Quattro chiacchiere con la prof.ssa Maria Astone – Il CORECOM Sicilia

Si sa, l’UniMe ha tante eccellenze passate, presenti e, ci si augura, future. Un grande onore del nostro Ateneo, specialmente del dipartimento di Giurisprudenza, è il ruolo che ricopre la prof.ssa Maria Annunziata Astone, ordinario di Diritto Privato, a livello regionale: è lei l’attuale presidente del Corecom Sicilia. Il Corecom – Comitato Regionale per le Comunicazioni –  è un organo funzionale dell’Autorità Garante per le Comunicazioni (Agcom) previsto da una legge nazionale. Ma in cosa consiste questo organo? Quali funzioni svolge? Perché è così importante per la comunità, la quale non lo conosce molto  bene? Noi di UniVersoMe non potevamo esimerci dal trovare le risposte a queste domande, ed il miglior modo è stato fare quattro chiacchiere a tu per tu con la professoressa!

©Sofia Campagna, Messina 2019

Essendovi in totale circa 400 emittenti presenti sul territorio regionale, in che modo il Corecom Sicilia regola la varietà di accesso ai media audio-visivi siciliani su cui esercita la vigilanza?

Dai nostri ultimi accertamenti effettuati, in Sicilia operano circa 367 televisioni private, numero che ritengo sia destinato in qualche modo a ridursi considerando il fatto che molte di queste emittenti vivono grazie ai contributi dello Stato. Conseguentemente nel momento in cui i criteri per il riconoscimento dei contributi diventano più restrittivi viene messa in discussione la loro sopravvivenza, con grave pregiudizio per il  pluralismo informativo e per l’economia dell’isola.
Per quanto riguarda il controllo del Comitato Regionale per le Comunicazioni della Regione Sicilia sull’operatività delle emittenti televisive viene tenuto presso la sede del Comitato  un registro degli operatori di comunicazione, il c.d. ROC. Inoltre per legge svolgiamo anche un’attività di sorveglianza e monitoraggio direttamente sulle trasmissioni, al fine di garantire le norme in materia di pubblicità, di par condicio in clima elettorale ed il rispetto delle norme dirette alla tutela  dei soggetti vulnerabili,  nelle diverse fasce orarie dei palinsesti televisivi.
Però devo dire che la normativa riguarda sole i media tradizionali, sicchè restano fuori da ogni controllo  i programmi che transitano sulle  nuove reti di comunicazione. La normativa nazionale in tema di monitoraggio e di sorveglianza infatti non è applicabile alla rete telematica. Sotto questo profilo, l’ordinamento giuridico italiano è del tutto insufficiente rispetto alle nuove esigenze.

©Sofia Campagna, Messina 2019

Mi ha anticipata riguardo la prossima domanda. Difatti in vista della prossima razionalizzazione della capacità trasmissiva degli operatori audio-visivi di reti locali, quale futuro intravede per gli stessi fornitori di media locali?

Guardi, io innanzitutto credo che il futuro sia da scrivere, però noto delle difficoltà enormi.  Infatti sia con l’introduzione   della normativa europea sul codice europeo delle comunicazioni elettroniche, sia il nuovo assetto delle reti di comunicazioni che a breve prenderà avvio determinerà  una crisi di molte realtà televisive locali. Questo è un grande problema perché non è in gioco solo l’informazione, bensì anche i livelli occupazionali di coloro che lavorano all’interno di questa realtà, basti pensare ai giornalisti, i registi, gli operatori tecnici. È necessario che le autorità intervengano quanto meno per sostenere sia i soggetti che operano all’interno delle  televisioni private sia per continuare a garantire il pluralismo informativo. Un ruolo molto importante potrà  essere svolto dalla regione Sicilia, così come ho rappresentato  in una conferenza svoltasi lo scorso Aprile, al presidente dell’ARS Miccichè. E’ opportuno che la Regione Sicilia si doti di una normativa organica e adeguata alle nuove tecnologie  in materia di informazione;  e a tal proposito il Corecom intende presentare diverse proposte.

Il Corecom Sicilia possiede delle particolari funzioni rispetto agli altri, essendo nominato da un’assemblea regionale a statuto speciale?

Il Corecom Sicilia non si differenzia rispetto agli stessi organi delle altre regioni. Ha delle funzioni proprie come quella consultiva dell’Ars e della Giunta Regionale nelle materie di propria competenza; funzioni di supporto al governo Regionale e all’Ars per le iniziative inerenti al settore dell’informazione.

©Sofia Campagna, Messina 2019

Le testate online dovrebbero essere registrate presso il Roc, il Corecom come concilia il controllo e la vigilanza con il principio di libertà di stampa?

Le testate online registrate in Sicilia sono solo 50, però sul punto va rilevato che il Corecom può svolgere sulle testate giornalistiche on line la stessa attività di sorveglianza che si attua per i giornali cartacei.. Tuttavia, come per quasi l’intera materia, ancora non abbiamo delle norme specifiche che ci forniscano una competenza in merito al loro controllo e molto è lasciato all’autonomia privata e agli accordi tra Agcom e gestori delle piattaforme online.

Un ringraziamento va alla prof.ssa Astone che con grande disponibilità si è prestata a questa intervista di un’aspirante avvocato con il desiderio di lavorare in questo “magico” mondo delle comunicazioni.

 

 

 

Giulia Greco

Malasanità, Errore Umano o Presunzione?

‘’Bimbo muore per otite’’

‘’Omeopatia uccide: bambino di 7 anni muore per otite’’

 

‘’Medico ammette: è stata colpa mia’’

‘’Muore a palermo per un intervento banale’’

Questi sono solo alcuni dei titoli che hanno invaso le testate giornalistiche e i media di tutta Italia. I due pazienti italiani non sono accomunati da niente, se non dalla stessa giornata che, purtroppo, segna la fine prematura della loro vita. E nemmeno i medici presi in causa hanno niente in comune se non, per il resto della loro vita, la domanda: ‘’potevo fare meglio?’’

Filippo Chiariello, 38 anni, era entrato in sala operatoria già timoroso. I familiari raccontano che in particolare aveva paura degli aghi. Il paziente era arrivato all’ospedale di Villa Sofia (Palermo) in emergenza, con dolori lancinanti allo stomaco. Dopo essersi sottoposto alla TC, il verdetto: calcoli alla colecisti, necessita un intervento in laparoscopia.

Il chirurgo ha alle spalle una carriera ventennale, nessuna ombra sul suo percorso, sa che questo tipo di intervento, senza complicanze, non dura più di 45 minuti. L’intervento inizia alle 17,30, introdotto il primo strumento chirurgico, il Trocar, viene erroneamente recisa l’aorta addominale e contemporaneamente perforato l’intestino. L’intervento viene convertito in un’operazione standard con il taglio chirurgico, il paziente ha però perso tantissimo sangue.

In tutta la città non è reperibile sangue del suo gruppo. Il paziente va in arresto cardiaco per tre volte, l’ultima volta per 40 minuti, c’è danno cerebrale. Sono passate più di otto ore. La mattina dopo alle 10.45 i medici dichiarano la morte cerebrale.

Francesco, 7 anni, ricoverato dal 24 maggio nella rianimazione dell’Ospedale Salesi (Ancona) a causa di un’otite curata con l’omeopatia invece che con gli antibiotici. Seguito da tre anni da un medico omeopata, a lui la madre e il padre si sono rivolti quando circa 15 giorni fa il figlio si è ammalato di otite bilaterale. Il bambino però peggiora, è sempre più debole, con la febbre che va e viene.

Fino alla notte del 23 maggio quando perde conoscenza. I genitori si precipitano all’ospedale di Urbino, dove una TC ha rivelato gravi danni al cervello. Viene tentato un intervento chirurgico per la rimozione dell’ascesso cerebrale, insieme a terapia antibiotica d’urto, ma le condizioni cliniche del bimbo non lasciano più speranze. Prima il coma, poi la morte cerebrale.

Sul piatto della bilancia, come già detto, ci sono due casi diversi, due medicine diverse.  Medicina tradizionale e medicina omeopatica.

Ci sono due medici. Uno che ha errato usando la medicina tradizionale, l’altro che ha errato usato la medicina omeopatica. Da questo punto in poi, il dibattito che si è susseguito in questi giorni è inarrestabile.

C’è chi si è schierato a spada tratta contro l’omeopatia, chi ha portato avanti le proprie idee a favore di essa. Chi non si è esposto, chi ha dato ragione ad un medico piuttosto che all’altro, chi ha urlato a gran voce la parola ‘’Malasanità’’.

La letteratura medica è un oceano infinito, che ogni giorno progredisce e si accresce. Nel campo medico non c’è qualcosa di completamente giusto o di completamente sbagliato. Non tutto funziona nello stesso modo per tutti, le stesse patologie non si presentano nello stesso identico modo in ogni essere umano.

Senza perder tempo, quindi, nell’analizzare quanto possa essere sbagliata o giusta una medicina piuttosto che un’altra, una corrente di pensiero piuttosto che un’altra, la vera domanda che bisogna porsi è: dove sta la presunzione e dove sta l’errore umano? A chi bisogna urlare malasanità e a chi no?

Questi due medici, rispettivamente, stanno iniziando un lungo percorso medico legale dove, alla fine, saranno o non saranno più medici.

La presunzione. La presunzione, nell’ambito medico, è un’arma a doppio taglio: può salvare un paziente oppure, insieme all’ego, può essere una trappola mortale. Una cosa è sicura: nessun medico può rischiare la vita di un altro essere umano. Lo giuriamo all’inizio della nostra carriera: ‘’Giuro, di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica”.

Da un lato, abbiamo un medico che, pur di difendere ad ogni costo le sue idee, il suo ego, il suo onore, ha ecceduto di presunzione e ha sbagliato. Le dinamiche interne non le possiamo sapere. Sappiamo, fin dal primo giorno, che le persone si fidano del camice bianco. Si fidano di quello che il camice bianco dice e consiglia.

I genitori, così tanto giudicati, hanno l’unica colpa di essersi fidati. Ma non di un pazzo medico che usa l’omeopatia, non si parla di questo perché, in alcuni casi, l’omeopatia è una medicina, per l’appunto, riconosciuta e con dei buoni range di applicazione. No. Di essersi fidati di un medico che, senza poterlo prevedere, ha messo se stesso prima di tutto, cercando di dimostrare, a chi o a cosa?, che il suo modus operandi andava bene. Un medico la cui presunzione chissà se e come verrà punita.

E poi c’è l’altro medico. Quel medico, quel chirurgo esperto, che, lui stesso dichiara, è uscito con la testa china, con le braccia basse, sconfitto, ed ha chiesto scusa ai parenti della vittima, sussurrando 3 parole: ‘’è colpa mia’’.

Parenti che, secondo le più grandi testate giornalistiche, hanno giurato fuoco e fiamme. Fuoco e fiamme contro un essere umano che, praticando il suo lavoro, quel lavoro che conosce così bene, ha errato. E, in questo campo, si sa, l’errore umano non è ammesso. Mai.

Che fine farà questo medico che ha ammesso di aver compiuto un errore? Potrà ancora fare il medico? Verrà punito più o meno dell’altro? Non essendo in una corte di giustizia, non è compito nostro rispondere. Rimane però il fatto che il suo errore, se ci si ferma a riflettere, non è del tutto suo.

Introdurre un Trocar, lo strumento che serve per gli interventi di laparoscopia, può portare questo tipo di conseguenze. I testi parlano chiaro: può capitare. E poi: ha funzionato correttamente lo strumento? O si è bloccata la leva cui è attaccato il bisturi? L’errore è umano o è dato da uno strumento difettoso?

E soprattutto: merita davvero tutto questo odio un medico che, fino alla fine, ha combattuto per il suo paziente, rispetto ad un medico che è rimasto seduto sulla sua sedia in collegamento telefonico con i suoi pazienti?

Quel che è certo è che da ora in poi questi due episodi si risolveranno nelle aule di tribunale. Un bambino, un padre di famiglia, coniugi, genitori e figli. Tutte vittime. La morte porta dolore, il dolore porta a riflettere, ma alla fine, esige silenzio.

Elena Anna Andronico

Alessio Gugliotta

REFERENDUM TRIVELLE. VINCONO GLI ASSENTEISTI E I SI’ MA NON C’E’ QUORUM, QUINDI NON SI AVRA’ NESSUN EFFETTO

 

piattaforma-petrolifera 

I dati sul referendum delle trivelle sono ormai certi e i risultati che riguardano la durata delle concessioni per le ricerche petrolifere non ha raggiunto il quorum (50%+1 degli aventi diritto al voto).

 

Il dato sull’affluenza per quanto riguarda gli 8000 comuni italiani al voto vede una percentuale di votanti che si attesta intorno al 32,15%, mentre la Sicilia si attesta al 28,40%.

 

Per quanto riguarda proprio la Sicilia, dati alla mano, ci indicano che Trapani è la città dove si è votato di più (33,30% di affluenza), seguita da Agrigento, Ragusa e Catania. A Palermo, dove ha votato anche il Presidente Mattarella, si è registrata una affluenza alle urne pari al 7,54% seguita da Siracusa con il 26,98%. Caltanissetta con il 22,50% si conferma la provincia dove si è votato meno e infine Gela che è il comune dove l’astensione è stata praticamente la regola.

 

Nella Città dello Stretto, dove ha votato il 24,4% delle persone aventi diritto, sono stati registrati percentuali per il “SI’” pari al 91,37% mentre i “NO” si sono attestati intorno all’ 8,63%.

 

I risultati del referendum cosiddetto “sulle trivelle” sono arrivati a partire dalle 23 della giornata di ieri per poi diventare più certi nel corso della notte. Il quorum del 50%+1 non essendo stato raggiunto fa sì che il referendum non avrà valore sul tema su cui era stato convocato.

 

Tanta fino all’ultimo la confusione delle persone sulle modalità di voto. Tale referendum era stato convocato per decidere se abrogare o meno la parte di una legge che permette, a chi ha ottenuto concessioni per estrarre gas o petrolio da piattaforme offshore entro 12 miglia dalla costa, di rinnovare la concessione fino all’esaurimento del giacimento.

 

Sul non raggiungimento del quorum ha giocato una cospicua indifferenza di molti italiani non solo al tema, ma anche allo stesso uso dello strumento del referendum rispetto a scelte giudicate troppo tecniche e limitate.

 

Per questa ragione molti sostenitori del “no”, ovvero coloro che erano a favore del mantenimento della norma, avevano puntato più sulla questione assenteismo che sulla ragione del voto contrario, cercando di incentivare il mancato raggiungimento del quorum necessario affinchè il risultato del referendum fosse considerato valido. Alla fine, sono questi che hanno vinto.

Pietro Genovese