Sex Education: tra sesso e amore

 

Una serie che va rompere i tabù sul sesso e che crea indignazione verso il politicamente corretto – Voto UVM: 5/5

 

L’atto sessuale in sé può essere stupendo ma può anche causare un dolore tremendo e se non fai attenzione il sesso ti può rovinare la vita.

Il 17 settembre è approdata su Netflix la terza stagione di Sex Education, una delle serie più attese e amate degli ultimi tempi. Una serie tv che a primo impatto può sembrare banale agli occhi dello spettatore, ma ha sorpreso tutti per le sue tematiche, non solo legate al sesso, ma anche alla violenza sessuale, all’amore non ricambiato e alla solidarietà ( e tante altre che vedremo fra poco).

Cari lettori, non ci soffermeremo sulla terza stagione, quindi – per chi non l’avesse ancora vista- state tranquilli, non ci saranno spoiler!

Otis e Meave.                             

Una serie che vuole infrangere i tabù del sesso

Sex Education mostra la sessualità dei ragazzi, i loro piaceri tenuti nascosti per vergogna o per scarsa informazione. 

La serie ci mostra due facce della medaglia: da una  parte ragazzi alle prime armi, con paure e poca conoscenza sulla materia, dall’altra il protagonista Otis (interpretato da Asa Butterfield), un ragazzo timido e romantico, vergine ma un vero esperto di sesso.Sarà proprio lui infatti, assieme alla sua amica Meave (Emma Mackey), ad aprire la clinica del sesso per aiutare gli altri con i loro problemi e dubbi sessuali.

In Otis vedremo un ragazzo interessato alle esigenze dei suoi coetanei che aiuterà anche nella sfera sentimentale, quest’ultima ancor più complicata del sesso. Ogni episodio è accompagnato da un tema legato alla sfera sessuale che fa da sfondo alle vicende dei personaggi principali. Vedremo argomenti come la masturbazione, il travestimento e i desideri più nascosti dell’eros.

Qualche volta le persone che ci piacciono non ricambiano . E’ doloroso ma non possiamo farci niente

Sex Education, è ambientato in Inghilterra e possiamo capirlo non solo dai paesaggi, ma anche dallo humor spiritoso e cinico che accompagna la serie e colpisce il telespettatore.

Uno dei personaggi più eclatanti è la sessuologa e scrittrice Jean Milburn (interpretata dalla talentuosa Gillian Anderson), madre di Otis, che con le sue domande scomode mette in imbarazzo il figlio anche davanti ai suoi amici, rendendo la trama ancora più unica nel suo genere. Diciamocelo: non siamo abituati a vedere una madre che parla col proprio figlio di sesso senza peli sulla lingua sullo sfondo di una casa arredata con arte erotica.  Un ambiento libero, insomma, in cui il figlio potrebbe esprimere la sua sessualità in modo altrettanto spensierato. Otis tuttavia è bloccato dal punto di vista sessuale (non riesce nemmeno a masturbarsi) per via di un episodio traumatico avvenuto durante l’infanzia, in cui vide il padre tradire la madre. Da quel momento in poi, il nostro protagonista assocerà il sesso a una forma distruttiva per l’essere umano.

Altro personaggio interessante è Eric, interpretato da Ncuti Gatwa, un ragazzo omosessuale dichiarato che non prova vergogna nel mostrare a tutti i suoi travestimenti e il suo trucco eccentrico . In lui vedremo una crescita interiore, in cui qualsiasi  ragazzo o ragazza si può identificare.

E’ più facile quando non ci tieni, non soffre nessuno

La paura di essere giudicati

Come già detto sopra, la serie presenta tante tematiche, ma mi soffermerò su due che mi hanno particolarmente toccato, perché possono coinvolgere ognuno di noi. La prima di cui parleremo è quella dell’aborto, un tema che ancora spaventa e indigna e su cui non si è ancora sufficientemente informati.  La regista è riuscita in modo sublime a parlare di questa tematica senza veli, mostrando la paura e l’angoscia di un tale gesto e il dolore che porta nonostante molte volte sia una soluzione indispensabile. 

Uno dei temi che è stato anche ben sviluppato è quello della molestia. Aimee (Aimee Lou Wood) viene molestata sopra l’autobus da un perfetto sconosciuto: la ragazza, sconvolta, non riuscirà più a mettere piede sopra il mezzo e a poco a poco maturerà la consapevolezza della molestia. Nell’evoluzione della trama assisteremo prima ad una ragazza sessualmente disinvolta trasformarsi dopo quel gesto in un’Aimee spaventata anche da un semplice tocco del proprio ragazzo: il sesso per lei diventerà paura e no ne vorrà sapere, si chiuderà in sé stessa per autodifesa.

Una delle scene più emozionanti è quando Aimee riesce a dire alle sue amiche di essere stata molestata. E’ una richiesta di aiuto: le ragazze difatti la aiuteranno ad affrontare il viaggio in autobus, un primo passo verso la guarigione. Vedremo un esempio di solidarietà femminile, quella che manca a volte nel nostro mondo reale. 

-Che ci fate qui ?                                                                                                                                                                               – Prendiamo l’autobus, lo prendiamo insieme!

Aimee assieme alle ragazze sopra l’autobus. 

La campagna pubblicitaria

Per promuovere la terza stagione di Sex Education, nella metropolitana di Milano sono comparsi cartelli pubblicitari con l’intento forse di irritare i bigotti e lanciare un messaggio verso il potere o, ancor meglio, per incitare a promuovere l’educazione sessuale all’interno delle scuole. Non è una novità, infatti, che i ragazzi siano poco informati sull’argomento e corrano perciò gravi pericoli.

L’Italia purtroppo è uno dei pochi Paesi al mondo in cui non si insegna educazione sessuale nelle scuole; forse la colpa è legata alla tradizione del nostro Paese, troppo assoggettata alla Chiesa o a pregiudizi di vario genere. Basti pensare come in Francia, nei licei e negli istituti suoperiori, esista il distributore dei preservativi, mentre in Italia ancora ci si scandalizza nel parlare di mestruazioni!

Cartellone pubblicitario di Sex Education- Fonte: idealia.it

Sex Education mostra entrambe le facce della medaglia del sesso e le difficolta che si possono riscontare nella vita quotidiana: la sessualità racconta di noi stessi, i nostri piaceri e le nostre fantasie ma anche le nostre paure. Allo stesso tempo la serie ci insegna come il sesso possa non piacere a tutti o come possa rovinare la vita di una persona, come nonostante tutto faccia parte di noi e di come i ragazzi siano pochi informati.

Cosa non meno importante, la regista è riuscita a parlarne senza dar piacere all’occhio del telespettatore.

 Se amate qualcuno ditelo, prima che sia troppo tardi

                                                                                                                                                      Alessia Orsa

Il Buco, la metafora dell’ingordigia e del consumismo

“La panna cotta è il messaggio”

Una delle citazioni che meglio comunicano il senso narrativo de Il Buco, uno tra gli ultimissimi contenuti originali prodotti e promossi dal colosso Netflix.

Film horror di matrice spagnola (esordio alla regia di Galder Gaztelu-Urritia) che ha stuzzicato la sensibilità anche dei meno appassionati del genere.

Questa pellicola noir, pregna di sfumature drammatiche e connotata da una forte denuncia sociale, trova tempo e spazio (con originalità) nella narrazione per parlare di cibo.

Il cibo diventa simbolo dell’opulenza e delle contraddizioni della contemporaneità, della lotta per la dignità e per la sopravvivenza.

Il Buco si dispiega nella logica di un futuro distopico, nel quale gli esseri umani vengono rinchiusi in una prigione speciale.

Strutturata come una torre altissima e costruita sotto terra, la fossa – com’è chiamata dai detenuti – accoglie un numero indefinito di prigionieri.

Fonte: Skycinema.it

Ogni piano ha una cella in cui vivono due detenuti, nella parte centrale c’è un buco all’interno del quale ogni giorno una sola volta rotea una piattaforma imbandita da delizie culinarie preparate da chef di alta cucina.
Dal primo piano della torre la piattaforma rotante, un piano alla volta, e si ferma solo 120 secondi.
La piattaforma rotante diviene espediente narrativo che svela un meccanismo semplice: i detenuti dei piani alti hanno la possibilità di sfamarsi, chi si trova ai livelli inferiori finirà invece con l’avere da mangiare solamente gli scarti.

Il nuovo film spagnolo esplica ancora di più la sua potenza emotiva in questi momenti fatti di incertezza e paura.

Il cibo viene rappresentato come dicotomia tra paradiso e inferno: una bidimensionalità che separa l’impeccabile cucina, ed i detenuti sudici che si avventano come avvoltoi sul cibo strappandolo, divorandolo con ferocia animalesca.

Fonte: Cinematography.it

Tutte le pietanze succulente sulla piattaforma corrispondono alle scelte fatte dai detenuti nel momento di compilazione del questionario sottopostogli prima di accedere alla prigione.

Questo horror, mediante la sua simbologia originale rimanda molto alla nostra collettività e alla divisione in classi sociali.

Valori fondanti quali unione, solidarietà, compassione e carità risultano sempre più arenati verso l’individualismo più sfrenato.

Ne Il Buco il binomio grottesco cibo/sopravvivenza viene estremizzato.

Fonte: Movieplayer.it

Goreng, il protagonista, è costretto a cibarsi del suo compagno di cella per sopravvivere; il cibo come metafora del “mangiare noi stessi”, dell’impoverimento dei valori della moderna società verticale.

Persino il suicidio, nello specifico di una donna morta affinché venisse compiuta la rivoluzione, si intreccia con inedita originalità al concetto di cibo come sacrificio, ribellione e condivisione di valori.

Il Buco rivela, esasperandole, le dinamiche della società neocapitalista nella quale l’equità è un’utopia che si configura nel fururo distopico in cui domina la pochezza umana. Temi centrali sono  appunto l’incoscienza umana, l’egoismo e l’indifferenza nei confronti del più debole.

Questa pellicola può essere vista con leggerezza ed al contempo riflessione, entrambe sotto la propulsione registica incalzante e ritmata.

Uno di quei film – come si suol dire – fatto con due lire ma che sprigiona tutta la sua forza nel senso metaforico del suo racconto.
Preciso e che sa esattamente come colpire lo spettatore creando degli inaspettati colpi di scena, ma anche attraverso crescendo di tensione che parte dal primo minuto e arriva ad esplodere nel finale della pellicola.

Il Buco è mosso da una  critica feroce ed esplicita agli sprechi scellerati del consumismo, protagonista assoluto del nostro quotidiano.

Un’ invettiva sulla disuguaglianza e l’egoismo umano, un ammonimento artistico travestito da thriller sci-fi del quale, probabilmente, avevamo bisogno.

Antonio Mulone