‘Ndrangheta, maxi blitz in Calabria: 48 persone coinvolte e indagini sul leader Udc Cesa

All’alba di giovedì 21 gennaio è scattata su tutto il territorio nazionale la maxi-operazione ”basso profilo”, durante la quale sono state arrestate 13 persone e disposti i domiciliari per altre 35.
L’indagine ha visto coinvolti boss di primo livello della ‘ndrangheta (organizzazione criminale calabrese), imprenditori e funzionari pubblici, tutti accusati a vario titolo di intestazione fittizia di beni, riciclaggio, turbativa d’asta ed associazione mafiosa.

Il blitz scattato all’alba. Fonte: repubblica.it

La procura antimafia mette in luce affari illegali da 300 milioni

L’operazione si è svolta su richiesta della procura antimafia di Catanzaro e per ordine del giudice, vedendo congiuntamente impegnati Direzione Investigativa Antimafia (D.I.A.), Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza, con il supporto di quattro unità cinofile ed un elicottero.

La procura ha disposto – oltre alle misure cautelari – l’esecuzione di numerosi sequestri di beni dall’<<ingente>> valore, tra cui immobili, auto e conti correnti bancari, non prima di aver accertato movimenti illegali di denaro per più di 300 milioni di euro.
Il presidente della commissione parlamentare antimafia Nicola Morra ha affermato che il patrimonio sequestrato ‘’torna alle casse dello Stato ed è un reale recovery fund che deve essere sempre attivo”, mostrando la sua gratitudine verso tutti coloro che sono stati coinvolti nello sforzo investigativo e sottolineando la tenacia dello Stato.

‘Ndrine in manette e shock al senato per l’accusa su Lorenzo Cesa

Sono finiti in manette diversi maggiori esponenti delle cosche malavitose – dette <<‘ndrine>> – di Isola Capo Rizzuto, Crotone e Cutro come “Bonaventura”, “Aracri”, “Arena” e “Grande Aracri”.

Ad essere indagato anche Lorenzo Cesa, il segretario nazionale dell’UDC (Unione di Centro), la cui casa romana è stata perquisita e setacciata proprio questa mattina. La stazione televisiva ‘’La 7’’ scrive in un tweet che l’accusa per Cesa sarebbe di associazione a delinquere, anche se il leader si ritiene estraneo ai fatti e ha subito annunciato le sue dimissioni, lasciando senza guida il partito centrista. Queste le sue parole:

“Mi ritengo totalmente estraneo, chiederò attraverso i miei legali di essere ascoltato quanto prima dalla procura competente. Come sempre ho piena e totale fiducia nell’operato della magistratura. E data la particolare fase in cui vive il nostro Paese rassegno le mie dimissioni da segretario nazionale come effetto immediato”

Sono stati invece disposti i domiciliari per il suo braccio destro Francesco Talarico, assessore al Bilancio della Calabria, oltre che membro dell’UDC.
La notizia ha suscitato reazioni di shock tra ministri e parlamentari e potrebbe rischiare di complicare le già tumultuose trattative che sono in corso al Senato per rafforzare il governo.

Lorenzo Cesa. Fonte: ilfattoquotidiano.it

Gaia Cautela

Calabria. Un altro triste episodio nella scena politica

Arrestato il presidente del Consiglio regionale

(fonte: ilfattoquotidiano.it)

Si chiama Domenico Tallini, 68 anni, il presidente del Consiglio regionale della Calabria, che ora si trova ai domiciliari con l’accusa di aver dato supporto alla cosca “Grande Aracri“, nel suo progetto di reimpiego di proventi illeciti, attraverso la costruzione di una società avente lo scopo di distribuire prodotti medicinali mediante farmacie e parafarmacie.

In cambio, l’esponente di Forza Italia avrebbe ricevuto appoggio elettorale da parte della cosca, per elezioni regionale del 2014.

Da Tallini contributo concreto ad associazione

L’indagine che portato all’arresto di Tallini riguarda i suoi presunti rapporti con la cosca calabrese. I fatti risalgono al 2014, quando, secondo il Pubblico Ministero, il presidente avrebbe agevolato la cosca per l’avvio di alcune attività, finite al centro dell’inchiesta “Farma Business”. In cambio, avrebbe ricevuto sostegno dal gruppo criminale per le elezioni regionali di quel novembre.

“Il presidente del consiglio regionale della Calabria è attualmente accusato di scambio elettorale politico-mafioso. L’articolo 416 ter. c.p. , recita che: Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416 bis in cambio dell’erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da sei a dodici anni.”

Concorso esterno in associazione mafiosa, scambio elettorale politico mafioso.

Due le attività investigative, condotte dai carabinieri di Catanzaro e Crotone, dirette e coordinate dal procuratore Nicola Gratteri, dal procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e dai sostituti procuratori Paolo Sirleo e Domenico Guarascio. Le indagini hanno riguardato l’operatività della cosca della ‘ndrangheta, “Grande Aracri” di Cutro, nell’area di origine e nel catanzarese.

Concorso esterno in associazione mafiosa, scambio elettorale politico mafioso sono i reati di cui viene accusato Tallini. Secondo quanto riporta l’ordinanza, durante la sua carica di assessore regionale, interveniva «presso gli uffici pubblici» per «agevolare e accelerare l’iter burocratico per il rilascio di necessarie autorizzazioni nella realizzazione del Consorzio FarmaItalia e della societàFarmaeko Srl“, che prevedeva la distribuzione di medicinali da banco», promuovendo anche «la nomina del responsabile del relativo ambito amministrativo regionale» e inducendo «i soggetti preposti a rilasciare la necessaria documentazione amministrativa e certificazione».

Compare nell’ordinanza di 357 pagine, il nome di un tale Domenico Scozzafava, “grande elettore di Tallini”, il quale si sarebbe speso notevolmente per eliminare ogni ostacolo burocratico-amministrativo per la nascita di una compagine imprenditoriale. Tallini, inoltre, avrebbe imposto l’assunzione e l’ingresso, quale consigliere, del proprio figlio Giuseppe, così da contribuire all’evoluzione dell’attività del Consorzio farmaceutico, fornendo il suo contributo, nonché le sue competenze e le sue conoscenze anche nel procacciamento di farmacie da consorziare. Gli atti dimostrano che Tallini era ben consapevole di prestare un rilevante contributo all’associazione criminale e che il ritorno elettorale da alcuni luoghi in cui la cosca ha potere, era dovuto alla possibilità di intimidazione che la stessa indubbiamente ivi detiene.

Il reato di corruzione elettorale, di cui Tallini è complice, da tempo, macchia le dinamiche elettorali di varie regioni d’Italia. Trattandosi di figure delittuose postula che, laddove gli accordi intercorsi tra il candidato e il sodalizio criminoso travalichino l’ambito strettamente proprio della competizione elettorale, occorrerà operare dei distinguo.

Invece, i reati contestati alle altre 18 persone finite al centro dell’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, secondo le indagini condotte dal Gip sono: impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, detenzione illegale di armi, trasferimento fraudolento di valori, tentata estorsione, ricettazione e violenza o minaccia a un pubblico ufficiale. A eseguire gli arresti tra le provincie di Crotone, Catanzaro e Roma, questa mattina all’alba, sono stati i carabinieri del Comando provinciale di Crotone.

 

(fonte: corriere.it)

La carriera politica fino all’ “impresentabilità”

Nato a Catanzaro, nel gennaio 1952, sposato con figli, perito elettronico ed ex dipendente Enel, era alla sua quarta legislatura, l’ultima, la più importante, come presidente del Consiglio regionale della Calabria. Eletto nel marzo 2020, nella circoscrizionale Calabria centro con la lista di Forza Italia, con oltre 8mila preferenze. In carica fino all’ultima seduta del Consiglio, sciolto poi per la prematura scomparsa della Presidente Jole Santelli, lo scorso 10 novembre. Era soprannominato, proprio per il gran numero di voti ricevuti durante tutta la sua carriera politica, “Mister Preferenze”. Coordinatore di Forza Italia nella provincia di Catanzaro, è un politico di lungo corso. La sua carriera è iniziata tra le fila del Movimento Sociale. A Catanzaro è stato consigliere comunale tra il 1981 e il 2017 e, inoltre, assessore comunale allo Sport e agli Affari Generali. Uno dei fondatori del movimento “Calabria Libera” nel 1990 e del Polo Civico, poi nel 1994 del “Movimento civico per il Sud”. Nel ’99 l’esperienza da assessore alla Provincia e poi come consigliere regionale, per la prima volta, nel 2005 con l’Udeur. Si era candidato alle elezioni regionali del 2000 e del 2014, nella circoscrizione Calabria centro, con Forza Italia, ma nel 2010 con il PDL.  Ha ricoperto la carica di vicepresidente della IV Commissione consiliare “Assetto, Utilizzazione del territorio e Protezione dell’ambiente”. Nelle politiche del 2018, era capolista per Forza Italia nel collegio uninominale di Catanzaro. Non venne eletto e, due anni più tardi, si ripresenta alle regionali del 2020 sostenendo la candidatura a governatore della Santelli. La Commissione Parlamentare Antimafia lo indicò come “impresentabile, ma nonostante ciò vinse le elezioni. Il centrodestra non prese le distanze, anzi l’ha scelto persino come guida di Palazzo Campanella.

 

 

Maria Cotugno

Rita Bonaccurso

‘Ndrangheta: 90 arresti tra Italia Europa e Sud America

Una rete gigantesca che dai paesini della Locride si estende fino al Sud America, passa per l’Europa e trasforma fiumi di cocaina in immobili, imprese, attività. Novanta sono state le persone arrestate da polizia, carabinieri e guardia di finanza nel corso di un’operazione coordinata dalla procura nazionale antimafia e da quella di Reggio Calabria, nell’ambito di un’inchiesta che è stata in grado di varcare i confini nazionali.

Per la prima volta, l’indagine è stata sviluppata da un vero e proprio team europeo di inquirenti e investigatori di Paesi diversi, ma con un obiettivo comune: colpire la ‘ndrangheta e le reti di supporto che in tutta Europa hanno permesso non solo di importare droga, ma anche di riciclare e reinvestire i profitti che ne derivano. Un lavoro durato anni, frutto di un coordinamento vero e reale, che ha portato all’arresto in contemporanea in quattro diversi – Italia, Belgio, Olanda e Germania e Colombia – di 90 persone, tutte accusate a vario titolo di associazione mafiosa, traffico internazionale di droga e intestazione

fittizia di beni.

Nel mirino, gli storici casati di ‘ndrangheta della Locride, i Pelle-Vottari di San Luca, i Ietto di Natile di Careri e gli Ursini di Gioiosa Ionica, pionieri del narcotraffico internazionale e tuttora specialisti del settore. All’alba di ieri, più di trenta sono finiti in manette, incluso il reggente del clan Pelle, erede del potere dello storico patriarca ‘Ntoni Gambazza. Secondo quanto emerso dalle indagini, per l’Italia coordinate dal procuratore capo della Dda di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, e dall’aggiunto Giuseppe Lombardo, registi dell’affare sarebbero stati i Pelle, che con il supporto degli altri casati storici della Locride avrebbero strutturato la rete che ha permesso di inondare l’Europa di tonnellate di cocaina, smistata anche grazie a solide basi logistiche costruite in Germania, Belgio e Olanda. È qui che sarebbe stata individuata una vera e propria organizzazione criminale, composta per lo più da soggetti di origine turca, specializzata nella creazione di doppifondi di auto e camion, poi incaricati di smistare le diverse partite di droga nei vari Paesi.

 

Santoro Mangeruca

Attentato sfumato a giornalista Report Federico Ruffo

Inchiesta 'ndrangheta, Juventus e tifosi: benzina a casa del giornalista di Report

Una croce con vernice rossa sul muro accanto alla porta di casa e liquido infiammabile in più punti sul pianerottolo dell’appartamento. Avvertimento al giornalista Rai Federico Ruffo, autore di una recente inchiesta per la trasmissione Report su presunti rapporti tra alcuni dirigenti della Juventus, ultrà e ‘ndrangheta. “Se non ci fosse stato il cane avrebbero dato fuoco a casa. Mi ha salvato”. A raccontarlo il giornalista Federico Ruffo. “Ero tornato tardissimo – ricorda in un video pubblicato sulla pagina Facebook della trasmissione Report -. Passo gran parte della settimana a Torino, dovevano sapere che ero a casa. Stavo dormendo quando ho sentito un rumore da fuori, era la ciotola del cane. Il mio cane ha iniziato ad abbaiare tantissimo. Sono uscito a piedi nudi e sono scivolato su un lago di benzina. Sono caduto a terra riempendomi di benzina sulla schiena e le gambe. Poi sono uscito in giardino, sono arrivato al cancello per vedere se stessero scappando ed era pieno di benzina”. Il giornalista ipotizza che i responsabili abbiano scavalcato il muro del giardino per entrare. Quando è rientrato a casa per chiamare i carabinieri ha visto la croce sul muro accanto alla porta.

Non sono mancati i messaggi di solidarietà da parte del presidente Rai Marcello Foa e dal sindaco di Roma Virginia Raggi, che attraverso il suo profilo Twitter scrive “E’ Gravissimo. Solidarietà a lui e la sua famiglia. Grazie a chi racconta la verità con coraggio”. Lo stesso leader pentastellato Luigi Di Maio, esprime la propria vicinanza attraverso i social;  mentre la Procura di Roma ha aperto un’indagine sul caso. Ruffo ha formalizzato la denuncia ai carabinieri di Ostia.
È indispensabile mantenere alta l’attenzione attorno al problema della sicurezza di giornalisti e giornaliste che, lottando in prima linea per l’informazione, sono vittime di un clima di crescente violenza e insofferenza. Attorno a questi colleghi e a eventi così gravi è necessario che la categoria intera faccia quadrato.

 

Santoro Mangeruca