Lo “sbarco selettivo” dei migranti in Italia: il punto sulla situazione

In Italia si torna a parlare di immigrazione e aiuti umanitari e lo si fa di fronte ad una situazione urgente e delicata. Tutto ha inizio con varie operazioni di salvataggio in mare da parte di alcune Ong, che hanno accolto a bordo delle loro navi molte persone e successivamente hanno ricercato porti sicuri dove attraccare. Due di queste imbarcazioni, la Humanity 1 e la Geo Barents, sono arrivate al porto di Catania dove hanno ricevuto un accoglienza particolarmente fredda da parte del governo italiano. Il neo ministro dell’Interno Piantedosi ha, infatti, “aperto le porte” a donne incinte, bambini e persone che versavano in grave stato di salute, lasciando a bordo gli altri.

 

Il provvedimento interministeriale

Questo duro atteggiamento nei confronti dei migranti fa tornare alla mente il periodo nel quale il posto di ministro dell’Interno era occupato da Matteo Salvini. Proprio il segretario della Lega, attualmente ministro delle Infrastrutture e vicepremier, ha firmato un provvedimento interministeriale insieme allo stesso Piantedosi e al ministro della Difesa, Guido Crosetto.

Tale provvedimento impone l’obbligo per le navi di tornare in acque internazionali, con tutte le persone “non idonee” ai parametri di accoglienza a bordo. Attualmente però le imbarcazioni non accennano a lasciare il porto andando contro di fatto alla decisione del governo.

Inoltre, la Ong Sos Humanity, responsabile della Humanity 1, ha deciso di fare ricorso al Tar del Lazio. Di conseguenza, con molta probabilità, avrà inizio una vicenda giudiziaria tra le due parti.

Intanto, però, sulla nave divampano le proteste, con molte persone che hanno iniziato uno sciopero della fame, rifiutando il cibo che gli veniva fornito. Moti di protesta che sono presenti anche sulla “terra ferma” e vedono la partecipazione in prima linea di una voce politica che si è distinta particolarmente nelle scorse elezioni: Aboubakar Soumahoro.

Foto della Humanity 1. Fonte: roma.corriere.it

Il dibattito politico: il disordine del centro-sinistra

«Salirò sulla nave Humanity 1 nelle prossime ore se il governo Meloni terrà sospese le vite umane nelle acque territoriali italiane per propaganda ideologico-identitaria. Le vite umane si salvano. È finita la campagna elettorale. Governare è rispettare la Costituzione»

Questa la dichiarazione di Soumahoro. Il deputato dell’alleanza VerdiSinistra Italiana, che durante la scorsa campagna elettorale ci aveva abituati a parole incisive e forti, anche questa volta non è stato da meno. Questa “linea dell’intransigenza” però non è stata sposata da tutti i partiti dell’opposizione che, per l’ennesima volta, appare estremamente disunita.

Molti degli esponenti del centro-sinistra, infatti, hanno atteso parecchio prima di esprimersi in merito alla questione. Ad esempio l’ex premier Giuseppe Conte ha rotto da poco un silenzio durato due giorni. queste le sue parole:

«Questo governo scoprirà che il nazionalismo arrogante non porta da nessuna parte. Serve un coordinamento europeo per l’adozione di un meccanismo comunitario di gestione, accoglienza e redistribuzione dei migranti che raggiungono le coste europee. Dobbiamo incrementare le iniziative di cooperazione, nel segno di un partenariato fra eguali, con i Paesi terzi di origine e di transito delle rotte migratorie. Abbiamo bisogno di rafforzare il sistema dei rimpatri per i migranti che non hanno diritto ad alcuna protezione».

Sono state parecchie le critiche nei confronti dell’attuale presidente del Movimento 5 stelle a seguito di questa dichiarazione. Spicca tra queste il tweet di Carlo Calenda, leader del partito politico “Azione”:

Lo sbarco completato a Reggio Calabria

A poca distanza da Catania, presso il porto di Reggio Calabria, si è verificato uno scenario completamente diverso. La nave Rise Above dell’Ong lifeline ha attraccato al molo di ponente e tutte le persone a bordo sono sbarcate in completa sicurezza. Questa differenza di trattamento tra le imbarcazioni si è verificata, perché la missione umanitaria della Rise Above è stata considerata come un evento SAR  (acronimo di Search and Rescue). Ovvero, è stato un recupero pianificato, in accordo e coordinazione con le forze dell’ordine e le autorità italiane.

La nave Rise Above. Fonte: tgcom24.it

L’Ocean Viking e il rifiuto di attraccare

Risulta essere singolare il caso dell’imbarcazione Ocean Vikings. Osservando la situazione al porto di Catania, i comandanti della nave hanno deciso di non attraccare e di cercare altri porti che potessero garantire uno sbarco integrale e non “selettivo”.

«devono essere sbarcati senza ulteriori ritardi e senza distinzioni. L’attuale situazione di stallo è disumana, viola molteplici principi del diritto marittimo e umanitario. E mette ulteriormente a rischio persone che sono in urgente bisogno di protezione. Questo gioco politico non può continuare a violare il diritto dei naufraghi a sbarcare il prima possibile».

Queste le parole di Nicola Stalla, coordinatore dei soccorsi a bordo. Dopo aver chiesto aiuto anche a Spagna e Grecia la nave dell’Ong francese Sos Mediterranée ha ricevuto il via libera proprio della Francia dove sbarcheranno tutte le 234 persone a bordo.

Francesco Pullella

Russia, la denuncia dell’ONG: diffuse foto di torture e stupri nelle carceri russe

In Russia la fuga di notizie per la diffusione di foto e video contenenti atti violenti, ha generato il terrore provocando forti reazioni da parte dell’opinione pubblica internazionale. Ad intervenire per primo è stato il Comitato Investigativo russo che ha avviato un’inchiesta, insieme all’indagine condotta dal Servizio Federale delle Prigioni (FSIN).

Le vittime di stupro nelle carceri –Fonte:internazionale.it

La Gulagu.net, un’importante ONG russa, afferma di aver ottenuto migliaia di video che mostrano maltrattamenti verso i detenuti. Trapelano scenari di tortura e stupro, adoperate da diverse guardie carceriere di altrettanti vari istituti di detenzione del Paese. Il fondatore dell’ONG, Vladimir Osečkin, ha dichiarato di possedere più di 40 gigabyte di immagini video che mostrano le crudeltà.

Il contenuto dei file

Le foto ritraggono carcerati picchiati, con mani e piedi legati, trascinati nudi tra i corridoi dei penitenziari e sodomizzati con dei bastoni, o violentati dagli agenti. Queste pratiche venivano effettuate presso l’OTB-1, ospedale del carcere di Saratov nella regione del Volga (Russia).

La denuncia da parte del Gulagu ad inizio di quest’anno è avvenuta sia grazie all’autenticazione delle fotografie, sia per il racconto di altri prigionieri che hanno riportato di aver subito gli stessi episodi.

Stupri e torture contro i detenuti –Fonte:ilfattoquotidiano.it

Sarebbe stato girato il 18 febbraio del 2020 un video in cui figurava un uomo ammanettato e messo ai piedi di un letto mentre era vittima di uno stupro. La diffusione poi dall’ONG attraverso un canale Telegram, rappresenta solo un esempio delle migliaia di video che essa vanta di possedere e che provengono da un ex detenuto che si trovava proprio a Saratov.

La denuncia dei video

Gulagu.net –Fonte:chernayakobra.ru

La circolazione clandestina dei video dagli archivi del servizio carcerario russo è stata raccontata dallo stesso Osečkin, in un’intervista nel corso del podcast “Cosa è successo” del giornale online Meduza. Egli afferma che i dati sono stati forniti da un giovane programmatore bielorusso di nome Sergej che dal 2016 al 2021 ha lavorato all’OTB-1 di Saratov, facente parte del sistema carcerario russo (FSIN).

Una volta libero lo “snowden bielorusso” ha consegnato una copia del materiale agli attivisti di Gulagu.net, ed ha chiesto asilo politico in Francia.

L’organizzazione ha così fatto circolare online alcuni frammenti di video, sollecitando contemporaneamente le autorità della necessità di attuare riforme.

Chi è Sergej?

Nel 2013 Sergej viene arrestato da due agenti dell’FSB (Servizi segreti interni), a seguito del ritrovamento nella sua vettura di sei chili di stupefacenti e condannato a nove anni di carcere duro.

Nel 2015 viene quindi trasferito alla IK-10 di Saratov temporaneamente e dopo pochi giorni, l’amministrazione carceraria essendo a conoscenza delle sue abilità informatiche, lo trasferisce nell’OTB-1 di Saratov. Questa era una struttura che ospitava malati di tubercolosi e così seguendo un meccanismo ben rodato, i medici del carcere IK-10 dichiarano che Sergej è potenzialmente malato di tubercolosi e dispongono il suo trasferimento verso il malfamato OTB-1.

Sergej –Fonte:france24.com

Per cinque anni si occupa delle videoregistrazioni delle torture, facendo copie da consegnare ai membri dei servizi segreti e dell’amministrazione carceraria e per sfuggire alle torture fisiche, decide di subire incommensurabili supplizi psicologici, entrando in contatto ogni giorno con video aventi ad oggetto ogni genere di violenza.

Fu interrogato dallo stesso Vladimir Osečkin sul perché, a fine pena, abbia deciso di collaborare con Gulagu.net per portare alla luce questi fatti. Egli dichiarò che a parer suo, questa si presenta come l’unica associazione che non ha paura di enunciare la verità, presentandosi come la sola a poter portare il necessario peso alla riforma del sistema carcerario.

La sistematicità delle torture

La sistematicità di tali azioni all’interno dell’intero sistema carcerario, dalla Russia centrale all’estremo oriente, ha perciò ricevuto una risonanza mediatica sempre più ampia, provando forti reazioni internazionali.

L’apertura di sette indagini da parte del Comitato Investigativo, a seguito della violazione degli articoli 132  “Azioni violente di carattere sessuale” e 286 “Abuso di potere tramite la violenza o minaccia di violenza” del Codice Penale, mostrano come fine essenziale quello di condannare gli esecutori dei supplizi e che prevedevano estorsioni e ricatti attraverso le videoregistrazioni delle violenze.

Torture nelle carceri –Fonte:amnesty.it

Il difensore dei diritti umani e politico, Andrej Babuškin, ha poi affermato in una diretta al canale televisivo Dožd, che lo sviluppo di tale sistema è stato possibile grazie all’inadeguata formazione dell’amministrazione carceraria. Ciò si è manifestato a seguito del clima di repressione diffuso nel paese, ed a un usuale odio verso i criminali. Il sistema di supervisione affidato alle Commissioni Pubbliche di Sorveglianza, prevede una composizione interna costituita da non specialisti, che andrebbe perciò modificato, dando un ruolo centrale alle associazioni per la difesa dei diritti umani e in particolare dei prigionieri.

Le accuse alle autorità russe

Secondo alcune testimonianze traspare l’ipocrisia delle autorità, le quali attuano una presa di distanza dalle atrocità create dai generali FSIN e FSB, usate per piegare la volontà dei detenuti. Nei video si vedono questi agenti attuare stupri e altre violenze per promuovere la cooperazione e l’acquiescenza dei detenuti.

L’organizzazione per le comunicazioni ed emittente radiofonica fondata dal Congresso degli Stati Uniti, la RFE/RL, fa comprendere come gli stessi carcerati diventano vittime della macchina della tortura se firmano false testimonianze preparate dagli investigatori.

Video delle torture in Russia –Fonte:bbc.com

Si legge dunque tra le righe la grave assenza dell’intervento del Governo, che non sta facendo abbastanza per condurre un’indagine efficace.

Le sei carceri nel mirino

Secondo l’ONG le violenze, gli stupri e le intimidazioni provengono da sei regioni russe situate nelle regioni di Saratov, Vladimir, Irkutsk, Belgorod, TransBaikal e Kamchatka.

Queste saranno altresì notificate alle Nazioni Unite e al Consiglio d’Europa (CdE), cioè a quell’organizzazione internazionale il cui scopo è promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa.

Consiglio d’Europa –Fonte:coe.int

Nell’intervento apportato dal portavoce di Putin, Dmitry Peskov, si afferma che

“Se l’autenticità di questi materiali è confermata, sarà motivo per avviare una seria indagine. È necessario risolverlo rapidamente ma con calma e stabilire l’autenticità.”

Si comprende pertanto la necessaria urgenza di svecchiamento dell’intero sistema carcerario e di quei servizi segreti, quali l’FSB, affinché l’azione delle stesse sia compatibile con il rispetto dei diritti fondamentali dell’individuo.

Giovanna Sgarlata

Sea Watch 3, l’inchiesta su Carola Rackete è stata archiviata

Era la notte del 29 giugno del 2019 quando la Sea Watch 3, nave battente bandiera dei Paesi Bassi, forzò l’ingresso all’interno del porto di Lampedusa. Al momento dell’attracco la nave fece scendere a terra ben 42 persone, migranti recuperati a largo della costa libica. Questa faceva, e fa tutt’oggi, parte della ONG tedesca Sea Watch, da anni impegnata nel recupero e salvataggio di migranti nel Mediterraneo. La vicenda ebbe particolare risalto mediatico e monopolizzò nei giorni successivi l’attenzione dei principali salotti televisivi. In particolar modo, a finire nell’occhio del ciclone fu il comandante dell’imbarcazione, la tedesca Carola Rackete. Fu la 31enne a decidere volontariamente di violare le indicazioni delle autorità italiane e sbarcare sull’isola finendo con l’urtare, nel corso delle manovre di attracco, con una motovedetta della guardia di finanza italiana. Anche per questo motivo Carola venne successivamente arrestata con l’accusa di resistenza a una nave da guerra e tentato naufragio. Oggi, a due anni di distanza da quei fatti, la Procura di Agrigento ha visto accogliersi la sua richiesta di archiviazione delle accuse a carico della comandante della nave Sea Watch 3 da parte del gip di Agrigento.

La Sea Watch 3, fonte: Vita.it

I pregressi della vicenda

La Sea Watch-3 recuperò 53 persone nelle acque della zona SAR (search and rescue) libica il 12 giugno 2019. Di questi, 11 furono immediatamente portate a terra trovandosi in condizioni fisiche critiche e necessitanti immediato intervento medico. Le restanti 42 rimasero a bordo della nave che si diresse verso l’Italia. Il porto più vicino era quello di Lampedusa ma l’imbarcazione dovette rimanere in posizione di attesa in acque internazionali poiché le autorità italiane non rilasciavano il permesso di entrare. Col passare dei giorni e il perdurare del divieto, il 21 giugno venne fatta richiesta alla Corte europea dei diritti dell’uomo affinché questa costringesse l’Italia a far approdare la nave. La richiesta, proveniente dal comandante Carola Rackete, venne respinta poiché il tribunale disponeva tali misure solo in caso vi fosse un “rischio immediato di danno irreparabile”. Per il tribunale la situazione a bordo non era tale per cui obbligare l’Italia, che nel frattempo, comunque, si era premurata di assistere le persone ferite, le donne e i bambini.

L’allora Premier Giuseppe Conte e l’ex Ministro degli Interni Matteo Salvini. fonte: money.it

La situazione in Italia era enormemente differente rispetto ad oggi e il tema dell’immigrazione era tra i topic principali dell’agenda politica. La presenza al governo (l’allora Conte I) di un partito politico come la Lega, che faceva e fa tutt’oggi della lotta all’immigrazione uno dei suoi principali cavalli di battaglia, rendeva agli occhi di molti difficile la possibilità di risolvere diplomaticamente tali tipi di questioni. Il muro contro muro era la scelta normalmente più percorsa sebbene la maggior parte delle vicende si risolvessero, lontano dal clangore mediatico, con il salvataggio degli sfortunati. Inoltre era da poco stato varato il Decreto Sicurezza-bis, voluto fortemente dall’allora segretario della Lega e Ministro dell’Interno Matteo Salvini, e previsto dal “contratto di governo” stipulato con il MoVimento 5 Stelle.

 

L’approdo della Sea Watch 3

Dopo due settimane di navigazione, la nave da diporto entrò nelle acque territoriali italiane. Ciò avvenne in violazione del divieto emesso dalle stesse autorità italiane e provocò immediatamente le ire del Ministro degli Interni. A rendere ancor più incandescente la questione certamente contribuì l’urto della Sea Watch 3 con una motovedetta della guardia di finanza. Quest’ultima, ponendosi tra l’imbarcazione e la banchina del porto, cercò di impedire l’attracco della nave dell’ONG tedesca che, impegnata nelle operazioni di ormeggio, finì con l’urtarla. Nel corso delle ore successive ai migranti vennero prestate misure di primo soccorso ma l’attenzione mediatica fu tutta riversa nei confronti della comandante tedesca.

Carola Rackete al momento dell’arresto, fonte: LaRepubblica

L’immagine di Carola Rackete fu letteralmente presa di mira, non solo per il ruolo svolto nella vicenda, ma in quanto donna, tedesca e facente parte di una ONG. I suoi capelli, la sua provenienza da un contesto familiare agiato e il fatto di essersi presentata alla Procura di Agrigento senza reggiseno divennero i temi caldi di quei giorni estivi e parvero divenire aggravanti alle azioni da lei commesse. La nave fu sottoposta a fermo dalla guardia costiera e la sua comandante accusata di resistenza a nave da guerra e tentato naufragio, per cui è prevista la reclusione dai tre ai dieci anni.

La solidarietà e gli insulti verso Carola Rackete

L’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, venuto a sapere della vicenda, offrì di prendersi cura dei migranti senza costi per lo Stato italiano. Offerte simili provennero da diverse città tedesche e vennero ribadite da Horst Seehofer, Ministro degli Interni tedesco, a patto però che venissero coinvolti altri stati dell’Unione Europea. Il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio dispose nei confronti della 31enne tedesca gli arresti domiciliari ma la gip (giudice delle indagini preliminari) di Agrigento, Alessandra Vella, decise successivamente di non convalidare il fermo. Nel frattempo la vicenda animava non solo i tribunali e le tv ma anche i social.

post sulla pagina facebook di Matteo Salvini, fonte: Globalist

Carola Rackete divenne bersaglio principale della “bestia” di Matteo Salvini. La macchina social, vero e proprio fulcro della propaganda salviniana, non elemosinava certo commenti di plauso o vicinanza. Nonostante il trattamento riservatole, nel settembre 2019, la comandante tedesca querelò l’oramai ex ministro degli interni per diffamazioni. Ai messaggi di odio e insulti si contrapponevano però anche quelli di elogio e solidarietà. Una raccolta fondi imbastita nei giorni successivi all’approccio della Sea Watch 3 raccolse più di 500 mila euro per coprire le spese legali. 

fonte: LiberoQuotidiano

La conclusione

Oggi, a due anni dai fatti, come detto la vicenda si è conclusa. Già nel febbraio 2020 la Cassazione aveva confermato la legittimità del “no” all’arresto di Rackete. Nelle motivazioni depositate si legge che “la comandante della Sea Watch 3 ha agito correttamente in base alle disposizioni sul salvataggio in mare. Ella è dovuta entrare nel porto di Lampedusa poiché l’obbligo di prestare soccorso non si esaurisce nell’atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare, ma comporta l’obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro”.

È inoltre stata esclusa la natura di nave da guerra della motovedetta perché “al comando non c’era un ufficiale della Marina militare, come prescrivono le norme, ma un maresciallo delle Fiamme Gialle”.

Carola Rackete ha dunque agito in maniera “giustificata” dal rischio di pericolo per le vite dei migranti a bordo della sua nave.

Filippo Giletto