In onore di Antonello da Messina: la “Mostra Antonelliana” e l’Istituto “Antonello”

Oggi, 30 marzo, ricade il 68esimo anniversario dell’inaugurazione di uno degli eventi di portatatta internazionale dei favolosi anni ’50 messinesi: la “Mostra Antonelliana” del 1953, dedicata, appunto, al grande Antonello da Messina. In questo articolo ripercorriamo le tappe salienti di questa manifestazione.

Al pittore è stata dedicata, inoltre, una delle storiche scuole messinesi; stiamo parlando dell’Istituto di Istruzione Superiore “Antonello”, alla ribalta in queste setimane per una polemica imbastita da un consigliere comunale. Senza scendere nei dettagli della diatriba, questo articolo vuole sottolineare l’importanza di questo istituto nella storia e nella cultura della nostra città.

La “Mostra Antonelliana” del 1953

Di una possibile mostra dedicata ad Antonello si iniziò a parlare già nel 1949, come si evince da un articolo del Notiziario d Messina. In realtà il comitato organizzativo si costituì solo qualche mese dopo.

Inizialmente legata alla riapertura del Museo regionale, chiuso al pubblico nel 1946, la mostra, alla fine, fu allestita nell’ala est del piano nobile del Palazzo Municipale.

Foto storiche e il bollo della Mostra Antonelliana – Fonte: tempostretto.it

La cerimonia di inaugurazione fu un grande evento. Inizialmente fu scoperto il busto di Antonello, ancora presente sulla scalinata principale del Municipio. Poi si susseguirono gli interventi istituzionali, davanti ad una sala gremita; tra i più importanti citiamo l’intervento di Salvatore Pugliatti – presidente del Comitato esecutivo e vero deus ex machina della mostra –  e quello del sindaco Carmelo Fortino, che, inoltre, diede lettura a un messaggio del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, assente a causa di doveri dell’ufficio. L’ultimo intervento – il più atteso – fu del Ministro della Pubblica Istruzione Antonio Segni, che concluse il suo contributo inaugurando ufficialmente la mostra.

In totale erano esposti 142 dipinti, 18 dei quali erano certamente riferibili ad Antonello da Messina – tra le tante: l’Annunciata, esposta alla Galleria regionale a Palermo – e 9 erano a lui attribuiti. Purtroppo furono negati i prestiti dei suoi capolavori ubicati nella National Gallery di Londra – come il San Girolamo nello studio e l’Autoritratto col berretto rosso –  e di altre opere, come il San Sebastiano di Dresda e il Ritratto Trivulzio dei Musei Civici di Torino.

L’Annunciata di Palermo (1476) di Antonello da Messina – Fonte: wikipedia.org

L’altra parte della mostra era dedicata alla pittura del ‘400 siciliano e si concludeva con i dipinti messinesi degli artisti antonelliani.

Numerose furono le personalità illustri che visitarono la mostra; tra le tante è opportuno segnalare la presenza di Giorgio La Pira, dello scrittore Leonardo Sciascia e del leader del PCI Palmiro Togliatti.

La mostra, inizialmente prevista per tre mesi – dal 30 marzo al 30 giugno -, si concluse il 31 agosto, a causa dell’ingente flusso di visitatori.

L’Istituto d’Istruzione Superiore “Antonello”

La scuola nasce nel 1861 come Regia Scuola Tecnica Governativa e solo nel 1885 prende il nome di “Antonello“.

A causa del rovinoso terremoto del 1908 e dei due conflitti mondiali, l’istituto è costretto a cambiare locazione più volte; nonostante ciò riesce a conservare l’attività scolastica.

Come testimoniato da documenti presenti negli archivi dell’istituto, l“Antonello” annovera, tra gli studenti che hanno frequentato la scuola, personaggi illustri che hanno contribuito alla crescita sociale e culturale della città di Messina e non solo; tra i più celebri ricordiamo Salvatore Quasimodo, Salvatore Pugliatti e Giorgio La Pira.

Con la riforma della scuola media unificata  (legge 31-12-1962) gli iscritti crescono sensibilmente e ciò porta ad una radicale trasformazione della scuola; nasce, così, l’Istituto Professionale di Stato per il commercio, nei locali di Via della Zecca n°68, con sedi coordinate di Milazzo, Letojanni e Naso.

Nel 1993, l'”Antonello” adotta la sperimentazione del ” Progetto 92 ” diventando così Istituto Professionale di Stato per i Servizi Commerciali e Turistici.

Nel 1999 grazie all’istituzione dell’indirizzo “Alberghiero e della Ristorazione”, l’istituto ottiene un forte incremento delle iscrizioni ed il trasferimento negli spaziosi locali di Viale Giostra n°2, dove si trova ancora oggi.

L’Istituto “Antonello” nella sua collocazione attuale – fonte: tempostretto.it

Negli ultimi vent’anni la scuola ha saputo creare una fitta rete di relazioni con associazioni del settore, enti ed istituzioni, sia a livello nazionale che internazionale.

Ad oggi  l’istituto conta circa 1000 alunni per un totale di 55 classi ed è attualmente sotto la guida della dirigente scolastica Laura Tringali, assessora alla pubblica istruzione del Comune di Messina.

 

Emanuele Paleologo, Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

http://www.iisantonellomessina.it/

Messina negli anni Quaranta e Cinquanta, Istituo di Studi Storici Gaetano Salvemini – Messina, Atti di Convegno 1998, Sicania, Messina

Immagine in evidenza:

Il celebre “San Girolamo nello Studio” (1474-1475 circa) di Antonello da Messina – Fonte: larchitetto.it

 

Perché abbiamo paura del Ponte sullo Stretto?

Paura: stato emotivo consistente in un senso di insicurezza, di smarrimento e di ansia di fronte a un pericolo reale o immaginario o dinanzi a cosa o a fatto che sia o si creda dannoso […]

Questa è parte della definizione di paura tratta dall’enciclopedia Treccani; come potete notare, non sono esclusi i pericoli immaginari, elemento che rende valido il titolo di questo articolo. Perché – ad oggi – siamo ancora sul piano dell’immaginazione.

Fare un bilancio dei pro e contro sulla realizzazione di un’infrastruttura così imponente potrebbe sembrare una sfida ardua per chiunque: basti pensare ai numerosi aspetti da tenere in considerazione, che richiederebbero certamente un approccio multidisciplinare. Approccio che, per ovvi motivi, non sono in grado di adottare e che – in questi casi – è affidato, tra le altre possibilità, a una VIA (Valutazione dell’Impatto Ambientale) per comprendere a fondo quale sarà l’effetto a breve e lungo termine della realizzazione di una nuova opera pubblica nel contesto in cui sarà edificata.

La valutazione di impatto ambientale (VIA) è una procedura amministrativa di supporto per l’autorità competente (come Ministero dell’Ambiente o Regione) finalizzata ad individuare, descrivere e valutare gli impatti ambientali di un’opera, il cui progetto è sottoposto ad approvazione o autorizzazione (DL 152/06 – art. 5, lettera b) – Fonte: tuttoambiente.com

Mi sono chiesto, da cittadino messinese, cosa mi spaventasse realmente di questa gigantesca opera edilizia; già in questa definizione ho trovato alcune risposte.  Ma andiamo per ordine: ricostruire le complesse vicende che hanno portato alla progettazione e – ad oggi – mancata realizzazione del Ponte non basterebbe un articolo ben approfondito. In breve, dopo oltre 20 anni di progetti, annunci e gare d’appalto, con il Dpcm del 15 aprile 2013, Stretto di Messina S.p.A. ovvero la società concessionaria costituita nel 1981 (in attuazione della Legge 1158/71) “per la progettazione, la realizzazione e l’esercizio dell’attraversamento stabile stradale e ferroviario tra la Sicilia e il Continente”, viene posta in liquidazione con la nomina di un Commissario Liquidatore. Da quella data in avanti nessuna società ha avuto l’incarico di “occuparsi” del ponte, nonostante vari proclami politici.

Il tema è tornato prepotentemente attuale in vista della gigantesca iniezione di liquidità (seppur in parte con modalità di prestito) che arriverà nei prossimi anni dall’Europa, con il tanto faticosamente raggiunto accordo sul Recovery Fund: l’UE stessa ci chiede di rendere più efficiente l’amministrazione del nostro Paese. Ed è proprio questo il punto cruciale: come ci “comportiamo” in Italia quando si tratta di grandi opere pubbliche?

L’ormai celebre foto scattata ai principali leader europei con la Presidente della Commissione Europea

Ammetto di aver cercato tanti esempi a riguardo, provando anche a chiudere un occhio sulle macroscopiche differenze tra nord e sud; sta anche a voi, cari lettori, documentarvi in tal senso. La mia impressione è però certamente negativa, tra progetti finanziati ma mai realizzati e strutture abbandonate all’incuria. Anche il fattore tempo non sembra giocare a nostro favore, con ritardi su ritardi accavallati a proroghe, rinvii e tutti i sinonimi che più vi aggradano.

Introduco a questo punto la “questione ambientale”: giusto qualche settimana fa, pubblicavamo un articolo su flora e fauna dello Stretto, dopo una piacevole chiacchierata con la prof.ssa Nancy Spanò, delegata UniMe alle politiche ambientali. Cosa accadrebbe alla biodiversità, unica nel suo genere, del nostro mare? E alla buona qualità delle acque, oggetto dello studio coordinato proprio dalla professoressa? Difficile negare un “intoppo” di questo tipo, in un mondo che è sempre stato poco attento all’ambiente e che a fatica cerca di cambiare rotta. Anche mettendo da parte il mio sostegno incondizionato alle green policies, il problema, oggettivamente, permane.

Fondali dello Stretto

Come districarsi dunque in questa annosa questione? Si tratta, come sempre, di una bilancia rischio-beneficio. Tuttavia questo non significa aver risolto i dubbi con facilità; piuttosto, è necessario soppesare entrambi i lati della bilancia metaforica per comprendere quale sarebbe la scelta migliore. Sicuramente non un gioco da ragazzi.

Ma qual è l’altro lato della bilancia? Facile intuire che stiamo per parlare di economia. Una delle prime “preoccupazioni” delle civiltà più antiche di cui ci sono pervenute testimonianze è stata certamente la vicinanza a fonti di sostentamento per stabilirsi in una determinata zona. Il problema immediatamente successivo è stato collegare aree diverse, qualora le risorse fossero non sufficienti o comunque non successivamente diversificate. Non a caso, le zone più impervie sono sempre state le meno popolate. Le comuni strade, che hanno reso celebri civiltà come l’antica Roma, sono state la chiave per il progresso, sia dal punto di vista commerciale che culturale, mettendo in contatto realtà diverse (non sempre con intento propriamente pacifico).

Via Appia, Roma – Fonte: Wikipedia

Basti pensare a quanto oggi questo concetto sia esasperato dalle moderne tecnologie, che permettono di collegare in un attimo – seppur in forma digitale – qualsiasi luogo o persona nel globo terrestre. Dunque, di per sé la condizione di “isolamento”, che fisicamente si incarna nella insularità della regione Sicilia, non può che essere storicamente connessa a una difficoltà nell’accedere (e ancora oggi vi invito a dare un’occhiata ai prezzi dei voli aerei, emergenza a parte) alla nostra terra. Difficoltà oggettiva, tanto per le merci quanto per le persone. È innegabile che un’opera come il ponte ovvierebbe a questo enorme problema di connessione, con benefici a cascata su tantissimi settori economici. Connessione come sinonimo di progresso: anche se c’è chi nega questo binomio, lo scenario che stiamo vivendo nel terzo millennio è nettamente orientato in questa direzione.

Arrivati a questo punto abbiamo compreso come siano presenti una quantità non indifferente di complessi punti di vista, ai quali siamo costantemente esposti; risultato: paralisi. Ed è questo che è accaduto fino ad oggi. Così il ponte diventa la terza figura mitologica dello Stretto, aggiungendosi ai mostri Scilla e Cariddi: un colosso di circa 3 km, che si erge sospeso tra fattibilità e inconsistenza tra le sponde di Sicilia e Calabria.

Ulisse fra Scilla e Cariddi, Johann Heinrich Füssli- Fonte: Wikipedia

Rimane una sensazione: è possibile limitare al minimo i contro per fare rendere al massimo i pro. Sensazione del tutto personale, per carità, e giocata solo su due elementi, ambiente ed economia, quando la partita è molto più ampia (proprio mentre scrivo questa frase penso al noto rischio sismico dello Stretto). Ma da ottimista e fiducioso nei progressi di scienza e tecnica, la sensazione potrebbe essere non troppo lontana dalla realtà. Mi direte: sì, tutto molto bello, ma poi?

Poi ci sono i fatti. E questi raccontano un Paese che, il più delle volte, è incapace di reggere il peso delle grandi opere. Ed è proprio qui che ritorna la famosa paura, vocabolo presentato in apertura di articolo; ecco che la risposta al quesito nel titolo mi appare chiara: se mi chiedessero quale dei miei discendenti (se mio figlio, nipote o bisnipote) riuscirà a viaggiare sul ponte ad opera compiuta, se fosse deciso di realizzarla oggi, non sarei mai in grado di rispondere. E così via, a tanti altri dubbi non riuscirei a controbattere con convinzione: sicurezza della struttura, materiali, ingerenza delle mafie, inchieste, processi, ammanchi e tangenti.

Tutto ciò gravita nella mia mente intorno al concetto grande opera all’italiana.

Ed è così che l’ottimismo sbandierato poco sopra cede il passo alla paura.

Emanuele Chiara

Immagine in evidenza: ilsole24ore.com

Neovisionismo “I paesaggi dell’Anima”: vernissage in memoria di Flavia Rosa

Sabato 30 marzo 2019. Messina. Via Enzo Geraci 27. Art Gallery Fadibè. Una galleria d’arte, un atelier, uno spazio espositivo, sorto negli stessi locali dell’ex libreria Colosi, nel pieno centro cittadino, composto da tre stanze, ha ospitato ed ospiterà, sino al 6 aprile 2019, circa un centinaio di opere di Fabio di Bella, in arte Fadibè, docente di Pittura, e, 22 tarocchi provenienti da alcuni talenti emergenti di una prima liceo dell’I.I.S. E. Basile.

Il vernissage di arte moderna, a sfondo benefico, è stato ideato e realizzato da Bruno Barlassina, giovanissimo architetto, in ricordo della madre: Flavia Rosa, scomparsa di recente. Prezioso l’aiuto di Donatella Salerno – Donatella è un’amica di famiglia, senza la sua collaborazione oggi non saremmo qui –  come afferma lo stesso Bruno.

“Mia madre ha sempre fatto beneficenza. Una volta che è venuta a mancare, sentivo la necessità di ricordarla, di seguire i suoi passi, di star dietro le sue orme. Sentivo di poterle stare vicino facendo qualcosa che le avrebbe fatto piacere e che avrebbe procurato del bene alla comunità. L’idea nasce da due fattori scatenanti: in primis sono un architetto e sono un grandissimo appassionato di arte. Infatti ho sempre avuto il cruccio di organizzare un vernissage. Così ho riunito due dei miei più grandi desideri. Il progetto, chiaramente, non è nato dal nulla ma ha radici profonde un anno, ammetto che non è stato affatto semplice: ho riscontrato molteplici difficoltà, tra richieste di concessioni e problemi burocratici.”

La kermesse è stata organizzata a sostegno dell’Associazione “Walking together”, che promuove un’iniziativa di raccolta fondi a favore dell’Anoalite Hospital di Mungbere, R.D. Congo, che si occupa dello sviluppo dei mezzi di prevenzione del cancro alla mammella.

La gente accorsa durante l’inaugurazione è il chiaro sintomo di una città affamata di cultura e sensibile ad un tema così delicato. Una città che ultimamente è sempre più cosciente e attiva verso argomenti di tale portata. Lo dimostra la partecipazione numerosa. Circa un centianio gli avventori che si sono recati nella piccola pinacoteca complimentadosi e contribuendo all’iniziativa.

Le opere esposte, fuori dagli schemi convenzionali, riprendono tutte il manifesto che Fabio di Bella ha lanciato alla Camera di Commercio nel 2016: Neovisionismo-Sacro contemporaneo. Come spiega lo stesso artista:

“Neovisionismo-Sacro contemporaneo: va interpretato alla lettera, cioè, la visione del sacro nel nostro contemporaneo, che in questo momento, cammina in largo e in lungo senza avere una giusta direzione. È un mio modo di vedere, che nasce dalla mia intimità. Oggi la gente sta perdendo il contatto reale con ciò che è il sacro. Vorrei far capire con le mie opere che il sacro è insito nell’essere umano. Non ha un volto. Sacro in quanto umano. La riconoscenza di una dimensione sacra, di un qualcosa attraverso cui si può vedere oltre per arrivare alla profonda natura delle cose.”

Gabriella Parasiliti Collazzo

Il MuMe regala alle donne un percorso tutto al femminile

Venerdì 8 e sabato 9 marzo 2019.  Museo Interdisciplinare di Messina in accordo con l’associazione Guide Turistiche Eolie-Messina-Taormina, con a capo Cristina Leone, celebra la Festa della Donna organizzando un percorso tematico dedicato alla figura femminile.
L’evento intitolato “D d’arte” è stato progettato con l’intento di analizzare lo sviluppo della figura femminile nell’arte attraverso la descrizione di 12 opere selezionate. I visitatori, infatti, sono stati accompagnati dalle guide attraverso le collezioni museali, per osservare statue, dipinti e mosaici da una nuova prospettiva: come la donna sia stata protagonista, soggetto e musa ispiratrice nell’arte. Un tour tutto al femminile che si è snodato dalla sezione archeologica fino all’ultima tela scelta per il percorso: un ritratto di fine Ottocento.

 

Ѐ Costanza Rizzo, segretario dell’associazione Guide Turistiche Eolie-Messina-Taormina a spiegarci il perché di un percorso così singolare:

 

“L’idea nasce dal Presidente dall’associazione Cristina Leone. Da anni propone di fare questo tipo di percorso. Sia perché ci piace l’idea di celebrare la donna in modo diverso, infatti, organizziamo tantissime iniziative durante l’anno, sia perché volevamo mostrare alcune opere del Museo che vengono trascurate dai nostri visitatori. Il MuMe è famoso per Antonello, per Caravaggio, per il Montorsoli, ma moltissimi quadri, come il ritratto che fa da copertina alla nostra iniziativa, il ritratto della Donna in Nero, solitamente passano inosservati agli occhi dei visitatori, in quanto è esposto in una delle ultime sale. Proprio per questo abbiamo voluto portare alla ribalta una serie di opere meno note. Abbiamo scelto donne sante, martiri, tutte donne vittime di femminicidio. Infatti l’idea era quella di fare un parallelismo tra il femminicio oggi e quello nei secoli scorsi. Soprattutto perché le donne rappresentate all’interno delle nostre gallerie – dato che le collezioni presenti all’interno del Museo hanno pochi ritratti profani o semplicemente di donne reali- purtroppo raccontano spesso storie di martirii. Tali torture fungevano da esempio per le donne del tempo affinchè fossero dimesse, fossero umili, religiose. Noi abbiamo posto l’accento su questo. Esaltando la bellezza femminile e chiudendo il nostro tour con una donna aristocratica. Una donna consapevole, piena di sé, cinta in un abito mozzafiato che esalta la sua femminilità. Infatti, tengo a precisare che noi aderiamo all’iniziativa del posto occupato, e che, organizzando questa giornata, interamente dedicata alla donna, non intendiamo esaltare nessuna differenza di genere. Anzi. Organizzeremo una giornata tutta al maschile per la festa del papà perché abbiamo tantissime iconografie di uomini presenti all’interno delle sale. ”

 

Per la giornata dell’8 marzo è stato assicurato al gentil sesso, dalle 9 alle 18.30, l’ingresso gratuito, come disposto dall’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’identità siciliana. Affluenza stupefacente. Altissima. Molto più delle aspettative riposte. Affluenza di entrambi i sessi. Uomini e donne.

Il MuMe ha confermato, ancora una volta, gli obiettivi di impulso di crescita sociale e culturale del territorio aderendo al Progetto Nazionale dedicato alle vittime della violenza di genere riservando un Posto Occupato nelle sale museali, davanti al dipinto La Strage degli Innocenti, databile fra il 1609 e il 1610, del messinese Alonzo Rodriquez.

La scelta dell’opera, proposta dalla direttrice della struttura museale Caterina Di Giacomo è stata condivisa per il forte impatto emozionale da Maria Andaloro, ideatrice della significativa e importante iniziativa.

 

Gabriella Parasiliti Collazzo