Crioablazione: nuove frontiere nella ricerca al Rizzoli di Bologna

L’istituto Rizzoli di Bologna mediante la tecnica della crioterapia, è riuscito a curare i primi sei pazienti affetti da fibromatosi desmoide.

  1. Cos’è la fibromatosi desmoide?
  2. Il trattamento convenzionale
  3. Cos’è la crioablazione?
  4. Procedura clinica
  5. Intervento al Rizzoli di bologna
  6. Conclusioni

Cos’è la fibromatosi desmoide?

La fibromatosi desmoide è una neoplasia fibrosa benigna (raramente maligna), che origina dal tessuto connettivo, rappresentando il 3% delle neoplasie dei tessuti molli.
È una malattia rara che colpisce soggetti giovani (10-40 anni di età), con maggiore prevalenza nel sesso femminile. Si manifesta con crescita anomala dei tessuti molli delle estremità e delle cellule fibromuscolari a livello addominale. Ne consegue dolore, compressione degli organi interni e disturbi della motilità.
Esistono forme sporadiche e forme genetiche. Le prime sono dovute, nell’ 80% casi, alla mutazione del gene beta-catenina, mentre nel restante 20% al gene APC. Le seconde, invece, sono correlate alla poliposi familiare per alterazione del gene APC.

 

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Il trattamento convenzionale

Il trattamento convenzionale, fino ad oggi utilizzato, comporta l’asportazione chirurgica combinata alla chemioterapia o radioterapia. 
A causa delle numerose recidive riscontrate nel 60% dei pazienti, si è notato però che non è preferibile intervenire chirurgicamente ma farmacologicamente, bloccando unicamente la crescita del tumore.
Grazie alla tecnica della crioterapia, è stata studiata la possibilità di eliminare la neoplasia attraverso crioablazione, riducendo così il deficit derivante all’intervento chirurgico tradizionale.

Che cos’è la Crioablazione?

La crioablazione è una tecnica della radiologia interventistica eseguita sotto guida radiologica, che consiste nel congelare letteralmente le cellule. Gli ambiti di applicazione variano dalla cardiochirurgia, utilizzata nella cura delle aritmie, fino alla rimozione di tumori, come avvenuto al Rizzoli di Bologna per sei pazienti affetti da fibromatosi desmoide.

 

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Procedura clinica

L‘intervento avviene in anestesia locale, inserendo uno o più aghi nella massa tumorale. Attraverso questi viene inoculato gas di temperatura inferiore ai -20 °C. In tal modo l’acqua presente nelle cellule tumorali si condensa in ghiaccio, causando necrosi cellulare e liberando gli antigeni tumorali. Ciò induce una risposta immunitaria contro il tumore.
Dunque la crioablazione consente di agire solo sulla massa tumorale senza intaccare tessuti sani, come avviene difatti con la chemioterapia.

Intervento al Rizzoli di Bologna

Il primo intervento in Italia è stato eseguito a luglio 2020 su un paziente di 39 anni. Il soggetto soffriva di dolore intenso e debilitante nella zona di crescita del tumore. Ha portato a scomparsa quasi completa della massa tumorale con una singola seduta.
Lo studio è stato diretto dal dottor Costantino Errani e dal radiologo interventista Giancarlo Facchini, basandosi sui primi risultati di uno studio americano del Memorial Sloan Kettering Cancer Center ed uno studio multicentrico francese.

 

http://www.ior.it/

Conclusioni

Offrire ai malati non solo una valida alternativa a un trattamento aggressivo o invasivo ma soprattutto una tecnica più efficace è ciò che ogni medico desidera per i propri pazienti”
Anselmo Campagna

Livio Milazzo

Bibliografia

Congelare il tumore con la crioterapia. Al Rizzoli di Bologna curati con questa tecnica i primi 6 pazienti affetti da fibromatosi desmoide | ISTITUTO ORTOPEDICO RIZZOLI (ior.it)

Fibromatosi di tipo desmoide – irccstumori (istitutotumori.mi.it)

Poliposi adenomatosa familiare – Disturbi gastrointestinali – Manuali MSD Edizione Professionisti (msdmanuals.com)

Emicrania, malattia sociale: nuovi farmaci, nuove frontiere verso una medicina di precisione.

L’emicrania è un disordine neurobiologico primario di notevole impatto sociale ed economico. Fa parte delle cefalee primarie, insorge senza una causa organica chiaramente identificabile, nessuna lesione strutturale a livello cerebrale,  alla base una disfunzione di sistemi e circuiti neurotrasmettitoriali.

 

L’emicrania è un disturbo neurovascolare dovuto alla sensibilizzazione del nervo trigemino (V nervo cranico); il quale causa rilascio di sostanze proinfiammatorie che agiscono a livello vascolare. Queste provocano vasodilatazione nella circolazione intracranica, con i conseguenti sintomi associati.

Si tratta di una patologia molto frequente, infatti, chi ne soffre costituisce il 14% della popolazione mondiale, all’incirca un miliardo di persone. Ben 4 milioni di persone nella nostra nazione hanno almeno cinque episodi di emicrania al mese. Nell’ultimo anno è nato il primo registro Nazionale per l’emicrania, una banca dati per censire i pazienti affetti da questa patologia sottostimata e poco riconosciuta.

Il dolore è altamente invalidante, può perdurare per giorni accompagnandosi a nausea, vomito, fotofobia (fastidio per la luce) e per i rumori o suoni (fonofobia) e anche odori (osmofobia). Talvolta può presentarsi con “aura” preceduto da disturbi visivi o sensoriali, per cui il soggetto è costretto a stare al buio e in silenzio.

Colpisce soggetti tra i 25-55 anni, nel pieno della propria vita produttiva, influenzando l’attività lavorativa, sociale e personale. Può cronicizzare e accompagnare buona parte della vita il paziente. Le donne ne sono maggiormente affette, fattori predisponenti sono gli sbalzi ormonali.

Quando supera le 4 giornate di cefalea al mese bisogna rivolgersi al medico.

Nuovi anticorpi monoclonali e il loro meccanismo d’azione

In passato si affidava il compito ad antidolorifici per migliorare la qualità di vita del paziente o ad altri farmaci come i triptani agenti sulla serotonina. Oggi invece, non si agisce sul dolore ma sui meccanismi che sono alla base dello sviluppo dell’emicrania.

I nuovi  farmaci sono anticorpi monoclonali, hanno come bersaglio molecolare il neuropeptide correlato al gene della Calcitonina (Cgrp), o sul suo recettore. Tale neuropeptide è un vasodilatatore presente in maggiore quantità negli emicranici, responsabile della percezione del dolore. Fa percepire dolorosi stimoli che normalmente non lo sarebbero.

Gli anticorpi monoclonali sono indicati per le forme di emicrania più grave, quelle con una frequenza mensile superiore a quattro episodi.

Basta effettuare una semplice iniezione mensile sottocutanea, in modo da evitare la comparsa delle crisi ed il ricorso continuo ad antidolorifici.

I Risultati si sono dimostrati sicuri ed efficaci nella prevenzione e  nel trattamento acuto e cronico.

Al momento già disponibile una molecola chiamata Erenumab; altre due dovrebbero essere messe in commercio entro la fine del 2019, con possibilità di passare ad un’iniezione ogni tre mesi.

Vi è un apertura a nuove frontiere si parla sempre più di medicina di precisione.


Nuove speranze fornite anche dai farmaci “nuovi gepanti” (antagonisti del recettore Cgrp ) come Atogepant, che bloccano l’attacco acuto emicranico. Sono piccole molecole assunte per via orale, le quali aprono la possibilità di un trattamento immediato e al bisogno una maggiore adesione del paziente alla terapia a lungo termine, il paziente non deve recarsi in ospedale per la terapia.

I nuovi gepanti non causano vasocostrizione quindi potrebbero essere prescritti ai pazienti con problemi circolatori e vascolari, a differenza dei triptani che presentano controindicazioni in questa categoria di pazienti.

Inoltre sembrano non avere il potenziale di causare problemi al fegato, come alcune delle precedenti piccole molecole. Gli studi clinici su precedenti gepanti, come il telcagepant, erano stati interrotti a causa di problemi di tossicità epatica.

Il limite risiede nell’alto costo di queste nuove terapie.

La rimborsabilità è in fase di negoziazione con l’Aifa ed prevista per il secondo semestre 2019.

Consigli trattamento per paziente emicranico.

Professor Paolo Martelletti, Presidente SISC(Società Italiana per lo Studio delle Cefalee), Professore presso La Sapienza di Roma.

 

I suggerimenti dal Professor Paolo Martelletti, Presidente della Società Italiana per lo Studio delle Cefalee (SISC) sono:

Rispettare il ritmo sonno veglia e l‘assunzione regolare del cibo, mai saltare i pasti e mantenere adeguata idratazione.

Non assumere sostanza diretta o indiretta contenente alcolici perché può aggravare sia l’ emicrania che le cefalee a grappolo.

L’assunzione di caffeina e estro-progestinici può peggiorarla.

Evitare il continuo abuso di farmaci antidolorifici, molto spesso autoprescritti.

Essere consci che solo una adeguata prevenzione e un adeguato trattamento può arrestare la cronicizzazione e ridurre l’intensità e la frequenza, il numero degli attacchi.

Daniela Cannistrà