della sua migliore amica Silvia.

Antonio ed Elena sono dei personaggi un po’ stereotipati ma allo stesso tempo molto diversi tra loro: rozzo, razzista e omofobo lui; indipendente, acculturata e progressista lei.

Fonte: la Repubblica – Elena e Antonio 

L’azione cinematografica subisce un’evoluzione repentina. Dai primi passi della loro relazione, vi è poi uno stacco temporale e le scene giungono subito ad un prossimo futuro in cui vediamo i due personaggi sposati con figli (precisamente un bambino e una bambina). Elena adesso è socia del suo migliore amico Fabio e i due gestiscono un bar.

Le vicende di Elena

Tralasciando le tecniche cinematografiche tanto care ad Ozpetek, come ad esempio l’intersecazione di differenti piani temporali presente anche in questa pellicola, ciò che andremo ad analizzare è la vicenda che coinvolge la protagonista più o meno a metà film.

Elena casualmente si sottopone ad uno screening mammografico e le viene diagnosticato il cancro al seno.

Il regista dedica metà del suo lavoro al racconto della malattia della protagonista e del modo in cui lei la affronterà.

Elena non si abbatte subito, cerca di condurre una vita normale e di trattenere a morsi la sua quotidianità. Fa finta di niente, non mostra un minimo tentennamento neanche quando si dovrà aprire davanti alla sua famiglia raccontando cosa le sta succedendo e le terapie alle quali si dovrà sottoporre.

Ben presto però gli effetti della chemio si scagliano su di lei, ed Elena a questo punto non può più far finta che tutto sia normale (come faceva quando non era ancora a conoscenza di quel mostro si era depositato nel suo seno). Neanche Antonio può continuare a rimanere chiuso in sé stesso e nel suo dolore.

Fonte: La Gazzetta dello Sport – Elena (Kasia Smutniak)

La loro figlia comincia a capire che la madre sta male e che forse potrebbe non vederla crescere; le fa quindi delle foto. Vuole imprigionarvi il ricordo del viso.

Ozpetek – che è un maestro nel racconto sul grande schermo delle vicende umane – stavolta si concentra sul cancro e su come esso si ripercuote anche tra gli affetti e nella quotidianità della persona che ne soffre. Tutto cambia, le piccole attività non sono più le stesse, anche andare dal parrucchiere è differente; quando Maricla “un’ amica” di Antonio si offre di «farle i capelli», Elena rifiuta:  non ha più bisogno di pieghe, tinte e tagli, sa benissimo che molto presto diventerà calva e avrà – piuttosto – bisogno di una parrucca.

Fonte: La Gazzetta dello Sport, Maricla la parrucchiera (Luisa Ranieri) ed Elena

La giovane donna non viene lasciata da sola nel suo percorso contro la malattia. Forse il messaggio che cerca di veicolare il regista è proprio questo: l’importanza del contatto umano e delle relazioni in un momento così delicato.

Ognuno, nel piccolo mondo di Elena, a proprio modo le è vicino: dall’eccentrica zia all’apparente cinica madre, dall’amorevole amico Fabio alla singolare compagna di letto d’ospedale Egle che condivide la sua stessa sofferenza. Infine c’è Antonio: il loro rapporto oscilla tra alti e bassi, ma forse è l’unico che riesce a trasmettere ad Elena quella tenerezza e quell’ affetto di cui lei ha bisogno, che riesce a farla sentire desiderata nonostante le trasformazioni che il suo corpo sta subendo a causa delle cure.

 

Una storia, quella raccontata in Allacciate le cinture, che mostra purtroppo un dramma che colpisce l’universo femminile; un genere del tutto particolare, la commedia drammatica – come già sottolineato – in cui i tratti di ironia non sono affatto marginali, a differenza di quanto si potrebbe pensare, nemmeno nelle scene in cui si manifesta tutto il dolore di Elena.

Ilenia Rocca

 

#OttobreRosa: i numeri e la prevenzione del cancro al seno

Ottobre è il mese dedicato alla prevenzione del tumore al seno e noi di UniversoMe vogliamo dare il nostro contributo. Rappresenta il 30% delle diagnosi di neoplasia nella donna ma, nonostante resti ad oggi un grande nemico, può essere diagnosticato precocemente attraverso attente valutazioni e metodiche di screening e curato.

Iniziamo dai numeri

Sfogliamo insieme il volume “I numeri del cancro in Italia 2020”, redatto dall’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) in collaborazione con altre associazioni. Si stima che nel 2020 saranno diagnosticati circa 54.976 nuovi casi di tumore della mammella femminile, su un totale di 181.857.
Questi così distribuiti per fasce d’età: il 41% tra 0 e 49 anni, il 35% tra 50 e 69, mentre sopra i 70 anni la percentuale scende al 22%.

Nel 2017, secondo l’ISTAT, rappresentava il 16,1% dei decessi per tumore nel sesso femminile: la prima causa di mortalità per tumore nella donna (la terza considerando la popolazione generale).

Sempre rifacendoci a dati AIOM, la sopravvivenza delle pazienti con cancro della mammella in Italia è dell’87% a 5 anni e dell’80% a 10 anni dalla diagnosi. Rispetto al 2015, da questo punto di vista, siamo in miglioramento, sia per il progresso delle terapie (continuate a seguirci se siete curiosi a riguardo), sia per la diffusione di programmi che permettono una diagnosi precoce.

Guardando alla realtà locale, l’Atlante tumori della regione Sicilia ha registrato nel periodo fra il 2003 ed il 2011 un numero medio annuale di nuove diagnosi di cancro al seno di 403,4 in provincia di Messina, il 13,3% della Regione. Nell’immagine sotto possiamo vedere i tassi standardizzati diretti della patologia nei vari distretti della regione.

Chi ha un rischio più elevato?

Guardiamo in primis allo stile di vita. Dieta corretta, giusta attività fisica, moderato consumo di alcolici e astensione dal fumo rappresentano i pilastri di una vita sana.

Bisogna considerare fattori endocrino-riproduttivi in quanto la ghiandola mammaria è un tessuto sensibile agli ormoni sessuali (soprattutto estrogeni e progesterone). Menarca precoce, menopausa tardiva, assenza di gravidanze sono condizioni che prolungano l’esposizione agli ormoni, quindi aumentano il rischio di carcinoma.

L’aver avuto precedenti displasie o neoplasie mammarie espone la donna alla possibilità di una recidiva. Così come l’essersi sottoposta a radioterapia toracica, soprattutto se prima di 30 anni, magari per altre patologie, accresce il pericolo di cancro del seno.

Infine la variabile ereditaria. Riferendoci ai numeri forniti dall’AIOM, il 5-7% delle neoplasie mammarie ha basi genetiche. Di questi, 1/4 sono legati a mutazioni dei geni oncosoppressori BRCA-1 e BRCA-2. Tali geni codificano per proteine coinvolte nei meccanismi di riparazione dei danni a doppia elica del DNA. Quando mutati viene a mancare un controllo sui meccanismi di replicazione cellulare.

Screening in Italia

In Italia il ministero della salute offre alle donne di età compresa tra 50 e 69 anni lo screening gratuito attraverso l’esecuzione di una mammografia ogni due anni. Si tratta di un esame radiologico che individua anche lesioni di piccole dimensioni, quali microcalcificazioni.

Esecuzione di una mammografia

Ha, tuttavia, un limite: è poco adatta nelle giovani in quanto riesce a discriminare meglio delle alterazioni nel parenchima adiposo. Quindi sotto i 40 anni si preferisce effettuare un’ecografia che, oltre a non esporre a radiazioni, ha il vantaggio di una migliore specificità in un parenchima a maggiore componente ghiandolare.

Come ha inciso il lockdown in questo settore?

Nei mesi di chiusura da una parte la paura di contrarre il virus recandosi in ospedale, dall’altra la riduzione dei normali controlli da parte dei nosocomi, hanno portato ad una riduzione di tutti gli screening oncologici. Esaminando il confronto effettuato dall’osservatorio nazionale screening nei primi 5 mesi del 2020 in Italia si è accumulato un ritardo del 53,8% rispetto allo stesso periodo del 2019 per lo screening mammografico. La Sicilia si attesta poco sopra la media nazionale, al 55,7% con 5754 esami e 78 diagnosi di cancro mammario in meno.

L’autoesame del seno: poche semplici manovre da imparare

Prima fase è l’ispezione, svolta davanti allo specchio. Bisogna osservare le mammelle prima con le mani distese ai fianchi e poi appoggiandole al bacino e contraendo i muscoli pettorali. Obiettivo è analizzare forma, colore e dimensioni, considerando piccole alterazioni di volume fisiologiche. La stessa osservazione va ripetuta di profilo con le braccia alzate, mettendo in evidenza il cavo ascellare, sede privilegiata delle metastasi linfonodali da carcinoma mammario.

Passiamo alla palpazione vera e propria. Ci si sdraia, ponendo un cuscino sotto la spalla sinistra e la mano sinistra sotto la nuca.

A questo punto con le dita della mano destra posta a piatto si inizia a palpare il seno sinistro, compiendo dei movimenti circolari in senso orario con pressione crescente. In questo modo possiamo identificare eventuali nodularità o indurimenti del parenchima.

Successivamente si eseguono dei movimenti in direzione radiale, dall’esterno verso il capezzolo, e poi dal basso verso l’alto.

Importantissima è la palpazione del cavo ascellare per individuare eventuali linfonodi aumentati di volume, di consistenza alterata (dura-lignea). Infine, stringendo il capezzolo tra due dita, verificare la presenza di secrezione.

Ripetere ovviamente le stesse manovre per il seno controlaterale. Queste semplici manovre possono essere effettuate anche sotto la doccia. Qualora notaste delle anomalie e/o differenze con la precedente autopalpazione, contattate il vostro medico di fiducia.

Antonio Mandolfo

 

Bibliografia:

https://www.epicentro.iss.it/tumori/pdf/ASS%20SALUTE_Atlante%20Tumori%202016.pdf

https://www.aiom.it/wp-content/uploads/2019/09/2019_Numeri_Cancro-operatori-web.pdf

https://www.epicentro.iss.it/tumori/pdf/2020_Numeri_Cancro-pazienti-web.pdf

https://www.osservatorionazionalescreening.it

https://liltbolzano.blog