Oscar 2021: i film che ci legano agli altri

Quest’anno agli Oscar domina l’introspezione.  Due film candidati come miglior pellicola narrano entrambi la storia di uomini con grandi ambizioni per loro stessi così come per la propria famiglia. Le storie di Sound of Metal e Minari raccontano di rivalsa sociale così come di accettazione: temi che, se narrati bene, parlano ad ognuno di noi.

 I due protagonisti delle pellicole, Jacob e Ruben. Fonte Goldderby.co

Sound of metal

La pellicola di Darius Marder ci racconta la storia di Ruben (Riz Ahmed), batterista del duo metal composto da lui e dalla sua ragazza. Il punto di svolta della vicenda arriva con la lenta ma inesorabile perdita dell’udito da parte del protagonista: sarà qui che Ruben dovrà cominciare ad affrontare una sfida che lo porterà a dover riconsiderare le proprie prospettive di vita da musicista.

Accolto in una piccola comunità di non udenti, dovrà piano piano affrontare ciò che altri come lui hanno dovuto imparare ad accettare: la sordità. Sarà Joe (Paul Raci), gestore del rifugio, ad insegnare questa lezione al protagonista diventando per lui una figura paterna capace di guidarlo in questo suo nuovo cammino. Cammino che, non senza gravi inciampi, porterà Ruben ad accettare questa sua nuova vita e a riscoprirsi nel rapporto con la comunità e con i suoi membri più giovani, con cui instaurerà un rapporto stretto.

Ruben insegna ai bambini del rifugio il ritmo. Fonte: lwlies.com 

Le scelte di Ruben testimoniano come alla fine l’accettazione di sé stessi e dei propri difetti (in questo caso veri e propri handicap), sia fondamentale per saper vivere e trovare una propria via serena. La sua scelta finale sta proprio a testimonianza di ciò, perché – come ci viene mostrato dal regista – il protagonista riesce negli ultimi momenti a trovare una pace interiore che solo a sprazzi si era vista nel resto del film.

Minari

Il secondo film ci porta invece sulla costa occidentale degli Stati uniti, durante gli anni Ottanta, per raccontarci la storia di David (Alan Kim), un bambino nato in America da genitori coreani, e della sua famiglia.

Lee Isaac Chung, autore del racconto, ci mostra quindi la vicenda di due coniugi, Jacob (Steven Yeun) e Monica (Han Ye-ri), emigrati dalla Corea in cerca di una vita migliore in America. Miglioramento che però stenta ad arrivare: dopo un decennio passato ai margini della società pieni di insoddisfazione, Jacob prenderà una decisione chiave per l’intera famiglia: cercare fortuna avviando un’impresa agricola.

Quello che è evidentemente un salto nel buio da parte dell’uomo metterà più volte in serio pericolo l’incolumità della sua famiglia, nonché il rapporto con la moglie, mai davvero convinta del suo progetto e preoccupata dalla decisione di mettere il proprio successo al di sopra di lei e dei suoi figli. Jacob difatti non farà mai la scelta più giusta per le persone attorno, ma preferirà sempre circondarsi di scuse poco credibili a cui la moglie darà retta solo per l’amore che la lega al compagno. Anche la salute stessa dei figli viene spesso messa in bilico dal protagonista: la malattia cardiaca di David è infatti tenuta sempre in conto da Monica, ma altrettanto non sembra fare Jacob.

La famiglia di Jacob al completo. Fonte: theartsdesk.com 

Il messaggio che vuole lascarci la storia è quindi quello di rimanere legati alla propria famiglia: metafora espressa dalla pianta aromatica che dà il nome anche alla pellicola, essendo di fatto ciò che – come una buona famiglia – cresce e prospera da sola.

Il confronto

Come si può facilmente notare, entrambe le pellicole candidate narrano una storia simile, che verte sull’accettazione delle difficoltà della vita e ci fa capire come spesso queste ultime possano essere affrontate semplicemente accettando sé stessi o instaurando un rapporto migliore con ciò che ci sta attorno, e – in molti casi – rassegnandosi all’assenza di quello che può essere un desiderio o una passione bruciante, nel nome di qualcosa di più grande che ci sta vicino.

Si prospetta quindi una lotta dal finale incerto per la vittoria della statuetta di miglior film, come anche per quella di miglior attore protagonista a cui entrambi gli interpreti delle due pellicole sono candidati.

           Matteo Mangano

Il Processo ai Chicago 7: cronaca di uno dei più grandi processi politici della storia americana

Due ore di pellicola in cui ci si sente realmente spettatori di un vero processo -Voto UVM: 4/5

Nonostante la pandemia abbia caratterizzato tutto il 2020 e stia continuando ad accaparrarsi anche buona parte del 2021 con i cinema ancora chiusi, non possiamo dire tuttavia di essere rimasti a corto di grandi produzioni cinematografiche trasmesse dalle varie piattaforme streaming.

Una di queste è Il Processo ai Chicago 7 da una produzione del genio di Spielberg, regia e sceneggiatura firmate da Aaron Sorkin, reduce del successo ai Golden Globe e con ben 5 nominations per gli Oscar 2021.

Vicenda storica

Questa pellicola, la prima con cui inauguriamo la nostra maratona dedicata agli Oscar 2021, narra una vicenda realmente accaduta: una pagina di storia occidentale in cui è protagonista la nazione più “democratica” del mondo.

Siamo a Chicago nell’agosto del 1968, in piena rivoluzione giovanile e studentesca a seguito del maggio francese. “Impera” il movimento culturale e pacifista degli hippie:  cresce l’impegno politico all’interno delle università e, in seguito alle proteste studentesche, le nuove generazioni stanno maturando una certa autonomia ideologica. Forse il mondo sta cambiando.

Ma è anche l’anno in cui il Presidente Johnson, succeduto a Kennedy, incrementa il numero di truppe da inviare in Vietnam. Sullo sfondo abbiamo anche le proteste degli afroamericani che lottano per i loro diritti sia attraverso il movimento delle Pantere Nere, sia attraverso l’ala più pacifista di Martin Luther King che quell’anno stesso troverà la morte.

“Anni 60” contro una classe dirigente ancora “anni 50″.

Fonte: Gli acchiappafilm- Scena dello scontro con la polizia

A Chicago, nell’occasione della Convention democratica per scegliere il candidato che dovrà sfidare Nixon alle prossime elezioni presidenziali, molti giovani di diversa estrazione sociale, culturale e anche ideologica si riuniscono con l’unico intento di protestare pacificamente contro la guerra in Vietnam. Purtroppo incontreranno manganelli e gas lacrimogeni. Vi saranno feriti e oltre 700 arresti, ma solo sette tra i manifestanti subiranno un processo con l’accusa di cospirazione e di aver istigato la rivolta.

 Struttura del film

Ne esce fuori un legal drama, o per dirla all’italiana un “giudiziario americano” con tutte le caratteristiche del genere: dall’ambientazione nell’aula del processo e negli uffici giudiziari, polizieschi e penitenziari ai colori della fotografia tendenzialmente più cupi, per poi passare ad una spiccata dialettica che Sorkin attribuisce a ciascun personaggio sia esso imputato, difensore, giudice, pubblica accusa o teste che depone.

Fonte: Io Donna- il giudice Julius Hoffman in aula (Frank Langella)

La maggior parte del film è dedicato alle udienze che vedono come protagonisti i sette imputati che sono i due hippie Abbie Hoffman (Sacha Baron Cohen) e Jerry Rubin (Jeremy Strong), i due studenti del movimento SDS (Students for a Democratic Society) Tom Hayden ( Eddie Redmayne) e Tennis Davis ( Alex Sharp),  i fabbricanti di piccoli ordigni rudimentali Lee Weiner (Noah Robbins) e Jhon Froines ( Daniel Flaherty), l’attivista pacifista David Dellinger (John Carroll Lynch) e “l’ottavo” imputato poi escluso dal processo Bobby Saele (Yahya Abdul Mateen II), uno dei capi delle Pantere Nere che non aveva partecipato attivamente, ma viene arrestato semplicemente perché “nero”.

Fonte: Rivista Studio- Bobby Seale con il legale William Kunstler (Mark Rylance)

Il regista si serve poco della finzione; si basa invece sulle trascrizioni delle udienze dibattimentali di quello che è stato uno dei più grandi processi politici della storia americana. Difficile non notare come agli imputati venga negato il diritto ad un equo processo davanti ad un giudice di parte già pienamente propenso a condannarli.

Vengono fuori le storture di un sistema giudiziario fortemente politicizzato: giudici e procuratori generali (pubblica accusa) sono eletti dal Congresso dietro nomina del Presidente. E ancora ci saranno depistaggi e corruzione: insomma un processo politico alle intenzioni.

D’altro canto Sorkin metterà in luce anche le varie fazioni e gli scontri ideologici esistenti all’interno dei movimenti giovanili di attivisti. Da un lato abbiamo Abbey Hoffman, interpretato in modo encomiabile da Sacha Baron Cohen, membro del Partito Internazionale della Gioventù,  convinto di demolire l’establishment con la rivoluzione culturale. All’opposto abbiamo il più moderato e politically correct Tom Hayden, che snobba il proselitismo degli anarchici e pacifisti hippie come Hoffman; secondo lui la rivoluzione passa attraverso l’impegno politico che porti poi  giustizia e uguaglianza al popolo. Nonostante tutto l’obiettivo dei due è uguale: cambiare il sistema.

Fonte: Wired- Tom Hayden

Con un cast d’eccezione in cui vi è anche la partecipazione straordinaria di Michael Keaton, Il Processo a Chicago 7 conquista 5 meritatissime nominations agli Oscar nelle categorie miglior film, miglior attore non protagonista a Sacha Baron Cohen, miglior fotografia, miglior montaggio e miglior sceneggiatura originale.

                                                                                                                                                                                                Ilenia Rocca

Aspettando gli oscar 2021: i migliori premi oscar degli ultimi dieci anni

L’attesa ormai è quasi finita: manca solamente un mese a gli Oscar 2021! La premiazione, inizialmente programmata per il 28 Febbraio,  si terrà il 25 Aprile (notte del 25/26 in Italia). La cerimonia assume un significato molto importante quest’anno: il mondo dello spettacolo e del cinema è uno dei settori messi maggiormente in difficoltà dall’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19, quindi gli Oscar simbolizzano la ripresa della settima arte e magari anche una piccola boccata di normalità.

In ogni caso in attesa degli Oscar 2021, in questo articolo andremo a volgere un occhio alle passate edizioni, presentando i migliori film e artisti che sono stati onorati con la statuetta negli ultimi dieci anni.

 Miglior film

Il discorso del re: locandina. Fonte: mediasetplay.it

La categoria più importante e rinomata nella cerimonia degli Oscar è senza dubbio la categoria miglior film. Negli ultimi dieci anni grandi capolavori del cinema contemporaneo hanno vinto questa statuetta, tutti con un messaggio o una scintilla in più di altri.

Tra questi uno che merita una particolare attenzione è Il Discorso del re (The King’s speech), presentato a gli Oscar nell’edizione del 2011. Il film conta ben dodici candidature e altre tre vittorie: miglior attore protagonista a Colin Firth nei panni di re Giorgio VI, miglior sceneggiatura originale e miglior regia a Tom Hooper.

Il discorso del re racconta i problemi di balbuzie di Giorgio VI, re d’Inghilterra durante la Seconda guerra mondiale, e l’aiuto  datogli dal logopedista Lionel Logue, interpretato dall’attore Geoffrey Rush. Tale aiuto permetterà a re Giorgio di pronunciare a tutta la nazione la dichiarazione di guerra alla Germania e la conseguente entrata nel secondo conflitto mondiale.

 Miglior attore protagonista

Una scena del film La Teoria Del Tutto. Fonte MYmovies.it

La categoria miglior attore protagonista è stata costellata negli ultimi dieci anni principalmente da nuove star emergenti, ma anche da attori già affermati che magari attendevano un bell’Oscar da qualche anno (come Leonardo Di Caprio).

In ogni caso una performance che brilla più di altre è l’interpretazione del noto scienziato Stephen Hawking da parte dell’attore Eddie Redmayne ne La Teoria Del Tutto (The Theory of Everything), presentato e premiato a gli Oscar nel 2015. Oltre ad essere un’enorme responsabilità portare sul grande schermo una così importante figura della fisica e astrofisica contemporanea, questo ruolo è molto impegnativo anche per il dover riprodurre l’avanzare della malattia da cui lo scienziato era affetto: la SLA.

Per questo motivo, Eddie Redmayne, per rendere la sua performance più realistica possibile, ha incontrato lo stesso Hawking e decine di pazienti affetti da SLA, per emularne l’aspetto e la mimica al meglio.

Lo stesso scienziato successivamente si complimenterà con lui per la sua interpretazione tanto precisa e veritiera.

 

 Miglior attrice protagonista

Mildred (Frances McDormand) davanti ai suoi manifesti. Fonte milanoweekend.it

Adesso passiamo al premio per miglior attrice protagonista. Questa categoria è senza dubbio caratterizzata dalle grandi interpretazioni di donne forti e determinate.

Tra queste, l’attrice che ha maggiormente meritato il premio Oscar è Frances McDormand per la sua performance in Tre Manifesti ad Ebbing, Missouri (Three Billboards Outside Ebbing, Missouri) nel 2018. Il film, scritto e diretto da Martin McDonagh, racconta le vicende di una madre, Mildred Hayes (Frances McDormand) che chiede giustizia per la morte della figlia, violentata e uccisa. Mildred si schiera con forza contro la polizia locale e lo sceriffo Willoughby (Woody Harrelson) per non essere riusciti ad agire in nessun modo e, affittando dei manifesti pubblicitari, ne denuncia pubblicamente la negligenza.

Il personaggio della Mcdormand spicca per la sua forza, per la determinazione nell’opporsi a tutto e tutti affinché la sua voce venga ascoltata . Il film inoltre ottenne altre cinque candidature: l’attore Sam Rockwell vinse l’Oscar come migliore attore non protagonista nel ruolo di Jason Dixon, poliziotto nemico di Mildred con radicali idee razziste.

A conferma della sua grande capacità e passione, la McDormand è stata ricandidata quest’anno alla medesima statuetta per il film Nomadland. 

Per concludere

Con questo articolo abbiamo voluto presentare alcune delle grandi pellicole e dei grandi artisti premi Oscar di questo ultimo decennio anche per sfatare una visione comune: si tende generalmente a pensare che il grande cinema si basi solamente sui cari e vecchi cult… ma il cinema è un’arte in continua evoluzione, che tende a rispecchiare la nostra realtà che cambia. Quindi per quanto i cult siano la storia del cinema, certamente le pellicole contemporanee ne sono delle degne eredi.

Ilaria Denaro