Tutte le nuove terapie sperimentali approvate in Italia contro la COVID-19

Innumerevoli titoli sensazionalistici si sono susseguiti, su giornali e riviste non strettamente scientifiche, durante questa emergenza: dalle possibili panacee per tutti i mali alle cure più bizzarre, spesso risulta difficile orientarsi con cognizione di causa in questo labirinto di informazioni.

Oggi parliamo di tutte le novità in campo terapeutico e cerchiamo di comprendere quali potrebbero essere i farmaci più promettenti.

Sarilumab e siltuximab

Come ormai abbiamo imparato, la COVID-19 ha qualcosa in comune con l’artrite reumatoide (AR), patologia infiammatoria che colpisce le articolazioni. Già la scienza ha preso in prestito da questa malattia un farmaco, il tocilizumab, che già ha mostrato qualche risultato interessante, alcuni ancora non pubblicati, sopratutto nei pazienti gravi.

Se per il sarilumab ancora siamo agli albori, cosa ha spinto l’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) ad approvare studi a riguardo?

Entrambi (come potete notare anche dalla somiglianza dei nomi) sono anticorpi monoclonali: altro non sono che proteine prodotte in laboratorio, le quali legano specifiche molecole responsabili delle patologie delle quali stiamo parlando, in questo caso il recettore dell’interleuchina 6 (IL-6). Quest’ultima è una citochina (proteina prodotta in corso di infiammazione) che è molto rappresentata in pazienti affetti sia da AR che da COVID-19: per agire, l’IL-6 deve legare a sua volta il suo recettore, in modo tale da innescare processi che portano al proseguire dell’infiammazione e del danno a tessuti.

Immagine che mostra come il Kevzara (nome commerciale del sarilumab) lega il recettore dell’IL-6 (m IL-6R e sIL-6R) impedendo l’azione della stessa – Fonte:kevzarahcp.com

Questo aumento ingente delle citochine si verificherebbe soprattutto nei pazienti più gravi, che ad oggi devono pertanto affidarsi a farmaci in sperimentazione.

Attualmente sono in corso due studi: uno pilota su un piccolo numero di pazienti e senza confronto con altre terapie, e uno molto più ampio (AMMURAVID) nel quale saranno confrontati ben 7 diversi protocolli terapeutici. Tra questi spunta anche il siltuximab, che agisce direttamente contro l’IL-6.

L’ormai assodata intuizione sulla correlazione alto grado di infiammazione-gravità della COVID19 fa ben sperare: oltre – chiaramente – al meccanismo comune con l’ormai noto Tocilizumab.

Baricitinib

Altro farmaco in prestito dall’artrite reumatoide. Senza scendere troppo nei dettagli, questa volta il meccanismo è un po’ diverso: innanzitutto il farmaco è somministrabile anche per bocca (i precedenti sono utilizzati endovena); inoltre, agisce dopo che il legame molecola-recettore è già avvenuto, bloccando questa volta piccole proteine (JAK), sempre coinvolte nella sintesi delle citochine infiammatorie.

Il vantaggio potrebbe risiedere nella maggiore maneggevolezza; inoltre, se i precedenti si focalizzano solo su IL-6 e il suo recettore, le proteine JAK si trovano coinvolte in molti altri meccanismi che causano infiammazione, nonché (come abbiamo imparato) il peggioramento del paziente. Una sorta di effetto multiplo che potrebbe risultare più efficace.

Vari meccanismi d’azione del Baricitinib (ed altre molecole simili) – Fonte: Lancet

Ma c’è di più. Secondo uno studio pubblicato su Lancet, questo farmaco agirebbe anche su un altro fronte: l’ingresso del virus nella cellula. Come è ormai noto, la porta di ingresso del virus è il recettore ACE2: l’entrata del virus è tuttavia possibile solo se interviene anche un’altra proteina (AAK1) la cui funzione è inibita dal baricitinib.

Insomma, un’intuizione non da poco che, se si dimostrerà efficace, agirà su più fronti rispetto ad altri farmaci attualmente in possesso. Non a caso, l’Aifa ha autorizzato due studi, dei quali uno è il già citato AMMURAVID.

Selinexor

Questa volta cambiamo tipologia di farmaco: il selinexor è stato recentemente approvato negli USA nella terapia di casi molto resistenti di mieloma multiplo, tumore di interesse ematologico (ovvero che coinvolge cellule sanguigne, nello specifico le plasmacellule). L’approvazione è stata addirittura accelerata, in quanto questi pazienti non rispondono ad altre terapie e il farmaco si è dimostrato abbastanza efficace.

Ma cosa hanno in comune un’infezione virale ed un tumore?

Sembrerebbe strano tentare di utilizzare lo stesso farmaco, ma il selinexor induce la morte cellulare (apoptosi) delle cellule tumorali, così come potrebbe indurla nelle cellule infettate dal virus. Qualche cenno al meccanismo: anche qui abbiamo una doppia azione, mediata dall’inibizione di un processo chiamato “esportazione nucleare“; questa è svolta, tra le altre proteine, dall’esportina 1. 

Schematica descrizione dell’azione  antitumorale del selinexor: in questo caso, le proteine “bloccate” sono quelle che promuovono la crescita e sopravvivenza delle cellule tumorali

Quanto le proteine implicate nell’infiammazione, tanto quelle virali hanno bisogno dell’esportina 1 per svolgere la loro funzione correttamente. Da questo dato, è stato impostato uno studio che coinvolge 40 centri a livello internazionale.

Piccola nota sull’AMMURAVID: tutti i farmaci testati saranno associati alla terapia standard (idrossiclorochina) e confrontati non solo tra loro, ma anche con l’uso della sola idrossiclorochina stessa. Per questo motivo, lo studio promosso dalla Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, potrebbe fornire informazioni molto interessanti per focalizzare la ricerca sulle cure realmente migliori rispetto ad altre, selezionando il farmaco più efficace.

Nell’attesa che questi studi dimostrino – come ci auguriamo – l’efficacia di nuove terapie, una cosa è certa: la scienza non si ferma, nemmeno di fronte ad un virus e ad una malattia totalmente nuovi.

Quello che possiamo fare attualmente, essendo il vaccino un’opzione più tardiva, è affinare al meglio la strategia terapeutica, grazie a due elementi fondamentali: l’intuito e le conferme inequivocabili dei dati scientifici.

Emanuele Chiara

 

Bibliografia:

https://www.aifa.gov.it/sperimentazioni-cliniche-covid-19

https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/jmv.25964

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7137985/

Coronavirus: la Sicilia rimane blindata, inascoltato l’appello di migliaia di fuorisede

Voli introvabili o cancellati, treni dai posti limitatissimi o pieni, bus sospesi.

Pare che il rientro per i fuorisede presso il proprio domicilio, residenza o abitazione sia quasi impossibile.

Non ci sarà nessun esodo, e nessuna fuga verso il Sud Italia ( come quelli di Marzo che avevano riportato in Sicilia 40.000 persone) che erano state temutissime dal Governo preoccupato da un’ondata di nuovi contagi che avrebbe potuto mettere in ginocchio il Sud Italia.

Trovare un volo, tra le linee cancellate e le rotte bloccate ed il rincaro esagerato dei prezzi dei biglietti, è diventata una opzione di spostamento da escludere a priori.

Anche il rientro in treno pare ormai essere un’impresa titanica, a causa delle pochissime tratte ferroviarie rimaste disponibili, tra vagoni a capienza limitatissima (misura preventiva imposta dal Governo) e corse in parte annullate.

I bus, che a causa dell’inefficienza dei suddetti mezzi di trasporto sono sempre più affollati, non riescono a gestire il flusso di passeggeri praticamente triplicato.

Tantissimi i fuorisede “bloccati” (studenti, ma anche lavoratori o pendolari) nelle regioni del Nord Italia che stanno patendo difficoltà immense a mantenersi tra affitti, spese primarie e bollette, che a causa della sospensione di tantissime attività lavorative non potranno essere sostenute.

La Sicilia rimane “blindata” come ha evidenziato il Presidente della Regione Nello Musumeci nell’ordinanza del 30 aprile che ha confermato le limitazioni di ingresso e uscita dal territorio della Regione Siciliana.

Soltanto quattro voli al giorno, da Roma, due di andata e due di ritorno, entrambi operati e gestiti da Alitalia. Niente di più.

Tutto questo si traduce nell’impossibilità, o quasi, di reperire posti disponibili.

Musumeci, proprio nei giorni scorsi, aveva chiesto alla Ministra dei Trasporti  De Micheli che venissero manetenute inalterate le norme rigorose per l’accesso in Sicilia: «Se oggi l’isola può contare sul più basso numero di contagi lo si deve anche alla forte limitazione degli arrivi», aveva chiarito.

Basta fare una ricerca veloce sui siti delle principali compagnie aeree per scoprire che partire è praticamente impossibile.

Per quanto riguarda Ryanair tutto bloccato fino al 15 maggio, Flixbus ha sospeso tutti i collegamenti almeno fino al 17 maggio; treni Milano-Catania o Milano-Palermo introvabili.

Anche la Sais, che gestisce una flotta di bus in tutta Italia e che è particolarmente operativa in Sicilia, ha previsto la sospensione dei servizi interregionali.

Chiuso anche lo stretto di Messina in relazione all’ultima ordinanza della Regione Siciliana, gli spostamenti dei passeggeri via mare da Messina per Villa San Giovanni e Reggio Calabria e viceversa sono stati limitati al minimo.


Fuorisede, pendolari, lavoratori e studenti stanno dunque vedendo calpestato il diritto a rientrare nelle proprie case (dopo mesi di sofferenza e responsabilità) da una gestione politica che si sta dimostrando, se non nelle intenzioni quanto nell’efficienza amministrativa e logistica, assolutamente inadeguata.

Per chi riesce a rientrare nell’isola è previsto l’obbligo di registrazione sul sito della Regione, di comunicazione del proprio arrivo al medico di base, di isolamento obbligatorio presso la propria residenza o domicilio, ed infine, al termine della quarantena, di sottoporsi al tampone.

Paradossalmente, sembra che ad aver avuto la peggio sia stato chi si è impegnato a rispettare le regole e chi ha agito con responsabilità e senso civico.

Questo è lo spaccato di un’Italia che prova, senza successo, a “rientrare più che a ripartire”.

Antonio Mulone

 

Il 4 maggio il via alla fase due: distanza sociale e graduale ripartenza

Forza, coraggio, metodo e rigore.

Sono queste le parole-chiave con le quali il Presidente del Consiglio Conte ha esordito nella conferenza stampa di ieri sera convocata per l’annuncio del nuovo attesissimo Dpcm.

Rivolgendosi, come forse mai aveva fatto direttamente ai cittadini, il Premier ha esposto le misure, le disposizioni e le prescrizioni relative alla «fase 2» dell’emergenza coronavirus, la fase della convivenza con il nemico invisibile.

Evitare il rischio (scellerato e che non possiamo permetterci) che arrivi una seconda ondata di contagi: questo il “claim” fondamentale che ha attraversato in parallelo tutto il discorso trasmesso in diretta nazionale.

Conte ha ribadito la stringente necessità di rispettare le precauzioni, anche nelle relazioni con i propri familiari.
L’unico modo responsabile ed efficace per convivere con il virus è di mantenere la distanza sociale almeno un metro: «se vuoi bene all’Italia devi evitare la diffusione del contagio».

Le diposizioni del nuovo Dpcm per la Fase 2 saranno valide dal 4 al 17 maggio 2020; alle imprese che potranno riaprire verrà permessa la ripartenza mediante attività propedeutiche a partire dal 27 aprile.

Sarà possibile spostarsi, all’interno della propria regione, anche per visitare i propri familiari, nel rispetto delle distanze e con l’utilizzo delle mascherine. Resta in vigore l’autocertificazione.

E’ consentito tornare alla propria residenza, fare sport lontano da casa purché si rispetti la distanza di due metri.

Non sarà però ancora possibile spostarsi in altre regioni, eccezion fatta per urgenti motivi di salute o di lavoro.

Graduale ed appannata ripartenza anche per il settore della ristorazione, dove sarà aggiunta alle attività di servizio a domicilio anche la possibilità  di asporto.

Dal 4 Maggio, inoltre, potranno riaprire parchi e giardini pubblici (nel consueto rispetto della distanza di sicurezza); si potranno celebrare funerali con la partecipazione di non più di 15 persone (dotate dei presidi di sicurezza).

Confermato con rigore il divieto assoluto per tutte le modalità di assembramento in luoghi pubblici e privati.

 

Per la vendita al dettaglio ed i luoghi di cultura (musei, istituti d’arte) dovremo pazientare fino al 18 maggio.

Più dure e rigorose le misure prescrittive per le attività che si prestano naturalmente allo sviluppo di dinamiche di relazione sociale come bar, esercizi commerciali legati alla ristorazione e centri estetici potranno tornare ad essere frequentati dal 1 giugno.

Quanto alle scuole, Conte ha spiegato che tenere chiuse le scuole significa seguire con rigore e lungimiranza le indicazioni scientifiche degli esperti; riaprire irresponsabilmente gli istituti scolastici ed universitari comporterebbe una potenziale nuova esplosione di contagi, che rischierebbe di vanificare gli sforzi ed i sacrifici prodotti dagli italiani.

Il presidente del Consiglio ha dedicato un passaggio del suo discorso anche al tema caldissimo dell’Unione Europea.

Conte ha parlato del Recovery Fund come di un risultato storico, che adesso va traslato in termini di lavoro tecnico, affinché si eviti che questo strumento si trasformi in una macchina crea-debito.

L’arma della ragionevolezza, della pacatezza lucida e della lungimiranza pare stia iniziando a dare i suoi frutti nel contesto delle trattative europee.

Seguiranno sicuramente settimane difficili ma che, se affrontate con responsabilità e senso civico, potrebbero rivelarsi decisive nella prospettiva di una lenta e difficile guerra al coronavirus che pare, purtroppo, solo all’inizio.

Antonio Mulone

Coronavirus: le previsioni del contagio zero regione per regione

Le ultime stime prevedono che l’azzeramento della curva epidemiologica dei contagi dal Coronavirus si verificherà non prima di fine Giugno.

Le regioni del Centro-Nord, nelle quali la tragica diffusione del Covid-19 è scoppiata prima, saranno probabilmente le ultime ad uscire dalla situazione pandemica di emergenza.

Secondo le previsioni dell’Osservatorio sulla salute, le prime regioni orientate verso la fase 2 ( la fase di convivenza col virus) potrebbero essere Basilicata e Umbria il 21 aprile; il Lazio dovrà attendere almeno il 12 maggio; Veneto e Piemonte il 21 maggio; Emilia Romagna e Toscana non prima della fine di maggio, mentre il Sud Italia potrà procedere con le nuove misure previste dalla fase 2 tra la fine di aprile e l’inizio di maggio.

La mappa delle proiezioni (elaborata dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, coordinato da Walter Ricciardi direttore dell’Osservatorio e consulente del Governo per questa fase di emergenza, e da Alessandro Solipaca direttore scientifico dell’Osservatorio) ha evidenziato che l’uscita dell’emergenza Covid-19 in Italia potrebbe avere tempistiche diverse nelle regioni in relazione ai territori più o meno esposti alla potenza del contagio epidemico.

Pare dunque fondamentale in questo momento di pianificazione e successivo sviluppo della fase 2,  fornire valutazioni concrete ed aggiornate sulla gradualità e sull’evoluzione della curva epidemiologica, affinchè si possano supportare con adeguati riferimenti scientifico-medici le scelte politiche, che nelle prossime settimane, saranno più decisive che mai.

L’obiettivo che l’Esecutivo si è posto non è individuare la data esatta, bensì la data prima della quale è inverosimile prevedere l’azzeramento dei nuovi contagi.

Il processo di indagine ed analisi è stato prodotto dal coordinamento con i dati che la Protezione Civile quotidianamente mette a disposizione.

I modelli statistici stimati per ogni regione fanno riferimento ad un fenomeno (non lineare) di probabile regresso in correlazione all’andamento dei nuovi casi osservati nel tempo.

Chiaramente, come evidenziato dagli specialisti, l’attendibilità e la conseguente precisione delle proiezioni previsionali è fortemente influenzata dalla corretta rilevazione dei nuovi contagi.

Il pericolo dietro l’angolo è che questi dati potrebbero essere sottostimati a causa dei casi da contagio asintomatico o dal numero insufficiente di tamponi effettuati.

Come accade spesso in questi contesti di incertezza, quando tutto poggia su previsioni variabili che dipendono da diversi fattori, c’è chi nell’ambiente scientifico non concorda sulle stime e prevede che il coronavirus continuerà a circolare anche se in basse intensità.

Si potrebbe dunque non avere mai effettivamente zero contagiati poiché il virus, sebbene in maniera contenuta, continuerà a circolare anche durante il periodo estivo.

Precarietà e surrealtà continuano a caratterizzare questa primavera, che sa di tutto fuorchè di libertà.

Ci attendono le ultime settimane di profondo sacrificio e di grande responsabilità, unici strumenti concreti nella battaglia la nemico invisibile. 

Antonio Mulone

Coronavirus, quarantena almeno fino al 18 Aprile: le prime proiezioni

Un nuovo Dpcm dovrebbe estendere le misure restrittive almeno fino al 18 aprile, chiaramente in relazione all’andamento dei contagi ed alle indicazioni dei virologi, dovrebbe scattare una graduale riapertura delle attività in cui non vi sono assembramenti di persone. Per un ipotetico ritorno alla normalità, poi, si dovrà aspettare almeno la fine di maggio. 

Ad oggi appare inevitabile il prolungamento delle misure restrittive, a dirlo il presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli:

non siamo in una fase marcatamente declinante ma in una fase, sia pure incoraggiante, di contenimento; dovremo immaginare alcuni mesi nei quali adottare disposizioni attente per evitare una ripresa della curva epidemica.

Una fase fondamentale nell’ottica di un allentamento della stretta imposta dall’esecutivo riguarderà, nelle prossime settimane, il calo dei casi nell’indice di contagiosità.
Prima di allentare la morsa all’intero paese, il dato numerico riportato dall’indice dovrà scendere sotto l’uno, ossia un soggetto positivo che infetti meno di una persona.

L’assoluta rilevanza di questo parametro è confermata anche dalle parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte: «Bisogna ragionare in termini di proporzionalità», ha evidenziato a proposito della riapertura delle attività attualmente sospese a causa dell’emergenza Coronavirus.

Sul tema caldissimo in termini socio-economici della chiusura prolungata delle attività commerciali, il premier ha risposto che questa è stata l’ultima e più drastica delle misure e, dunque, sarà anche la prima ad essere sciolta. Per le scuole e le università, invece si potranno apportare modifiche e migliorare il sistema al fine di far perdere agli studenti l’anno scolastico o gli esami universitari.

Ad una possibile apertura dell’Italia prima della fine della pandemia, Conte ha replicato:

Quando il comitato scientifico dirà che la curva inizia a scendere potremo studiare delle misure di rallentamento. Però dovrà essere molto graduale.

Il rischio, che l’Italia non può di certo permettersi, di una riapertura non calibrata e ponderata potrebbe determinare un drastico nuovo aumento dei casi, vanificando i risultati raggiunti con estremi sacrifici.

L’idea più razionale pare quella di una riapertura parziale di alcune fabbriche probabilmente quelle che operano in contesto di “vicinanza lavorativa” alla filiera agroalimentare e sanitaria, e quella meccanica e logistica.

Le progressive misure di ripartenza potrebbero interessare anche alcuni negozi, mentre tutte le attività caratterizzate dalla concentrazione di persone in spazi chiusi (bar, ristoranti, locali per il divertimento, cinema, teatri, stadi) andrebbero automaticamente in coda.

La graduale riapertura verrà monitorata  da un’intensa attività di controlli da parte delle forze dell’ordine, per verificare che le persone non escano più di quanto necessario.

Nella giornata di sabato i soggetti sottoposti a controlli sono stati 203.011, gli “irregolari” sono stati 4.942.

Cittadini che, nonostante i divieti, hanno ignorato tutte le misure di contenimento spostandosi dalla propria abitazione.  Cinquanta di questi sono usciti di casa nonostante fossero in quarantena, perché risultati positivi al Covid-19, adesso rischiano di essere processati per epidemia colposa.

Le settimane che seguiranno saranno sicuramente quelle decisive nella prospettiva di una vittoria che, in questo momento appare ancora lontana, ma raggiungibile se l’Italia tutta si dimostrerà coesa, determinata, responsabile e consapevole.

Occorre che i cittadini investano le ultime energie emotive rimaste, affinché il nemico invisibile e beffardo che ha sconvolto la vita e le abitudini radicate di miliardi di persone possa essere finalmente abbattuto.

Antonio Mulone

 

Coronavirus: calo dei contagi al nord e si riduce l’esodo al sud. I numeri dei rientri in Sicilia

Quella che si è appena aperta sarà una settimana cruciale nella lotta al virus che sta mettendo in ginocchio il mondo. L’ultimo report diffuso dalla Protezione civile sull’emergenza corona-virus appare come una speranza flebile ma dal valore simbolico ed emotivo enorme, soprattutto per il Nord d’Italia. Al Sud, invece, il numero dei contagi sembra andare in tutt’altra direzione.

Il dato nazionale dei nuovi contagi è 3.957, comunque tanti, ma meno rispetto ai 4.921 casi del giorno prima. Cala lievemente anche il numero dei nuovi decessi: nella giornata di domenica 142 in meno rispetto al giorno precedente.

L’importante rallentamento di decessi e contagi si registra soprattutto in Lombardia – regione in prima linea nella lotta al virus – è un dato che, se confermato dai prossimi bollettini, dovrebbe portare tra una settimana anche a un primo ma decisivo decongestionamento delle terapie intensive lombarde, vere e proprie trincee di guerra presiedute da medici ed infermieri, eroi del quotidiano.

Il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli negativo tra l’altro al tampone effettuatogli, parla di dati in controtendenza ma prega di  non abbassare la guardia.

Il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli definisce il dato “in lieve deflessione” ma invita severamente a “non farsi prendere da facili entusiasmi” né “a sopravvalutare questa tendenza” perchè questa  settimana sarà  assolutamente cruciale.

L’impatto concreto delle severe misure, dunque, lo potremo valutare solo a fine mese, non da un giorno all’altro, anche perchè se al nord il virus potrebbe allentare la presa, al sud sembra essere appena iniziata la lotta al virus, con una consistente accelerazione dei contagi.

L’annuncio del premier Giuseppe Conte sull’ulteriore stretta alle attività produttive ritenute non di primaria importanza ed il nuovo decreto che blocca tutti gli spostamenti dal comune dove si risiede hanno arginato i rientri ma, di fatto, l’esodo al sud non sembra essersi esaurito del tutto.

Nonostante le misure disposte sia dall’Esecutivo che dalla Regione Sicilia, gli sbarchi di questi giorni nelle città dello Stretto confermerebbero l’inarrestabilità del flusso dal nord d’Italia e dall’estero, anche se – comunque- si è registrato un calo consistente dei rientri.

 

Le code createsi agli imbarchi che ieri sera hanno allarmato la popolazione sarebbero dovute solo ai severi controlli e al termoscanner effettuato sui passeggeri.

Di seguito vi riportiamo i numeri contenuti nel report diffuso dal Gruppo Caronte & Tourist – l’azienda che gestisce il transito sullo Stretto in merito alla situazione di questi giorni agli imbarchi per la Sicilia.

Domenica sono partiti da Villa San Giovanni verso la Sicilia 551 passeggeri, in netto calo rispetto ai 739 del giorno prima, ai 729 di venerdì e ai 923 di giovedì.

Sono state 239 le auto imbarcate, secondo i dati di Caronte & Tourist. Il giorno prima, sabato, le auto erano state 319 per 739 passeggeri.

A tutti i viaggiatori è stata misurata la temperatura.

In poco più di una settimana, dal 13 marzo a ieri, sono stati 12.265 i siciliani rientrati su 3.869 auto. Ma nello stesso periodo sono partiti per Villa San Giovanni 8.877 passeggeri su 2.407 auto.

La situazione resta comunque poco serena al sud dove negli ultimi giorni l’effetto dei “contagi da rientro” delle scorse settimane sta, tra l’altro, esponenzialmente aumentando.  

“Siamo arrivati al massimo delle misure di prevenzione del contagio in termini di attività sociali e lavorative”, ha spiegato Ranieri Guerra dell’OMS che aggiunge, “è importante frenare il contagio inter-familiare, l’altro grande motore di diffusione del virus”.

L’appello è rivolto in particolare ai 23.000 positivi che si trovano in isolamento domiciliare: “occorre limitare i contatti esterni per interrompere la catena di trasmissione”, ha osservato Guerra.

Bisogna tenere duro, è questo l’appello lanciato dalle nostre autorità.

Mai come in questo momento sono necessari buon senso e responsabilità, solo così si potrà abbattere questo nemico invisibile.

Antonio Mulone

Martina Galletta

Coronavirus in Uk: immunità di gregge e misure sui generis

Grande subbuglio e preoccupata polemica, queste le caratteristiche del clima che si respira in Gran Bretagna per la strategia del Governo di “ritardare” l’impatto del coronavirus evitando le disposizioni drastiche imposte in altri Paesi.

L’esecutivo inglese non minimizza affatto la dimensione di gravità della situazione socio-politica, ma ha comunque deciso di intervenire con modalità diverse.

Il premier Boris Johnson ha avvertito bruscamente le famiglie inglesi di prepararsi a vedere “molti dei loro cari morire prima che sia giunta la loro ora”, e ha detto che:” 10mila persone potrebbero già avere contratto il virus in Gran Bretagna”.

Il bilancio attuale non è severissimo: i morti nel Regno Unito sono 24 e i casi accertati sono quasi 1000.

Le autorità inglesi ammettono di aver eseguito, per il momento, pochi tamponi sulla popolazione, e che la situazione potrebbe rivelarsi molto più drammatica rispetto alle previsoni statistiche ufficiali.

Il Regno Unito, in questo delicato momento, si divide tra il classico fanatismo british da “keep calm and carry on” e tra chi invece critica la mancanza di trasparenza delle capacità reattive delle istituzioni politiche inglesi.

 

Le scuole, le università e gli istituti d’istruzione rimangono aperti, anche in seguito al forte attacco del PM inglese Boris Johnson rivoltosi ad alcuni atenei:

” Dovreste smetterla di adottare misure per vostro conto e seguire le indicazioni del governo e degli esperti.
Vorrei esortare qualsiasi istituto di educazione, scuole, asili, università e college ad attenersi alle indicazioni mediche e scientifiche, non c’è motivo di chiudere gli istituti in questo momento”.

Sono infatti sempre più numerose le università che si ribellano alla presunta mancanza di responsabilità da parte delle autorità britanniche, prima fra tutte la celebre Oxford che ha dichiarato:” Non siamo cavie del Governo”.

Il piano attuale per il contenimento del virus è che sia essenziale sviluppare una presunta immunità nella popolazione in riferimento all’ormai famosa definizione del consigliere scientifico del governo Sir Patrick Vallance di “l’immunità del gregge”.

Affinché si ottenga questa immunità è necessario, paradossalmente, che il 60% della popolazione contragga il Covid-19.

Questa leggerezza politica significherebbe che di una popolazione composta da circa 60 milioni di persone, 36 milioni di cittadini potrebbero contrarre il virus, dunque prevedendo un tasso di mortalità al 3% si rischierebbe di produrre 1,08 milioni di morti.

 

Proteggere gli anziani e i più deboli mentre il resto della popolazione sviluppa “l’immunità di gregge”, lasciandosi contagiare dal virus e sviluppando cosi una  propria immunità.

Pazienza dunque se si tratta di un popolo e non di un gregge è troppo tardi per contenere il virus quindi l’unica mossa da compiere è gestire, aprendo e chiudendo “i rubinetti” del contagio, mentre si tutelano solo i più deboli.

Così appare agli occhi attenti del mondo il ragionamento socio-politico quanto meno bizzarro e “sui-generis” delle istituzioni del Regno Unito.

Tutta l’Europa si augura che la “roulette russa” inglese non aggravi un quadro socio-politico già compromesso da una pandemia senza precedenti che continua a mietere vittime e a mettere in ginocchio la stabilità mondiale.

Antonio Mulone

Nuovo preoccupante esodo dal Nord Italia, prese misure precauzionali

Negli ultimi giorni si sta verificando un nuovo fenomeno di fuga dal nord, dalla Lombardia, da Milano.

Si potrebbe definire il “nuovo esodo milanese” quello compiuto da migliaia di studenti e lavoratori fuorisede che in questa complessa situazione di panico vogliono ricongiungersi con le famiglie.

Il rischio correlato a questa evasione di massa dal nord è quello di favorire la diffusione esponenziale del Coronavirus nelle regioni del sud-Italia che in queste ore appaiono come le meno colpite da quella che L’Oms ha definito una “pericolosa pandemia”.

Due le tratte più affollate: la Milano-Siracusa-Palermo e la Milano-Lecce; importanti e preoccupanti anche gli afflussi nelle tratte notturne dei giorni precedenti.

Tante le denunce vane e disperate del personale a bordo dei treni che ha più volte evidenziato l’assenza di sicurezza sanitaria nei vagoni letto, la promiscuità tra passeggeri alla quale si è obbligati pur di raggiungere la meta dell’agognato viaggio.

Il Ministero dei Trasporti ha comunicato la sospensione totale ed immediata dei treni notturni al fine di contenere l’emergenza sanitaria.

Il Ministro di competenza De Micheli ha dichiarato in merito:

Il governo sta garantendo e sta attuando le misure che consentono alle persone di spostarsi esclusivamente per comprovate esigenze lavorative o per motivi sanitari urgenti e improcrastinabili. Resta quindi forte la raccomandazione di evitare gli spostamenti inutili, la partenza da una regione all’altra per incontrare familiari o amici.”

La decisione forte del ministero sullo stop ai convogli notturni è stata sollecitata anche da molti amministratori delle regioni del sud-Italia affinché potessero essere bloccate potenziali linee di contagio e garantite la tutela della salute della popolazione, del personale viaggiante fino ai cittadini delle regioni dove ancora il virus parrebbe darci il tempo di issare un argine.

Il Governatore della Puglia Emiliano si è sfogato così sulle sue pagine social:

Ci state portando tanti altri focolai di contagio che avremmo potuto evitare. In Puglia ieri, in un giorno, si sono registrati 50 casi in più, il conto è arrivato a 158 positivi”.

Le autorità hanno predisposto per le persone che arrivano in queste ore nuove e rigorose prescrizioni restrittive alle quali attenersi, come l’obbligo di segnalare il loro arrivo e rimanere in quarantena per 14 giorni.

Spostamenti non giustificati che rischierebbero di vanificare l’enorme sforzo degli italiani per arginare la diffusione del virus. Nelle ultime ore, infatti, sembra che sia ripreso il flusso di viaggiatori che lasciano le Regioni del Nord per raggiungere via rotaia il Mezzogiorno, soprattutto a seguito della soppressione dei voli.

Venerdì già il Governo Musumeci aveva dimezzato le corse degli autobus pubblici e privati e delle navi traghetto, sospendendo le linee non essenziali. “Non escludiamo, per quanto di nostra competenza, un’ulteriore stretta”, ha detto il presidente della Regione Sicilia.

Regole precauzionali in atto anche nei comuni dello Stretto di Messina, nello specifico la stazione di Villa San Giovanni e Messina impegnate sinergicamente, come ha comunicato il sindaco di Messina De Luca, nella supervisione e nel controllo degli arrivi attraverso autocertificazioni obbligatorie, controlli con il termoscanner agli imbarcaderi di Messina con obbligo di isolamento per eventuali casi sospetti.

Ci attendono sicuramente settimane difficili nelle quali a fare la differenza nella battaglia al Coronavirus saranno la responsabilità ed il buon senso collettivi, che gli italiani nei momenti complicati hanno sempre dimostrato.

Antonio Mulone

La Cina pronta ad aiutare l’Italia: in arrivo team di medici specializzati e materiale tecnico

Importanti novità che fanno ben sperare sul fronte degli aiuti.

Il governo cinese, in seguito al colloquio telefonico tra il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ed il ministro Luigi Di Maio, si impegna concretamente nella battaglia contro il Coronavirus nella quale sarà fondamentale lavorare in sinergia al fine sconfiggere o quantomeno tamponare questa emergenza sanitaria.

La Cina, nei prossimi giorni, fornirà all’Italia 1000 ventilatori polmonari, 100mila mascherine di ultima tecnologia e 20 mila tute protettive.

La fornitura prevede anche l’invio di 50 mila tamponi per effettuare nuovi test che ci faranno capire se le nuove restrizioni imposte negli ultimi giorni dal Presidente del Consiglio Conte avranno rallentato l’avanzare del virus.

Altro dato assolutamente rivelante nell’asse collaborativo Cina-Italia nato nelle ultime ore è l’arrivo di medici altamente specializzati del Chinese Center for Disease Control and Prevention che per primi hanno affrontato il picco dell’emergenza Coronavirus.

Ficcanti e significative in tal senso sono state le parole espresse nelle ultime ore dal leader del Movimento 5 Stelle Di Maio:

“In futuro ci ricorderemo di tutti i Paesi che ci sono stati vicini in questo momento”.

Il Governo Italiano, conscio della contestuale emergenza economico-finanziaria venutasi a sviluppare, ha poi comunicato nella giornata di oggi lo stanziamento di 25 miliardi di euro.
Lo ha annunciato Conte: “Abbiamo stanziato una somma straordinaria da non utilizzare subito ma da  per far fronte a tutte le difficoltà di questa emergenza. Siamo lieti del clima che si sta definendo a livello europeo”.

“Obiettivo prioritario è tutelare la salute dei cittadini ma non dimenticare gli altri interessi in gioco”, ha concluso il Presidente del Consiglio dei Ministri in chiaro riferimento ai danni che il tessuto economico e finanziario stanno subendo.

Il governo si è inoltre reso disponibile a potenziare la macchina organizzativa sanitaria, dunque l’acquisizione e la distribuzione delle forniture per la terapia intensiva e le protezioni individuali, mediante la nomina di una persona (un commissario) che possa coordinare al meglio le direttive imposte dall’emergenza.

 

L’Italia condividerà informazioni con l’UE affinché aumenti l’efficacia del contrasto alla diffusione del virus, procedendo verso un’azione sinergica che possa migliorare i nostri sistemi sanitari nazionali.

“Lavoreremo in coordinamento, manderemo i nostri scienziati per creare una task force europea per promuovere la ricerca e combattere questo virus ignoto”, ha spiegato il premier.

Mai come oggi la parola d’ordine dovrà essere unione, di intenti e di forze, solo così nelle prossime settimane si potrà con concretezza opporre resistenza al nemico comune preservando la salute pubblica, che mai come oggi, è stata messa in pericolo.

Antonio Mulone

Coronavirus cinese: vera epidemia o allarmismo?

Nonostante le speranze e i desideri espressi allo scattare del nuovo anno poche settimane fa, sembra che il 2020 non sia iniziato col verso giusto. Giungono infatti allarmanti notizie dalla Cina sulla diffusione di un nuovo virus che minaccia di provocare un’altra epidemia di polmonite. Al momento non sono noti dati certi riguardanti le vittime della malattia, né si sa quanti siano stati contagiati.

Il virus è simile a quello della SARS (sindrome respiratoria acuta grave), una forma atipica di polmonite apparsa per la prima volta nel novembre 2002 nella provincia del Guangdong in Cina. La malattia, identificata per la prima volta dal medico italiano Carlo Urbani, era risultata mortale in circa il 15% dei casi.

Il timore dei governi è che, con i flussi migratori ed i quotidiani scambi di merci tra Paesi, la malattia possa propagarsi molto velocemente, arrivando ad avere un impatto su scala globale.
Sono stati segnalati anche alcuni casi oltreoceano, di persone provenienti dalla Cina che hanno manifestato segni di febbre e compromissione respiratoria.
È infatti di poche ore fa la notizia di una cantante italiana, rientrata da un viaggio in oriente, ricoverata per sospetto contagio da parte del virus incriminato.
Ma di cosa si tratta esattamente?

I coronavirus

Questo nuovo virus, per adesso è stato intitolato “2019‐nCoV”, appartiene alla famiglia dei coronavirus, virus costituiti da RNA, così chiamati per la loro forma a corona.
I coronavirus si attaccano alla membrana cellulare delle cellule bersaglio grazie a delle proteine di ancoraggio e rilasciano al loro interno l’RNA virale che intacca i ribosomi, organelli cellulari importanti per la sintesi proteica.
Il virus si replica e forma i virioni che sono poi rilasciati per esocitosi, andando a infettare altre cellule.
Dal punto di vista clinico, se alcune volte la sintomatologia di un soggetto infetto può essere indistinguibile da un semplice raffreddore, sembra che questa famiglia sia anche responsabile di circa il 20% delle polmoniti virali.

Dov’è iniziato tutto

Secondo le fonti ufficiali, il contagio sarebbe iniziato a Wuhan, capoluogo della provincia dello Hubei, popolosa città della Cina centrale, in un mercato ittico.
Come spesso accade, all’interno di questi centri di commercio vengono venduti anche animali vivi o selvaggina abbattuta, non sottoposta a controlli sanitari. Il rischio in questi casi è che gli animali siano portatori asintomatici di patogeni che una volta a contatto con l’uomo possono infettarlo.
Similmente alla SARS isolata nello Zibetto, anche questo coronavirus riconosce come iniziale serbatoio un ospite animale:
i pipistrelli ed i serpenti, come dimostrato da uno studio di ricercatori cinesi appena pubblicato.

Il salto di specie

Una volta penetrato il corpo umano, il virus ha subito un’ulteriore mutazione, diventando qualcosa di completamente nuovo. È stato infatti visto che il virus ha acquisito la capacità di trasmettersi da uomo a uomo, un problema non da poco, considerando l’alta densità demografica della Cina.
Non c’è da stupirsi infatti che l’epicentro del contagio sia stato isolato dal resto del Paese (e del mondo) e che la sua popolazione sia stata messa in quarantena.

Precauzioni e rischi

La natura sconosciuta di questo virus, la sua rapidità di diffusione e la pericolosità per la salute hanno fatto presto a scatenare il panico tra la popolazione mondiale, a causa del rimbalzare delle notizie sui social. Come accennato, il Governo cinese ha attuato delle misure imponenti per evitare che l’infezione si allarghi a macchia d’olio, arrivando a chiudere centri culturali e monumenti storici. Nonostante le voci di un fantomatico vaccino, gli esperti smentiscono un suo sviluppo in tempo utile e guardano al futuro con prudenza.

Il timore più grande è dovuto alla mancata condivisione di informazioni da parte della Cina circa l’effettiva gravità della situazione, visti i precedenti con la gestione della SARS.
Al momento non sembra esserci alcun allarme pandemia, nonostante continuino ad arrivare segnalazioni di nuovi casi.
Se dovesse presentarsi il problema, tuttavia, i nostri medici si dicono pronti ad affrontarlo con tutte le armi a loro disposizione.

                                                                                                      Maria Elisa Nasso